Pentecoste: è per te una parola vuota?

Parole

Ho voluto intitolare la riflessione di quest’oggi: “Pentecoste: è per te una parola vuota?”.
Oggi si dicono troppe parole, e gran parte di esse sono vuote, prive di contenuto. Non perdiamo con esse il nostro tempo. Molte altre però hanno un contenuto chiaro, oggettivo, ben definito. Esse corrispondono ad idee ed esperienze reali. Sembrano parole vuote solo a chi ne ignora il significato e soprattutto a chi non ha mai fatto esperienza di ciò che esse identificano. La persona responsabile si informa, discerne, cerca di capire ed eventualmente di fare l’esperienza contenuta in quella parola. Pentecoste è una parola piena di significato verace e di esperienze concrete e promettenti che riguardano anche noi. Vediamo.

L’esperienza dei discepoli di Gesù

Dopo l’esperienza traumatica dell’arresto, processo, sofferenza e crudele morte di Gesù su una croce, dopo la sconvolgente esperienza di vedere Gesù risorto che appare loro e che ritorna, con l’Ascensione, nella dimensione di Dio, i discepoli di Gesù attendono, a Gerusalemme, il realizzarsi di una misteriosa promessa che Gesù aveva fatto loro: l’effusione dello Spirito Santo.
Cinquanta giorni dopo quella Pasqua i discepoli di Gesù sono riuniti nel giorno di Pentecoste e stanno per vivere un’esperienza che cambierà per loro radicalmente le cose e che li trasformerà da un piccolo ed impaurito gruppo di sconfitti in una comunità piena di energia, iniziativa e sapienza, impegnata per evangelizzare il mondo, per annunciare che Dio regna sovrano nel trasformare la realtà e salvare l’uomo.
Questo fatto senza precedenti era stato preannunciato dalle stesse antiche Scritture, ma era stato pure ribadito da Gesù nel discorso che Egli aveva fatto ai Suoi discepoli durante l’Ultima Cena. Vorrei leggervene oggi un frammento. Si tratta di un discorso alquanto enigmatico per le orecchie moderne. Esso però indirizza la nostra attenzione ad una realtà alla quale sarebbe per noi molto importante partecipare, ma rispetto alla quale, oserei dire, ancora noi siamo molto lontani. Ascoltiamo:

La promessa del Consolatore

“Se mi amate, osservate i miei comandamenti. Ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore, che rimanga con voi per sempre,  lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce; ma voi lo conoscete, perché dimora con voi e sarà in voi.   Non vi lascerò orfani; tornerò a voi. Ancora un po' di tempo e il mondo non mi vedrà più, ma voi mi vedrete; Poiché io vivo, anche voi vivrete. In quel giorno conoscerete che io sono nel Padre mio, e che voi siete in me ed Io in voi. Chi ha i miei comandamenti e li osserva, è uno che mi ama, e chi mi ama sarà amato dal Padre mio; e io lo amerò e mi manifesterò a lui. Giuda, non l'Iscariota, gli disse: Signore, come mai ti manifesterai a noi e non al mondo? Gesù rispose e gli disse: Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che udite non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose, mentre ero con voi; ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto. Io vi lascio la pace, vi do la mia pace; io ve la do, non come la dà il mondo; il vostro cuore non sia turbato e non si spaventi.   Avete udito che vi ho detto: "Io me ne vado e tornerò a voi". Se voi mi amaste, vi rallegrereste perché ho detto: "Io vado al Padre" Poiché il Padre è più grande di me.  E ora ve l'ho detto, prima che avvenga affinché, quando avverrà, crediate” (Gv. 14:15-29).

Una realtà alla quale siamo estranei

Realtà enigmatica... esperienza alla quale siamo estranei... parole incomprensibili... Si, questo testo parla di realtà misteriose, lontane dal nostro vissuto. Non ci riguardano, dunque?
Eppure anche coloro a cui queste parole originalmente erano state rivolte, e Gesù stesso, erano coscienti di quanto questa realtà fosse straniera all’esperienza comune, eppure quanto mai necessaria!
Gesù parlava infatti ai suoi discepoli dello: “Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce; ma voi lo conoscete, perché dimora con voi e sarà in voi” (17). Egli parlava di uno Spirito ricevendo il quale essi avrebbero veramente conosciuto la verità di quanto Gesù era, diceva e faceva (20), che Egli si sarebbe personalmente manifestato a loro soltanto (21), che questo Spirito avrebbe loro insegnato ogni cosa e rammentato loro l’importanza di quanto era stato, aveva detto e fatto quando era con loro (26). Tanto era evidente anche ai discepoli di Gesù questa estraneità del mondo a questa realtà che un discepolo aveva pure esclamato: “Signore, come mai ti manifesterai a noi e non al mondo?” (22). Perché questa “discriminazione”? Perché questa “estraneità”, perché questa nostra apparente incapacità a comprendere e ad accedere a quelle che potremmo definire “sfere più alte dell’esperienza”.
Si potrebbero fare delle analogie, sia pure limitate, con quanto già avviene nel nostro mondo in altri campi.

