Il Buon Pastore e il Suo gregge

I. Introduzione

Il buon pastoreUna delle più ricche immagini usate da Gesù per descrivere la Sua Persona, la Sua missione e la nostra natura, è quella del pastore che si prende cura del Suo gregge, come pure dell’ovile dove esso è custodito. Si tratta anche delle immagini pittoriche più antiche della cristianità, come testimoniano le antiche catacombe cristiane di Roma. Sono immagini ben conosciute per chi è avvezzo alla Parola del Signore fin dalla sua infanzia.

Non è saggio, però, da parte nostra, sottovalutare queste immagini o prenderle per scontate come se fossero semplice e pittorico romanticismo. Per gli antichi cristiani esse erano vive e rilevanti. Esse contengono verità sulle quali dovremmo ben riflettere per tutta la nostra vita, verità per noi benefiche e salutari.

II. Il testo biblico

Prendiamo il discorso che Gesù fa su Sé stesso come del “Buon Pastore”. La ricchezza di queste immagini ci offre molti spunti di riflessione. Oggi però non potremo che concentrarci su un aspetto di questo discorso: l’ovile.

Ascoltiamo il testo di Giovanni 10.

“Io sono il buon pastore; il buon pastore depone la sua vita per le pecore. Ma il mercenario, che non è pastore e a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge; e il lupo rapisce e disperde le pecore. Or il mercenario fugge, perché è mercenario e non si cura delle pecore. Io sono il buon pastore, e conosco le mie pecore e le mie conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e depongo la mia vita per le pecore. Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest'ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore... Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti; e nessuno le può rapire dalla ma-no del Padre mio. Io e il Padre siamo uno” (Gv. 10:11-16; 27-30).

III. L’ovile

1. Che cos’è un ovile? E’ un recinto, aperto al vento. E’ un recinto, aperto alla sorveglianza del proprie-tario. Non è un recinto coperto; non ha un tetto e non è nascosto agli occhi del pastore. Non è una stalla, né un fabbricato al chiuso. Le sue pareti, aperte al sole, al cielo, alle stelle, alla pioggia ed al vento, possono essere fatte di pietre rozze sovrapposte, di mattoni asciugati al sole, di legname, di canne e di fango, e persino di cespugli di rovi ben pressati.

2. Lo scopo principale dell’ovile è quello di procurare alle pecore un riparo, specialmente per la notte e nelle intemperie.

3. I predatori. Le sue pareti alte e spesse offrono anche una certa sicurezza contro le incursioni di ani-mali da preda d’ogni sorta. Questi variano da paese a paese. In qualche parte si devono tenere a bada lupi e sciacalli, mentre in altre regioni sono i leoni, i leopardi e le iene che occorre tenere a distanza. Con tutte queste precauzioni, si dà il caso di predatori che si aggirano attorno al recinto alla ricerca di un valico fra i cespugli spinosi, che permetta loro di saltare nel recinto per catturare ed ammazzare la preda. Il predatore non fa certo uso della porta. E’ ovvio che questi episodi gettino panico nel gregge e che la carneficina abbia un effetto terrifi-cante sulle pecore provocando enormi perdite. Per il padrone, poi, una di tali incursioni può rappresentare un tracollo finanziario per sanare il quale occorrerebbero molti anni.

4. L’attività del pastore. L’ovile è il recinto dove le pecore sono ricoverate per la notte. L’attività del pastore, però, non si limita a rinchiudere le pecore nell’ovile. Come si prende cura delle pecore il pastore? Le pecore sono poste sotto la sua speciale sorveglianza e lui gestisce il gregge nella maniera che ri-tiene migliore, per farlo sviluppare e prosperare. Guardare le pecore è un altro modo per esprimere ciò che un pastore fa quando gestisce il suo gregge con la massima cura. Tratta le pecore con mano competente, le muove da un terreno all’altro, da pascolo a pascolo, per ricavare benefici al proprietario, al gregge ed ai terreni.

IV. Il rapporto fra Gesù e i Suoi

L’ovile, perciò, fa pensare al particolare rapporto esistente fra una pecora ed il pastore che la possiede e si prende cura di lei. E quando Gesù, che designò sé stesso come il Buon Pastore, raccontò queste parabole, vide il quadro completo del rapporto peculiare esistente fra Lui ed i Suoi seguaci - fra Lui e coloro che sarebbero venuti a sottoporsi alla Sua guida, per essere da Lui diretti in tutte le circostanze della loro vita. Gesù inizia questa prima similitudine con l’asserire che chiunque si introduce con violenza nell’”ovile”, anziché entrare per la porta di ingresso, è un ladro e un brigante. In altre parole: la mia vita è un ovile il cui legittimo proprietario è soltanto Lui, il Buon Pastore.

