La via per ritornare a Dio
Bassa pressione
Qualcuno ha definito il periodo in cui viviamo un periodi di "bassa pressione". Ad ogni livello gli osservatori attenti del nostro paese riscontrano decadenza ed appiattimento culturale e spirituale. Se poi guardiamo la condizione spirituale di una chiesa come la nostra che pure vanta periodi gloriosi, c'è veramente da disperare e da vergognarsi, soprattutto quando pensiamo che gli altri ci guardano, aspettandosi da noi lo stesso segno di speranza che offrivano i nostri antenati spirituali, e poi rattristati e delusi, si rivolgono ad altri. Nel contesto del quadro piuttosto scoraggiante venuto fuori dall'incontro della Gioventù Bregaglia dello scorso novembre, dal titolo: "Gioventù e religione", nell'articolo sulla rivista "Ueila!" in cui ne facevo il resoconto, osservavo: " Il quadro così non è dei più incoraggianti. Che fare allora? Stordirsi con feste e sostanze intossicanti? Autodistruggerci? I presenti sono d'accordo che fuggire non serve: è quanto mai necessario un risveglio: umano, civile, democratico, culturale, spirituale. Come si fa però ad 'accendere la miccia'?".
Un simile risveglio è possibile? Se guardiamo alle promesse che Dio rivolge al Suo popolo nella Sua parola, debbo dire un chiaro, squillante e promettente "Si! Un risveglio è possibile!". Come però il Signore diceva all'antico popolo di Israele, il risveglio comporta delle condizioni a cui adempiere. Leggiamone un testo esemplare.
La chiave del risveglio
"se il mio popolo, sul quale è invocato il mio nome, si umilia, prega, cerca la mia faccia e si converte dalle sue vie malvagie, io lo esaudirò dal cielo, gli perdonerò i suoi peccati, e guarirò il suo paese" (2 Cr. 7:14).
Il capitolo in cui si trova questo testo è parte del resoconto di un giorno memorabile della storia del popolo di Israele, cioè il giorno dell'inaugurazione del grande tempio che il re Salomone fece innalzare a onore e gloria di Dio. Quel giorno non sarebbe stato facilmente dimenticato da coloro che ebbero il privilegio di essere presenti, perché allora tutti avevano la chiara percezione della presenza di Dio, avendo Dio dato segno della Sua approvazione di questa grande opera, manifestando la Sua gloria. C'era un grande entusiasmo fra il popolo, mentre portavano i loro sacrifici al tempio, un entusiasmo che riscaldava veramente il cuore di tutti coloro che amavano Dio.
Dio però conosceva l'instabilità di fondo del cuore umano e, sebbene i più sembrassero credere che la fede e l'impegno del popolo verso Dio sarebbe stato un bene che si sarebbe potuto godere per sempre, Iddio era più realista. Proprio nel giorno più glorioso della storia del popolo di Israele, proprio nel giorno in cui un'intera nazione con fervore illimitato proclamava il proprio impegno di fedeltà verso Dio, Dio stesso aveva previsto i tempi in cui vi sarebbe stato un declino spirituale, tempi che Lo avrebbero costretto a far cadere il proprio giudizio di condanna sul paese. Quel giorno se il Suo popolo, a Lui consacrato, si fosse umiliato, Lo avesse pregato ed avesse abbandonato la sua condotta cattiva per cercare la Sua volontà. Iddio, dal cielo, avrebbe ascoltato, perdonato il suo popolo e ridato vita spirituale al paese. Egli sarebbe stato pronto ad ascoltare le preghiere che in quello stesso tempio Gli sarebbero state rivolte. Una magnifica promessa davvero, una misura di straordinaria provvidenza.
Questa promessa fu fatta in primo luogo a coloro che Dio descrive come "il mio popolo", cioè Israele come nazione. Israele come nazione era stata scelta da Dio per essere la nazione che avrebbe dovuto distinguersi da tutte le altre e, come tale, era erede di molte promesse. Più tardi l'Apostolo Paolo ci avrebbe rammentato che "non tutti i discendenti d'Israele sono Israele" (Ro. 9:6), eppure la promessa del nostro testo abbraccia la nazione nel suo complesso. Allo stesso modo oggi Dio chiama la comunità cristiana a distinguersi per modo di pensare, di parlare e di agire dal mondo, ma non tutti coloro che professano essere membri della Chiesa sono stati davvero rigenerati spiritualmente dallo Spirito di Dio, sono spiritualmente viventi ed operanti. Eppure c'è una promessa che abbraccia la Chiesa visibile nel suo complesso. Dio ancora ci chiama, attraverso la Sua Parola ispirata, a ritornare a Lui, Re e Capo della Sua Chiesa.
