La dignità della creatura umana è fondata in Dio!
Il testo biblico
"SIGNORE, tu mi hai esaminato e mi conosci. Tu sai quando mi siedo e quando mi alzo, tu comprendi da lontano il mio pensiero. Tu mi scruti quando cammino e quando riposo, e conosci a fondo tutte le mie vie. Poiché la parola non è ancora sulla mia lingua, che tu, SIGNORE, già la conosci appieno. Tu mi circondi, mi stai di fronte e alle spalle, e poni la tua mano su di me. La conoscenza che hai di me è meravigliosa, troppo alta perché io possa arrivarci. Sei tu che hai formato le mie reni, che mi hai intessuto nel seno di mia madre. (…) Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo stupendo. Meravigliose sono le tue opere, e l'anima mia lo sa molto bene. Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi erano destinati, quando nessuno d'essi era sorto ancora. (…) SIGNORE, non odio forse quelli che ti odiano? E non detesto quelli che insorgono contro di te? Io li odio di un odio perfetto; li considero miei nemici. Esaminami, o Dio, e conosci il mio cuore. Mettimi alla prova e conosci i miei pensieri. Vedi se c'è in me qualche via iniqua e guidami per la via eterna" (Salmi 139:1-6;13-16; 21-24).
Assassinando Dio, si assassina l'uomo
Oggi sembra essersi realizzata l'empia profezia del filosofo Friedrich Nietzsche: un mondo che si sta sempre di più liberando, ad ogni livello, del Dio della Bibbia e, con Lui, della legge che Egli ha stabilito per il bene delle creature umane. "Dio non ci serve più, le sue leggi non ci servono più, e via pure la concezione del mondo e della vita che la Bibbia ci insegna".
Nietzsche, infatti, nella sua opera Gaia scienza, fa risuonare, per bocca dell’uomo pazzo, l’annuncio che -finalmente!- Dio è morto. "Che ne è di Dio? Io ve lo dirò. Noi l’abbiamo ucciso - io e voi. Noi siamo i suoi assassini!". Sulle sue ceneri deve innalzarsi il superuomo, l’uomo nuovo, impastato dell’ideale dionisiaco che "ama la vita" e che, voltando definitivamente le spalle alle illusioni del "cielo", prenderà pieno diletto per la sanità della "terra". Il cristianesimo, considerato la suprema perversione di tutti i valori, lascia così il posto alla volontà forte, all’ebbrezza, ad un nuovo, salutare, e profondo orgoglio. "Un nuovo orgoglio - proclama Zarathustra- mi insegnò il mio Io, e io l’insegno agli uomini: non cacciate più la testa nella sabbia delle cose celesti, ma portatela liberamente: una testa terrestre, che crea essa stessa il senso della terra". Ecco l’uomo nuovo, finalmente padrone a casa sua!
Stranamente, però, "assassinando" Dio, disprezzando la Sua sapienza, e stabilendo la religione che ha al centro l'uomo soltanto, l'umanesimo, la nostra società non trova un uomo esaltato nel suo ritrovato "orgoglio", ma un uomo "assassinato" di tutto ciò che costituisce la sua dignità, un uomo vilipeso, umiliato e schiacciato in mille modi, privato di qualsiasi punto di riferimento etico e morale che serva per difenderlo ed esaltarlo veramente.
