Ragionamenti storti
La maestra ad uno scolaro: "Quanti lati ha il triangolo?". Lo scolaro: "Tre". "...e il rettangolo?". "Quattro". "...e il triangolo rettangolo?". "Ne ha sette, è ovvio!". Ovvio? a volte la logica difetta in molti scolari, e di tanti diciamo semplicemente che "non pensano".
Quante volte però ci sorprendiamo ad udire, anche da persone che dovrebbero dar prova di esperienza e di buon senso, dei ragionamenti totalmente storti, assurdi e, come si dice, "sballati". Esclamiamo allora con stupefazione: "Ma come ragioni tu?", "Ma che razza di ragionamenti stai facendo?". Vediamo magari un nostro amico "fare delle sciocchezze" di rilevanti conseguenze mentre sarebbe bastato prima solo "pensarci un poco" per evitarle. Vediamo un altro fare una cattiva scelta, una decisione sbagliata, come abbandonare moglie e figli o licenziarsi dal lavoro solo sulla base di qualche di motivo futile o risolvibile altrimenti. Altre volte la "sciocchezza" dipende da ciò che chiamiamo "un colpo di testa" non meditato. Magari quel "...ma come ragioni tu?", ce l'hanno proprio detto a noi che pure vantiamo di avere buon senso.
Ragionare male... ma che cosa vuol dire "ragionare bene"? Indubbiamente esiste il comune "buon senso" che nessuno vuole certo mettere in questione, altre volte "pensare bene" non è questione di "salute mentale vacillante", ma è relativo ai valori in cui uno crede. Uno pensa ed agisce in un modo, l'altro in un altro, perché l'uno e l'altro ragionano con diversi presupposti, con diversi parametri di riferimento, sulla base di valori diversi o prefiggendosi obiettivi diversi. ...come quella donna, sempre alla moda, a cui il marito le aveva detto: "Se non mi sbaglio, ti sei messo il cappellino alla rovescia!", e lei, di rimando, "...ma voi uomini vedete e capite tutto alla rovescia!".
Il testo biblico
L'accusa di "ragionare storto", l'espressione: "Ma come ragioni tu?", quasi dubitando della Sua salute mentale, gliel'avevano un giorno rivolta al Signore Gesù, in questo caso non uno dei suoi nemici, ma nientemeno che l'apostolo Pietro. In realtà era Pietro che ragionava male. Attenzione però, in quel caso, sicuramente noi tutti saremmo stati dalla parte di Pietro! Qui infatti vi sono due modi di vedere le cose e di ragionare: uno dalla prospettiva umana e uno dalla prospettiva di Dio. Pietro e ogni cristiano deve imparare ad avere "la mente di Cristo" (1 Co. 2:16). Leggiamo il testo:
"...Poi cominciò a insegnare loro che era necessario che il Figlio dell'uomo soffrisse molte cose, fosse riprovato dagli anziani dai capi dei sacerdoti e dagli scribi e fosse ucciso, e dopo tre giorni risuscitasse. E parlava di queste cose apertamente. Allora Pietro, lo prese in disparte e cominciò a riprenderlo. Ma egli, voltatosi e riguardando i suoi discepoli, sgridò Pietro, dicendo: "Vattene lontano da me, Satana, perché tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini". Poi chiamata a sé la folla con i suoi discepoli, disse loro: "Chiunque vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua, perché chiunque vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e dell'evangelo, la salverà. Che gioverà infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde l'anima sua? O che cosa potrebbe dare l'uomo in cambio dell'anima sua? Perché chi si vergognerà di me e delle mie parole, in mezzo a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo, con i santi angeli" (Mr. 8:31-38).
Esposizione
1. Affermazioni sconcertanti. La terribile sofferenza e morte di Gesù, inchiodato ad una croce come il peggiore fra i criminali, non era stata una tragica fatalità. "Era necessario" (31), dice la Scrittura, e Gesù non ne aveva mai fatto mistero, né ai Suoi discepoli, né alla gente1, infatti "ne parlava apertamente" (32). Sulle prime, magari, non ci avevano tanto badato: "...chissà, questa profezia avrà un qualche significato simbolico. ...e poi chi è questo fantomatico 'Figlio dell'uomo' : il Messia? Il Salvatore? ...ma, chi ce ne capisce qualcosa...".
Poi, però, quando i discepoli di Gesù avevano cominciato ad intendere che quando Gesù parlava - ed insisteva - su questo Messia sofferente, perseguitato dalle autorità, tradito, arrestato e legato, colpito, sputacchiato, schiaffeggiato, flagellato e finalmente inchiodato ad una croce per morire dopo indicibili tormenti, parlava di Sé stesso, ebbene, erano rimasti scioccati ed allibiti.