Le nostre sostanziali carenze

Siamo in una galleria d’arte. Un uomo è davanti ad un quadro di un famoso pittore. E’ già lì da diverso tempo. Lo guarda, lo riguarda, ne è come estasiato. A noi quel quadro non dice niente: ci sembra solo un guazzabuglio di scarabocchi. Ci facciamo coraggio e chiediamo a quell’uomo “che cosa ci trovi” in quel quadro. Ne rimaniamo stupefatti: ci descrive sentimenti, sensazioni ed idee che noi non avremmo mai immaginato essere in quel dipinto. Quell’uomo ci dice che quel quadro gli ha rivelato il profondo messaggio che l’artista con esso voleva comunicare. A noi il quadro non dice niente, perché? Stessa la luce, stessi i colori e la loro disposizione, identica la nostra capacità visiva. Non è soltanto questione di gusti. Il problema non è il quadro, il problema siamo noi...

Un’altra situazione. Accendiamo la radio e capitiamo per caso su una stazione che trasmette musica orientale, magari araba. Noi diciamo: che rumoracci stridenti ed insopportabili! Quella musica che lascia estasiati ed ammirati gli orientali a noi non dice nulla, anzi, ci dà fastidio! Questione di cultura o di gusti? Non solo. Vi sono tanti fra noi che non sanno apprezzare la bellezza della musica classica occidentale o delle colte composizioni dodecafoniche, elettroniche o dello stesso jazz. Molte di esse io le trovo magnifiche e suggestive come una rivelazione. Altri no. Perché?

Prendiamo il vino. Io faccio difficoltà a distinguere un tipo di vino dall’altro: le mie descrizioni sono molto generiche: bianco, rosso, rosé, secco, dolce, saporito, amaro, forte, leggero... Datene però un bicchiere ad un degustatore di vini: esso ben presto gli rivelerà tipo, marca, anno della vendemmia... e descrivere in minuti dettagli qualità e caratteristiche di quel vino. Lo stesso vale per chi sa distinguere dal gusto le molte varietà di te nero o di caffè. Come fa “l’uomo Del Monte” a dire di “si” per la qualità accettabile della frutta? Le sue “rivelazioni” sono per la maggior parte di noi un vero mistero!

Un gioielliere sa distinguere una pietra di valore da una di comune fattura, anche se sembrano uguali. Un esperto sa distinguere la moneta vera da quella falsificata.
...insomma per discernere ed apprezzare il valore di una qualsiasi cosa che ci sta davanti dobbiamo (1) avere i sensi adatti che funzionano correttamente, la capacità sensitiva adatta e corrispondente a quel particolare oggetto; (2) dobbiamo avere quel particolare senso esercitato abbastanza da farci un’esperienza tale da permetterci di valutarlo nel modo giusto.
Si, siamo carenti in molte aree della vita: molti nostri contemporanei (noi stessi?) abbiamo scarsa cultura musicale, scarsa cultura artistica, i nostri sensi e forse anche i nostri muscoli non sono stati allenati a maggiori prestazioni, che pure potrebbero arricchire la nostra vita. Il problema è solo il nostro...

Attraverso l’amore

I cristiani che vogliono essere fedeli a Gesù, loro maestro, hanno una responsabilità storica che non possono disattendere. Gesù ha comandato loro di annunciare il messaggio di Gesù a gente di ogni tempo e paese, l’Evangelo. Esso non è una vana predicazione di buoni sentimenti, ma ha come contenuto una persona: lo stesso Gesù. Dobbiamo annunciare che Egli, Gesù, è Dio con noi, annunciare il Suo sovrano diritto alla nostra fede ed alla nostra ubbidienza. Dobbiamo annunciare che voler noi essere dio a noi stessi significa la nostra rovina più totale, la riprovazione e la condanna da parte di Dio. Dobbiamo annunciare che in Gesù possiamo trovare il nostro Salvatore perché Dio ha deciso concedere la Sua grazia a tutti coloro che si affidano a Lui completamente come Suoi discepoli.
Come viene ricevuto questo messaggio? Spesso con atteggiamento scandalizzato, con derisione, fastidio, avversione, ostilità... Eppure, dobbiamo perseverare a presentare la persona, la parola ed opera di Gesù con fedeltà, fino a mettere in condizione la gente ad “innamorarsi” di Gesù.
Questa espressione immaginifica è mia, ma questa davvero è la chiave per condurre uomini e donne a risvegliare i loro sensi spirituali sopiti, metterli in grado di intendere la verità di che cosa loro annunziamo e, sviluppando un personale rapporto col Signore e Salvatore Gesù Cristo giungere “ai livelli più elevati” di consapevolezza spirituale, a ricevere ed a vivere le promesse che il Signore Gesù fa ai Suoi discepoli. Lo Spirito Santo di Dio viene comunicato attraverso l’amore riscoperto di Cristo: al di fuori da un rapporto personale con Cristo, il mondo non potrà mai comprendere questo Spirito.
 Un cuore indurito può essere ammorbidito dall’amore vero, intenso, costante. Un cuore spirituale indurito, sclerotizzato, può essere ammorbidito quando scopre l’amore di Cristo verso i peccatori!