Il nostro testo evidenzia quattro passi da compiere per coloro che desiderano incamminarsi sulla strada che conduce a Dio. Il primo di questi passi è:
La necessità dell'umiltà
" se il mio popolo, sul quale è invocato il mio nome, si umilia". L'orgoglio è il difetto umano più comune, eppure è un peccato mortale. Uno psichiatra disse recentemente che oggi vengono comunemente minimizzati i sette peccati capitali, e che l'orgoglio, per esempio, viene spesso descritto come: "la fiducia nelle proprie capacità". Lo si chiami però come si vuole, l'orgoglio rimane quel tremendo atteggiamento per il quale quel "microbo" che è l'uomo osa agitare il proprio pugno in faccia all'Iddio onnipotente, dicendo: "Io solo sono padrone del mio destino; io sono il capitano della mia anima". Quando un'anima si umilia alla presenza di Dio, però, questo atteggiamento spavaldo si ritira con vergogna e l'anima si prepara a riconoscere certe cose.
Tanto per cominciare, riconoscerà il proprio peccato. Il peccato verrà visto nei suoi veri colori come mancanza di conformità e trasgressione della legge di Dio. Non verrà più spiegata alla leggera come "un errore di giudizio", o "uno sbaglio", ma per quello che veramente essa è, cioè un atto di ribellione verso Dio. Inoltre, il male che viene commesso attraverso il peccato sarà considerato non semplicemente come qualcosa di compiuto contro i nostri simili, ma come qualcosa di compiuto contro Dio. In spirito di autentica umiltà, l'anima pentita dirà, come il Salmista: "Ho peccato contro te, contro te solo, ho fatto ciò ch'è male agli occhi tuoi. Perciò sei giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi" (Sl. 51:4).
Insieme a questo riconoscimento di peccato vi sarà pure il riconoscimento del proprio fallimento come persone. E' caratteristico dell'uomo la cui religione è pura formalità, l'essere generalmente soddisfatto con ciò che ha compiuto nella propria vita. I criteri che adotta per giudicare il proprio comportamento, però, sono creati da lui stesso ed è con tali criteri che si confronta con gli altri. Per valorizzare la propria moralità, dice: "Sono buono come gli altri, anzi molto meglio di tanti altri". Al contrario, l'uomo che si pone in spirito di autentica umiltà alla presenza di Dio, si spoglia di ogni falsa sicurezza di cui possa vantarsi e prontamente ammette: sono "stato pesato con la bilancia e sono stato trovato mancante" (Da. 5:27). "Il fine ultimo dell'uomo", egli rammenta, "è quello di rendere gloria a Dio", e quando contempla i suoi sforzi, si rende conto di quanto poco egli abbia raggiunto nell'adempimento di questo fine". Un credente che si distinse nella sua opera per il Signore scrisse: "Non ho paura di incontrare il mio Dio e Creatore, perché mi appoggio sull'opera che Cristo ha compiuto per la mia salvezza. Quando però penso a quanto poco io abbia fatto per Lui, avrò vergogna di guardarlo negli occhi". Questi sono i sentimenti di tutti coloro che hanno appreso il segreto della vera umiltà.
Dal senso vivo del proprio peccato, sorgerà così il riconoscimento di essere nel bisogno. Quando gli occhi di un uomo vengono aperti per la grazia di Dio, egli non solo avrà coscienza del proprio peccato, ma anche di quanto abbisogni dell'aiuto di Dio. Potrà allora cantare di tutto cuore uno dei vecchi nostri cantici, che dicono: "Dal fondo del mio duolo, cadente di languor, a Te mi volgo solo, la notte e il dì', Signor. L'orecchio porgi al grido del mio dolente cuor, che solo in Te confido. Pietà di me, Signor! Se quali siam, Signore, ne avessi a giudicar, dal giusto tuo rigore, nessuno potria scampar. Ma, Padre, sei clemente e pronto a perdonar a chi di cuor si pente e in te vuol confidar" (I. C. 172).