In balia di una scienza immorale
Non c'è migliore illustrazione di questo che quanto oggi accade nel campo della bioetica. Ascoltate un brano di un articolo di Giovanni Pellegri pubblicato nel numero di marzo/aprile 1997 della rivista "Caritas insieme" della Caritas Ticino. Vorrei leggerne un ampio stralcio, ne vale veramente la pena:
"Uteri in affitto, omosessuali che inseminano lesbiche, parti
plurigemellari per ultrasessantenni, donne che concepiscono un figlio con il
seme del marito morto, migliaia di embrioni nel congelatore come se fossero
pesciolini Findus... E adesso possiamo far di più. È possibile clonare l’essere
umano: il vostro unico figlio è riuscito piuttosto bene? Tanto vale averne un
altro identico nel congelatore. Non si sa mai se il primo si rompe... Ma cosa
abbiamo fatto per ritrovarci in questa situazione? La confusione che regna
attorno alle ricerche biomediche è dovuta unicamente ad una perdita di concetti
e definizioni essenziali riguardanti l’uomo. Paradossalmente tutti
affermiamo che la persona umana va difesa, ma dietro questo apparente consenso,
si nascondono un’infinità di concezioni antropologiche differenti. Per
esempio, l’aborto è divenuto espressione di libertà e di difesa della donna,
non soppressione di una vita umana. La fertilizzazione in vitro è divenuta un
traguardo scientifico meraviglioso, e non strumentalizzazione della vita umana
che porta al congelamento e alla distruzione di migliaia di embrioni; le
esperienze su embrioni in laboratorio sono divenute espressioni del progresso dell’umanità
e non disprezzo per la vita umana. Affermare che l’essere umano non può
divenire strumento di progetti altrui, sembrerebbe un’evidenza, ma molte
affermazioni di scienziati, medici ed ora anche di bioetici, dimostrano che non
lo sono affatto. Come si fa ad affermare che un embrione è vita umana per poi
infilarlo in un congelatore? Cosa spinge a ritenere che clonare un individuo
umano potrebbe essere utile, buono ed opportuno… se non una perdita di
significato della parola uomo ? La confusione nella quale ci troviamo è totale,
ma la colpa non è dell’ingegneria genetica o della scienza. Le recenti scoperte
scientifiche nel campo biomedico non hanno fatto altro che riportare ancora una
volta alla luce il vero problema: non sappiamo più assegnare alla
vita umana un valore fondamentale che merita il massimo rispetto. Se
culturalmente ci troviamo incapaci di riconoscere e di difendere il valore
della persona umana nelle sue diverse fasi o condizioni, allora la
strumentalizzazione dell’uomo diventa una logica ragionevole e utile. È il
disumano che si impone travestendosi in amore per l’uomo. In questa dinamica
riusciamo a chiamare gesti di amore l’aborto, l’eutanasia e il sacrificio di
embrioni per la ricerca. Non stiamo diventando crudeli o cinici, è la definizione
di uomo che cambia. Allo stesso modo, se un giorno si arriverà alla
clonazione dell’essere umano, questo non avverrà per la folle creazione di
sottouomini o di mostri ma sarà fatto nel nome di un benessere distorto.
Insomma non si scappa: o ci riappropriamo di una cultura capace di affermare
la dignità dell’uomo oppure il rispetto della vita umana diverrà un un’opinione
soggetta a discussioni che ci porteranno persino a negare la nostra stessa
umanità. Questa crisi culturale, capace di negare i valori fondamentali
dell’uomo, investe anche la scienza. La perdita di concezione del bene e
del male, associata ad un’ideologia scientista in piena espansione, riducono la
scienza ad una disciplina esclusivamente tecnica, spogliandola di cultura. Una
scienza capace di fare meraviglie, in mano a uomini che si sentono responsabili
unicamente dello svolgimento dell’esperienza in laboratorio, rischia di
ottenere risultati aberranti in nome di un progresso dal quale, con l’uomo,
anche la stessa scienza ne uscirà perdente".
La vita umana ha un valore particolare?
La vita umana ha un valore particolare e va rispettata sempre o si può fare con essa ciò che di volta in volta ci sembrerà più opportuno fare? La risposta dipende dalla filosofia o spiegazione dell'universo che uno possiede. Vi sono però solo due serie alternative. O l'universo è spiegabile solo in termini personali (esso è stato creato ed è sostenuto da Dio), oppure può essere spiegato in termini impersonali attraverso qualche teoria meccanicista o evoluzionista.
Vi sono filosofie di ogni tipo che sostengono come la vita umana sia il prodotto dello sviluppo casuale della materia durante milioni di anni, dall'atomo di idrogeno fino al cervello, dall'ameba all'uomo. Se fosse così, però, perché dare valore particolare alla vita dell'essere umano? Non è che "una fase del processo evolutivo": la scienza lo può manipolare a piacimento in vista di "qualcosa di meglio". Perché avere compassione e curare i malati, prendersi cura dei deboli, degli handicappati, delle "razze inferiori": è controproducente! Secondo l'evoluzionismo il debole "deve soccombere", meglio per tutti, se non lo si può sfruttare, di eliminarlo: deve prevalere "il più adatto"! Posso benissimo così uccidere i bambini che non desidero o che non sono utili alla "realizzazione di me stesso". Posso sfruttare gli altri a mio piacimento, se riesco a farlo: non è giusto che prevalga il più forte? Perché poi mantenere i vecchi? Sono inutili e dispendiosi, eliminiamoli!