La riattivazione di sensi sopiti

Molti dicono: “Facci comprendere quelle cosiddette verità spirituali di cui tanto ci parli, spiegacele, dimostracele, convincici”. La richiesta è ragionevole, ma la spiegazione, la dimostrazione, il convincimento, non può avvenire attraverso lo spirito scettico e derisorio che anima queste richieste, ma dall’umiltà della persona che è disposta ad accompagnarsi a Cristo per scoprirlo con Lui. Noi non possiamo vederci rivelata una verità fintanto che non abbiamo fatto esperienza delle emozioni che essa è destinata a suscitare.
La manifestazione del Signore alla nostra anima diventa rivelazione per alcuni e non per altri solo per la particolare condizione del nostro cuore, per il nostro atteggiamento, per gli ostacoli che abbiamo dentro di noi e che la rendono impossibile.
“Perché ti rivelerai a noi e non agli altri?” chiede il discepolo di Gesù. “Perché voi, per grazia di Dio, seguendomi avete ‘riattivato’ quei ‘sensi’ necessari per intendere questa rivelazione”. Non vi deve solo essere la manifestazione dell’identità divina, vi deve pure esservi la capacità umana di recepirla.
L’impressione non avverrà sul nostro cuore della Sua divinità fintanto che esso non venga preparato da quella che potremmo definire: la chimica dell’amore. Se avviene questa preparazione, la manifestazione divina incontra la capacità umana di riceverla.  Ad esempio: voi leggete nella Bibbia un testo che vi è famigliare come l’alfabeto. Fin ora esso non vi ha detto nulla di speciale, e non è stato un mediatore fra voi e Dio. Ora però quello stesso testo scintilla di nuovo significato, e sembra pesare di un valore di cui prima neanche sospettavate. Perché? Perché siete saliti un gradino più in alto nell’esperienza delle cose di Dio.
Qualcuno ha detto: “Vi è un tocco più delicato del tatto, una visione più penetrante della visione, un udito più acuto dell’udito”. Gesù Cristo non era una rivelazione fisica, ma spirituale.

Il senso “dell’enigma”

Ecco allora evidente il senso delle parole di Gesù nel nostro testo: “Se mi amate, osservate e miei comandamenti, ...e Dio vi darà... chi mi ama sarà amato dal Padre mio; e io lo amerò e mi manifesterò a lui... se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il Padre mio l’amerà e noi... faremo dimora presso di lui... se mi amaste... Chi non mi ama, invece...”.
Amare Gesù vuol dire metterlo al primo posto nei nostri affetti. Amare Gesù è avere (ricevere, considerare, possedere e conservare) i Suoi comandamenti, istruzioni ed osservarli (prestare attenzione ed ubbidire loro). Chi ama Gesù è amato da Lui e dal Padre: a questi Gesù si manifesta.
La comunione con Gesù, fatta di fede e di ubbidienza è il requisito per “vedere con il cuore”, comprendere, intendere, percepire, riconoscere, la verità di ciò che Gesù è, dice, e compie con noi e in noi: In quel giorno conoscerete” (20).
Dio ci sembra lontano ed astratto? Incamminiamoci con Gesù, ed allora Dio “dimorerà” con noi con una presenza non fugace, ma costante ed attiva. La presenza di Dio e di Cristo con noi è proprio quella che viene definita come presenza dello Spirito Santo (= quello che ci sta accanto per aiutarci, per intercedere per noi). “Pentecoste” sarà sempre una parola vuota per noi, fintanto che non faremo questa esperienza. Lo Spirito Santo è infatti Colui che, pur nell’assenza fisica di Cristo, continua la Sua opera con noi (continua ad insegnare e a “rammentarci” ciò che storicamente Lui ha detto ed ha fatto.

Conclusione

I sensi fisici di centinaia di persone erano venute a contatto con la manifestazione dell’esistenza fisica di Cristo, ma per mancanza di quell’”ottavo senso”, l’amore, essi non scoprivano in Lui divinità alcuna.
Gesù Cristo presenta un insieme di fatti spirituali e dottrine che possono essere intesi solo quando Egli ricostruisce in noi le nostre facoltà spirituali perdute, solo quando Egli “libera dai detriti” del peccato il nostro canale di comunicazione con Dio. Se andiamo a Lui disponibili, lo Spirito di Dio glorificherà sé stesso in noi. Egli farà in modo di farci vedere e sentire e conoscere i fatti della vita spirituale e ci aprirà le prospettive stupefacenti che in quella lontana Pentecoste i discepoli di Gesù avevano fatto esperienza.
A Pentecoste l’apostolo Pietro aveva proclamato: “Poiché la promessa è per voi e per i vostri figli e per tutti coloro che sono lontani, per quanti il Signore Dio nostro ne chiamerà. E con molte altre parole li scongiurava e li esortava, dicendo: Salvatevi da questa perversa generazione!” (At. 2:39,40).

[Paolo Castellina, sabato 17 maggio 1997. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991].


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