All'insegna della libertà

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Due parabole

Nel Vangelo secondo Luca, ai capitoli 19 e 20 troviamo due parabole di Gesù che bene descrivono la condizione umana.

1. La prima, la parabola dei dieci servi, che riassumo evidenziandone alcuni elementi soltanto, dice: "Gesù proseguì a raccontare una parabola, perché era vicino a Gerusalemme, ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi subito. Disse dunque: Un uomo nobile andò in un paese lontano, per ricevere l'investitura di un regno e poi tornare. E, chiamati a sé dieci suoi servi, diede loro" del denaro affinché lo investissero a nome suo e lo facessero fruttare. I servitori di quel padrone fanno così bene o male quello che era stato loro affidato. La parabola, però, pure afferma: "...Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasciata, dicendo: "Non vogliamo che costui regni su di noi". Si, approfittando dell'assenza del legittimo signore, i suoi cittadini si ribellano, prendono il potere, e decidono di gestire loro, a loro arbitrio, il regno. Il signore però ritorna e, dopo aver chiesto la resa dei conti ai suoi servi, comanda: "...Inoltre, conducete qui i miei nemici, che non hanno voluto che io regnassi su di loro e uccideteli alla mia presenza" (Lu. 19:11-14,27).

2. La seconda parabola ha caratteristiche simili, è quella dei malvagi vignaioli. Dice: "Un uomo piantò una vigna, l'affidò a certi vignaioli e se ne andò lontano per lungo tempo. Al tempo del raccolto, mandò un servo da quei vignaioli perché gli dessero la sua parte del frutto della vigna; ma i vignaioli, battutolo, lo rimandarono a mani vuote. Egli mandò di nuovo un altro servo ma essi, dopo aver battuto e insultato anche questo, lo rimandarono a mani vuote. Egli ne mandò ancora un terzo, ma essi ferirono anche questo e lo cacciarono. Allora il padrone della vigna disse: "Che devo fare? Manderò il mio amato figlio. Forse, vedendo lui, lo rispetteranno!". Ma i vignaioli, quando lo videro, dissero tra di loro: "Costui è l'erede; venite, uccidiamolo affinché l'eredità diventi nostra". Così cacciatolo fuori dalla vigna, lo uccisero. Che farà dunque a costoro il padrone della vigna? Egli verrà, sterminerà quei vignaioli, e darà la vigna ad altri" (Lu. 20:9-16).

Ecco dunque due situazioni di ribellione e di rivoluzione all'insegna della libertà: libertà pretesa, libertà conquistata. Le parabole "finiscono male", ma non c'è nulla di più gradito per le orecchie moderne che un discorso sulla libertà...

Un'affermazione ambivalente

"Non vogliamo che costui regni su di noi": è un'affermazione che può essere lodevole, meritoria, e direi anche coraggiosa. Un dittatore, un usurpatore, un invasore, oppure la mafia stessa, prende il potere su un territorio e su una popolazione, con l'astuzia, l'inganno, la violenza. È un potere ingiusto. Sotto la sua mano di oppressione e di sfruttamento il popolo soffre, viene ridotto in schiavitù. Ecco però che nasce la resistenza. Uomini e donne eroici con forza dichiarano: 'Non vogliamo che costui regni su di noi' e, sacrificando sé stessi, lottano per la libertà del loro popolo. Coinvolgendo sempre di più la gente, organizzandola, dando loro forza e coraggio, riescono così a scrollarsi di dosso l'oppressione. La resistenza ha vinto, la causa della libertà ha trionfato!

Rovesciamo però la situazione. Ecco un uomo, proprietario legittimo di una casa o di una fattoria. Se l'è guadagnata onestamente con anni di lavoro e di risparmio. Ha piantato dei vigneti, ha assunto operai contribuendo a risolvere il problema della disoccupazione. Dà loro una paga giusta, fa costruire case dove possano abitare con le loro famiglie e si preoccupa delle necessarie infrastrutture sociali. Si comporta con onestà, senso di responsabilità e giustizia, ed è persino disposto a condividere i profitti delle vigne, se il lavoro è fatto bene e la produzione è promossa. Immaginiamo però che, un giorno, quegli operai dicano: "Non vogliamo che costui regni su di noi". Si ribellano, distruggono la fattoria, cacciano il padrone... magari instaurando "la dittatura del proletariato", che sempre dittatura è... Già: 'Non vogliamo che costui regni su di noi'? Dicono bene o dicono male?

