I nostri più veri interessi


Vi sono inviti ed inviti...

Noi oggi viviamo in una società che ci bombarda con ogni sorta di inviti e di "cose invitanti" che cercano di attirare la nostra attenzione. Sono inviti a comprare quei prodotti che dicono faranno la nostra felicità, inviti a fare, inviti a votare, inviti a partecipare, inviti a godere... La pubblicità è diventata una vera scienza che sempre escogita nuovi modi per attirare la nostra attenzione ed interesse. Raramente si tratta di inviti disinteressati, come quelle proposte di escursioni in luoghi famosi a basso prezzo che poi sono solo scuse per imporci l'acquisto di certi prodotti. Il più delle volte ci sembra solo di essere sfruttati da gente che vuole unicamente carpirci il nostro denaro. Ci teniamo così alla larga da "certi inviti" che riteniamo "sospetti", salvo poi cascarci quando l'imbonitore è veramente abile... Si, a volte gli "inviti" sono così tanti da confonderci e da non farci più distinguere ciò che è buono e vantaggioso da ciò che non lo è. Allora spesso capitiamo proprio là dove solo ci sfruttano e rifiutiamo ciò che è buono, vantaggioso e veramente disinteressato! Come consideriamo noi l'invito che ci rivolge l'Evangelo di Gesù Cristo?

Il testo

Un giorno il Signore Gesù fu invitato ad una festa e in quell'occasione raccontò una parabola su un invito davvero importante che equivocato e rifiutato da alcuni, viene invece colto da altri che ne sanno distinguere il valore e ...non se lo lasciano scappare! Ascoltate:


"...or uno dei commensali, udite queste cose, gli disse: Beato chi mangerà del pane nel regno di Dio! Allora Gesù gli disse: Un uomo fece una gran cena e invitò molti; e, all'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: "Venite, perché è già tutto pronto". Ma tutti allo stesso modo cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: "Ho comprato un podere e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi". E un altro disse: "Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi". Un altro ancora disse: "Ho preso moglie e perciò non posso venire". Così quel servo tornò e riferì queste cose al suo signore. Allora il padrone di casa, pieno di sdegno, disse al suo servo: "Presto, va' per le piazze e per le strade della città, conduci qua i mendicanti, i mutilati, gli zoppi e i ciechi". Poi il servo gli disse: "Signore, è stato fatto come hai comandato, ma c'è ancora posto". Allora il signore disse al servo: "Va' fuori per le vie e lungo le siepi e costringili ad entrare, affinché la mia casa sia piena. Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati gusterà la mia cena" (Luca 14:15-24).


Il contesto

Gesù è invitato a partecipare ad un banchetto, forse ad una festa di nozze. Anche in una circostanza come questa Egli non perde l'occasione per insegnare, attraverso dei racconti, i nostri doveri e responsabilità verso Dio e verso gli altri. Così, in questa circostanza, Gesù insegna l'importanza dell'umiltà (14:7-11), poi quella della generosità disinteressata (14:12-14). Lo spunto che Gesù usa per insegnare questi principi è il contesto stesso in cui si trova, cioè quello del banchetto, della festa.

Un commensale, però, cambia argomento. Forse lo fa per spostare la conversazione su temi meno scomodi... Forse l'accento che Gesù pone sul banchetto gli fa venire in mente quella che allora era la popolare associazione fra questo e la gioia e l'abbondanza che vi sarà negli ultimi tempi, quando, verrà il Messia, il Salvatore. Così esclama: "Beato chi mangerà del pane nel regno di Dio!" (15). E' come se dicesse: "A questa festa si sta oggi veramente bene, vi sono cibi deliziosi e vino in abbondanza. Pensa però a come molto di più si goderà alla venuta del Messia!". Già, vi sono alcuni che ...pensano solo a mangiare e bere e che immaginano il paradiso stesso in questi termini!

Il banchetto messianico

In ogni caso, davvero i Giudei supponevano che al tempo della venuta del Messia, ci sarebbe stata una splendida festa, in cui, oltre allo speciale pane, da essi chiamato "il pane del regno", o "il pane del mondo a venire", vi sarebbe stata una grande quantità di carne, pesce, cacciagione... Sarebbero stati cucinati e serviti persino i grandi mostri (!) di cui la Bibbia parla e che popolano i nostri incubi. Vi sarebbe stata abbondanza di vino generoso (il vino "delle grandi occasioni", tenuto in serbo dalla creazione del mondo), ed ogni sorta di frutta deliziosa, (i ricchi frutti del giardino dell'Eden). Così, a quest'uomo, entusiasmato alla prospettiva della felicità di coloro che parteciperanno all'abbondanza del regno del Messia, Gesù racconta "la parabola del gran convito", argomento non meno scomodo degli altri, anzi, più polemico ancora!

