Cose
che devo portare con me al culto domenicale
Testi biblici: Salmo 122; Atti 2:37-47
Una boccata d'aria
Perché la chiesa cristiana di ogni tempo e paese ha sempre ritenuto importante il culto comunitario domenicale? Tante possono essere le risposte a questa domanda. Vorrei però che vedeste la cosa nella prospettiva della seguente moderna parabola.
Alcuni anni fa le televisioni di tutto il mondo avevano mostrato la tragedia, poi risolta, di tre balene bianche intrappolate sotto i ghiacci del circolo polare artico in Alaska che, contuse e sanguinanti, cercavano disperatamente un buco nel ghiaccio per poter respirare. La loro unica speranza era quella di essere in qualche modo trasportate una decina di chilometri più a sud, oltre il ghiaccio, nel mare aperto. I soccorritori avevano così cominciato a tagliare nello spesso ghiaccio ad intervalli regolari dei fori affinché le balene potessero respirare, attirandole così, miglio dopo miglio, verso il mare aperto. Lungo il percorso, una delle tre balene era sparita, probabilmente perché era morta. Alla fine, però, con l'aiuto di un rompighiaccio russo, le due balene, a cui era stato dato il nome di Putu e Siku, erano state condotte con successo verso la libertà.
Vedete, quando il culto domenicale della comunità cristiana è rettamente inteso e praticato, esso è come un foro nel ghiaccio che il Signore fornisce al Suo popolo affinché "respiri". Contusi e feriti in un mondo ghiacciato di avidità, egoismo, ed odio, il cristiano anela riunirsi con altri credenti in una chiesa, un luogo dove torna, per così dire, a respirare, per ricevere amore ed incoraggiamento, fino al giorno in cui il Signore, finalmente, infrangerà l'antera cortina di ghiaccio.
Diversi possono essere gli argomenti esposti dalla predicazione, fatta più o meno bene, con maggiore o minore rilevanza per chi la ode. Essenzialmente, però, la predicazione ed il culto, nel cui contesto si pone, deve essere l'incontro dei cristiani con il loro Signore, un incontro ricercato da essi con gioia e con consapevolezza della sua importanza. Il culto è stato definito come: "L'attiva risposta che i credenti danno a Dio, nel quale essi manifestano quanto Egli sia importante per loro. Il culto non è qualcosa di passivo, ma di partecipato. Il culto non è semplicemente uno stato d'animo, ma una risposta, non tanto un sentimento, ma una dichiarazione".
E' vero che i cristiani rendono ogni giorno il culto che a Dio è dovuto, ma nella Scrittura troviamo come la Domenica sia il giorno speciale in cui ad essi è prescritto che convengano insieme per essere in comunione fraterna, pregare, celebrare la Cena del Signore e partecipare all'insegnamento degli Apostoli (Atti. 2:42).
Quando allora noi ci riuniamo la domenica, il Giorno del Signore (che deve essere un "foro" in cui settimanalmente "prendiamo una boccata d'aria"), che cosa vi dovremmo portare per rendere significativo il culto? Per renderlo tutto ciò che dovrebbe essere? Che cosa avete voi portato oggi al culto? Che cosa vi porterete domenica prossima? La prima cosa che è importante portare è:
1. Uno spirito volenteroso
Davide, incontrandosi con il Signore nel culto, aveva uno spirito volenteroso. Egli dice: "Io mi sono rallegrato quando mi dissero: "Andiamo alla casa dell'Eterno"" (Sl. 122:1). La casa del Signore era il Tempio. Oggi la casa del Signore non è un edificio, ma collettivamente la comunità dei cristiani come pure individualmente il nostro cuore.
Da questo testo, però, troviamo che Davide "si rallegra", non vede l'ora di avere l'opportunità di convenire al Tempio.
Io sono persuaso che partecipare regolarmente al culto domenicale debba diventare una buona abitudine. Le abitudini possono, è vero, essere negative, se abbiamo lo spirito sbagliato. E' pure un dovere che prescinde dal fatto se ne abbiamo voglia oppure meno. Esso deve venire prima di qualsiasi altra cosa. Conosco alcuni che si sono impegnati, quasi per giuramento, a non mancare mai al culto domenicale, per loro è una questione di principio. In ogni caso il nostro spirito deve essere quello di Davide: gioia e desiderio intenso.