La nostra situazione

In ogni caso, nostro scopo oggi non è quello di discutere di ideologie politiche, e nemmeno questo era lo scopo di Gesù, il nostro Maestro, quando aveva raccontato quelle Sue parabole.

A che cosa si riferiva Gesù? Egli parlava della condizione umana e affermava un concetto che oggi è quanto mai "fuori moda" e sgradito. Noi, esseri umani, siamo creature di Dio e Dio, l'Iddio vero e vivente, l'Iddio di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe, l'Iddio che si è fatto uomo in Gesù Cristo, è il nostro Creatore, legittimo nostro Signore e Padrone. A Lui va ogni onore e gloria per sempre. Lui è il legittimo proprietario dell'universo e di tutto ciò che esso contiene. Noi apparteniamo a Dio e a Dio dobbiamo ubbidienza, verso Dio abbiamo precise responsabilità. La Bibbia dice: "Riconoscete che l'Eterno è DIO, è lui che ci ha fatti e non noi da noi stessi; noi siamo il suo popolo e il gregge del suo pascolo" (Sl. 100:3). I Suoi fedeli, nel libro dell'Apocalisse, cantano: "Degno sei, o Signore, di ricevere la gloria, l'onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà esistono e sono state create" (Ap. 4:11). "La benedizione, la gloria, la sapienza, il ringraziamento, l'onore, la potenza e la forza appartengono al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen!" (Ap. 7:12).

Quando portiamo i nostri bambini piccoli in Chiesa per la presentazione o il battesimo noi riconosciamo pubblicamente che né noi né i nostri bambini apparteniamo a noi stessi, ma apparteniamo a Dio, a cui ci sottomettiamo umilmente con fede ed ubbidienza per tutta la vita. Lui che ci dà la vita e la sostiene, è Colui che pure ha diritto di guidarla secondo la Sua volontà.

Quanti però riconoscono e praticano tutto questo? Le parabole che Gesù, il Figlio unico di Dio, ha raccontato e che abbiamo udito, descrivono la nostra condizione umana perché noi, a livello individuale e collettivo, noi siamo i malvagi vignaioli, i ribelli, degni solo - e Gesù lo afferma - di essere da Dio sterminati, e giustamente. L'ira di Dio è giusta, legittima, e nessuno osi sperare in una grazia a buon mercato!

Tipica è la reazione che ho avuto recentemente da uno scolaro a cui insegnavo i dieci comandamenti! "Dio mi comanderebbe di essere e di agire in quel modo? Ma io sono l'unico padrone di me stesso e io solo posso decidere come devo vivere!". Avrei potuto rispondergli: "Ma chi credi di essere?". Si, reazione molto tipica la sua!

Quando venne sulla terra Gesù, il Salvatore ed il Signore, quando venne in questo mondo che è casa sua, "i suoi non l'hanno ricevuto" (Gv. 1:11). Che cosa pensate che meritino? Che cosa pensi di meritare tu che lasci espressamente Dio ed il Suo Cristo fuori dalla tua vita, pretendendo di gestirti da solo la tua esistenza, di decidere tu che cosa sia bene e male, di essere tu dio a te stesso, signore a te stesso, re a te stesso? Sei un ribelle, un usurpatore: non sarai risparmiato. Non ti fare illusioni!

C'è però una buona notizia: il Signore ha provveduto grazia e perdono a coloro che si umiliano di fronte a Lui, coloro che riconoscono la gravità della loro ribellione e, ravvedendosi, rinunciano ad essa ed implorano faccia a terra la misericordia di Dio. Il Signore Iddio ha provveduto grazia e perdono per coloro che si affidano anima e corpo, con fede ed ubbidienza, al Signore e Salvatore Gesù Cristo, l'Agnello di Dio che volontariamente si sacrificò prendendo su di sé, innocente, sulla croce, la condanna che noi meritiamo. "Degno è l'Agnello, che è stato ucciso, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l'onore, la gloria e la benedizione" (Ap. 5:12).