Non è necessario aspettare tanto!

Il racconto di Gesù così inizia: "Un uomo fece una gran cena e invitò molti; e all'ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: Venite, perché è già tutto pronto" (16,17). Gesù sembra dirgli innanzitutto: vedi, tu aspetti quel gran giorno come un avvenimento ancora lontano, ma non ti accorgi che il tempo del Messia è già arrivato, che l'invito a questo gran banchetto è già stato pubblicato e che grandi beni (spirituali) sono già a disposizione, "in tavola" per tutti gli invitati. Si, non chissà quando... ma oggi è il giorno della "gran cena", "l'inizio della fine", il tempo in cui il Signore Iddio, il Re dei re ed il Signore dei signori, sta cominciando a mettere i presupposti della distruzione del malvagio regno di Satana che domina su questo mondo e ne fa scempio. Il Messia, il Salvatore, è venuto nella Persona di Gesù Cristo, grandi beni spirituali, con Lui e in Lui, sono già disponibili.

Egli sta invitando molti a parteciparvi: Gesù stava facendo allora proprio questo ed oggi stesso l'invito dell'Evangelo di Gesù Cristo continua a risuonare in tutto il mondo. Esso è un messaggio di gioia: la grazia di Dio in Gesù e con Gesù è pronta a rigenerare, salvare, risanare, a dare vita e speranza a quanti lo accolgono con fiducia ravvedendosi dei loro peccati. In Gesù Dio ha organizzato "una festa" molto costosa (fino al Suo sacrificio ultimo), ma i suoi benefici li vuole condividere generosamente.

Molti erano allora partiti a rendere pubblico questo invito: prima di tutto Giovanni Battista, poi già gli apostoli. Ancora oggi, per grazia di Dio, molti sono i ministri dell'Evangelo che diffondono questo lieto messaggio. Li udiamo con attenzione? Valorizziamo il loro ministero? Oppure li ignoriamo o li critichiamo come molti allora avevano fatto con Giovanni Battista?

In realtà erano già soddisfatti...

Come probabilmente altri quel giorno ed oggi, molti consideravano la speranza messianica come un bel sogno che però non li smuoveva più di quel tanto. Erano spiritualmente e materialmente sazi, compiaciuti del fatto di essere "a posto" davanti a Dio (così almeno essi credevano) e poter godere già di "ogni ben di Dio" (terreno). Il Messia, semmai, avrebbe loro portato solo un "di più"...

L'ironia della situazione in cui si trova quel giorno Gesù è notevole. Il suo commensale guarda alle maggiori delizie del regno del Messia, e ...non si accorge di essere già a tavola col Messia, e che già per lui sarebbero disponibili i magnifici beni spirituali che neppure immagina! Anche oggi molti non si rendono nemmeno conto di ciò che potrebbero essere ed avere accogliendo Gesù nella loro vita.

C'è però di peggio: l'invito dell'Evangelo è già stato pubblicato, essi l'hanno pure udito ed essi che fanno? Accampano un sacco di scuse per non accoglierlo. Ben pasciuti e compiaciuti di sé stessi, in realtà, al Messia non ci pensavano affatto! Pur lodando i beni spirituali ed eterni portati dal Messia, il conseguimento di beni terreni per loro era più importante.

Le scuse

Gesù dice; "Ma tutti allo stesso modo cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: "Ho comprato un podere e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi". E un altro disse: "Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi". Un altro ancora disse: "Ho preso moglie e perciò non posso venire" (18-20). Uno dopo l'altro affermano di avere qualcos'altro da fare che essi reputano più importante. "Non possono" venire: in realtà non vogliono venire, come tante pietose scuse che noi tiriamo fuori quando si tratta delle nostre responsabilità verso Dio e verso il prossimo. Ciascuno ha una scusa diversa: sembrano essersi messi d'accordo!

Il primo dà valore prioritario alle sue proprietà terrene. Ha messo gli occhi su del terreno, e, prima di concludere l'affare e comprarlo vuole vederlo. Non potrebbe andarci il mattino dopo? Deve farlo proprio ora al tramonto del sole? Era davvero una pietosa scusa! Gesù denuncia nel suo interlocutore la sua avidità: l'invito del Messia non gli avrebbe fruttato materialmente, e quindi non lo interessa. Conoscete "qualcuno" oggi che la pensi così?

