Una parola definita esattamente: amore


Cercasi: un buon vocabolario

Sono alla vana ricerca di un buon vocabolario… Oggi è il tempo in cui tutto è vago, confuso ed incerto. Nessuno non sa più nulla con certezza, tutto è relativo come pure incerto e soggettivo è il significato delle parole che usiamo.

Le risposte ai problemi della vita oggi sono pure molte e confuse (dipende dagli "specialisti" che consulti), ma non si è neppure poi tanto sicuri di quali devono esserne le domande…

Ecco il sintomatico dialogo fra un paziente d'oggi ed il suo medico. Paziente: "Dottore, non saprei dire perché, ma ogni tanto, senza che io possa dire quando, sento una specie di dolore non saprei dire dove, ma sento che quando cessa, mi lascia tutto… non so dirle in che stato!". E il medico di rimando: "Adesso le faccio una ricetta: la prenda non so quante volte il giorno, non saprei dirle per quanto tempo e vedrà che si sentirà meglio non so quando".

Certamente il Signore Gesù non era così vago ed incerto, e non tanto perché - come dice qualcuno - Lui vivesse in un'epoca di certezze che non è più la nostra, ma perché Lui era ed è Dio con noi, il Verace, la Sapienza fattasi uomo. La gente Gli poneva domande rilevanti ed Egli rispondeva con certezze che rimangono tali ancora oggi per chiunque non voglia avere la mente confusa. E' pur vero che a volte è molto conveniente dire d'essere confusi…

Ecco, dal Vangelo secondo Marco, un episodio in cui un uomo fa una domanda precisa, vitale e rilevante a Gesù, per riceverne una risposta altrettanto chiara, in cui Gesù definisce il significato preciso di un termine che oggi è vago quanto inflazionato, quello di "amore".

Il testo biblico

 

"Allora uno degli scribi che aveva udita la loro discussione, riconoscendo che egli aveva loro risposto bene, si accostò e gli domandò: ‘Qual è il primo comandamento di tutti?’. E Gesù gli rispose: ‘Il primo comandamento di tutti è: "Ascolta, Israele: il Signore Dio nostro è l’unico Signore", e: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". Questo è il primo comandamento. E il secondo è simile a questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non vi è alcun altro comandamento maggiore di questi’. Allora lo scriba gli disse: ‘Bene, Maestro. Hai detto secondo verità che vi è un sol Dio e non ve n’è alcun altro all’infuori di lui; e che amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l’anima e con tutta la forza, e amare il prossimo come se stessi vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici’. E Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: ‘Tu non sei lontano dal regno di Dio’. E nessuno ardiva più interrogarlo" (Marco 12: 28).

I. Una domanda importante

Già da tempo un uomo ascolta Gesù con attenzione. E' affascinato dalla sapienza che Gesù manifesta e dal rigore delle Sue argomentazioni. Quest'uomo è "uno scriba", uno cioè che aveva scelto per vocazione quella di conservare accuratamente, trascrivendola, l’antica sapienza della Parola di Dio, un "conservatore" nel senso migliore del termine. Sa che la sapienza che Dio ci ha comunicato è preziosa, che nobilita l'uomo e dà significato alla vita. Egli ha scoperto che c'è una straordinaria consonanza, in parole ed in fatti, fra la Persona di Gesù e la sapienza che lui ama. Di più, egli scopre in Gesù il migliore fra gli espositori ed interpreti della Scrittura che mai egli abbia udito.

Da tempo una domanda si agita nella sua testa, non una questione accademica, ma una domanda importante e per lui vitale. Si avvicina così a Gesù e Gli chiede: ‘Qual è il primo comandamento di tutti?’. Noi potremmo tradurla in questo modo: "Qual è il maggiore fra i doveri cui noi siamo tenuti come creature umane? Qual è il principio di fondo rispetto al quale noi dovremmo regolare la nostra vita?".

Una domanda come questa è lodevole. Ecco un uomo che dimostra maturità e responsabilità. Egli sa che l’essere umano è una creatura cui Dio ha affidato precisi doveri da adempiere in questo mondo, e che essi sono contenuti nei Suoi comandamenti, nella Sua legge rivelata. Egli sa che è proprio nell’adempimento dei propri doveri che la creatura umana trova la sua ragion d’essere, la migliore realizzazione di sé stessa. Per questo ne vuole cogliere lo spirito, il principio ispiratore.