Pietro si fa così coraggio e con calma, prende Gesù da parte, privatamente, per dissuaderlo tentando di farGli capire l'insensatezza di quello che diceva. Vuole convincere Gesù a "non esagerare", a "pensare bene" a quel che diceva, così "...lo prese in disparte e cominciò a riprenderlo" (32): "Sei Tu quell'uomo ...e per di più tutto questo sarebbe 'necessario'? Ma che dici? Sei pazzo? Stai sragionando! E' assurdo... sarebbe una catastrofe per tutti i nostri progetti... Se vuoi aver successo, non è certo questa la strada che devi prendere! ...morire e poi risorgere il terzo giorno: ma che dici! Perché mai andarsi a cacciare in questi guai quando se ne può benissimo fare a meno! Necessario? Io non so più che cosa pensare...".
Già, non aveva forse poco prima, Gesù, "consacrato" Pietro alle glorie del Regno di Dio sulla terra, promettendo che niente e nessuno l'avrebbe mai potuto ostacolare e sconfiggere? "Ed io altresì ti dico, che tu sei Pietro, e sopra questa roccia io edificherò la mia chiesa e le porte dell'inferno non la potranno vincere. Ed io ti darò le chiavi del regno dei cieli..." (Mt. 16:18,19).
Pietro scuote la testa scandalizzato, ma ora è Gesù che si arrabbia e si scandalizza!
2. La reazione di Cristo.
Il testo dice: "Ma egli, voltatosi e riguardando i suoi discepoli, sgridò Pietro, dicendo: "Vattene lontano da me, Satana, perché tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini" (33).
E' una forte riprensione quella che Cristo rivolge a Pietro con un occhio anche agli altri discepoli, di cui pare il portavoce. Non era certo allegramente che Gesù andava verso il destino di cui era consapevole e che coraggiosamente accettava. La Sua reazione è - possiamo immaginarlo, sia di rabbia che di fastidio. Rabbia perché sembrava un'impresa disperata educare quegli uomini ad un diverso modo di pensare e di agire. Certo, Pietro aveva inteso per rivelazione che dietro all'uomo Gesù si nascondeva il Salvatore, il Messia, il Signore, ma ancora "non aveva il senso delle cose di Dio".
Né i propositi di Dio. Pietro parlava come uno che ancora non aveva compreso i propositi e la sapienza di Dio. I nemici più potenti non avrebbero potuto sopraffare Colui che né malattia né morti, né vento né onde avevano sconfitto e al quale anche i demoni avevano dovuto piegarsi ed ubbidire. Pietro pensava alle sofferenze di Cristo come ad un pur evitabile e inutile sacrificio. La prospettiva di Pietro era però limitata: la vicenda di Cristo sarebbe stata di valenza cosmica: con essa sarebbe stato pagato completamente il prezzo del peccato umano, senza di essa davvero l'essere umano sarebbe stato per Dio perduto per sempre. Quella sofferenza e quella morte di Cristo non sarebbe stata né un incidente né una vittoria dei suoi nemici. Era invece secondo il determinato consiglio della volontà di Dio, cosa che era stata persino dichiarata dalla verità ispirata della Scrittura. Dice Isaia: "Ma piacque all'Eterno di percuoterlo, di farlo soffrire. Offrendo la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una progenie" (Is. 53:10).
...né lo stile di Dio. Pietro non aveva ancora nemmeno capito "lo stile" di Dio: non uno sfoggio di forza e di grandezza, ma di dedizione ed umile sacrificio, non di esaltazione, ma di abbassamento, non "i propri comodi" e "la via facile", ma la totale offerta di sé stessi per gli altri e la "la via stretta ed ardua". Lo "stile" di Dio è sempre stato "una follia" per l'uomo, eppure è l'unica via davvero vincente e produttiva. L'apostolo Paolo scrive: "è piaciuto a Dio di salvare quelli che credono mediante la follia della predicazione poiché i Giudei chiedono un segno e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci; ma a quelli che sono chiamati, sia Giudei che Greci, noi predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la follia di Dio è più savia degli uomini e la debolezza di Dio più forte degli uomini." (1 Co. 1:23-25).
Un tentatore. Essendo toccato sul punto più sensibile, e dissuaso proprio da ciò che il Suo cuore era focalizzato, Pietro assume nulla di meno che la funzione di Satana, del tentatore. Cristo chiama Pietro, infatti, "Satana" perché in quel momento Pietro ripeteva in fondo le stesse parole che il diavolo gli aveva detto, quando aveva suggerito a Cristo, tentandolo, di perseguire i Suoi obiettivi in modo "più facile e sicuro", non attraverso il sacrificio, ma attraverso un atto di forza e potere, via tanto attraente quanto ingannevole. Cristo sembrava dire: "Taci, smettila anche tu... già tutti mi attaccano, Satana mi tenta, la mia carne si ribella... ti ci metti anche te a ostacolare i propositi di Dio e a darmi fastidio con la tua insensibilità e incomprensione?".
3. L'urgenza di cambiare mentalità
Gesù coglie così l'occasione per ribadire alla folla che lo segue il messaggio che è il filo conduttore di tutto il Suo ministero: la necessità urgente ed improrogabile della conversione alla mentalità di Dio, l'unica ad essere veramente vincente e produttiva, nonostante le apparenze e le pretese umane di maggior sapienza.