Anche per il secondo, calando ormai il sole, non era certo il momento per andare nei campi con dei buoi e far loro tirare l'aratro! Non sarebbe stato meglio al mattino? Che fretta c'era? Il suo cuore è nel commercio, nei soldi, e con il Messia che viene, che per altro dà via tutto gratis... che commercio si può fare?

Il terzo ha la scusa che quella sera si deve tenere la propria festa nuziale: vengono gli amici e certamente non può lasciare da parte sua moglie. Certamente anche loro sarebbero stati benvenuti presso il Messia! Quest'uomo rappresenta chi dà un grande valore al conformismo sociale. Con il Messia avrebbe dovuto fare delle scelte anche fra le sue amicizie, e questo proprio non lo voleva fare. Gesù avrebbe detto: "Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, moglie e figli fratelli e sorelle e perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo" (Lu. 14:26).

Gli invitati avevano già preso i loro impegni che consideravano prioritari. Ognuna di quelle scuse ha un elemento di "novità" (nuovo podere, nuovi buoi, nuova moglie). Si, le cose di questo mondo sembrano nuove e dolci rispetto all'invito dell'Evangelo. Evidentemente essi non si rendono conto dell'importanza vitale dell'invito dell'Evangelo. Quanti oggi sono in questa situazione! Per loro la Scrittura direbbe: "Sono tutti insieme stupidi e insensati; il loro idolo di legno è una dottrina di nessun valore" (Ge. 10:8).

L'indignazione del Signore

Gesù manifesta la Sua indignazione verso l'incredulità e l'impenitenza di molti dei Suoi contemporanei, e questo viene in evidenza nella parabola: "Così quel servo tornò e riferì queste cose al suo signore. Allora il padrone di casa, pieno di sdegno, disse al suo servo: "Presto, va' per le piazze e per le strade della città, conduci qua i mendicanti, i mutilati, gli zoppi e i ciechi" (21).

Il servo torna dal suo padrone e gli riferisce che nessuno ha voluto accogliere il suo invito. Il ministro dell'Evangelo torna da Dio e Cristo, e con tristezza lamenta la durezza e la cecità di molti fra coloro che hanno udito il suo messaggio. Il padrone è "pieno di sdegno": quanta ingratitudine, che comportamento offensivo e irriguardoso il loro, quanto disprezzo verso qualcosa che così tanto era costato! Israele era stato da sempre privilegiato da Dio, ed ora guardate come i suoi capi vivono trattano l'Evangelo! Rifiutando la generosa offerta di grazia da parte di Dio, sarebbero stati fatti oggetto di ben più grave castigo.

Si allarga il compito del ministro: gli ultimi

Al servo così viene allargato il compito. Dovrà ora rivolgere l'invito proprio a coloro che i primi, benpensanti, compiaciuti di sé stessi e ben pasciuti avevano sempre considerato con disprezzo. Essi dicevano: "Il cieco e lo zoppo non entreranno nella Casa" (2Sa. 5:8). Sono gli indegni peccatori "per le piazze e per le strade della città", i senza tetto, gli emarginati, i poveri, coloro che sono privi di speranza e non hanno nessun bene materiale a cui aggrapparsi: loro saranno riconoscenti per l'attenzione loro rivolta!

Conduci alla festa chi mendica senso nella vita; chi è privo delle vesti della giustizia, chi sa di non avere altro che stracci da presentare a Dio, chi è in debito e non ha niente per pagarlo; coloro che sono indeboliti dal peccato e che non sono capaci ad osservare la legge di Dio, a salvare sé stessi o altri, a liberarsi dal giogo del peccato, a fare alcunché sia spiritualmente buono. Va' a chiamare coloro che "zoppicano" e non sanno che strada prendere, coloro che sanno di fallire nella loro religione, camminare spiritualmente. In Cristo c'è tutto ciò che può sopperire al loro bisogno spirituale. Chiama "i ciechi": coloro che voi benpensanti, che pretendete di vedere dite che non osservano la legge e che non rispettano la religione! Cristo infatti va non ai giusti, ma agli ingiusti, non a quelli che si ritengono giusti, ma a quelli che sanno di essere peccatori.

Oltre ancora!

Gesù però continua e dice: "Poi il servo gli disse: "Signore, è stato fatto come hai comandato, ma c'è ancora posto". Il servo parte ed ha successo nella sua opera. Gli apostoli ubbidiscono al comando del signore ed evangelizzano con successo le classi meno privilegiate e gli stranieri. Molti vengono e... c'è ancora posto nel cuore e nell'amore di Dio dall'eternità, nel patto di grazia.

