Il criterio per stabilire ciò che bene da ciò che male"Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita ed il bene, la morte ed il male; perciò oggi io ti comando di amare l'Eterno, il tuo Dio, di camminare nelle Sue vie, di osservare i Suoi comandamenti, i Suoi statuti e i Suoi decreti, affinché tu viva e ti moltiplichi; e l'Eterno, il tuo Dio, ti benedirò... io prendo oggi a testimone contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché tu possa vivere, tu e i tuoi discendenti" (De. 30:15,19).Come definire ciò che giusto?A differenza di quanto alcuni sembrano credere, vivendo di conseguenza, noi non siamo
animali il cui comportamento regolato solo dall'istinto. Noi siamo speciali creature di
Dio, che Egli ha dotato della capacità di regolare il proprio comportamento secondo
criteri particolari che possiamo valutare come buoni o cattivi, giusti o ingiusti,
producenti o distruttivi. Sappiamo infatti di non poter fare "tutto quello che ci
passa per la testa", ma di dover vivere, per il nostro ed altrui bene, in modo
responsabile. Come facciamo, per, a stabilire ci che giusto da ci che sbagliato? Chi lo
decide? Ciascuno, nella vita, deve fare molteplici decisioni, delle scelte. Si tratta di
decisioni pi o meno importanti a seconda dei casi. Sono per "scelte giuste"
oppure "scelte sbagliate"? Su che base decidete voi che una certa decisione
giusta? E' una domanda importante che solo persone superficiali ed irriflessive possono
prendere per scontata. Lo stabilisce chi sta al potere?Trasimaco, un antico filosofo greco, credeva che "giusto" ci che tale stabilisce chi si trova al potere in una determinata società. Diceva: "la giustizia l'interesse del partito pi forte". "E' giusto perché lo dico io. Io sono il pi forte e quindi si fa quello che dico!". Si può parlare di potere politico, ma potrebbe anche essere il potere della forza fisica oppure di tipo psicologico. E' il "capo branco" a decidere, e questo spesso vero anche fra di noi. Noi sappiamo per che "il criterio del pi forte" lungi dall'essere soddisfacente. Non sempre chi sta al potere agisce per il miglior bene di tutti, anzi. Malvagi tiranni, da Nerone a Hitler, sono prova sufficiente per contestare questa concezione: sappiamo quanti danni produca l'assolutismo. Lo riscontriamo anche nei capi delle sette. Il criterio della giustizia deve essere superiore. Dipende dalle usanze...Un'altra teoria suggerisce che moralmente giusto sia ci che stabilito dalla cultura nella quale uno vive. Molti usano come criterio della propria vita ci che ritengono accettabile alla maggioranza dei membri della società in cui vivono, guai a distinguersene! Dicono: "così fan tutti, bisogna conformarsi! Se vuoi essere accettato e sopravvivere bisogna fare come gli altri". Gli usi, i costumi, le usanze, le abitudini, le consuetudini... diventano così dei comandamenti etici. La somiglianza fra il comportamento di gruppi sociali diversi dipenderebbe solo da bisogni ed aspirazioni comuni, non a precetti morali universali. Anche qui per vi sono dei problemi. Semplicemente perché un numero pi o meno grande di persone fa una determinata cosa, non lo rende automaticamente giusto. Talvolta conveniente, ma non necessariamente giusto. Se fosse così il razzismo, la violenza sessuale, la crudeltà e l'omicidio potrebbero diventare moralmente giusti. Inoltre, se gli usi ed i costumi di ciascuna società fossero giusti, come si potrebbe, in caso di conflitto, stabilire chi ha ragione? Per poter giudicare la giustezza di una particolare azione necessario che vi siano criteri morali validi superiori. Se la morale fosse relativa ad una certa società, allora comportamenti del tutto opposti potrebbero essere giudicati validi a seconda del contesto. Molti lo affermano, ma non possibile che così diverse e opposte siano ugualmente giuste. L'uomo la misura di ogni cosa?Un'antica massima dice che "l'uomo la misura di ogni cosa". Compreso in senso individuale, questo significa che ciascuna persona avrebbe il diritto di giudicare da s stesso ci che giusto da ci che sbagliato. E' comune oggi sentir dire: "Moralmente giusto ci che moralmente giusto per me, e ci che giusto per me potrebbe essere sbagliato per un