Il profeta Isaia annunciava da parte di Dio: "Lasci l'empio la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri, e ritorni all'Eterno che avrà compassione di lui, e al nostro DIO che perdona largamente. Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri né le vostre vie sono le mie vie, dice l'Eterno. Come i cieli sono più alti della terra, così le mie vie sono più alte delle vostre vie e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri" (Is. 55:7-9).
Difatti, alla folla, dopo questo incidente, Gesù parla della via vincente del negare sé stessi per darsi totalmente agli altri e della via, del tutto da imitare, del sacrificio "Chiunque vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (34). E ancora: "Vi illudete, se pensate che badare solo ai fatti vostri e al vostro esclusivo benessere alla fin fine sia pagante, infatti: chiunque vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e dell'evangelo, la salverà. Che gioverà infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde l'anima sua?" (35,36).
Certo la vita è cosa preziosa, ed un uomo per essa è pronto a dare ogni cosa. Preservarla è un principio della natura, ed è appropriato che si prenda ogni legittima misura per salvare la propria vita quando è minacciata o si è in pericolo. Chiunque però pretende di salvarla alla proprie condizioni, chiunque disprezza la via della salvezza, l'unica, stabilita da Dio, ebbene, finirà solo per perderla e rovinarla e non gli rimarrà che il proverbiale "pugno di mosche". Chiunque ignora e disprezza Cristo ignora e disprezza l'unica ancora di salvezza a sua disposizione. Questa si che è follia. Chiunque "si vergogna" di Cristo e della Sua via ritenendo migliori altre, è più che sicuro che si perderà e alla fine, alla resa dei conti, sarà Cristo, il suo Giudice, a non volerne sapere poi di lui. "Perché chi si vergognerà di me e delle mie parole, in mezzo a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo, con i santi angeli" (38).
Chi è che davvero "ragiona bene"?
Siamo così di fronte a modi di pensare e di agire radicalmente diversi: quello di questo mondo corrotto e peccatore, e quello di Dio. I presupposti su cui si basano sono diversi, diversi i parametri di riferimento, diversi sono i loro valori e diversi gli obiettivi che vogliono perseguire. C'è una totale incompatibilità ed incomunicabilità fra il modo di pensare e la logica di questo mondo e quella di Dio. Sono due modi di pensare che reciprocamente si accusano di "follia" e di "ragionare in modo storto", come Pietro e Gesù. Uno scuote la testa verso l'altro, ma chi alla fine avrà ragione?
Non si tratta di modi di pensare equivalenti. Dice la Scrittura: "C'è una via che all'uomo sembra diritta ma la sua fine sfocia in vie di morte" (Pr. 14:12).
Il cristiano è colui che opera in sé stesso una vera rivoluzione culturale: l'abbandono di ciò che "sembra" e "pare" giusto e diritto, ma che solo alla fine si rivelerà una "via di morte". Senza questo cambiamento di mentalità, di modo di pensare, di modo di ragionare non vi sarà mai speranza. Quando la Scrittura ci indirizza ad una trasformazione del nostro "cuore" essa parla di una condizione della mente e dell'anima, che determina il modo in cui si ragiona, i propri valori, le proprie priorità, ciò che si ama e ciò che si detesta, ciò a cui si dà importanza, che deve essere cambiata. In questo si riassume, alla fin fine il messaggio dell'Evangelo.
"Proprio non ti capisco", dice lo sciatore che si ostina a sciare fuori dalle piste consentite e ride di chi osserva le regole, "qui fuori pista è molto più bello sciare". "Proprio non ti capisco", dice lo sciatore ligio alle regole," perché tu voglia fare di testa tua. Ridi di me, ma davanti a te non vedi che c'è un burrone nel quale andrai certamente a cascarci dentro. Proprio non capisco perché tu non ti voglia fidare di chi ne sa più di te". Gesù disse: "...se non vi ravvedete perirete tutti allo stesso modo" (Lu. 13:4).
Non si capiscono... ma alla fine solo uno di loro tornerà a casa... Il primo così prega per il secondo, affinché si ravveda, prima che sia troppo tardi.
(Paolo Castellina, sabato 8 febbraio 1997. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione La Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991).
Note:
(1) Che di tutto questo Gesù non avesse mai fatto mistero lo sapevano pure i Suoi nemici che, immaginando un inganno da parte di Gesù, avrebbero poi fatto mettere guardie armate davanti alla Sua tomba. Avevano detto, infatti: "...ci siamo ricordati che quel seduttore, quando era ancora in vita, disse: "Dopo tre giorni io risusciterò". Ordina dunque che il sepolcro sia ben custodito fino al terzo giorno, che talora non vengano i suoi discepoli di notte a rubare il corpo e poi dicano al popolo: "egli è risuscitato dai morti" così l'ultimo inganno sarebbe peggiore del primo" (Mt. 27:63,64).