Non è una coincidenza che, dopo tanto materialismo insegnato nelle nostre scuole ed università in questo secolo, che oggi si abbiano membri delle professioni mediche che appoggino fortemente l'aborto, l'eutanasia e la sperimentazione su embrioni umani. Non era neppure una coincidenza che nella Germania nazista (educata da un amalgama di filosofia hegeliana e teoria darwinista), che la professione medica cooperasse nello sterminio di massa dei malati cronici, di coloro che socialmente erano di disturbo e di coloro che ideologicamente non erano desiderati. Il fatto è che in qualsiasi forma di pensiero materialistico non esiste una base per affermare il valore, la dignità e la santità della vita umana.
La base cristiana
Se non vi può essere base alcuna nel materialismo per affermare questi valori, dove altrimenti la si potrebbe trovare? Noi siamo persuasi che il cristianesimo biblico fornisca l'unica solida base per credere nella santità della vita umana. Essa è fondata su due dottrine di base: (a) L'esistenza di un Dio illimitato ma personale che ha creato il mondo che ha rivelato Sé stesso nelle Scritture; (b) La creazione dell'uomo ad immagine di Dio.
Stabilito che la realtà ultima dell'universo non sia impersonale (la materia o l'energia di cui è fatto), ma il Creatore personale che lo ha fatto, allora avremo immediatamente una base per stabilire il valore della creatura umana e della santità della vita. La Bibbia lo evidenzia con chiarezza: l'uomo non è il prodotto finale di una combinazione cieca e casuale di atomi. Esso è stato creato da Dio come la sola natura personale che abiti l'universo materiale. La creatura umana viene descritta come immagine di Dio (1), descrizione che non cessa d'essere vera anche dopo l'inizio del processo degenerativo in cui l'essere umano è decaduto con il peccato (2).
In che senso la creatura umana è "immagine di Dio"? Il modo migliore per comprendere l'espressione "immagine di Dio" è di interpretarla alla luce del contesto in cui originalmente era stata rivelata (Ge. 1:26-30). La somiglianza dell'uomo con Dio è collegata con la capacità umana di dominare sulla terra, di governare e dominare sulle altre creature. L'immagine di Dio è espressa nelle capacità che distinguono l'uomo dagli animali e che lo mettono in grado di dominare su di essi. E' lo stesso Signore nostro Gesù Cristo che insegnava come il valore dell'uomo dovesse essere collegato alla sua superiorità sugli animali. Egli disse: "Certo un uomo vale molto più di una pecora!" (Mt. 12:12).
Anche però nel caso che una creatura umana perdesse alcune o tutte le sue capacità che lo distinguono dall'animale essa non cesserebbe di essere umana, non diventerebbe animale. L'uomo stesso a cui Gesù si rivolgeva quando diceva questa frase era una persona handicappata. Aveva una mano rinsecchita. Nonostante il suo handicap egli valeva più che una pecora. Sebbene a pecora non potrebbe mai avere il potenziale creativo di una mano, risanato, l'uomo l'avrebbe potuto avere. Non importa quanto deforme, debole, handicappato o demente possa diventare un essere umano, egli non scende mai alla condizione di un animale e non perde la dignità ed i diritti di ogni essere umano, perché, a differenza dall'animale, egli può essere risanato, almeno dal potere di Dio. Se non in questa vita, almeno in quella a venire.
L'immagine di Dio viene espressa così in quelle capacità che lo fanno assomigliare a Dio. Fra di esse: (a) la capacità di governare la terra (Ge. 1:28); (b) la capacità di razionalmente riordinare l'ambiente (Adamo era stato posto in un giardino affinché lo lavorasse, Ge. 2:15). (c) La capacità di descrivere e di catalogare le altre creature (2:19,20). (d) La capacità di rapportarsi, comunicare con ed amare un'altra persona (Dio, come pure i suoi simili, 2:22-25).