Mi ricordo del tempo in cui ero da poco giunto alla fede evangelica. Non vedevo l'ora che la settimana finisse per potermi riunire nel culto con i miei fratelli e sorelle nella fede, e dovunque mi recavo, la domenica cercavo sempre una comunità cristiana con la quale riunirmi. Era impensabile per me non andare ad un culto la domenica. Questo entusiasmo è totalmente biblico e corretto e deve esserci in noi se davvero conosciamo il Signore. Quando siete innamorati, non anelate forse il momento di stare insieme alla persona amata?
Anche al tempo della Bibbia molti non condividevano l'entusiasmo di Davide nell'andare alla Casa del Signore.
#1. I sacerdoti del tempo di Malachia (Ma. 1:6-13). "Ah, che fatica!", dicevano. Questa gente era un incubo. Il loro culto era un peso da sopportare persino per Dio. Quando il nostro atteggiamento si trasforma da "non ne vedo l'ora" a "oh no, non ancora…", qualcosa comincia ad avvenire in noi. Cominciamo a declinare spiritualmente. Potremmo cominciare a non andare a letto tardi il sabato sera. Se siamo fisicamente stanchi, raramente avremo uno spirito volenteroso di rendere a Dio il culto che gli è dovuto. Dobbiamo inoltre rammentarci che il culto non è qualcosa che ci viene fatto, ma qualcosa che noi facciamo. C'è chi si lamenta di non ricevere nulla dal culto. E' difficile trarne qualcosa se noi stessi non ci portiamo nulla. Inoltre se pratichiamo il culto privatamente ogni giorno, scopriremo che esso diventa un modo di vivere, con il culto comunitario inteso come "la ciliegina sulla torta". Se noi trascuriamo di incontrarci personalmente e come famiglia ogni giorno, con il Signore, il culto domenicale diventa qualcosa di diverso e in contraddizione con il nostro stile di vita.
#2. Gli israeliti al tempo di Amos. "Quando passerà la luna nuova perché possiamo vendere il grano, e il sabato perché possiamo dar inizio alla vendita del grano, … falsificando le bilance per frodare" (Am. 8:5). Essi non sopportavano il giorno di festa. Lo vedevano come una fastidiosa ed indebita interruzione dei loro affari! Alcuni ritengono che la comunità cristiana abbia troppe riunioni, che i culti siano troppo lunghi, che vi siano troppe attività… Dicendo così è chiaro che il loro cuore è altrove: vogliono che i loro doveri religiosi terminino il più presto possibile. In realtà non sono davvero cristiani. Quando però la fede cristiana diventa il nostro stile di vita, non si pensa più così. Gesù diceva: "cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte" (Mt. 6:33).
Come fare a sviluppare uno spirito volenteroso? Il salmo ci indica un atteggiamento che dovremmo sempre. L'anima assetata sarà soddisfatta. Ecco un atteggiamento pieno di aspettative ed entusiasta. Dire "uno spirito volenteroso" è persino riduttivo. Se giungiamo al culto senza la voglia di rendere a Dio il culto che Gli è dovuto, l'avventura che può essere il culto deteriora a noia e monotonia. Possiamo anche essere fisicamente li, ma la nostra mente è altrove. Allora non adoreremo Dio, non impareremo nulla, non vi avremmo realmente partecipato. L'unica cosa che avremo fatto è passare un'ora. Il Signore dirà allora di noi: "Questo popolo si accosta a me con la bocca e mi onora con le labbra; ma il loro cuore è lontano da me. E invano mi rendono un culto, insegnando dottrine che sono comandamenti di uomini"" (Mt. 15:8,9). Portate allora con voi uno spirito volenteroso, ma anche…
2. Un cuore riconciliato
La Scrittura afferma: "Ora tutte le cose sono da Dio, che ci ha riconciliati a sé per mezzo di Gesù Cristo e ha dato a noi il ministero della riconciliazione, poiché Dio ha riconciliato il mondo con sé in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli, ed ha posto in noi la parola della riconciliazione" (2 Co. 5:18,19). Riconciliazione è una parola difficile da definire, significa "scambiare", trasformare l'ostilità in pace.
