Una questione di priorità...


Priorità...

Quante cose oggi assorbono completamente l'attenzione della nostra generazione! Per molti un lavoro fatto con piacere, perizia e passione è la cosa più importante della vita. Per altri di assoluta priorità è guadagnare ed accumulare denaro in tutti i modi possibili. Per altri è la casa o la famiglia. Per altri ancora il conseguimento del successo personale, oppure lo sport o il divertimento.

Quale posto occupa "la religione" per la maggior parte dei nostri contemporanei che pure si definiscono cristiani? Spesso essa occupa un posto del tutto marginale e secondario. La religione per loro è come un soprammobile che ogni tanto si spolvera in occasione di qualche rito tradizionale ma che per la maggior parte del tempo è del tutto dimenticato ed ignorato. E' tipica la reazione di molti miei scolari che, esortati ad andare in chiesa la domenica, subito tirano fuori il lunghissimo catalogo di cose più o meno importanti che dovrebbero fare e che impedirebbero loro di andarci. Tutto diventa più importante di incontrarsi la domenica con il Dio vivente per adorarLo, ringraziarLo e ricevere la Sua Parola.

E' vero: ognuno nella vita fa le proprie scelte e si assume le conseguenze che esse comportano. Una fede cristiana autentica e che significhi qualcosa agli occhi di Dio, però, non può in alcun modo essere "un soprammobile". I documenti di base che definiscono che cosa debba essere la fede cristiana, la descrivono come l'impegno prioritario della vita di chi intende seguirla: la cosa più importante: nulla di meno è accettabile.

Questa verità è palese dai nomi stessi che descrivono, nelle Sacre Scritture, il cristiano.

Appellativi significativi

Nel Nuovo Testamento i cristiani vengono definiti in molti modi, e ciascuno di questi appellativi sottolinea un particolare aspetto della loro vocazione: cristiani (coloro che sono legati a Gesù Cristo come loro Signore e Salvatore); fratelli (come figli di uno stesso Padre con le responsabilità che questo comporta); santi (gente messa a parte dal mondo per servire Dio e che si conforma alla Sua volontà); credenti (persone che hanno affidato totalmente la loro vita a Cristo). Uno degli appellativi più importanti, però, per definire i cristiani è quello di discepoli. Che cosa vuol dire la parola "discepolo" e che cosa implica?

Per comprendere meglio immaginiamo un maestro di scienze naturali che porta i suoi scolari in campagna per mostrare loro fiori e piante. Essi lo seguono ed egli fa fare loro esperienza diretta del mondo vegetale: gli scolari odono il loro maestro, vedono e toccano le piante e così imparano a conoscerle e ad utilizzarle. Pensiamo però anche ad un artigiano, ad un falegname, che ha con sé un apprendista. L'apprendista "segue" l'artigiano ed impara il mestiere guardando come questi operi e lasciandosi guidare e correggere da lui. Vi possono pure essere discepoli di un leader politico o di un filosofo, di un "matre a penser", che si raccolgono intorno alla sua dottrina e si impegnano ad accoglierla ed a trasmetterla. Discepolo è il seguace di un movimento, ma soprattutto è l'uomo o la donna che si lega ad una persona per apprendere da essa esperienze e conoscenze.

Similmente i cristiani sono "discepoli di Gesù Cristo", persone cioè che hanno compreso chi è Gesù, che Gli danno fiducia e "Lo seguono", cioè imparano molto praticamente a pensare, ad agire, a vivere come Lui insegna e dimostra nella Sua vita di essere.

Un carattere totalizzante

La parola originale per discepolo ha però pure un carattere totalizzante, essa ha a che fare con il concentrarsi totalmente nel maestro, con il "dirigere tutte le proprie forze spirituali verso la Sua persona ed obiettivi". Seguire Cristo in modo autentico è tale da dover necessariamente assorbire l'intera nostra esistenza. Significa tendere ad essere come Cristo, a pensare come Lui, ad agire come Lui, a vivere secondo il Suo stile, ad operare per raggiungere ciò che Lui indica. Gesù è "maestro", ma non si tratta solo di imparare da Lui nozioni teoriche, ma assumere un nuovo indirizzo per la propria esistenza.

Essere discepoli di Gesù, la Sua "sequela", comporta il dono senza riserve di tutta la nostra vita, assumersi un impegno totalizzante per Lui, metterLo al primo posto, in testa alle proprie priorità ed interessi. Gesù infatti diceva: "Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me" (Mt. 10:37); e ancora "Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, moglie e figli fratelli e sorelle e perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo" (Lu. 14:26).