1. Tante persone. In quest’ovile della mia vita vi sono tante specie di persone che si muovono dentro e fuori. Vi sono i membri più prossimi della mia famiglia, mia moglie, i miei figli, i miei nipotini, i miei cugini ed altri parenti più lontani. Poi vengono gli amici, i vicini, i colleghi di lavoro, i compagni di scuola o degli estranei che ogni tanto entrano ed escono dall’ambito della mia vita.

2. Una vita accessibile. In realtà nessuna vita è totalmente chiusa in sé stessa, ricoperta e talmente sigil-lata e ben guardata da impedire l’ingresso ad estranei. Ciascuno di noi è un ovile, a modo suo, privato ed individuale. Ci troviamo in un ovile, un circolo, una vita, che non possono essere ricoperti da un tetto.

3. Anche con alti muri... E’ vero che alcuni di noi possono avere muri altissimi di autodifesa, eretti tutt’intorno a noi. Possiamo anche arrivare al punto di chiuderci completamente onde evitare l’invasione di altri, e possiamo ritenere di aver ottenuto un certo successo nel farlo. Nondimeno, è un inganno credere che possiamo ritrarci nel nostro piccolo recinto e diventare immuni all’ingresso ed all’interferenza altrui.

4. Non si può sfuggire a Dio. Ciò che Cristo afferma è che in pratica questo è assolutamente impossibile. E’ vero che mi trovo in un recinto. E’ vero ce vivo in un cerchio limitato, che tuttavia viene condiviso con altri che vi entrano. A parte questo, però, la mia vita è circondata dall’amorevole cura e protezione di un Dio provvidenziale. Non è quindi isolabile, grazie a Dio, dalla Sua sollecitudine premurosa. In realtà essa è spalan-cata al vento, al vento del Suo Spirito benigno, che non può essere lasciato fuori dall’ovile il vento che spazza la campagna.

La verità che non c’è nessuno, in nessun luogo, che possa evitare o sfuggire all’avvento dello Spirito di Dio, viene dipinta in particolari delicatissimi nel Salmo 139. L’uomo non può assolutamente impedire che la pre-senza dello Spirito di Dio penetri nell’ovile della sua vita. Egli ci circonda, ci trova, ci tocca, si mette in con-tatto con noi. Noi siamo sotto l’influenza della Sua mano... della Sua Persona, della Sua presenza.

Sapendo tutto questo, dobbiamo concludere serenamente che, anche se riuscissimo ad escludere altri dalla nostra vita fino ad un certo punto, non possiamo fare lo stesso con Cristo. Egli torna a noi ripetutamente, chiedendo di entrare: è il padrone legittimo! Non entra di prepotenza, e non rompe i cancelli della mia vita o della vostra; ma entra attraverso l’ingresso appropriato, perché ha il privilegio di farlo, chiedendo, però, la nostra collaborazione.

5. Escludiamo Lui, ma altri entrano. Eppure, dominati dalla paura e dall’ansia, spesso Lo escludiamo, mentre al tempo stesso, senza saperlo, veniamo addirittura invasi dagli avversari. Quelli che entrano nella mia vita con la forza, che si insinuano con mezzi subdoli, che si impongono con tattiche tortuose e distruttive, spesso sono decisi ad ingannarmi o ad annientarmi: sono ladri e briganti, determinati a rapinarmi ed a sfruttare la mia persona per i loro fini egoistici.

6. Chi ci inganna. Il mondo e la società in cui vi-viamo sono pieni di gente che detiene e propaga in-segnamenti falsi, false filosofie, false ideologie, false religioni, falsi concetti, falsi valori e false norme di condotta, come pure forme ingannevoli di cristianesimo. Veniamo avvicinati da ogni lato da gente che vorrebbe intromettersi nella nostra vita per devastarla e saccheggiarla. Questa gente vuole sfruttarci e privarci dei ricchi benefici a cui abbiamo diritto come pecore dei pascoli di Dio.

7. Il successo dei ladri. E’ triste dover ammettere che, in molti casi, essi hanno avuto un successo considerevole; della gente è stata depredata, un numero infinito di persone è stato rapinato dal nemico travestito da legittimo proprietario. Eppure quelle stesse persone, quegli stessi ovili, non sono mai stati aperti al Buon Pastore che ha tutti i diritti di ingresso oltre ai titoli di proprietà e di cura.