La necessità della preghiera
Umiliato alla presenza di Dio dal senso della propria indegnità, colui che riceve la grazia di Dio riconoscerà, inoltre, il bisogno che ha dell'aiuto di Dio davanti alle prove ed alle tentazioni della vita. Se è vero com'è vero che i propri sforzi sono futili per ottenere riabilitazione presso Dio, essi sono ugualmente futili per promuovere la propria santificazione. E' così che il credente, con mente illuminata, implora l'aiuto del divino Soccorritore. E' dall'umiltà della propria mente che il credente viene messo in condizione di pregare autenticamente. Questo è il secondo essenziale passo per la guarigione spirituale.
Quando Saulo di Tarso fu portato in casa del cristiano Anania, in seguito al suo conflitto con il Cristo risorto, di lui il resoconto dice: " ecco, egli è in preghiera" (At. 9:11). Perché il testo si preoccupa di mettere così in evidenza che dopo la sua conversione Paolo pregasse? Non era forse un fariseo, abituato sin dall'infanzia ad una routine giornaliera regolare di preghiere? Eppure solo allora aveva cominciato a pregare veramente. Le sue preghiere non erano più una formalità, ma una profonda aspirazione del suo cuore. Queste preghiere erano espressione di un uomo che era stato umiliato fino al punto da chiedere tremante e spaventato al Signore: "Signore, che vuoi che io faccia?" (At. 9:6). Sicuramente qui c'è una lezione da apprendere. La chiesa cristiana ha bisogno di ricevere una forte scossa per scrollarsi di dosso il suo formalismo e riscoprire il vero significato della preghiera. Il grande predicatore evangelico del secolo scorso, Charles Spurgeon, era solito descrivere l'incontro settimanale di preghiera della comunità cristiana come "il sistema di riscaldamento della Chiesa". Eppure in quante chiese oggi questo "sistema di riscaldamento" non viene mai acceso! Sorprende che vengano descritte come "glaciali"? I ceppi di legno del fuoco della nostra spiritualità bruciano così lentamente che essi non sono in grado di offrire conforto e calore alla gente del nostro tempo, che spesso volta le spalle alla comunità cristiana perché non vi trova nulla che possa offrire loro. Dove risiede la medicina per l'apatia e l'apostasia del nostro tempo? Il nostro testo dice: "Se il mio popolo, sul quale è invocato il mio nome, si umilia, prega, cerca la mia faccia allora guarirò il suo paese".
La necessità di un serio impegno
Un ulteriore ed essenziale requisito da parte di coloro che cercano di ritrovare la via che porta a Dio è la serietà del proprio impegno. Essi devono "cercare la mia faccia", dice il Signore. E' sorprendente notare quanto impegno e perseveranza si trovi in molte persone che cercano di risolvere i propri problemi materiali e quanta trascuratezza essi dimostrino per risolvere i loro problemi d'ordine spirituale!
Raccontano gli anziani e lo si vede nei vecchi documentari, che durante l'ultima guerra, quando molti beni di prima necessità scarseggiavano, l'unico modo per procurarsi certi articoli era quello di accodarsi ad una lunga fila ed attendere pazientemente il loro turno per entrare nel negozio. Era divenuto spettacolo comune nelle città vedere lunghe file di persone davanti al fornaio o al negozio di alimentari. Di conseguenza molti avevano sviluppato "il complesso della coda" ed alcuni persino si mettevano in cosa senza nemmeno sapere che cosa attendessero!
Che grande differenza farebbe per la vita della comunità cristiana se i suoi membri mostrassero la stessa diligenza per le cose spirituali! Ci sarebbero sempre chiese affollate perché uomini e donne avrebbero timore di non trovare posto e perdere così una benedizione! Tommaso, il discepolo di Gesù, non era presente quando Gesù era apparso ai suoi condiscepoli riuniti nel cenacolo, e possiamo ben comprendere così il perché, almeno per un certo tempo, la sua testimonianza a Cristo fosse stata pregiudicata: la sua mente era oscurata dalle nuvole del dubbio e della paura. E chi può negare che molti oggi si trovino nel "Castello del Dubbio" e non contribuiscano come dovrebbero alla vita della comunità cristiana, perché essi non stanno frequentemente in compagnia di Gesù!