"Allora il signore disse al servo: "Va' fuori per le vie e lungo le siepi e costringili ad entrare, affinché la mia casa sia piena".

Visto che i primi trattano con sufficienza la parola della vita eterna, e si giudicano indegni di essa contraddicendola e bestemmiandola, il padrone comanda di rivolgersi ai pagani e senza Dio! E' l'esperienza dell'apostolo Paolo respinto dalle sinagoghe ebraiche: "Ma i Giudei, vedendo la folla, furono ripieni d'invidia e si opponevano alle cose dette da Paolo, contraddicendo e bestemmiando. Allora Paolo e Barnaba, parlando con franchezza, dissero: Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna ecco, noi ci rivolgiamo ai gentili" (At. 13:45,46).

"Lungo le vie": Anche i pagani erano visti con disprezzo perché erano immersi nell'idolatria e nell'impurità. Vengono lasciati a seguire le loro vie, lontano dalla "via maestra" (Is. 35:8). Sono "lungo le siepi", in uno stato di separazione da Dio, "fuori dalla vigna del Signore", lontani. Ai cristiani di Efeso Paolo scrive: "eravate in quel tempo senza Cristo, estranei dalla cittadinanza d'Israele e estranei ai patti della promessa, non avendo speranza ed essendo senza Dio nel mondo" (Ef. 2:12).

"Costringili ad entrare" nella casa di Dio, con la forza dell'amore e della persuasione, per udire la Sua Parola, per far si che essi abbandonino il loro stile di vita, ed adorino il solo e vero Dio, a partecipare dei privilegi e delle ordinanze dell'Evangelo.

Chi pensa di aver tutto...

La parabola di Gesù si conclude con una tremenda ammonizione di quel padrone: "Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati gusterà la mia cena".

Nel modo più solenne, Gesù afferma che nessun impenitente, Giudeo, Scriba, Fariseo che sia, che aveva udito pubblicato l'Evangelo, fra i molti che sono stati chiamati, potrà gustare - respingendo Gesù, pretendendo di non avere tempo - i benefici della grazia di Dio. Accontentandosi di una conoscenza superficiale dell'Evangelo, delle sue verità, benedizioni, promesse ed ordinanze, verrà abbandonato alla cecità ed alla durezza di cuore. Si è escluso da solo: l'Evangelo gli sarà tolto, come israelita fino all'ultimo giorno: allora avranno un'ulteriore possibilità. Dice l'Apostolo: "Perché non voglio, fratelli, che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi in voi stessi, che ad Israele è avvenuto un indurimento parziale finché sarà entrata la pienezza dei gentili, e così tutto Israele sarà salvato come sta scritto" (Ro. 11:25,26).

Conclusione

Gesù, in questa parabola, denuncia la presunzione e la compiacenza degli israeliti del Suo tempo. Forse che il discorso per noi non vale? No, continua a valere e vale anche per noi. Ben pasciuti e contenti di sé stessi, molti nostri contemporanei nei nostri paesi odono con sufficienza l'annuncio di grazia dell'Evangelo. Ritengono di non averne bisogno, lo guardano come una bella favola e accampano scuse per non accoglierlo perché i loro interessi sono altrove. Hanno paura di perdere ciò a cui il loro cuore è così attaccato. Non si rendono conto né di sé stessi, di quanto miseri siano, né dell'incomparabile valore di quanto in Cristo è offerto. E' un dato di fatto che il messaggio dell'Evangelo oggi venga meglio accolto proprio da chi noi tanto disprezziamo ed è privo di quei beni materiali che ci accecano. Aggrappandoci a cose temporanee, però, rischiamo di perdere quelle eterne. Vale allora quanto ci dice l'Apostolo:

"Ma questo vi dico, fratelli, che il tempo è ormai abbreviato; così d'ora in avanti anche quelli che hanno moglie, siano come se non l'avessero; e quelli che piangono, come se non piangessero; e quelli che si rallegrano, come se non si rallegrassero; e quelli che comprano, come se non possedessero; e quelli che usano di questo mondo, come se non ne usassero, perché la forma attuale di questo mondo passa. Or io desidero che voi siate senza sollecitudine..." (1 Co. 7:29-33).

Ripeto la domanda che facevo all'inizio: Come consideriamo noi l'invito che ci rivolge l'Evangelo di Gesù Cristo?

(Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, Ediz. La Buona Novella, Brindisi, 1991).


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