altro". Questo, per, moralmente inaccettabile perché implica che un atto possa essere giusto per qualcuno anche se fosse oggettivamente crudele, odioso, o tirannico. così si giustificherebbe qualsiasi crimine ed una società che si basasse su un concetto simile non potrebbe pi funzionare. Sono necessari valori comuni di base. Se ciascuno avesse il diritto di "farsi i fatti propri", ne risulterebbe solo un caos. E poi, quale aspetto della natura umana dovrebbe essere preso come la misura di tutte le così? "Gli aspetti migliori? Questo per implicherebbe l'esistenza di un criterio superiore all'individuo ed alla società rispetto a cui giudicare ci che deve essere considerato buono o cattivo. Il genere umano la base del bene?Nel tentativo di evitare il radicale individualismo etico della posizione precedente, alcuni ritengono che l'umanità nella sua interezza debba essere considerata modello del bene. Secondo questa teoria l'intero che determinerebbe ci che buono per le parti. In breve: i valori condivisi dall'umanità sarebbero la misura di tutte le così. Bisogna per notare che anche l'intera razza umana potrebbe essere nel torto. E se la maggioranza della razza umana decidesse che, mettiamo, il suicidio fosse "la migliore soluzione" ai problemi del mondo? Quelli che dissentirebbero, dovrebbero conformarsi? Inoltre la razza umana cambia, e cambiano anche i suoi modi di fare. Un tempo il sacrificio dei bambini era accettato comunemente, lo stesso era la schiavitù. Oggi ci piace pensare che l'umanità abbia dei criteri morali migliori di un tempo. Dire per "migliori" implica che gi vi sia in noi un criterio migliore o oggettivo secondo il quale si può misurare il progresso. In realtà non possiamo giudicare il livello morale a cui giunta la razza umana a meno di non avere un criterio perfetto esterno secondo il quale esso possa essere misurato. Il giusto mezzo fra due estremi?Alcuni credono che che la moralità si trovi nella moderazione. Il giusto criterio morale di azione, si dice, "il giusto mezzo" fra due estremi. La temperanza, o autocontrollo, il giusto mezzo fra indulgenza ed insensibilità. L'orgoglio il giusto mezzo fra la vanità e l'umiltà. Il coraggio il giusto mezzo fra paura ed aggressione. Certamente la moderazione spesso la condotta pi saggia, lo afferma anche la Bibbia. La questione non se la moderazione sia spesso l'espressione migliore della moralità, ma se essa sia la definizione o l'essenza della moralità. Questa posizione per ha grossi limiti.. Le situazioni di emergenza, le azioni prese per legittima difesa e le guerre contro l'aggressione ne sono esempi lampanti. In questi casi azioni moderate non sono sempre le migliori. Le virtù, per esempio, non possono essere espresse in modo moderato. E' ridicolo affermare di amare qualcuno "con moderazione", dire la verità "con moderazione", essere generosi "con moderazione". Che cosa vuol dire, poi, "moderazione"? Le opinioni divergono. Aristotele, per esempio, considererebbe l'umiltà un vizio (un estremo); i cristiani credono che sia una virtù. Nella migliore delle ipotesi la moderazione potrebbe solo essere una guida generale per l'azione, non una regola etica universale. Giusto ci che mi da piacere?Sebbene l'antico Epicuro fosse un moderato, alcuni epicurei erano degli edonisti che affermavano che ci che arreca piacere fosse moralmente giusto, e ci che comporta dolore moralmente sbagliato. Dato per che solo poche così sono tutte piacere o tutte dolore, la formula per determinare ci che bene pi complicata. Il bene, si afferma, ci che comporta il maggior piacere ed il minimo dolore per il pi grande numero di persone. Fra le difficoltà di questa teoria che non tutto il piacere buono (ad es. Il sadismo), e non tutto il dolore cattivo (il dolore un segnale di pericolo). E poi questa teoria non specifica nemmeno quale tipo di piacere dovrebbe essere usato come base di verifica. Vi sono piaceri fisici, psicologici, spirituali e d'altro tipo. Inoltre, dovremmo usare il piacere immediato (in questa vita) o il piacere ultimo (nella prossima vita) come criterio? Dovremmo considerare il piacere dell'individuo? Del gruppo? Della razza? In breve, questa teoria solleva pi problemi di quanti non ne