In nome di Dio Onnipotente?

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Un'espressione contestata

"In nome di Dio Onnipotente": pure la nuova Costituzione svizzera inizierà con l’invocazione di Dio. Martedì 17 marzo, il Consiglio nazionale, infatti, l'ha mantenuta. A opporvisi è stata solo una minoranza "rosso - verde". Questo preambolo alla Costituzione, che non ha un valore normativo, e che ne costituisce un'introduzione solenne, ha trattenuto l'attenzione dei deputati per oltre due ore. La menzione: "In nome di Dio Onnipotente": "riassume lo spirito della Costituzione e offre spazio a visioni", ha spiegato il consigliere federale Arnold Koller. Ha suscitato però aspre critiche da parte di chi vorrebbe mantenere la neutralità dello Stato in merito a questioni religiose e da chi rileva le ambiguità e l’ipocrisia di una tale affermazione. In effetti tutta la questione dell’invocazione di Dio nel preambolo della Costituzione è complessa: buone argomentazioni possono essere trovate sia fra i suoi fautori che fra i suoi oppositori.

Che senso ha la frase "In nome di Dio Onnipotente" all'inizio della Costituzione? La sua incoerenza con lo spirito della modernità è evidente. Essa sarebbe, a dire di alcuni, semplicemente un atto di ossequio e di omaggio a "un'antica tradizione che risale ai primi patti che hanno vincolato i vecchi Confederati", In effetti, gli antichi confederati erano cristiani che credevano che l'esplicito riferimento a Dio fosse essenziale per porre un solido fondamento dei nostri diritti e doveri, come pure per la stessa garanzia della dignità umana. E oggi? Solo una tradizione? Garanzia di quali valori? E poi, a quale "Dio" si fa riferimento? A "uno qualunque" magari per "garantire il pluralismo contemporaneo"?

Sarebbe in effetti assurdo conservare questa tradizione svuotata di ogni suo contenuto. Eppure, per noi cristiani, far preludere la Costituzione del nostro vivere sociale e individuale "In nome di Dio Onnipotente" continua ad essere essenziale, tanto che questa espressione rimane un preziosissimo valore che ci hanno lasciato in eredità i nostri antenati, la cui valenza dovremmo attentamente approfondire ed apprezzare. E' quello che vorrei considerare oggi.

I. Un testo del profeta Michea

Vorrei così partire dall'attenta analisi di un testo del profeta Michea e da questo cercare di comprendere il senso autentico dell'espressione "In nome di Dio Onnipotente".

"Ma negli ultimi tempi, il monte della casa del SIGNORE sarà posto in cima ai monti e si eleverà al di sopra delle colline e i popoli affluiranno ad esso. Verranno molte nazioni e diranno: "Venite, saliamo al monte del SIGNORE, alla casa del Dio di Giacobbe; egli c'insegnerà le sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri!" Poiché da Sion uscirà la legge, da Gerusalemme la parola del SIGNORE. Egli sarà giudice fra molti popoli, arbitro fra nazioni potenti e lontane. Dalle loro spade fabbricheranno vomeri, dalle loro lance, roncole; una nazione non alzerà più la spada contro l'altra e non impareranno più la guerra. Potranno sedersi ciascuno sotto la sua vite e sotto il suo fico, senza che nessuno li spaventi; poiché la bocca del SIGNORE degli eserciti ha parlato. Mentre tutti i popoli camminano ciascuno nel nome del suo dio, noi cammineremo nel nome del SIGNORE, nostro Dio, per sempre" (Mi. 4:1-5).

II. La prospettiva di Michea

Il profeta Michea, in questo testo, guarda oltre le circostanze storiche difficili che Israele stava vivendo nel momento in cui scrive, guarda cioè a "gli ultimi tempi". Con il suo sguardo giunge ad un distante futuro in cui Sion sarà esaltata.

1. Sion. Che cos'è Sion? E' "il monte della casa del SIGNORE … la casa del Dio di Giacobbe", il nome della collina sulla quale era stato eretto il tempio di Gerusalemme, il luogo privilegiato in cui il Dio dell'universo aveva scelto di rivelarsi e dimorare. Molti altri popoli avevano eretto templi in onore delle divinità che adoravano sulla cima di colline e montagne. Sion non era certo la più alta fra tutte. Eppure Michea profetizza che la collina di Sion si ergerà un giorno al di sopra di ogni altra: "il monte della casa del SIGNORE sarà posto in cima ai monti e si eleverà al di sopra delle colline". Che intende dire?