Una buona definizione di peccato

È esattamente questa ribellione umana alla legittima autorità di Dio la migliore definizione di "peccato", peccato dal quale Gesù ci vuole salvare. Molta gente pensa che peccato sia "un concetto superato", oppure magari solo crimini molto gravi, o ancora qualche errore che noi facciamo nella vita. Il peccato è molto di più che fare uno o due sbagli od essere un poco meno che perfetti. Il peccato è ribellione aperta contro le leggi e l'autorità di Dio come divino Re dell'universo. Lo spirito di indipendenza o di autosufficienza che oggi è così tanto apprezzato, in realtà è una ribellione contro Dio e la Sua autorità. "Non vogliamo che costui regni su di noi" (Lu. 19:14), dice la gente oggi a Dio. Si tratta di nulla di meno dell'atteggiamento del cuore di ogni peccatore, che, in questo modo, si corrompe radicalmente. Non trova la libertà sperata, ma si abbrutisce. Essi non vogliono che Dio governi sulla loro vita. Respingendo l'autorità di Dio su di noi, diventiamo colpevoli di giocare ad essere noi Dio. Infrangendo le leggi di Dio, diventiamo colpevoli di combattere contro Dio, e diventiamo suoi nemici, come dice la parabola. Ciascuno di noi ha commesso un tradimento di valenza cosmica contro Dio, la Sua autorità, e le Sue leggi. Questo può sembrare duro da dirsi, ma è esattamente come Dio considera l'uomo!

L'avvento di Gesù

L'unica soluzione che Dio ha offerto per il corrotto cuore umano, si trova nella Persona di Gesù Cristo. Gesù non fu solo un uomo, ma sia Dio sia uomo in un sola Persona. Nella Persona di Gesù Cristo, Dio divenne letteralmente un uomo e visse una perfetta vita di rettitudine in ubbidienza alle Sue leggi, in favore nostro. Avendo ubbidito perfettamente alla legge di Dio, Cristo volontariamente volle morire per i peccatori. Il peccato contro la legge di Dio comporta come punizione la separazione permanente ed irreversibile da Dio, fonte di ogni bene. Quando Gesù morì, Egli portò su di Sé la collera ed il castigo previsto da Dio per i peccatori. Gesù morì come sacrificio per il peccato, soddisfacendo così i requisiti della divina, e prendendo su di sé il castigo dovuto per i nostri peccati. La Bibbia dice: "Cristo ha sofferto una volta per i peccati, il giusto per gl'ingiusti, per condurci a Dio. Fu messo a morte nella carne, ma vivificato dallo Spirito" (1 Pi. 3:18). Dopo essere morto per i peccatori, tre giorni dopo risorse dai morti e dopo quaranta giorni, Egli ritornò in cielo dove ora regna come Re e Signore dell'intera creazione.

L'unica speranza che abbiano le creature umane di essere salvate dai nostri peccati si trova solo nella Persona di Gesù Cristo. Come mediatore, Gesù esercita tre funzioni: quella di Profeta, di Sacerdote, e di Re. Come Profeta Gesù ci insegna a vedere il male e la corruzione del nostro cuore ed il nostro bisogno di essere da Lui istruiti, come pure ad ubbidire a tutti i Suoi comandi. Come Sacerdote, Gesù morì come sacrificio perfetto per i peccati delle creature umane, affinché il perdono dei peccati potesse essere offerto a tutti coloro che affidano sé stessi completamente a Lui. Come Re, la nostra volontà deve essere completamente sottomessa a Cristo, nostra Autorità, Signore e Sovrano.

Molti vorrebbero godere dei benefici della morte di Cristo e del perdono dei peccati, ma non sono disposti a sottomettersi a Lui come Signore della loro vita. È impossibile. Dio non vuole salvare chi non sia disposto ad affidarsi completamente a Cristo.

La vera fede

Le nostre parabole pure ci suggeriscono una buona definizione di fede. Molti oggi affermano di essere credenti, cristiani, di avere fede in Gesù. Però...