risolva. Il più grande bene per il più grande numero di persone?Considerando il problema appena citato, gli utilitaristi definiscono ci che moralmente giusto nei termini di ci che alla lunga comporta il bene pi grande. Alcuni lo hanno definito in modo quantitativo, la pi grande quantità di piacere. Altri lo definiscono in modo qualitativo, ciò la migliore qualità di piacere per il pi grande numero di persone. Uno dei problemi della concezione utilitaristica riguarda il come decidere di comprendere ci che "bene" (quantitativamente o qualitativamente?). Inoltre vero che buono ci che porta il maggior bene? Che così' "buono". Bene ci che buono, o buono e ci che bene? Il ragionamento rimane un circolo vizioso fintanto che non si adotti un criterio al di l del processo utilitaristico. Inoltre, nessuno potrebbe predire con accuratezza che cosa accadrà alla lunga. Per questo, ad ogni scopo pratico, la definizione utilitaristica del bene e inutile. Si ricade sempre sul dovere considerare alla lunga qualcos'altro. Giusto ci che in sé stesso desiderabile?Alcuni esperti hanno definito ci che bene nei termini di ci che in sé stesso desiderabile. Il bene morale visto come un fine, non come un mezzo. Il bene ci che non deve essere desiderato per qualcos'altro. Per esempio, nessuno dovrebbe considerare la virtù come un fine per ottenere qualcosa (come le ricchezze o l'onore). La virtù dovrebbe essere considerata un fine a sé stessa. Questa concezione ha ovviamente dei meriti, ma solleva diversi problemi. In primo luogo essa non definisce il contenuto di un'azione moralmente. Inoltre, facile confondere ci che si desidera da ci che desiderabile (ci che dovrebbe essere desiderato). Questo ci porta ad un'altra critica. Il bene non può semplicemente essere ci che si desidera (in opposizione a ci che veramente desiderabile), dato che spesso desideriamo ci che male. Infine, ci che in sé stesso appare essere buono, non sempre veramente buono. Il suicidio sembra essere la soluzione migliore per chi si trova in distretta, ma non realmente buono. Non risolve nulla, solo un modo per sfuggire ai problemi! Il bene indefinibile?Disperando di poter mai specificare che cosa sia moralmente buono, alcuni insistono semplicemente che il bene indefinibile: non si sa che cosa veramente sia bene.... Ogni tentativo di definire il bene sarebbe, secondo alcuni, cadere in un circolo vizioso. Tutti noi potremmo solo dire che "il bene bene" e nulla di pi. Tentare di definire il bene nei termini di qualcos'altro lo renderebbe dipendente da quel qualcosa, come per esempio, il piacere. Il bene dovrebbe essere qualcosa che vale di per sé stesso. Vi sono dei meriti in questa concezione. Vi può essere solo un bene ultimo e tutto il resto dovrebbe esservi subordinato. Questa concezione ha grossi limiti: in primo luogo non ci dice in che cosa consiste il bene. Se per non c'è contenuto alcuno a ci che bene oppure male, non c'è modo di distinguere un'azione buona da una cattiva. Inoltre, solo perché non si può definire il bene nei termini di qualcos'altro, non significa che non lo si possa definire. Per esempio, un Dio moralmente buono potrebbe creare creature moralmente buone come Sé stesso, e quindi creature morali potrebbero scoprire nel loro stesso Creatore in che cosa consiste la bontà ed adeguarvisi. Bene ciò che Dio vuoleUn'ultima alternativa infatti quella di definire il bene nei termini della volontà di Colui che ha creato, organizzato e dato senso ad ogni cosa, ciò Dio. E' la teoria etica del divino comando. Qualunque cosa Dio specifichi trattarsi di una buona azione, una buona azione. Al contrario, qualunque cosa Dio specifichi come cattiva, cattiva. Il bene morale un valore ultimo come pure precisabile. E' un valore ultimo perché proviene da Dio. E' precisabile perché può essere riscontrato in ci che Dio in questo senso rivela all'umanità. Vi sono due obiezioni che vengono sollevate a questo riguardo. La prima: questa sarebbe una concezione autoritaria. Quest'obiezione, per, sarebbe valida solo se non si trattasse di un'autorità ultima. Se infatti fosse una creatura umana che si arrogasse la pretesa di essere un'autorità ultima, certo questo sarebbe autoritarismo. Dio per