Quando nei Vangeli Gesù chiama al Suo seguito i primi discepoli, per seguirLo essi lasciano barche, impiego e famiglia e questo è segno della grande consapevolezza della loro missione, e ancor più della rottura di tutto ciò che precedentemente li legava e li condizionava, schemi e situazioni.

Essere discepoli di Gesù comportava assumersi il rischio di essere sottoposti agli stessi pericoli ai quali era sottoposto il Maestro. Il discepolo non poteva attendersi una sorte migliore del suo Signore. Diceva Gesù: "Il discepolo non è da più del maestro, né il servo da più del suo signore" (Mt. 10:24); e poi: "Se qualcuno mi vuole seguire, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mt. 16:24).

L'originale attrattività di Gesù

Quando Gesù cominciò la Sua attività pubblica, egli riscuoteva molto successo fra la gente. Parlava di libertà, di amore, di giustizia e di pace e le realizzava. Il regno che Lui annunciava e manifestava era un regno dove era vinta la malattia, la morte, la fame, l'ingiustizia. Quello che Gesù diceva e faceva era davvero entusiasmante e riempiva il cuore della gente di gioia e di riconoscenza. Chi era stato sfamato e guarito da Gesù, chi da Gesù era stato ben consigliato sarebbe stato certamente disposto a seguire Gesù dovunque, come dimostravano le folle che lo accompagnavano. Tutta questa gente, però, si rendeva veramente conto del prezzo che doveva pagare per seguirLo davvero?

Il testo biblico

E' il senso dei dialoghi che troviamo nel testo biblico di oggi:


"Or avvenne che, mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: "Signore, io ti seguirò dovunque andrai". Ma Gesù gli disse: "Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi; ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo". Poi disse ad un altro: "Seguimi!". Ma quello rispose: "Signore, permettimi prima di andare a seppellire mio padre". Gesù gli disse: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, ma tu va' ad annunziare il regno di Dio". Ancora un altro gli disse: "Signore io ti seguirò, ma permettimi prima di congedarmi da quelli di casa mia". Gesù gli disse: "Nessuno che ha messo la mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio" (Lu. 9:57-62).


La pretesa del massimo

Oggi, forse per "non spaventare" la gente e per "tenersela buona" si tende a dire loro: essere cristiani è facile... non ti si chiederà molto... basta poco e potrai ottenere benedizioni a non finire e persino il paradiso... Questo è disonesto e meschino: così non si otterranno cristiani ma solo degli ipocriti! Il Signore Gesù era, come abbiamo molto radicale nelle Sue espressioni. Anche oggi vi sono dei genitori o dei datori di lavoro che saggiamente dicono: "Se vuoi ottenere qualcosa devi pretendere il massimo!". Questo non è solo un motto di saggezza, ma è vero: solo l'impegno e la concentrazione negli obiettivi di una certa impresa ci permetterà di conseguirli e, in ogni caso, il nostro Creatore e Signore, che è degno di ogni onore e gloria, merita nulla di meno da parte nostra che il meglio!

E' quello che intende Gesù nelle sorprendenti affermazioni che fa in questo testo. Che vuol dire?

Relativizzare i beni di questo mondo

Un uomo quindi si presenta a Gesù e Gli dice: "Signore, io ti seguirò dovunque andrai". Che fede! Che dedizione! Non sarebbe meraviglioso avere sempre dei cristiani così? Eppure Gesù non è troppo ansioso di prendersi quest'uomo con sé. Non ne approfitta per "non lasciarselo scappare", al contrario, gli propone cose così radicali che ...probabilmente quest'uomo cambierà idea! Gesù vuole mettere alla prova la sua sincerità non nascondendogli le difficoltà a cui andrà incontro seguendolo. Che cosa gli dice?

"Ma Gesù gli disse: "Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi...". Si, non è né comodo né facile seguire Gesù. Chi lo segue deve essere pronto a relativizzare i beni di questo mondo, a staccarsi emotivamente da essi. Casa, proprietà, lusso, vacanze... devono passare in secondo piano per il cristiano e deve essere pronto anche a farne a meno! I nidi sono dimore temporanee, stagionali. Gesù non aveva domicilio fisso. Spesso dormiva all'aperto. Non aveva con sé bauli pieni di roba e di "generi di conforto". "...il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo", gli dice. Certo i beni di questo mondo sono utili, ma essi devono essere messi al servizio di Dio e degli altri, e non dei nostri comodi. Il Signore può anche benedire materialmente, ma ciò che ci dona deve essere sempre servizio della Sua causa, e guai a pretenderlo. Nostra priorità e bene maggiore deve essere "la casa del cielo", non quella di questa terra! L'apostolo scrive: "Infatti non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura" (Eb. 13:14).