1. La vera fede salvifica è sempre preceduta da un'autentica convinzione di peccato. Quando Dio ci convince che siamo peccatori, Egli ci mostra il grande male rappresentato dal peccato ed il nostro modo di vivere. Poi ci mostra la nostra colpevolezza davanti a Lui (Dio santo e odia ogni peccato), in che modo specifico abbiamo infranto la Sua legge e disprezzato e respinto la Sua autorità. Egli ci mostra in modo specifico la corruzione interiore del nostro cuore e natura. Una persona realmente convinta di peccato concorda con Dio che merita solo il peggio, e giustamente, a meno che Dio non decidesse di accordarle la grazia.

2. La vera fede, però, è più che semplicemente credere alle cose giuste ed essere persuasi d'essere peccatori. Al fine di divenire un vero seguace di Gesù Cristo, è necessario essere disposti a ravvedersi di TUTTO ciò che a Dio dispiace, come rivelato dalla Sua Parola. Gesù disse: "Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino. Ravvedetevi e credete all'evangelo" (Mr. 1:15). Il ravvedimento è un consapevole e determinato abbandono di ciò che a Dio dispiace per dirigerci decisamente verso di Lui con fede ed ubbidienza. Il ravvedimento è il comando a riconoscere di essere vissuti nell'illegalità e detestarlo, voltarle le spalle al peccato e rifugiarsi in Cristo, desiderando consapevolmente di perseguire una vita retta. Sei disposto ad abbandonare tutti i tuoi peccati ed a perseguire deliberatamente una vita di giustizia?

3. La vera fede implica pure una fiducia di tutto cuore che la morte di Gesù sulla croce è LA SOLA SPERANZA per il perdono dei peccati. È solo per la misericordia di Dio e la morte di Cristo come sostituto per le creature umane, che può essere disponibile il perdono. La vera fede implica non solo confidare nella morte di Cristo, ma pure arrendersi a Gesù come Signore e sottomettere la nostra vita alla Sua autorità. Cristo deve occupare il primo posto nella nostra vita, al di sopra della famiglia, delle nostre proprietà, e persino al di sopra di noi stessi e del nostro piacere. Quando dichiariamo la resa di noi stessi a Gesù come al Signore, noi rinunciamo al nostro diritto sulla nostra vita e ci sottomettiamo all'autorità di Gesù Cristo. Sei disposto a rinunciare al tuo diritto di condurre la tua vita a tuo piacimento, ed a sottometterti all'autorità di Gesù Cristo?

4. Infine, la vera fede implica la disponibilità ad ubbidire. In Giovanni 10:27,28 Gesù dice: "Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono". Giovanni 3:36 pure dice: "Chi crede nel Figlio ha vita eterna ma chi non ubbidisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio dimora su di lui". La fede non può essere separata dall'ubbidienza. Con la fede dobbiamo essere disposti a seguirlo ubbidienti. Perseguire la rettitudine non significa che mai cadremo. Significa che, se ci capiterà di cadere, ci rialzeremo, ravvedendoci e confessando i nostri peccati, chiedendo il perdono di Dio. Un vero cristiano odia il peccato e desidera compiacere Dio con una vita ubbidiente. Sei disposto ad essere ubbidiente a Gesù Cristo in ogni area della tua vita e diventare per sempre suo seguace?

Conclusione

Cerchiamo dunque libertà, ed all'insegna della libertà rigettiamo l'idea stessa di Dio e di una legge, la Sua, che debba regolare la nostra vita. Troveremo davvero libertà? Forse per un po' di tempo. Ma non potremo evitare di pagare di persona le conseguenze di questa nostra decisione, sia con le miserie della vita che con la l'inevitabile condanna da parte di Dio, l'unico legittimo Sovrano sulla realtà, al quale non potremo in alcun modo sfuggire. Egli dice infatti: "hanno rigettato me, perché io non regni su di loro" (1Sa 8:7), e questa, in assoluto, è la colpa più grave che mai noi si possa avere. Solo confessando questo nostro peccato capitale ed implorando la grazia e la misericordia di Dio potremo venir fuori da questa situazione, solo implorandolo che a noi vengano applicate le virtù della vita e della morte di Cristo. Con grande nostra sorpresa scopriremo che la vera libertà la troveremo Gesù che ci dice: "Se dimorate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi... Se dunque il Figlio vi farà liberi sarete veramente liberi" (Gv. 8:31,32,36).

[Paolo Castellina, sabato 15 novembre 1997. Tutte le citazioni, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, ediz. La Buona Novella, Brindisi, 1991].

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