Come cristiani siamo stati riconciliati con Dio attraverso Cristo. Quello che un tempo era un rapporto difficile, ora è appianato. Come gente riconciliata abbiamo un ministero da assolvere. Dobbiamo prefiggerci la riconciliazione del mondo, aiutarci l'un l'altro ad avere un rapporto pacifico con Dio attraverso Cristo.
La riconciliazione comincia da casa (qui intesa come Chiesa). Gesù dice: "Se tu dunque stai per presentare la tua offerta all'altare, e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con tuo fratello; poi torna e presenta la tua offerta" (Mt. 5:23). Qui c'è qualcuno che ha qualcosa contro di te, e tu lo sai! Prima di andare a rendere a Dio il culto che Gli è dovuto va a riconciliarti con lui. Se non possiamo essere in pace l'uno con l'altro nel Signore, allora non abbiamo nulla da offrire per la riconciliazione del mondo.
Qualcuno però potrebbe obiettare: "Io non sapevo che essi avessero
qualcosa contro di me. Allora non sono i obbligo, secondo questo brano, di fare
alcunché". Oppure: "Non c'è modo che io mi riconcili con loro, non ne
vogliono sentir ragioni". Questo però non può essere per noi una scusa.
Gesù esige che noi cerchiamo la riconciliazione, che abbia successo oppure no.
"Ho cercato di farlo prima, ma non è servito a nulla". Il nostro
compito però non è però farli cambiare, ma considerare la possibilità che
prima o poi il loro atteggiamento cambi. Nessuno è sempre uguale a sé
stesso. Oppure: "Non è il mio problema. Tocca a loro fare il primo
passo". Neanche questa può essere una scusa. Il cristiano è un uomo o una
donna di grazia che offre la possibilità di riconciliazione e perdono anche se
pensa di aver ragione lui, anche se pensa che gli altri non lo meritino. Il
cristiano si comporta come Cristo.
Prima di rendere a Dio il culto che Gli è dovuto, riconciliati! La Scrittura dice: " Se è possibile e per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini. ... Io dunque ... vi esorto a camminare nel modo degno della vocazione a cui siete stati chiamati, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri nell'amore, studiandovi di conservare l'unità dello Spirito nel vincolo della pace" (Ro. 12:18; Ef. 4:1-3).
Bisogna fare attenzione in questo campo. Iddio ci dice: "Se uno dice: "Io amo Dio", e odia il proprio fratello, è bugiardo; chi non ama infatti il proprio fratello che vede, come può amare Dio che non vede? E questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: chi ama Dio, ami anche il proprio fratello" (1 Gv. 4:20,21). Luciano De Crescenzo osserva: "Noi tutti siamo angeli con un'ala sola. Possiamo volare solo se ci abbracciamo". Dietrich Bonhoeffer scrisse: "Se disprezziamo il nostro fratello, il nostro culto non è autentico e pregiudica ogni promessa divina. Quando veniamo di fronte a Dio con il cuore pieno di disprezzo e in lite con il nostro prossimo, noi rendiamo il culto ad un idolo!".
Mentre ora rendiamo a Dio il culto che Gli è dovuto e non vediamo l'ora del prossimo culto, vorrei chiedervi: "Siete riconciliati davanti a Dio con il vostro fratello e la vostra sorella? Siete nella situazione in cui sarebbe meglio, prima di venire al culto, di riconciliarvi con loro? Fintanto che non lo facciamo, il nostro culto ne verrà impedito. Allora, se vi portate uno spirito volenteroso, e un cuore riconciliato, perché non portarvi anche…
3. Mani sante!
" Voglio dunque che gli uomini preghino in ogni luogo, alzando le
mani pure, senza ira e dispute" (1 Ti. 2:8). Le mani nel culto sono un
atteggiamento del corpo e del cuore. Possiamo benissimo alzare le mani mentre
preghiamo. Chi ce lo impedisce? Anzi, è quasi prescritto! Alzare le mani è
quasi dovunque atteggiamento di resa. Mani alzate nel culto, mani sante, sono
altresì simbolo di un cuore arreso totalmente a Dio, di una vita completa
vissuta come a Lui piace. Qualcuno ha scritto questa frase: "Sono
pronto a comprare solo due franchi di Dio, non tanto da far esplodere la mia
anima o disturbare il mio sonno, ma abbastanza da essere come una tazza di latte
caldo o una passeggiata al tepore del sole. Voglio dei sentimenti religiosi
consolanti, non una trasformazione. Voglio mezzo chilo di eternità in un
sacchetto. Vorrei comprare solo due franchi di Dio".