Le scuse

Ed ecco che Gesù questa volta prende l'iniziativa e sovranamente chiama a seguirlo un'altra persona. "Poi disse ad un altro: "Seguimi!". Ma quello rispose: "Signore, permettimi prima di andare a seppellire mio padre". Gesù gli disse: "Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, ma tu va' ad annunziare il regno di Dio". Che strana espressione!

E' esperienza comune per i ministri di Dio sentirsi tirare fuori sempre un sacco di scuse per non fare ciò che si deve, ma qui la scusa sembra legittima: "Devo prima andare al funerale di mio padre!". La dovuta sepoltura dei propri genitori era un dovere sacro che Gesù non mette in questione, come pure la loro cura. Quel padre era ancora vivo e vegeto, solo che quest'uomo voleva dire: "Verrò più tardi quando mio padre non ci sarà più: ora con lui devo prendermi cura dell'azienda famigliare...". Gli affari di questo mondo sono la priorità di molti, ma Gesù dice che questo mondo è il valore più importante solo di chi è spiritualmente morto: per il cristiano il lavoro è necessario, ma è più importante la causa di Cristo. Per quell'uomo "seppellire suo padre" era solo una scusa rivelatrice degli interessi che per lui erano più importanti. Gesù gli dice: "Lascia che il mondo si occupi dei suoi affari. Predicare il Regno è per noi qualcosa che viene prima di tutto".

La convenienza sociale

"Ancora un altro gli disse: 'Signore io ti seguirò, ma permettimi prima di congedarmi da quelli di casa mia'". Ancora una situazione apparentemente paradossale. Gesù proibirebbe di salutare prima di partire? No, quest'uomo era fondamentalmente un insicuro. Voleva prima accertarsi di che cosa avrebbero detto gli altri sul fatto che lui fosse diventato cristiano. L'opinione e le eventuali critiche degli altri, famigliari o amici, era per lui un valore molto importante. Anche oggi per molti è di fondamentale importanza ciò che pensano gli altri, la propria accettabilità sociale... Per il cristiano, però, è molto più importante ciò che pensa Dio. "Che gli altri pensino e dicano ciò che vogliano, io so in chi ho creduto: per me è molto più importante essere accettabile agli occhi di Dio; non conformarmi a questo mondo, ma conformarmi alla volontà rivelata di Dio". Anche in questo caso è questione di priorità.

Chi è adatto per il regno di Dio?

Gesù contraddice sistematicamente le nostre concezioni su quello che secondo noi dovrebbe essere la religione e su quale posto essa dovrebbe occupare. Nell'ultima espressione di questo testo Gesù è persino discriminatorio, e parla di persone "adatte" e "non adatte" al regno di Dio. Dice: "Nessuno che ha messo la mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio".

Un giovane vuol fare il contadino. Ha bisogno di una moglie che sia "adatta" a fare quella vita. Non tutte le donne e non tutti gli uomini sono "adatti" a fare qualcosa. Il Signore Iddio, per il nuovo cielo e la nuova terra che sta per creare dopo la distruzione di questa realtà che conosciamo, cerca "persone adatte", compatibili con esso. Sono io "adatto", siete voi "adatti" al regno di Dio? Forse no, ma noi ci possiamo bene "adattare" attraverso la conversione: la riconversione dei nostri interessi e priorità, la conversione alla Persona del Signore e Salvatore Gesù Cristo. Non è un "optional". Nessuno davanti a Dio può dire: "Quel che dici, Gesù, non fa per me, io preferisco una religione più facile e più comoda". No, non esiste una religione che Dio gradisca che possa non essere in linea con quanto il Signore Gesù, unico Salvatore, abbia affermato. Le religioni facili e comode saranno un giorno spazzate via senza ripensamenti insieme a tutti quanti le seguono quando Gesù tornerà per prendere con Sé chi Gli appartiene. Le cose che valgono agli occhi di Dio e che Egli tali stabilisce sono quelle che esigono tutto il nostro interesse prioritario, le nostre priorità. Convertiamoci ad esse prima che sia troppo tardi e che le nostre illusioni spariscano andando tragicamente in fumo!

[Paolo Castellina, sabato 1 marzo 1997. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione La Nuova Riveduta, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991].


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