Vorrei che voi provaste - magari chiudendo gli occhi - ad immaginare un bellissimo giardino in primavera, accanto ad un lago. Prati verdi, magnifici fiori di ogni genere e colore, alberi rigogliosi, canto di uccelli.... Tutto è pulito e coltivato ad arte, la temperatura è giusta... Voi state camminando, felici e sereni, accanto alla persona o alle persone che amate lungo un sentiero che lo attraversa. Ogni tanto vi sono delle panchine dove vi potete sedere per godere semplicemente dell’atmosfera che vi circonda e del panorama. Vi sentite veramente bene, non solo per essere esteriormente in un ambiente ideale, ma anche dentro di voi: siete soddisfatti, in pace...
Quest’immagine che vi ho descritto brevemente è nel cuore di ogni essere umano. Gente di ogni tempo e paese ha costruito e costruisce giardini: aree normalmente recinte con muri o siepi o fossati, nella quale sono coltivati fiori e piante ornamentali disposte con gusto artistico in modo da costituire oggetto di delizia e da creare un ambiente che favorisca il riposo del corpo e dello spirito. Il giardino si trova in onore sempre nei popoli ad alto tenore di civiltà e nei momenti in cui essi godono di condizioni di benessere e di tranquillità sociale. Da principio limitato alle classi economicamente più dotate, con l’andare del tempo, il giardino entra sempre di più nelle necessità di vita di tutti, assolvendo la sua funzione riservata un tempo a pochissimi.
Perché il concetto di giardino è presente in ogni essere umano, di ogni tempo e paese? Almeno per due motivi: in primo luogo perché esso è nostalgia, più o meno consapevole, del luogo e della condizione ideale originale in cui Dio aveva creato l’essere umano. In secondo luogo, perché bello e fruttuoso come un giardino è lo spirito umano quando è coltivato ed esprime in modo armonioso e privo di impedimenti, tutte le magnifiche potenzialità di cui Dio lo ha dotato.
Il libro della Genesi si esprime infatti in questo modo: “Poi l'Eterno DIO piantò un giardino in Eden, ad oriente, e vi pose l'uomo che aveva formato. E l'Eterno DIO fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi piacevoli a vedersi e i cui frutti erano buoni da mangiare; in mezzo al giardino vi erano anche l'albero della vita e l'albero della conoscenza del bene e del male... Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino... L'Eterno DIO prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino dell'Eden perché lo lavorasse e lo custodisse...” (Ge. 2:8,9,10,15).
Da questo giardino, però, siamo stati scacciati, non per la malvagità o il capriccio del suo padrone, ma per la Sua giustizia, avendo l’uomo abusato dei suoi privilegi ed essendo così diventato elemento perturbatore e distruttore dell’armonia del creato. Dice infatti la Genesi: “...così egli scacciò l'uomo; e pose ad est del giardino di Eden i cherubini, che roteavano da tutt'intorno una spada fiammeggiante, per custodire la via dell'albero della vita” (Ge. 3:24). A causa dell’uomo, il mondo non sarebbe più stato un giardino: “il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai l'erba dei campi. Mangerai il pane col sudore del tuo volto, finché tu ritorni alla terra perché da essa fosti tratto; poiché tu sei polvere, e in polvere ritornerà” (Ge. 3:17-19).
L’essere umano così, pur non avendo del tutto perduto l’immagine di Dio in lui che lo rendeva buono, bello e nobile, si incammina così su una strada di barbarie e di miseria, le cui evidenze sono sotto i nostri occhi tutti i giorni. Non è forse dunque vero che i nostri giardini e il giardino a cui il nostro cuore aspira ad esse è nostalgia di qualcosa che abbiamo perduto?
Il giardino che il nostro cuore, il nostro rapporto con gli altri e il nostro mondo potrebbe essere, è però forse solo una vana ed illusoria speranza? Dobbiamo forse vivere con questa nostra costante frustrazione interiore di anelare a qualcosa che non potremo mai del tutto raggiungere? No, perché Dio, nella Sua grazia e infinita misericordia, ci ha provveduto un Salvatore.
Se nel nostro cuore, in modo più o meno accentuato, invece che un bel giardino, c’è un deserto arido, pieno di angoscia e di rovine, di fame e sete, di malattia e di morte; se nel nostro cuore vi è disordine e confusione, sporcizia e malessere, fango e barbarie, non disperiamo, perché Dio ci ha provveduto un Salvatore che a tutto questo vuole porre rimedio.
Iddio ha mandato come unico nostro possibile Salvatore il Suo Figlio, Gesù Cristo. Egli solo può fare pulizia in noi ed intorno a noi. Egli solo può farsi carico di ripulire e di riattivare il giardino del nostro cuore, simbolo della nostra spiritualità che, ripulita e riordinata non solo può “ospitare” noi, ma che pure può così diventare spazio per la presenza in noi dello Spirito Santo. E’ ciò che pure le antiche profezie bibliche preannunziavano.