2. Il trionfo di Dio. Sion è simbolo della speciale presenza di Dio in questo mondo, compiuta perfettamente nella Persona di Gesù Cristo e definita autorevolmente dalla Bibbia. Essa si eleverà un giorno ben al di sopra di ogni espressione religiosa umana perché trionferà come la verità su ogni menzogna, come ciò che è reale su ciò che è ingannevole e fallace. Sarà la rivincita del Dio vero e vivente su ogni falsa divinità, religione o ideologia che il mondo abbia inventato e innalzato sugli altari.

3. Un magnete. Quando Sion sarà così innalzata, essa diventerà come un magnete per tutte le nazioni, "i popoli affluiranno ad esso". Questa profezia ha cominciato a realizzarsi in Gesù, crocifisso e risorto: "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna … e io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me" (Gv. 3:14,15; 12:32).

4. Per imparare. Dice Michea: vi sarà un costante flusso di gente di ogni tipo ed origine a Gerusalemme che verrà per apprendere la Legge di Dio "egli c'insegnerà le sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri … Poiché da Sion uscirà la legge, da Gerusalemme la parola del SIGNORE". Sono la gente di ogni tempo e paese, che già fin da ora diventano fiduciosamente discepoli di Cristo per apprendere da Lui. Il libro dell'Apocalisse, con una grandiosa visione, descrive l'adempimento finale di questa profezia. Dice: "…guardai e vidi una folla immensa che nessuno poteva contare, proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, che stava in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, vestiti di bianche vesti e con delle palme in mano" (Ap. 7:9).

5. Un mondo trasformato. I concetti espressi dal profeta Michea sono veramente entusiasmanti: …e quando ogni nazione imparerà la Legge di Dio e l'applicherà alla vita, il mondo sarà trasformato. Le guerre saranno solo un ricordo del passato, le nazioni si impegneranno in attività costruttive: "Dalle loro spade fabbricheranno vomeri, dalle loro lance, roncole; una nazione non alzerà più la spada contro l'altra e non impareranno più la guerra".

6. Pace e sicurezza. Allora ognuno potrà vivere con sicurezza e soddisfazione: "Potranno sedersi ciascuno sotto la sua vite e sotto il suo fico, senza che nessuno li spaventi". Sarà come il regno di Salomone aveva prefigurato. "Gli abitanti … vissero al sicuro, ognuno all'ombra della sua vite e del suo fico, tutto il tempo che regnò Salomone" (1 Re 4:25). La speranza è concreta, essa sarà infallibilmente adempiuta quando il Regno di Dio irromperà in tutta la sua pienezza.

7. Una determinata presa di posizione. Tutto questo comporta già fin da ora rilevanti conseguenze per il popolo di Dio. Il popolo di Dio, forte di questa concreta speranza, deve prendere al presente una chiara posizione per suo Dio e testimoniarne la verità. Michea, così, parla in nome del popolo di Dio e riconferma il loro impegno e determinazione a confidare nel Signore e ad ubbidirGli anche se le nazioni tutte, per ora, persistono a seguire ciascuna i loro propri falsi dei. Dice: "…mentre tutti i popoli camminano ciascuno nel nome del suo dio, noi cammineremo nel nome del SIGNORE, nostro Dio, per sempre". Perseveriamo, sembra dire, fiduciosi ed incrollabili a testimoniare con tutta la nostra vita alla verità rivelata, sicuri che alla fine essa trionferà su ogni avversario e su ogni presunta alternativa! Il popolo di Dio, afferma il profeta, deve rendere dunque chiara testimonianza in ogni sua espressione, personale e sociale, e fin da oggi, a quella realtà che un giorno sarà ineluttabilmente stabilita, e questo nonostante la contemporanea confusione di voci che vede religioni ed ideologie le più diverse che "si ergono su ogni monte" e che pretendono spazio ed udienza profittando del pluralismo moderno.

8. Sintesi. Questo può essere sintetizzato in due punti: il popolo di Dio deve testimoniare con fiducia:

a) del Dio vero e vivente che, proprio per chi Lui è, può dimostrare assoluta superiorità su qualunque suo concorrente e vincere alla prova dei fatti. Egli è un irresistibile magnete per tutti i popoli e questo sarà particolarmente evidente in presenza di un popolo fedele, a Lui consacrato, che con coerenza segue la Sua via,

b) della sapienza della Legge di Dio e dei buoni frutti che essa produce quando è praticata con diligenza. Essa sola, infatti, garantisce autentica pace, sicurezza e benessere. La testimonianza del popolo di Dio lo deve dimostrare.