Un'altra pratica comune a coloro che vivevano in tempo di guerra era quella di sapere quali fossero le priorità. Certi progetti venivano considerati più importanti di altri, e c'era poca probabilità che alcuni lavori fossero intrapresi, proprio perché non si trovavano sulla lista delle priorità. Noi, invece, dimentichiamo fin troppo facilmente che pure il Signore ci ha messo davanti una "lista delle priorità", e proprio in cima a questa lista c'è la cosa che questo testo ci consiglia di fare: " Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più" (Mt. 6:33). Fin troppi oggi che si considerano cristiani sono estremamente occupati proprio in ciò che Dio considererebbe di secondaria importanza, e non rimane loro più tempo per "cercare la faccia" del Signore, ottenendo per conseguenza un sottosviluppo spirituale. Non è tempo allora per verificare che cosa ci sia sulla lista delle nostre priorità e verificare ciò che debba andare prima e ciò che debba andare dopo? Quale posto su quella lista assegniamo al nostro Signore e Salvatore? Rammentandoci che si tratta di una questione urgente, facciamolo al più presto. Ai giorni dell'antico profeta Osea, egli rivolgeva un appello urgente all'Israele in incipiente decadenza, e certamente le sue parole sono appropriate pure nel tempo in cui noi viviamo: "Seminate secondo giustizia e farete una raccolta di misericordia; dissodatevi un campo nuovo, poiché è tempo di cercare il SIGNORE, finché egli non venga, e non spanda su di voi la pioggia della giustizia" (Os. 10:12).
La necessità di rinunciare al male
La rimanente condizione che veniva richiesta ad Israele come annunciatrice di benedizioni, era la rinuncia al male. Essi dovevano "convertirsi dalle loro vie malvagie". E' sorprendente vedere come un popolo che era stato scelto da Dio fosse così pronto a voltargli le spalle. Eppure gli Israeliti erano inclini a seguire gli usi ed i costumi delle nazioni pagane loro circostanti e indugiare, fra le altre cose, nella pratica dell'idolatria. Dalla loro storia sappiamo che di tempo in tempo essi abbandonassero il Dio vivente per adorare gli idoli dei pagani. Tant'è vero che persino Mosè, di ritorno dal Sinai, aveva dovuto assistere al triste spettacolo di vederli adorare un vitello d'oro. Eppure il Signore non aveva per loro realizzato una stupefacente liberazione?
Sfortunatamente la pratica dell'idolatria non era cessata nel corso degli anni, e sebbene sia vero che noi non adoriamo più vitelli d'oro, come Israele, ci sono oggi molti idoli a cui la nostra società rende omaggio ottenendo, come risultato, la detronizzazione di Cristo. Quanti sono oggi coloro che, come il giovane ricco, fanno del guadagno materiale il loro idolo? In quest'epoca materialistica in cui ogni cosa viene misurata secondo quanto vale in moneta, possiamo talora essere tentati a valutare il progresso spirituale dalle entrate monetarie della chiesa, per quanto il denaro sia utile per il suo funzionamento. E' vero, naturalmente, che laddove c'è maggiore vita spirituale, si trovano persone più disposte ad offrire il loro denaro ed i loro beni per l'opera della comunità cristiana, ma è ben possibile che una chiesa si preoccupi di più delle sue risorse materiali che della sua vita spirituale. Alla chiesa di Laodicea, il Signore disse: " Tu dici: "Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!" Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo. Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere. Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti" (Ap. 3:17-19).
Un altro idolo dal quale dobbiamo guardarci è la popolarità o l'approvazione degli uomini. Quanti di noi vivono nella costante paura di sembrare strani o di apparire diversi dai nostri contemporanei. E' naturale quindi che la voce della comunità cristiana non venga più sollevata quanto si dovrebbe contro i crimini morali che vengono commessi nella nostra società. Quando sorgono situazioni in cui i cristiani professanti vengono chiamati a prendere posizione per la giustizia o la verità o per denunciare ciò che è sbagliato, la testimonianza cristiana è messa a tacere perché l'approvazione degli uomini conta di più che l'approvazione di Dio. Con il nostro stesso silenzio, quindi, noi diventiamo complici di ciò che è male.