La vita della creatura umana ha significato, dignità e santità, perché è collegata con l'ordine elevato dell'essere personale, con il Dio che l'ha creata. Il Creatore ha dotato l'uomo delle qualità divine del pensiero razionale, della creatività e del linguaggio, l'ha coronato di gloria e di onore, ed Egli si compiace di dichiarare che l'uomo è fatto alla Sua immagine.
E' questa dottrina dell'immagine di Dio che sta alla base della protezione che Dio accorda all'uomo. L'omicidio viene considerato un orribile crimine perché esso colpisce ciò che nel mondo è maggiormente simile a Dio, un essere umano (cfr. Ge. 9:6) Le Scritture condannano sempre il togliere la vita ad un innocente (3).
Non si condanna però solo l'atto deliberato di togliere la vita, ma anche la negligenza deliberata nel salvare una vita. Questo ci porta al messaggio principale della parabola del Buon Samaritano. La questione qui in discussione è ciò che richiede la legge, cioè amare il prossimo (il secondo grande comandamento, il quale riassume i nostri doveri verso i nostri consimili). Il sacerdote ed il levita avevano chiaramente infranto la legge di Dio lasciando morire quell'uomo. Nel sesto comandamento Gesù insegna che lasciar morire una persona quando si ha la possibilità di ristabilirne la vita, è tanto riprensibile quanto un omicidio.
La questione se la vita umana abbia speciale valore trova da parte del cristiano una risposta affermativa. La vita umana è stata creata ad immagine di Dio ed è protetta dal divino comandamento.
Quali esseri sono esseri umani?
Chiediamoci ora quando una vita possa essere definita umana. La questione è di natura biologica, e la Bibbia ha molto da dire a riguardo.
La prima accentuazione che a questo riguardo fa la Bibbia è l'unità psicosomatica della persona umana. Quest'unità è evidente nella creazione dell'uomo (Ge. 2:7), nelle conseguenze fisiche e spirituali della Caduta (Ge. 3:16-19) e nella dottrina neotestamentaria sulla risurrezione. Quando Dio creò l'uomo, vennero alla luce simultaneamente la sua vita fisica e quella psicologica, allora divenne un'anima vivente. Il fatto è rilevante perché indica come già un embrione o un feto sia una creatura umana, dotata di un'anima umana vivente.
Che cosa rivela Iddio nella Bibbia a proposito della vita prenatale? In primo luogo per tutta la Bibbia di dà per scontato che un bambino nel ventre materno sia un essere umano vivente. Per descriverlo, infatti, la Bibbia usa le comuni espressioni usate dopo la loro nascita per descrivere i bambini (4). Il Salmo 139, letto all'inizio, mostra come la vita prenatale sia descritta come parte della propria storia, persino dal concepimento (Sl. 51:5). Persino il ruolo paterno nell'atto sessuale viene descritto come generare una creatura umana (5).
Un'indicazione interessante è quella che riguarda quella che nel NT viene chiamata "stregoneria" (pharmakeia), elencata fra le opere della carne (Gal. 5:20). Gli "stregoni" (pharmakoi) sono fra coloro che verranno esclusi dal regno di Dio (Ap. 21:8; 22:15). Gli "stregoni" erano a quel tempo uomini che manipolavano erbe a supposto scopo terapeutico, ed una delle loro più importanti funzioni era quella di fornire sostanze che provocassero l'aborto. Nei brani dell'Apocalisse gli stregoni vengono associati ai fornicatori ed agli omicidi, e questo appoggerebbe l'idea che il NT si riferisca specificatamente alle pratiche abortive, considerate quindi alla stessa stregua dell'omicidio (6).
E' la stessa incarnazione del Figlio di Dio in Gesù Cristo, però, che ci dà le ragioni più forti per considerare umana la vita pre-parto. Per ragioni teologiche fondamentali è necessario che Cristo sia pienamente umano (v. Eb. 2:14-17). La vita umana di Cristo cominciò nel seno (lett. nel ventre) della vergine Maria (Mt. 1:20; Lu. 1:31). Quindi, la vita umana deve cominciare dal suo concepimento.