Ascoltate Isaia: “...L'Eterno infatti sta per consolare Sion, consolerà tutte le sue rovine, renderà il suo deserto come l'Eden e la sua solitudine come il giardino dell'Eterno. Gioia ed allegrezza si troveranno in lei, ringraziamento e suono di canti... L'Eterno ti guiderà del continuo sazierà la tua anima nei luoghi aridi e darà vigore alle tue ossa, tu sarai come un giardino annaffiato e come una sorgente d'acqua le cui acque non vengono meno. I tuoi riedificheranno le antiche rovine, e tu rialzerai le fondamenta di molte generazioni passate; così sarai chiamato il riparatore di brecce, il restauratore dei sentieri per abitare nel paese” (Is. 51:3,11,12).
E così Ezechiele: “Così dice il Signore, l'Eterno: Nel giorno in cui vi purificherò da tutte le vostre iniquità, vi farò abitare nuovamente le città, e le rovine saranno ricostruite. La terra desolata sarà coltivata, invece di essere una desolazione agli occhi di tutti i passanti. E diranno: Questa terra che era desolata è divenuta come il giardino dell'Eden, e le città devastate, desolate e rovinate sono ora fortificate e abitate" (Ez. 36:33-35).
La qualità dell’ambiente in cui viviamo è espressione della qualità morale e spirituale di chi lo abita e solo il Salvatore Gesù può risanare e rendere fruttuoso il giardino del nostro cuore.
Per modificare un po’ l’immagine, pur rimanendo nell’ambito “vegetale”, potremmo pure dire che noi siamo come alberi, magari di vite, guasti, secchi e corrotti che per lo più producono cattivi frutti. Possiamo però essere risanati. Quando? Quando una mano pietosa da contadino ci monda e ci libera da ogni ramo secco o marcio per innestarci in un albero buono attraverso il quale ci venga comunicata quella linfa vitale che sola può rigenerarci.
E’ l’immagine usata dal Salvatore Gesù stesso quando un giorno, parlando ai Suoi discepoli, affermava: “Io sono la vera vite e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie via; ma ogni tralcio che porta frutto, lo pota affinché ne porti ancora di più. Voi siete già mondi a motivo della parola che vi ho annunziata. Dimorate in me e io dimorerò in voi; come il tralcio non può da sé portare frutto se non dimora nella vite, così neanche voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci; chi dimora in me e io in lui, porta molto frutto, poiché senza di me non potete far nulla. Se uno non dimora in me è gettato via come il tralcio e si secca; poi questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e sono bruciati. Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto, In questo è glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto, e così sarete miei discepoli” (Gv. 15:1-8).
Ecco il segreto della possibile rigenerazione del giardino del nostro cuore: l’innesto del nostro essere in Cristo, la “dimora” di noi in Cristo, e di Cristo in noi, il nostro vitale e costante rapporto con Lui.
E’ molto interessante il termine “dimorare” che Gesù usa in questo testo per indicare l’importanza del nostro costante e consapevole rapporto con Lui. Il termine “dimorare” (meno nell’originale greco), della medesima radice del latino maneo e dell’italiano rimanere, significa, appunto rimanere in un posto o presso una persona per un certo tempo. Noi siamo stati scacciati dal giardino della presenza vivificante di Dio, ma in Cristo ritorniamo, anzi, rimaniamo, per sempre. “Rimanere” è collegato, infatti, con la proprietà di Dio di permanere, di sussistere in modo stabile, costante, permanente, fedele. Come Dio, così rimangono il Suo nome, il Suo piano, la Sua giustizia, la Sua lode, come pure rimarrà per sempre inalterabile la Sua Parola ed il nuovo cielo e la nuova terra che Egli sta per portare a compimento.
La Bibbia dichiara che noi, per natura, siamo come rami secchi e destinati a null’altro che al fuoco. Per poter vivere davvero e portare frutto, dobbiamo prima essere innestati in Cristo, come un tralcio nella vite, dalla mano di Dio Padre e poi costantemente nutriti e modellati dalla meditazione della Parola e della croce.
Inoltre la condizione umana è precaria, instabile, incerta, provvisoria, temporanea, transitoria, effimera. Non abbiamo più accesso all’”albero della vita”. Il nostro cuore, però, aspira a ciò che è durevole, sicuro, stabile, certo, fermo, immutabile. Ecco così che queste legittime aspirazioni possono essere realizzate unendo stabilmente la nostra vita - in comunione - proprio a Colui che è caratterizzato da queste proprietà, cioè Dio, il quale si propone a noi nella persona di Cristo. In Lui solo il nostro cuore troverà soddisfazione.
Per questo ciascuno di noi personalmente, rendendosi conto, prendendo coscienza di questa situazione è chiamato dalla Parola di Dio a dire in preghiera al Signore: “Signore Iddio: è vero, il giardino del mio cuore è un disastro. E’ causa di miseria per me stesso, e certamente non può ospitare la Tua presenza. Signore, perdonami. Voglio ora invitare espressamente il Signore Gesù ad entrare nella mia vita e farvi ordine. Mi vergogno solo al fatto che Lui veda la condizione in cui mi trovo, ma solo la Sua opera misericordiosa potrà porvi rimedio. Rigenerami, Signore, fa’ di me una nuova creatura!”.