Uno dei pericoli della nostra era ecumenica è che l'ecumenismo diventi un idolo e che la Chiesa, al fine di conquistarsi l'approvazione degli uomini e mantenere uno spirito di unità fra coloro le cui posizioni possono essere ampiamente divergenti, sia tentata di compromettere le grandi verità di cui da Dio essa è stata resa custode e che la Riforma ha messo in evidenza. Fa dunque meraviglia che il mondo non riesca più a comprendere ciò in cui crede la Chiesa e quali benefici essa abbia da offrirgli che già non possegga? La triste conseguenza è che troppo spesso molti con una scrollata di spalle considerino la fede cristiana come qualcosa oggi di non più rilevante e non si diano pena neanche più di considerarla. E' necessaria senza dubbio l'unità dei cristiani, ma essa deve essere un'unità che porti come fondamento la fede senza compromessi nella verità di quanto afferma la Parola di Dio e la necessità di conformare ad essa tutte le nostre dottrine e tradizioni, riformando e ripulendo la chiesa da tutto ciò che non onora e non dà gloria a Dio.
Le benedizioni che ci vengono assicurate
A coloro che si conformano a ciò che Dio richiede, vengono assicurate due benedizioni. Il testo dice: "io lo esaudirò dal cielo, gli perdonerò i suoi peccati, e guarirò il suo paese".
La prima di queste benedizioni è una benedizione spirituale e consiste nel perdono. "Gli perdonerò i suoi peccati". Quanto grande è la misericordia di Dio sia verso il peccatore che si ravvede che verso il cristiano che è scivolato indietro nel peccato! Per il peccatore che abbandona le sue vie e si volge al Signore, vi è abbondante perdono, e per il cristiano che, caduto in ciò che dispiace al Signore, confessa il suo peccato, c'è perdono e purificazione.
Notate però come vi sia pure la promessa di una benedizione a livello nazionale: "io guarirò il suo paese". Dio aveva ammonito Israele che una delle conseguenze del peccato sarebbe stata la mancanza di pioggia e la relativa mancanza di raccolto". Il versetto precedente al nostro dice: "Quando chiuderò il cielo in modo che non ci sarà più pioggia, quando ordinerò alle locuste di divorare il paese, quando manderò la peste in mezzo al mio popolo " (2 Cr. 7:13). La stessa esistenza di Israele dipendeva dalle piogge. Il Signore aveva detto: "io vi darò le piogge nella loro stagione, la terra darà i suoi prodotti e gli alberi della campagna daranno i loro frutti" (Le. 26:4). Senza di esse, infatti, vi sarebbe stata carestia nel paese. Durante il regno di Achab Israele soffriva di una grave carestia e solo le preghiere del profeta Elia erano riuscite a farla cessare tanto da guarire il paese.
Non c'è altresì forse molto qui per rammentarci che lo stesso potere di guarigione è necessario per il nostro paese oggi? Noi oggi viviamo in un tempo di grande aridità spirituale ed abbiamo bisogno che delle piogge rinfrescanti ravvivino e rendano fecondo il suolo duro e secco della nostra popolazione. Il mondo è in uno stato di tensione ed il cuore degli uomini vive in stato di paura. Non dimentichiamo, però, che Dio ha promesso benedizioni quando uomini e donne si volgono verso di Lui in spirito di ravvedimento e di fede.
Conclusione
Il periodo di "bassa pressione" che sovrasta noi, il nostro paese, la nostra Chiesa, non è ineluttabile. Iddio ha provveduto affinché noi si potesse risalire la china e con la Sua grazia, tornare a Lui godendo così di abbondanti benedizioni. Le Sue promesse rimangono valide. Ci possiamo fare allora alcune domande: vogliamo contribuire ad uno sforzo di grandi che possa avere vaste conseguenze spirituali positive? Desiderate vedere quella "giustizia che esalta una nazione" stabilita sul paese? Desideriamo vedere aperte "le cataratte del cielo" e le benedizioni di Dio scendere come pioggia? Ecco le condizioni: "se il mio popolo, sul quale è invocato il mio nome, si umilia, prega, cerca la mia faccia e si converte dalle sue vie malvagie, io lo esaudirò dal cielo, gli perdonerò i suoi peccati, e guarirò il suo paese" (2 Cr. 7:14). Se noi, per la Sua grazia desideriamo e siamo in grado di adempiere a queste condizioni, Dio sicuramente onorerà la Sua promessa.
Tratto da una predicazione di W. R. Mackay (Free Church of Scotland). [Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione "Nuova Riveduta", Società Biblica di Ginevra, 1994. Paolo Castellina, venerdì 30 gennaio 1998].