di fatto autorità ultima, ed Egli solo ha il diritto di stabilire ci che giusto e che cosa sbagliato. Se esiste un Dio assolutamente perfetto, allora, per Sua stessa natura Egli non può che essere criterio ultimo della giustizia. Egli dice nella Sua Parola rivelata: "Siate santi, perché io sono santo", comanda il Signore ad Israele (Le. 11:45). "Voi dunque siate perfetti, come perfetto il Padre vostro che nei cieli" (Mt. 5:48). "E' impossibile che Dio abbia mentito" (Eb. 6:18), per questo noi non dobbiamo mentire l'uno all'altro (Cl. 3:9). "Dio amore" (1 Gv. 4:16): per questo Gesù dice: "Ama il tuo prossimo come te stresso" (Mt. 22:39). In breve, l'etica cristiana radicata nella natura immutabile di Dio. La seconda obiezione direbbe che definire il bene nei termini della volontà di Dio sarebbe arbitrario. Dio per non arbitrario. Ci che Egli vuole buono perché essenzialmente in armonia con la Sua natura rivelata, ciò quella di essere inalterabilmente buono e giusto. "Io sono l'Eterno, non muto" (Ma. 3:6). In Dio "non vi mutamento, né ombra di rivolgimento" (Gm. 1:17). Anche se l'universo cambia, dice il Salmista, "tu sei sempre lo stesso" (Sl. 102:27). Anche se Dio libero di agire secondo ci che la Sua bontà essenziale Gli detta, Egli "non libero" di agire contro di essa. Allo stesso modo i Suoi comandi saranno sempre radicati nella Sua immutabile natura come il Bene ultimo. L'etica che fa corrispondere il bene ed il male con la volontà rivelata di Dio l'unica che possa resistere alle critiche. Essa forma la base per la concezione cristiana dell'etica. L'etica cristiana assolutaDato che il carattere morale di Dio non cambia, ne consegue che gli obblighi morali che sorgono dalla Sua natura siano assoluti. Essi ciò sono obbligatori per chiunque, in ogni tempo e luogo. Naturalmente non tutto ci che Dio vuole sorge necessariamente dalla Sua natura immutabile. Alcune così sono semplicemente in armonia con la Sua natura ma fluiscono liberamente dalla Sua volontà. Per esempio, Dio scelse di mettere alla prova l'ubbidienza morale di Adamo ed Eva proibendo loro di mangiare un frutto specifico su un albero (Ge. 2:16,17). Sebbene fosse moralmente sbagliato per Adamo ed Eva disubbidire a quel comando (RO. 5:12), oggi noi non siamo pi legati da quel comando. Quel comando era in accordo con la natura di Dio, ma no per necessità. D'altro canto, il comando di Dio di non commettere omicidio era in applicazione prima che la Legge fosse data a Mosè (Ge. 9:6), sotto la Legge di Mosè (Es. 20:13), e dopo il tempo di Mosè (Ro. 13:9). L'omicidio, quindi, sempre sbagliato per ogni sorta di tempo e di luogo e per tutti. Questo vero perché il genere umano stato creato alla "immagine e somiglianza di Dio" (Ge. 1:27; 9:6). Questo include una nostra somiglianza morale con Dio (Cl. 3:10; Gm. 3:9), e qualunque cosa sia attribuibile al carattere morale immutabile di Dio un assoluto morale. Questo include obblighi morali come la santità, la giustizia, l'amore, la fedeltà, e la misericordia. Altri comandi che fluiscono dalla volontà di Dio, ma non necessariamente dalla Sua natura, sono ugualmente da osservare, ma non sono assoluti, ciò, essi devono essere ubbiditi perché Dio li prescrive, ma Egli non li volle prescrivere ad ogni gente, tempo e luogo. L'etica cristiana basata sulla divina rivelazioneE' importante sottolineare come Dio abbia rivelato chiaramente a noi la Sua volontà come pure i criteri del nostro comportamento. Non l'ha fatto per soltanto attraverso la Bibbia (Ro. 2:18; 3:2; 2 Ti. 3:16,17). Dio ci ha fornito pure di una rivelazione generale nella natura (Sl. 19:1-6; Ro. 1:19,20). Dato che il carattere morale di Dio non cambia, possiamo ben aspettarci che vi sia concordanza fra la rivelazione di Dio nella natura e nella Scrittura. La rivelazione generale contiene ci che Dio comanda a tutti. La rivelazione speciale dichiara la Sua volontà per i credenti. In ogni caso base della nostra responsabilità etica si trova nella risposta che noi diamo alla Sua rivelazione. L'etica cristiana non si limita a descrivere il comportamento umano come fa l'etica non cristiana, ma prescrive un comportamento vincolante e contempla le inevitabili conseguenze in cui incorre