8. Un enigma. Questo è uno degli enigmi più sconcertanti della condotta umana. Noi permettiamo ad ogni sorta di strane filosofie ed ideologie di infiltrarsi nella nostra mente, lasciamo che idee umanistiche e concetti materialistici ci derubino letteralmente dei valori maggiori che altrimenti ci arricchirebbero e disprezziamo come se fosse nulla la sapienza che Dio ha rivelato tramite la Bibbia. Non reagiamo di fronte all’intrusione di falsi ideali ed ambizioni, che finiscono col dominare i nostri desideri; senza sapere che così facendo perdiamo i più elevati valori che il nostro Buon Pastore aveva riservato per noi. Da ogni parte vediamo gente derubata, e non necessariamente di beni materiali, bensì di ricchezze di valore e durata eterni.

V. Dio è l’unico Signore

La semplice soluzione di tutto questo dilemma sta nello scoprire da noi stessi che, in verità, Dio è l’Unico che abbia tutti i diritti di dirigere l’ovile della nostra vita, e non noi od altri.

1. La pretesa autonomia. La maggior parte dell’umanità si affatica nell’errata convinzione di aver diritto a vivere la propria vita in modo autonomo, e quindi di fare quel che si vuole, vivere come si vuole e decidere del proprio destino. Ma noi no. Noi apparteniamo a Dio. Egli ci ha fatti per Sé, ci ha scelti in Cristo, nel suo amore, già da prima della fondazione del mondo, per essere Suoi. Ci ha acquistati sia con la Sua morte generosa che con la Sua gloriosa risurrezione.

2. Non “fatti da sé”. Ogni facoltà che io posseggo nel corpo, nella mente, nel cuore, nella volontà, nell’indole e nello spirito, mi è stata affidata quale dono, dall’abbondante generosità di Dio. Non esistono uomini o donne che si sono “fatti da sé”, affermarlo sarebbe un colossale inganno, ed anche un affronto al Dio vivente, il solo che possa vantare dei diritti su di me.

3. Ogni cosa. Persino le condizioni ambientali della terra, la flora e la fauna che mi circondano e che mi sostengono durante la mia breve vita, sono fattura di Dio. Soltanto a piacer Suo è mantenuto l’equilibrio fra tutte le cose. Egli provvede tutto il necessario per la mia sopravvivenza. Di Cristo la Bibbia dice:

4. Un’affermazione ragionevole. Per il fatto che tutta la vita ha avuto origine in Cristo, dovremmo com-prendere quanto sia ragionevole l’affermazione che noi siamo Suoi. Dovremmo trarre la conclusione inevitabile che Egli ha diritto a circondarci delle Sue cure e della Sua sollecitudine; dovremmo riconoscere il fatto che Egli è totalmente ed unicamente competente a dirigerci molto meglio di quanto potremmo fare noi stessi.

5. Non ce lo impone. Malgrado ciò, non pretende di imporci su di noi, non sopprime la nostra volontà né si precipita ad intervenire con violenza per sovvertire le nostre decisioni. Avendoci creati a Sua immagine e somiglianza, sta a noi decidere se essere parte del Suo gregge. Questa è una decisione fondamentale che ciascuno deve fare da sé. La meravigliosa generosità di Cristo nell’accostarsi a noi in questo modo, ci stupisce e ci riempie di rispetto dinanzi a Lui. Eppure, allo stesso tempo, Egli non manca di avvertirci che chiunque altro cerchi di inva-dere la nostra vita da impostore e falso pastore, non è altro che un ladro ed un brigante, uno che vuole de-vastare la nostra vita impoverendola e deturpandola.

VI. Conclusione

Sono belle e romantiche, quindi, le espressioni che Gesù usa per parlare di Sé stesso come il Buon Pastore. Ci rendiamo però conto di tutte le implicazioni di questo sulla nostra vita? A Lui apparteniamo per diritto, eppure lasciamo spesso solo che ladri e briganti se ne approfittino di noi. Ci promettono la libertà, ma ci rendono loro schiavi. Ci promettono beni a non finire, ma è solo per sfruttarci. Prendiamone coscienza e sottomettiamoci con fiducia all’unico vero e verace Pastore della nostra vita: il Signore e Salvatore Gesù Cristo.

[Tratto da: Phillip Keller, Il Pastore e le Sue pecore, Edit. Intern. Life, 1980. Paolo Castellina, giovedì 10 aprile 1997. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla ver-sione Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991].


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