Le nostre mani però devono essere pulite, sante. Dubito che a Dio importi più di quel tanto se le vostre mani siano letteralmente pulite. Certo importa a vostra madre o a vostra moglie. Dio però ci tiene a che il nostro cuore sia pulito, il nostro essere interiore. Sebbene nessuno di noi possa essere senza peccato, Dio esige che noi cerchiamo di essere puliti interiormente di fronte a Lui, se no il nostro culto non sarebbe che una condannabile ipocrisia.
Gesù disse: " Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio" (Mt. 5:8). Certo abbiamo la tendenza innata a peccare. 1 Giovanni 1:8 dice: "Se diciamo di essere senza peccato inganniamo noi stessi e la verità non è in noi". Nostro obiettivo, però, è quello di non permettere che in noi regni la nostra natura peccaminosa. Il peccato ci allontana da Dio e questa distanza può diventare molto lunga, un muro insuperabile. Un culto a cui si partecipa quando il nostro cuore è lontano da Dio può diventare paranoia. Ci pare che ogni lettura e ogni sermone sia diretto proprio a noi. Allora ci sentiamo a disagio nel culto. Allora ce ne teniamo lontani. Che tragedia però essere lontani dalla fonte della vita! Possiamo piegare però il nostro orgoglio e perseguire un cuore pulito e santo chiedendo perdono al Signore e la grazia del rinnovamento. Che miseria partecipare ad un culto facendo esperienza interiore di essere vuoti, soli ed aridi!
Non è però necessario sentirsi a disagio nel culto e nemmeno abbandonarlo. Il Signore ci dice: "Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto, da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo e la sua parola non è in noi. Figlioletti miei, vi scrivo queste cose affinché non pecchiate; e se pure qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo il giusto. Egli è l'espiazione per i nostri peccati; e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo" (1 Gv. 1:9-2:2).
Conclusione
Dispiace veramente che una delle tre balene bloccate sotto la superficie del ghiaccio non abbia potuto farcela. Se avesse seguito il percorso di fori prodotti dai soccorritori per farle respirare, si sarebbe potuta salvare. Proprio come la balena perduta anche noi possiamo perdere di vista i "fori" che ci sono stati provveduti per respirare. Quando cominciamo a tirare fuori scuse per non andare al culto, in realtà scegliamo di non avvalerci di uno di questi "fori per respirare". E' meglio non fare di questi giochi. Come cristiani abbiamo bisogno l'uno dell'altro, ed abbiamo bisogno del culto comunitario per essere istruiti dalla Parola di Dio. Potremmo non essere in grado di trattenere a lungo il respiro, per così dire, spiritualmente parlando. Quando allora veniamo per rendere a Dio il culto che Gli è dovuto, vi sono diverse cose che vi dobbiamo portare, cose che allargheranno quel buco di respirazione per poter prendere più ossigeno possibile.
Tre sono le cose che possono rendere completo un culto: uno spirito volenteroso per rallegrarsi veramente di essere alla presenza di Dio; un cuore riconciliato per essere il pace con Dio; mani sante, simbolo di un cuore santificato. Anche il migliore culto che un pastore possa organizzare non avrà effetto alcuno se non vi sono queste caratteristiche in chi ad esso partecipa. Non è il pastore che "fa" il culto: sono i partecipanti a renderlo possibile.
Desiderate essere presenti, desiderate stare con i vostri fratelli e sorelle nella fede, desiderate essere a posto con Dio. Senza di questo, il culto, un qualsiasi culto organizzato non potrà che essere un'esperienza di vuotezza, di solitudine e di aridità. Due delle tre balene di cui abbiamo parlato all'inizio erano sopravvissute perché avevano seguito la via dei fori per respirare loro provveduti. L'ossigeno è essenziale per la vita. Il culto, e il culto comunitario in particolare, è l'aria che ci permette di vivere spiritualmente. E' più che "andare al culto", più che un'abitudine, più che un dovere: è un incontro vitale con l'onnipotente Iddio.
(Tratto da un semone di Alan Walker. Paolo
Castellina, venerdì 8 maggio 1998. Tutte le citazioni bibliche, salvo
diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, Ediz. La Buona
Novella, Brindisi, 1991).