chi non vi si adegua. Come creature di Dio il nostro essere e benessere si fonda proprio nella misura in cui noi conformiamo la nostra vita alla Sua volontà rivelata. Questo non facoltativo, nella natura stessa delle così. E chi non d'accordo con questo? E gli atei? Anche gli atei sono creature di Dio e non possono sfuggire alla responsabilità che hanno verso il loro Creatore e la Legge imposta loro. Magari rifiuteranno di credere e di obbedire alla Scrittura, o non la conoscono, ma questa stessa legge impressa nella loro coscienza, che piaccia loro o meno. L'apostolo Paolo scrive "quando i gentili, che non hanno la legge, fanno per natura le così della legge, essi, non avendo legge, sono legge a sé stessi; questi dimostrano che l'opera della legge scritta nei loro cuori per la testimonianza che rende la loro" (Ro. 2:14,15). L'etica cristiana incentrata sul senso del dovereUn'altra cosa da dire che l'etica cristiana non funzionale al fine che si vuole
raggiungere, non utilitaristica. Il cristiano regola la sua vita ai criteri che Dio ha
stabilito non perché gliene venga un tornaconto, ma perché sa che suo preciso dovere di
creatura verso la sovranità del suo Creatore. Ad esempio: Se uno cerca di salvare una persona che sta annegando, ma fallisce, secondo una forma di etica mondana, questo non era un buon atto perché non ha ottenuto un buon risultato. Dato che i risultati determinano la bontà di un'azione, e i risultati non sono stati buoni, ne consegue che il tentativo di salvataggio non fosse una buona azione. Qualcun altro direbbe in modo pi sofisticato: "il tentativo era stato buono, anche se aveva fallito, perché ha avuto un buon effetto sulla società. La gente ne ha udito parlare e l'ha incoraggiata a fare altrettanto per il futuro". In ogni caso quel tentativo di salvataggio buono solo se comporta dei buoni risultati, o per la persona che annegava o per qualcun altro. E' diverso per l'etica cristiana: certi atti sono buoni anche se falliscono. Il cristiano crede per esempio che meglio avere amato e perduto che non aver amato per niente. I cristiani credono che la Croce non fu un fallimento solo perché solo alcuni verranno salvati. Era sufficiente per tutti, anche se efficiente solo per coloro che credono. L'etica cristiana insiste che bene operare contro la superstizione e il razzismo, anche se uno fallisce. E' così perché le azioni morali che riflettono la natura di Dio sono buone in sé stesse sia che abbiano successo oppure no. L'etica cristiana certo non trascura i risultati, ma li considera sempre nel rispetto delle regole stabilite. Situazioni di conflittoUn ultima questione ha a che fare con le situazioni di conflitto. E se in una certa situazione io mi trovassi nell'imbarazzo di dover per forza disattendere a certi doveri che Dio mi impone nella Sua Parola? Se per esempio, nel salvare delle vite umane io dovessi mentire, sarei disposto a dire delle menzogne, cosa che il Signore mi proibisce? Il non cristiano non avrebbe dubbi al riguardo. Uno direbbe che non esistono leggi morali assolute e non avrebbe scrupoli a mentire. Un altro direbbe che si può anche mentire per raggiungere un certo fine. Un altro direbbe ancora che l'unica legge assoluta ed inviolabile quella dell'amore (qualunque cosa significhi). Il cristiano per direbbe che c'è una graduazione nei principi che Dio ha stabilito e che nel caso di conflitto di regole questi debba sempre privilegiare la legge maggiore. Corrie Ten Boom racconta di come aveva dovuto mentire per salvare ebrei dai campi di concentramento nazista. Vi sono pure un certo numero di racconti biblici in cui certi personaggi mentono per poter salvare vite. Le levatrici ebree mentirono per salvare i neonati maschi dal decreto del Faraone che imponeva loro di ucciderli (Es. 1:19). Molti assoluti morali qualche volta entrano in conflitto. Alcune leggi, per, sono maggiori di altre, così quando sorge un conflitto inevitabile, nostro dovere seguire la legge pi elevata. Dio non ci biasima per ciò che non possiamo evitare. Egli così ci esime dalla responsabilità di seguire la legge inferiore al fine di potere far valere la legge superiore. Usare misericordia verso l'innocente un dovere morale maggiore