III. Che significa agire "in nome del Signore"?

1. Coerentemente a Lui. Proprio per questo il popolo di Dio, nella vita singola e collettiva, non deve aver timore di "camminare nel nome del Signore". Che significa agire "in nome del Signore"? Significa che tutto quello che siamo e facciamo deve essere impostato coerentemente con tutto ciò che Egli è, ha dimostrato di essere ed ha comandato. Fare qualcosa "in nome di Dio" significa che quel qualcosa deve rispecchiare la conoscenza, la sapienza, la bontà, l'amore, la grazia, la misericordia, la longanimità, la santità, la giustizia, la veracità, la sovranità, la volontà e la forza di Dio.

2. Anche in politica. Questo vale anche quando i cristiani, democraticamente, prendono in mano la vita politica di una nazione. Un tempo si usava fare un contratto, stipulare un trattato, emettere una sentenza, promulgare una costituzione "nel nome di Dio". Significava che quel contratto, trattato, sentenza e costituzione era stato fatto in accordo con i principi etici e morali sovranamente stabiliti da Dio e manifesti nella Sua Persona. Essi ne erano il punto di riferimento e giudice ultimo. Dire "in nome di Dio" significava così stabilire qualcosa "in fiduciosa ubbidienza a Dio". E' cosa lodevolissima e meritoria se fatta onestamente.

3. Una bestemmia. Vivere ed agire "nel nome del Signore" non significa, però certo, giustificare, avallare tutto ciò che noi decidiamo di fare pretendendo di averne automaticamente l'approvazione e la benedizione di Dio! Non esiste alcun "rappresentante di Dio" che possa essere al di là delle critiche e che possa pretendere, per il solo fatto di esserlo, di rimanere incontestabile. Persino purtroppo dei crimini, nel corso della storia, sono stati compiuti pretendendo di farlo "in nome di Dio". Questa però non era che una bestemmia, un "nominare il nome di Dio invano", cosa che non rimarrà certamente impunita. Dio e i cittadini tutti hanno la facoltà di giudicare se veramente quell'atto è stato fatto in armonia con ciò che Dio è. Fare e stipulare qualcosa in nome di Dio significa farlo riflettendo specularmente ciò che Dio è.

IV. Dio è la garanzia di quanto di meglio noi aspiriamo!

Detto questo, torniamo alla questione del preambolo della Costituzione. Si vuole che esso rappresenti per essa un'introduzione formale e solenne. Il suo contenuto, si afferma, deve avere valore simbolico, esprimere in forma concisa lo "spirito della Costituzione, il carattere fondatore, indicare le direttrici di sviluppo di uno Stato.

Su quali principi si fonda la Confederazione? Secondo un'elaborata inchiesta promossa in questi ultimi anni fra la popolazione, questo preambolo dovrebbe sancire formalmente diritti fondamentali e principi di libertà, democrazia, socialità, l'indipendenza e la pace, valori quali lo spirito di solidarietà e apertura sul mondo particolarmente significativi nella realtà attuale del nostro Paese, tenendo conto particolarmente del benessere delle generazioni future. Essa dovrebbe così comprendere concetti come "la molteplicità nell'unità" e richiedere categoricamente la determinazione a vivere "con reciproca tolleranza e rispetto". Si intende un atteggiamento che sappia essere scrupoloso, sul piano ecologico, sociale ed economico, nei confronti delle basi naturali della vita, in particolare, per una più precisa definizione del diritto alla vita, ma anche la difesa del matrimonio. Un tale preambolo dovrebbe riconoscere anche il divieto di discriminazioni contro qualsivoglia categoria di cittadini, il divieto delle punizioni corporali e del trattamento inumano dei minori, nonché altre disposizioni a favore di uno sviluppo fisico e psichico dell'individuo, una rivalutazione delle scuole private nonché il diritto dei genitori di scegliere liberamente l'educazione e la scuola per i figli. In breve il preambolo dovrebbe designare, a dir di molti, quanto è indispensabile a una società che si costituisca in Stato. Stabilire tutto questo è certamente degno di avere rango costituzionale.