Una volta stabilito che la vita umana abbia speciale valore e goda della protezione divina, la questione su che cosa costituisca la vita umana deve trovare una risposta biologica. Fatto fondamentale della scienza biologica è che la vita naturale inizi al momento della fertilizzazione con l'unione irreversibile dei nuclei dello sperma e dell'ovulo per formare uno zigote (o embrione unicellulare), il quale possiede tutto il codice genetico che formerà le caratteristiche di questo nuovo individuo. Così, se noi potessimo "leggere" questo codice in un embrione umano, conosceremmo il sesso, il colore degli occhi, dei capelli e della pelle, le fattezze facciali, il tipo di corpo e certe qualità della personalità e dell'intelligenza di questo essere umano individuale. In termini biologici, l'embrione unicellulare è un individuo umano vivente. Possiede gli attributi di base della vita (crescita e riproduzione). E' distintamente un organismo umano (o corpo). E' un organismo individuale integro (non parte di un altro). Dobbiamo quindi concluderne che l'embrione unicellulare sia un organismo (corpo) umano vivente. In termini cristiani si presuppone che dove v'è un corpo umano vivente, vi sia pure un'anima umana vivente (7). La discussione ci porterebbe ora lontano, ma la fede cristiana può rispondere con dati importanti a difesa del fatto che già fin dal concepimento noi si sia di fronte ad un essere umano individuale, da rispettare e da proteggere. E' la nostra precisa responsabilità di cristiani, qualunque siano le obiezioni ed i pretesti che a questo riguardo vengono fatti (8)
Anche se però vi fosse incertezza sullo status dell’embrione, anche allora logicamente noi dovremmo accordargli piena protezione. Naturalmente alcuni hanno sostenuto proprio l’opposto. "L’embrione potrebbe non essere una persona, quindi non gli dobbiamo protezione particolare". Per assurdo allora potremmo pure dire, nel caso di un’operazione di soccorso in montagna: "Sospendiamo le ricerche, gli alpinisti potrebbero essere morti". Oppure: saremmo disposti ad approvare una ditta di demolizioni che dicesse: "Procediamo a far saltare l’edificio, non sappiamo però se vi sia ancora gente dentro"? Laddove sia possibile la presenza di vita umana, il dubbio non è una base adeguata per ritirarvi la protezione. Nel nostro contesto, chi afferma che l’embrione non sia un essere umano deve ancora fornircene prove convincenti. Fintanto che non dimostreranno al di là di ogni dubbio che hanno ragione, non possiamo prenderci libertà alcuna in questo campo. Se non siamo sicuri del reale status dell’embrione, ucciderlo potrebbe moralmente non essere diverso dall’uccidere un bambino.
Una posizione da prendere chiaramente
Il cristiano che voglia essere coerente con la sua fede (la sua concezione del mondo e le precise responsabilità che questo gli comporta) prenderà dunque chiara posizione contro le pratiche manipolatorie della vita che la scienza oggi rende possibili. Posso solo ora accennarle brevemente, ma implicherebbero una discussione dettagliata.
Oltre alla pratica dell'aborto (al di là di casi in cui fosse a serio rischio la vita della madre), il cristiano si opporrà all'inseminazione artificiale che implichi l'intervento di una terza persona nell'integrità e nell'inviolabilità del vincolo coniugale. Opporrà gravi riserve sulla fertilizzazione in vitro quando implichi la distruzione di embrioni "superflui" e certamente alla sperimentazione sugli embrioni umani per quanto "nobili" possano esserne le motivazioni (gli esseri umani inconsapevoli non possono essere trattati da cavie né sacrificati per "sante cause". Il fine non giustifica i mezzi. Il controllo delle nascite dovrà essere tale da non implicare la distruzione di ovuli femminili già fecondati. Uno sviluppo particolarmente serio della pediatria, negli ultimi anni, è stato la promozione e la pratica, da parte di alcuni pediatri, di permettere la morte di bambini nati con difetti di nascita (di solito con sedativi e con la negazione del nutrimento). Bisogna dire che questo sia la logica conseguenza della mentalità abortista. "Se già uccidiamo il bambino nel ventre della mamma, perché non farlo anche quando ne è uscito?". Questo è il risultato finale dell'applicazione del relativismo umanista all'etica medica. Una tale trascuratezza del benessere del nostro simile è esattamente il tipo di azione che deprecava Gesù nel racconto del Buon Samaritano, e come cristiani non dovremmo fare tutto ciò che ci è possibile per aiutare la persona handicappata. Altro argomento scottante, infine, è quello dell'eutanasia attiva, la soppressione deliberata di persone malate o anziane, delle quali si ritenga che non valga la pena di tenere in vita. Noi non abbiamo infatti diritto alcuno di disporre della nostra o altrui vita. Iddio ci proibisce nella Sua Parola di farlo, qualunque ne sia il pretesto o la giustificazione. E' Dio stesso che ci prescrive quello che ci è lecito e quello che non ci è lecito fare, e l'eutanasia non rientra in ciò che ci è consentito.