Ne abbiamo noi coscienza, noi che viviamo fra una generazione superficiale e spesso irresponsabile già nei confronti dei nostri "doveri civili" ma ancor meno nei confronti dei doveri che Dio ci impone? Quest’uomo, affermerà Gesù, "non è lontano dal regno di Dio". A quale "distanza" ne siamo noi?

II. La risposta di Gesù

Gesù risponde mettendo in rilievo come somma e la sostanza di tutto ciò che Dio richiede alla creatura umana non sia altro che l'amore, amore verso Dio ed amore verso il nostro prossimo, amore intenso, concreto, totalizzante, impegnato.

Se qualcuno osasse dire che la risposta di Gesù è scontata e banale, non sa quello che sta dicendo. C'è infatti una grande differenza fra l'amore di cui parla Gesù ed il nostro "non far del male a nessuno" di cui ipocritamente ci vantiamo. C'è una grande differenza fra l'amore di cui Gesù parla, e che soprattutto vive, e ciò che noi intendiamo per amore. Oggi, infatti, si parla così tanto d'amore da correre il rischio non solo di banalizzarlo, ma di equivocarne il significato e di svuotarne il concetto d’ogni contenuto preciso. Ciò che, nella Sua risposta, Gesù mette in evidenza è per diversi aspetti in contrapposizione a ciò che noi in genere pensiamo, diciamo e pratichiamo a proposito dell'amore. Egli definisce l'amore in modo diverso da noi, ma sicuramente in modo più autorevole. Noi vogliamo che sia Lui a dirci che cos'è il vero amore. Egli è "il Signore", l'unico ad avere il diritto di definire il significato delle parole!

1. Amore come tornaconto?

Quando si pensa all’amore, la prima cosa che ci viene in mente è quella dell’avventura sentimentale. La cultura popolare e le personali nostre fantasie ricamano molto sull’amore inteso come "storia d'amore". Ci piace una persona, ce ne innamoriamo, desideriamo frequentarla e trarne piacere. Poi c'è l'amore di genitori. Come genitori amiamo i nostri bambini, "frutto del nostro seno". Essi fan parte di noi. Amiamo i nostri genitori. C'è poi l'amore verso gli amici, verso le persone che ci fanno del bene, verso una persona che ci è simpatica, ecc. Il nostro concetto d'amore, cioè, è tutto legato a dei sentimenti, a sentimenti buoni o come risposta ad un nostro tornaconto. Si ama ciò da cui ci si sente attratti o "ci fa tenerezza", si ama ciò da cui si può ricavare un piacere o una soddisfazione, un vantaggio personale, si ama ciò che "ci è congeniale" e con il quale "stiamo bene" e "ci piace".

Non vi suona però "strano" questo "amore" tutto rivolto a noi stessi? Ciò che oggi passa per amore, potrebbe più realisticamente essere definito "gratificazione o appagamento di sé stessi", auto-indulgenza. L'amore vero è gratificante, ma la gratificazione di sé stessi non può essere il fine ultimo dell'amore!

Quando però Gesù ci parla d'amore (e lo vive) come qualcosa di disinteressato tutto rivolto al bene dell'altro fino alla completa negazione del nostro bene e al sacrificio di noi stessi, quando Gesù ci parla dell'amore come qualcosa di rivolto anche a chi è antipatico, brutto, sporco, repellente, ostile, e persino nemico, amore rivolto anche a chi "non lo merita", allora ci accorgiamo che Gesù "parla una lingua diversa dalla nostra", e non lo comprendiamo più. Ciò che Gesù intende per amore non è la stessa cosa che intendiamo noi.

"Difficilmente infatti qualcuno muore per un giusto; forse qualcuno ardirebbe morire per un uomo dabbene. Ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" (Ro. 5:7,8).

Se non comprendiamo questo, tutto ciò che facciamo è trasferire un patetico egocentrismo mascherato d’amore. Quando si comprende e si pratica ciò che significa vero amore, davanti a noi si apre una verità che riscalda il cuore e davvero si rivela soddisfacente e gratificante. Disse un apologeta cristiano: "L’amore è una condizione dell’anima e comporta un lascito vincolante. Quando l’amore è superficiale, il cuore rimane vuoto, ma se si comprende come amore implichi sacrificio, allora si potrà bere con abbondanza dalla sua coppa ed esserne completamente saziati" (R. Zacharias).