Tutto questo però è contenuto e garantito proprio da Dio, dal Dio di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe, dal Dio di Gesù Cristo, dei profeti e degli apostoli, dal Dio vero e vivente, Creatore e Signore del cielo e della terra. Dio, che si rivela nella Bibbia, costituisce di fatto base oggettiva e la garanzia proprio di quanto di meglio uomini, donne e bambini aspirano e vorrebbero essere base della nostra convivenza civile! Se soltanto il mondo lo capisse!

Fino alla crisi e degenerazione razionalista e materialista del secolo scorso, infatti, era scontato che la base sia del diritto che della dignità umana dovesse essere ricercata non nell’arbitrio umano ma nella Persona di Dio e nella Sua Legge rivelata. Egli, infatti, non solo rivela Sé stesso nella coscienza umana, nel creato e chiaramente nella Bibbia, ma pone le basi oggettive dei diritti e dei doveri della creatura umana, fatta ad immagine di Dio. Da dove sorgono, infatti, tutti quei principi etici e morali che i più vorrebbero giustamente vedere sanciti nella carta costituzionale, se non da ciò che Dio ha impresso nella coscienza di ciascuno? Derivano forse dalla convenienza umana, da un contratto sociale, da un illusorio progresso morale e civile dell’umanità? No, derivano dall’Unico che possa esserne garante, cioè Dio. L’unico solido fondamento che garantisca la certezza del diritto e della dignità umana è il Dio rivelato, non le sabbie mobili della presunta libertà ed autonomia umana, quelle del relativismo opportunista che genera sempre nuove ingiustizie e prevaricazioni. I nostri antenati lo avevano bene compreso e noi, nella nostra arroganza, presumendo di esserci "evoluti", lo disprezziamo. Ci vantiamo del nostro "progresso", completamente ciechi sulla nostra incipiente decadenza morale e spirituale, che comunque pagheremo a caro prezzo.

V. Due sole oneste alternative

Ecco dunque perché può essere nobile ed importante convenire democraticamente di porre alla base della nostra convivenza civile Dio Onnipotente e testimoniarlo in pratica. Dovremmo farlo senza scrupolo né vergogna, perché altri popoli fanno lo stesso con le loro religioni e non esiterebbero ad imporcelo se potessero.

Nominare il nome di Dio invano? C'è solo un problema, a mio giudizio, e non è da poco. Esso potrebbe rivelarsi una spaventosa ipocrisia! Il deputato socialista Jean Ziegler contestava che non esiste uno Stato cristiano, ma unicamente singole coscienze. Diceva: Non sarebbe certamente una spaventosa ipocrisia invocare Dio quando regolarmente anche la Svizzera disattende platealmente gran parte dei principi e delle leggi che Egli sovranamente ha stabilito? Certo, tutto questo è un grosso rischio e sarebbe veramente una bestemmia, un "nominare il nome di Dio invano". Sarebbe in un certo senso molto più decente nemmeno far finta di invocare Colui che praticamente ignoriamo per la più gran parte del tempo, salvo poi menzionare quando ci conviene e solo per fare ipocritamente "bella figura". Dove infatti sono finiti oggi gli ideali di coloro che hanno fondato questo paese? All’ipocrisia di principi sbandierati e disattesi dovremmo sostituire la triste realtà della nostra fondamentale immoralità e incoerenza. Dovremmo in effetti porre a cappello della Costituzione: in nome delle banche e del profitto, in nome dell'ingiustizia senza scrupoli e della prevaricazione, in nome dello sfruttamento e degli interessi di parte: questo è il nostro dio…

L'alternativa della coerenza. Abbiamo solo due alternative, o siamo onesti e mettiamo quello come premessa della Costituzione, o ogni cristiano cosciente e degno di questo nome deve prendere seriamente il nome di Dio e testimoniare di camminare coerentemente con ciò che Lui è. Dovremmo fare anche noi la risoluzione del profeta Michea che disse: "Mentre tutti i popoli camminano ciascuno nel nome del suo dio, noi cammineremo nel nome del SIGNORE, nostro Dio, per sempre". Che così possa essere e se faremo così Dio stesso, sarà onorato e glorificato in tutto il mondo e la nostra nazione ammirata veramente. Diranno: "Beata la nazione il cui Dio è il SIGNORE; beato il popolo ch'egli ha scelto per sua eredità" (Sl. 33:12).

(Paolo Castellina, sabato 21 marzo 1998. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Riveduta, Società Biblica di Ginevra, 1993).

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