Conclusione
Sull'intera questione della santità della vita umana, la nostra società è posta di fronte ad una scelta. Dobbiamo continuare ad avere una base morale cristiana o no? E se no, che ci dicano almeno quale ne sia l'alternativa. Se il desiderio generale è quello di non avere alcuna etica assoluta, è chiaro che allora saremo solo alla mercé di potenti manipolatori e centri di potere. Dobbiamo proseguire lungo questa via umanista verso una società neo-pagana, dove bambini non desiderati vengono gettati via e dove nuovi "stregoni" dispensano la vita e la morte sulla base di criteri discutibili o per denaro, oppure dobbiamo ritornare alla concezione cristiana della dignità dell'uomo e della santità di ogni vita umana? Il cristiano coerente sa quale sia il suo preciso dovere verso Dio e verso i suoi simili e sa altresì a quali gravi conseguenze vada incontro il singolo e l'umanità che non vi si conformi. Il Signore Iddio ci dice: "Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza".
(Paolo Castellina, venerdì 13 febbraio 1998.
Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla
versione Nuova Diodati, Ediz. La Buona Novella, Brindisi, 1991).
Note
(1) Ge. 1:26,27; 9:6; 1 Co. 11:7; Gm. 3:9.
(2) Tre delle citazioni sopra menzionate si
riferiscono alla condizione umana dopo la Caduta. E' vero che il peccato ha
deformato quell'immagine. Santità, giustizia e conoscenza sono andate perdute,
e queste possono essere ristabilite solo in Cristo (Ef. 4:24; Cl. 3:10). E'
chiaro però che da Ge, 9:6; 1 Co. 11:7; e Gm 3:9, l'uomo nella sua condizione
di peccato e di decadenza, ancora porta in sé, in qualche modo, l'immagine di
Dio. I teologi possono anche non concordare su fino a che punto questo sia
vero, ma la descrizione che ne fa la Bibbia non può essere negata.
(3) E' pure questo testo biblico che ci
fornisce la distinzione fra uccisione legale ed illegale. L'unico caso in cui
si può togliere la vita è l'esecuzione retributiva di chi si rende colpevole di
omicidio (e, per estensione, condurre una guerra giusta).
(4) Ge. 25:22; Es. 21:22; Lu. 1:44 ecc.
(5) Inoltre, il termine "generare"
viene usato in tutta la Scrittura al riguardo del ruolo paterno nella
procreazione del bambino. Sia la parola ebraica che greca significa: portare
all'esistenza, generare, comprendendone normalmente che mediante un atto
creativo un nuovo essere viene portato all'esistenza.
(6) L'unico brano biblico che mai abbia dato
adito ad un'idea diversa sulla vita prenatale è Esodo 21:22-25 "Se durante
una rissa qualcuno colpisce una donna incinta e questa partorisce senza che ne
segua altro danno, colui che l'ha colpita sarà condannato all'ammenda che il
marito della donna gli imporrà; e la pagherà come determineranno i giudici; ma
se ne segue danno, darai vita per vita, occhio per occhio, dente per dente,
mano per mano, piede per piede, scottatura per scottatura, ferita per ferita,
contusione per contusione". Un'attenta esegesi, però, rivela come questo
non ne sia il caso. La parte cruciale dice letteralmente: "Se uomini
litigano e colpiscono una donna incinta e causano la fuoriuscita del bambino, e
non c'è seria lesione…". Qui non c'è indicazione alcuna che il bambino
nasca morto piuttosto che semplicemente in modo prematuro. Né vi è indicazione
che il "serio danno" si riferisca solo alla donna e non al bambino.