Amore e sacrificio vanno assieme, e donando sé stessi si arricchisce lo spirito. Più invece si consuma egoisticamente l’amore più si diventa poveri e miserabili.

2. Amore libero?

Per molti, dicevamo, amore è soprattutto "avventura sentimentale". Si immaginano, allora, grandi "storie d’amore" che, naturalmente, secondo noi, dovrebbero essere "libere da ogni vincolo" perché il "legame fisso", il matrimonio, sarebbe "la tomba dell’amore". Così ci vogliono far credere.

A questo riguardo lo scrittore G. K. Chesterton scrisse: "Oggi si è inventata una nuova espressione composta di due parole dal significato assolutamente contraddittorio: ‘libero amore’ …come se chi ama potesse mai davvero essere libero. E’ la natura stessa dell’amore quella di legare, e l’istituzione del matrimonio semplicemente prende questo concetto in parola".

Vi sorprende questo? Pensateci bene: "E’ la natura stessa dell’amore quella di legare"! Siete d’accordo? In effetti per la nostra società dell’"usa e getta", e della conclamata libertà, non c’è nulla che sia più incongruente di questo. Secondo l'autorevole prospettiva del Signore Gesù, però, amore ha a che fare con un patto di solidarietà, con un vincolo preciso liberamente assunto. Amare davvero significa liberamente legarsi, vincolarsi, per garantire in modo costante e sicuro e in ogni caso il bene dell'altro.

E' quello che Dio ha dimostrato voler fare con il Suo popolo eletto, è quello che Gesù ha voluto fare prima ancora di venire in questo mondo, prendere la precisa determinazione di dedicare tutto sé stesso alla salvezza dell'uomo peccatore. Questo è amore, e Gesù l'ha compiuto entrando nella miseria e contraddizioni di questo mondo e giungendo persino alla morte di croce. Gesù: "…trovato nell'esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce" (Fl. 2:8). Il Suo amore ha preso la forma di un vincolo liberamente sottoscritto. Da questa prospettiva come bisognerebbe giudicare l'"amore" di chi rifiuta di stabilire "per principio", "per essere libero" il vincolo coniugale?

Il principio unificatore sia dell’amore romantico che quello di genitori è lo stesso: quello dell’onore e della fedeltà. Potremo comunicare ai nostri figli che cos’è l’amore solo se insegniamo loro che è la natura dell’amore onorare gli impegni che esso si assume - vincolarsi.

3. Amore disimpegnato?

Va da sé che il vero amore, oltre ad esse rivolto non al bene mio ma a quello dell'altro, e ad implicare un vincolo, comporta pure un impegno di fondo, indipendente dalla fugacità dei sentimenti.

Nella cultura orientale il concetto d'amore rimanda a quello di devozione, d'impegno, di ruolo da adempiere in un rapporto. Nella cultura occidentale l’accento, somma e sostanza d'ogni cosa, è posto sull’avventura romantica, sull’aspetto sentimentale. In qualche modo sarebbe però necessario incorporare questi due aspetti. Senza il sentimento, il matrimonio sarebbe solo un lavoro duro ed ingrato, ma senza volontà ed impegno il matrimonio sarebbe solo oggetto di derisione. Il sentimentalismo puro e semplice, semmai, appartiene alla "biologia" dell’adolescenza, ma l’amore impegnato appartiene alla maturità, e questo la dice lunga su di noi che sembriamo una società di ragazzini che non vogliono mai crescere, degli eterni "Peter Pan".

L'amore - nella prospettiva di Dio - comprende ma non dipende da mutevoli sentimenti, ma è impegno "con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza".

Nella lingua greca, quella in cui fu scritto il Nuovo Testamento, vi sono quattro diverse parole per indicare "amore": Agape si riferisce ad un amore puro, particolarmente riferito a Dio; Phileo è l’amore nell’amicizia; Storge descrive l’amore di un genitore. Infine Eros è l’amore romantico. Sebbene solo uno di questi amori trova il suo culmine nell’unione fisica, tutt’e quattro implicano un impegno da parte di chi ama.