di quello di dire la verità al colpevole. Per questo può essere giusto mentire per potere salvare una vita, benché dire la verità sia un valore indiscutibile. Nei valori c'è una gerarchia. c'è una graduazione basilare di valori che pone Dio al di sopra delle persone e le persone al di sopra delle così. Secondo questa gerarchia, qualora vi sia un conflitto fra due di questi, il pi alto ha precedenza sul pi basso. Dovremmo perciò amare Dio pi che gli esseri umani, ed amare gli esseri umani pi che le così. Non il contrario. Per un cristiano la gerarchia dei valori stabilita da Dio in armonia con la Sua natura ed quindi assoluta. Allo stesso modo, se un genitore dovesse comandare al proprio figlio di adorare un idolo, l'obbligo morale maggiore per quel figlio sarebbe quello di disubbidire dando così la precedenza a Dio. Per riassumereLa concezione giudeo-cristiana di ciò che giusto e sbagliato, a differenza dalle alternative non cristiane, la sola base adeguata dell'azione morale. Le ragioni sono molte: (1) Fintanto che l'etica non radicata nella natura immutabile di un essere moralmente perfetto (Dio), non c'è base alcuna per credere in valori morali assoluti. Solo un assoluto Legislatore morale base sufficiente per leggi morali assolute. (3) Se tutto fosse relativo, allora non vi sarebbero ragioni valide perché uno dovrebbe astenersi dal fare qualcosa che desidera fare, incluso il violentare, l'uccidere e il genocidio. Anche chi afferma che l'etica relativa, in realtà per dimostra di onorare principi assoluti. Si provi a insultare, violentare od uccidere un relativista. La sua reazione tradirà il suo vero convincimento che quelle azioni sono sbagliate. Da dove allora vengono fuori quei principi che vorrebbe tanto difendere? Solo l'etica giudeo-cristiana universale.Essa non viene solo espressa in un particolare libro religioso (la Bibbia), ma scritta nel cuore di ogni essere umano. Per cui nessuno potrebbe giustamente affermasse che il concetto giudeo-cristiano dell'etica sia unicamente religioso. E' vero, esso sostenuto da religioni come il Giudaismo e il Cristianesimo, ma la sua etica non limitata a quelle religioni. Essa universalmente disponibile a tutti in forza della rivelazione generale che Dio ha dato all'umanità. E' importante infine mettere in evidenza quello che forse l'aspetto pi importante dell'etica cristiana: essa stata perfettamente vissuta dall'unica persona che ne perfetto esempio per noi da seguire, Gesù Cristo (Gv. 1:1,14; Eb. 4:15). In Cristo i principi della bontà che sembravano astratti, diventano concreti e personali. Ci che potrebbero sembrarci degli obblighi etici imposti da un Dio remoto, lontano dalla nostra situazione umana particolare, in Cristo per noi diventato realtà personale. In Lui l'assoluto diventa rilevante. Inoltre, l'etica cristiana non solo unica del suo genere nel suo esempio, ma nel fatto che dona la capacità spirituale di praticarla. Come disse l'apostolo Paolo: "Infatti, ci che era impossibile alla legge, in quanto era senza forza a motivo della carne, Dio, mandando il proprio Figlio in carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne". Questo Egli fece: "affinché la giustizia della legge si adempia in noi che non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo Spirito" (Ro. 8:3,4). Riascoltiamoci l'ammonizione del testo con il quale ho voluto iniziare questa
riflessione: "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita ed il bene, la morte ed il
male; perciò oggi io ti comando di amare l'Eterno, il tuo Dio, di camminare nelle Sue
vie, di osservare i Suoi comandamenti, i Suoi statuti e i Suoi decreti, affinché tu viva
e ti moltiplichi; e l'Eterno, il tuo Dio, ti benedirò... io prendo oggi a testimone
contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la
benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché tu possa vivere, tu e i tuoi
discendenti" (De. 30:15,19). (Paolo Castellina, 7 febbraio 1998. Ispirato da un articolo di: Norman L. Geisler, "Any absolute? Absolutely!". The Christian Research Institute, 1995. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione "La Nuova Diodati", edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991). |