La lezione naturale del v. 22 è che se il bambino nasce vivo e sano, il
colpevole viene multato, mentre se sopraggiunge la morte o la lesione del bambino
o della madre, si applica la normale pena per l'omicidio o il ferimento (vv.
23,24). Così, lungi dall'abbassare la condizione della vita prenatale, questo
brano chiarifica che la vita pre-parto ha uguale significato di quella
post-parto.
(7) A questo punto è necessario però
sottolineare come vi sia una differenza fra l'embrione unicellulare da un
canto, e lo sperma e l'ovulo dall'altro, una differenza che è quasi impossibile
esagerare. Né lo sperma né l'ovulo è un individuo umano integro. Ciascuno ha solo
metà del materiale genetico necessario, e non è in grado di riprodursi. Nessuna
caratteristica della persona umana può essere ad essi attribuita. Per esempio,
non si può dire se costituisca una persona maschile o femminile, perché questo
verrà determinato solo dalla formazione dello zigote. Il solo punto dello
sviluppo dell'essere umano, in cui vi è una distinta discontinuità con quanto
vi era prima è la fertilizzazione.
(8) Proprio perché questa posizione viene
giudicata creare speciali difficoltà per gli scienziati della medicina che
lavorano nell'ambito della ricerca embrionale, però, si sostiene che vi siano
altre fasi nello sviluppo dell'embrione nelle quali esso diverrebbe un essere
umano o persona. Le due fasi che a cui si fa più comune riferimento, sono
l'annidamento e la formazione del sistema nervoso centrale. Coloro che
favoriscono l'annidamento come il punto in cui inizia la vita umana, sostengono
che vi sia una seria obiezione al fatto che la vita inizi al momento della
fertilizzazione. Si stima che grandi numeri di embrioni non sopravvivono perché
essi non riescono ad annidarsi nell'utero. (Bisogna rammentarsi che queste
stime possono essere errate). Si ritiene inoltre che molti di questi embrioni
possano essere in qualche modo anormali. Da questo se ne deduce che la vita
umana non possa iniziare se non all'annidamento, perché non potremmo accettare
una tale dissipazione di vita umana. Questo ragionamento, però, non regge.
Potremmo anche ritenere inaccettabile tali perdite di vite umane, ma questo non
prova che questo non avvenga. Un tempo la percentuale di mortalità infantile
era inaccettabile, ma da questo non se ne deduceva che questi bambini non
fossero umani. Inoltre bisogna rilevare come, per quanto meraviglioso sia il
processo dell'annidamento, esso appare semplicemente essere il mezzo per il
quale il già complesso embrione trova nutrimento ed un ambiente confacente. Se
non ha questi, morirà, allo stesso modo in cui muore qualsiasi essere umano che
venga privato di cibo e di riparo. Si sostiene pure che dato che ora noi
definiamo la fine della vita nei termini di morte cerebrale, noi pure dovremmo
definire la vita nei termini della formazione del sistema nervoso centrale.
Questo suona accettabile e plausibile, specialmente alla luce del fatto che i
neuroni siano le uniche cellule del nostro corpo ad essere insostituibili.
Quando muore il neurone, esso non viene sostituito. Però, è molto facile vedere
la discontinuità fra un neurone vivente ed uno morto. Non è altrettanto facile
vedere una simile discontinuità fra un neurone vivente ed una cellula vivente
ectodecimale da cui esso si svilupperà. Il nucleo di ogni neurone possiede una
copia esatta del codice genetico che venne alla luce alla fertilizzazione,
essendovi così una distinta continuità da quel punto precedente. La
fertilizzazione è l'inizio della vita, proprio come la morte cerebrale
irreversibile è la sua fine. Si è suggerito pure che la vita realmente inizi in
fasi posteriori dello sviluppo fetale. Si presume comunemente, per esempio, che
si tratti del momento in cui il feto possa vivere autonomamente fuori dal
grembo materno, cioè la nascita stessa. In realtà quest’argomentazione non ha
alcuna base biologica. La differenza principale è che il bambino fuori dal
corpo riceve ossigeno attraverso i suoi polmoni, mentre il bambino nel grembo
materno riceve ossigeno attraverso il suo cordone ombelicale da sua madre. Non
vediamo come questa possa essere la differenza fra vita e non vita.