Nella nostra cultura, quando ci riferiamo all’amore, indichiamo prevalentemente l’amore fisico e per lo più come qualcosa di disimpegnato. Che strano che noi si chiami l’atto sessuale: "Fare l’amore" quando, di fatto, spesso si tratta di un atto spoglio d'ogni responsabilità permanente verso la persona con la quale lo si compie, e che spoglia l’amore stesso del suo significato, degradando l’individuo ad oggetto del proprio piacere. L’amore non è amore quando è stato confezionato per quel momento.

4. Un amore duplice

L'amore come definito autorevolmente e vissuto dal Signore Gesù, infine, è qualcosa che comporta due dimensioni: "Quella orizzontale e quella verticale"; "Ama il Signore Dio tuo… ama il tuo prossimo".

Oggi si parla di "amore terreno" come dell'unica cosa di cui ne vanga la pena occuparsene, e questo per almeno due motivi. Il primo a causa dell'eclissi di Dio dalla coscienza e cultura contemporanea. Il secondo a causa dell'ideologia umanistica oggi prevalente che pone sempre e solo l'accento sulle "opere sociali", la solidarietà, la giustizia sociale... Certo, un tempo vi era molta "religiosità" a spese della quasi totale indifferenza per i problemi sociali. Oggi siamo nell'epoca della "socialità", a spese della quasi totale indifferenza verso tutto ciò che è spirituale e Dio in particolare. Un tempo era necessario dire: "Se uno dice: io amo Dio, e odia il proprio fratello, è bugiardo; chi non ama infatti il proprio fratello che vede, come può amare Dio che non vede? E questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: chi ama Dio, ami anche il proprio fratello" (1Gv. 4:20,21). Oggi siamo invece nella situazione descritta da Giobbe: "...ma nessuno dice: dov'è Dio, il mio creatore, che nella notte concede canti di gioia, che a noi insegna più cose che alle bestie dei campi e ci fa più saggi degli uccelli del cielo?" (Gb. 35:10,11); oppure da Paolo: "Essi …hanno cambiato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura, al posto del Creatore che è benedetto in eterno. Amen" (Ro. 1:25). Oggi è necessario dire: "Ricordati del tuo Creatore prima che il cordone d'argento si rompa, il vaso d'oro si spezzi, la brocca si rompa alla fonte e la ruota vada in frantumi al pozzo" (Ec. 12:6).

Dobbiamo anzi dire chiaramente alla nostra generazione che il vero amore e la vera solidarietà non sono un prodotto naturale dell'animo umano, perché esso è corrotto ed egoista. Il vero amore può solo venire da un rapporto autentico e fecondo con Dio. Dice infatti la Scrittura: "…non già che da noi stessi siamo capaci di pensare alcuna cosa come proveniente da noi stessi, ma la nostra capacità viene da Dio" (2 Co. 3:5), "…poiché Dio è colui che opera in voi il volere e l'operare, per il suo beneplacito" (Fl. 2:13).

Conclusione

In un epoca come la nostra dove tutto sembra confuso e diventato relativo, dove "non si è più sicuri di niente", né delle domande né delle risposte, interrogare il Signore e Salvatore Gesù Cristo è e deve diventare per ciascuno di noi l'unica certezza che non ci lascerà delusi. Lo interroghiamo sul senso della vita ed Egli ce lo indica nell'adempimento di tutti quei doveri che Dio ha stabilito per la creatura umana. Nelle parole (e dall'esempio stesso) di Gesù noi comprendiamo come il nostro dovere possa e debba essere riassunto nell'amore verso Dio e verso il prossimo, amore intenso, concreto, totalizzante, impegnato. Neanche il concetto d'amore rimarrà per noi, con Gesù, astratto e soggettivo. Egli infatti definisce e vive l'amore come dedizione totale e sacrificale, nell'ambito di preciso vincolo liberamente assunto, fatto d'impegno serio e costante. Si tratta di un amore che trova in Dio il suo primo oggetto e fonte qualificante ed abilitante. Che il Signore ci dia di comprenderlo e di metterlo in pratica: solo così la nostra umanità potrà essere davvero realizzata, a livello personale e sociale.

[Paolo Castellina,venerdì 26 settembre 1997. Tutte le citazioni, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, ediz. La Buona Novella, Brindisi, 1991].


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