Ad ogni anima sincera che dirà questo in preghiera al Signore, Egli risponderà collegandola a Sé stesso. Questa comunione sarà duratura e inscindibile e la sua efficacia dipenderà:
(1) dal rimanere in noi della Sua Parola: “Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi...” (7). E’ la Parola del Signore, letta, meditata regolarmente e ubbidita con fiducia che opera questa trasformazione. La Scrittura dice: “...dimori in voi ciò che avete udito dal principio; se ciò che avete udito dal principio dimora in voi, anche voi dimorerete nel Figlio e nel Padre” (1 Gv. 2:24). E Gesù ancora: “Se dimorate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv. 8:31,32). Il rapporto nel quale l’uomo viene posto di fronte a Dio viene determinato in definitiva da come egli si rapporta alla Parola di Gesù. La Parola è davvero il coltello che pota i rami marci o secchi, i grappoli non buoni, livellandone la forma, raschiandone il muschio ed i parassiti, tagliando l’eccessivo fogliame.
(2) dalla costante interiorizzazione della forza riconciliatrice che scaturisce dal sacrificio di Gesù “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me ed io in lui” (Gv. 6:56), rappresentata nella Cena del Signore.
Non formalismi. Tutto questo è urgente, indispensabile ed insostituibile per ogni creatura umana. Per questo il messaggio dell’Evangelo scongiura ognuno di noi a prendere tutto ciò estremamente sul serio. Tutto questo non ha nulla a che fare con una religione fatta di riti e cerimonie formali e generiche esortazioni alla moralità o alla solidarietà. Siamo chiamati ad un’unione esistenziale profonda con Cristo; nulla di meno significa “dimorare” con Cristo.
Esperienza e impegno. Inoltre questo non si riduce ad un consenso morale o ad un fatto ideale, astratto, ma indica un’esperienza attuale della salvezza. Devo passare per tutte le tappe che caratterizzano questo incontro e delle quali la Scrittura mi parla: ravvedimento, professione di fede, impegno, santificazione. Oggi c’è chi per dimagrire si sottopone a rigorosa disciplina, a sacrifici ed impegno quotidiano. Non varrebbe ancor più la pena lavorare con diligenza per la nostra “forma” spirituale? Il nostro corpo è solo per un tempo, il nostro spirito per l’eternità.
Un fatto di vita. L’Evangelo di Gesù Cristo non è “una religione della domenica”, si tratta di un fatto di vita; per questo, dice la Scrittura, “chi dice di dimorare in lui, deve camminare anch'egli come camminò lui” (1 Gv. 2:6). Dimorare in Cristo richiede e forma una vita adeguata al Suo Spirito ed alla Sua natura, vuole ed opera la santificazione: “il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1 Gv. 2:17).
Sotto l’insegna dell’amore. “Dimorare in Cristo” implica un “dimorate nel suo amore” (15:9). Il rimanere nell’amore, richiesto al discepolo, significa che egli deve perseverare nell’amore ricevuto, mantenersi nella condizione di colui che è amato, e che la sua esistenza deve essere interamente fondata sull’amore e sul servizio di Cristo. Infine tutto questo implica in modo molto naturale il portare frutto.
Sinonimo di portare frutto. L’essere in Cristo è sinonimo di portare frutto. E’ inevitabile. Se manca il frutto, vuol dire che la comunione già da prima non era stabilita o era stata interrotta, “Chiunque dimora in lui non pecca chiunque pecca non l'ha visto né l'ha conosciuto” (6). “Chiunque dimora in lui non pecca, chiunque pecca non l'ha visto né l'ha conosciuto” (1 Gv. 3:6). Non si può ingannare noi stessi e tanto meno ingannare Dio dicendo di essere con Cristo senza che tutto questo che abbiamo descritto abbia di fatto luogo. Il dimorare con Cristo implica una rinascita verificabile.
In primavera la natura si risveglia e vengono allestiti orti e giardini per rallegrare con le loro luci, colori e buoni prodotti il cuore umano. Il Signore vorrebbe che anche il giardino del nostro cuore e questo nostro mondo potesse rigenerarsi. Se nel nostro cuore, in modo più o meno accentuato, invece che un bel giardino, c’è un deserto arido, pieno di angoscia e di rovine, di fame e sete, di malattia e di morte; se nel nostro cuore vi è disordine e confusione, sporcizia e malessere, fango e barbarie, non disperiamo, perché Dio ci ha provveduto un Salvatore che a tutto questo vuole porre rimedio. Egli è il giardiniere che può rendere tutto questo possibile, Egli è la vera vite innestandoci nella quale anche noi possiamo rinascere. Accadrà tutto questo nella vostra vita?
[Paolo Castellina, giovedì 17 aprile 1997. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991].