Esperienze che ci trasformano


I. INTRODUZIONE

1. Avvenimenti significativi. Nella nostra vita ci sono avvenimenti a cui abbiamo partecipato o che ci hanno coinvolto, che hanno lasciato in noi o persino sul nostro corpo, un segno indelebile, avvenimenti che ci hanno trasformato facendoci crescere, lezioni che non dimenticheremo più. Possono essere esperienze negative o positive, cose che ci hanno spaventato, sorpreso, riempito di gioia o fatto riflettere come niente e nessuno aveva saputo fare prima. Sono i "momenti forti" e decisivi della nostra vita.

In uno di questi momenti forti e significativi furono coinvolti un giorno tre discepoli di Gesù: Pietro, Giacomo e Giovanni. Un giorno ebbero un'esperienza sconvolgente che, nei vangeli, ci viene descritta come "la trasfigurazione di Gesù". Essa ci è stata tramandata perché attraverso di essa noi ricevessimo un messaggio importante e per accompagnarci a vivere qualcosa di altrettanto forte. Vediamone prima il contesto.

2. Il contesto. Gesù con i Suoi discepoli sta percorrendo la Galilea, villaggio dopo villaggio, imprimendo nella coscienza della popolazione di essere in quel momento davvero partecipi di qualcosa di straordinario. Incontrando Gesù, il regno di Dio si manifesta loro in tutta la sua gloria: Gesù rivela loro, insegnando e predicando come nessuno aveva mai fatto, il cuore e la mente di Dio, come pure manifesta la potenza di Dio nel guarire corpi, menti ed anime.

Gesù, però, si prende anche molto tempo per insegnare, con la parola e l'esperienza, ai Suoi discepoli. Con essi - che a differenza della popolazione in genere - si sono impegnati a seguirLo, il Suo insegnamento è molto più approfondito e le esperienze che fanno molto più forti. Gesù voleva soprattutto che essi intendessero chi Lui fosse, a quale missione e sorte Lui era stato destinato, e quale dovesse essere il livello di impegno ad essi richiesto per poter adempiere veramente alla loro vocazione.

In Gesù c'è un grande e profondo desiderio che essi davvero intendano queste cose perché anche il loro cuore come la loro mente è come quello di uno studente che ascolti una lezione importante ma che quasi non riesca a stare sveglio perché colpi di sonno lo opprimono e gli impediscono la costante necessaria attenzione. Quello di Gesù è un desiderio ispirato da un profondo amore verso di loro. Un giorno Gesù, pregando, aveva detto: "Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche coloro che tu mi hai dato, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai dato, perché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo" (Gv. 17:24).

Così Gesù come per scuotere il "sonno" dei Suoi discepoli con un'esperienza molto forte, prende tre di loro, i principali, i prediletti: Pietro, Giacomo e Giovanni e li porta su una solitaria collina dove Egli amava ritirarsi per pregare, e là rivela, in modo per loro certo sconvolgente, la Sua identità profonda, quella che tiene nascosta sotto le umili apparenze del figlio del falegname di Nazareth.

II. IL TESTO

Leggiamone il racconto come ce lo presenta Matteo.


"Sei giorni dopo Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte; e fu trasfigurato alla loro presenza: la sua faccia risplendette come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro allora, prendendo la parola disse a Gesù: 'Signore, è bene che noi stiamo qui; se vuoi, faremo qui tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia'. Mentre egli parlava ancora, ecco una nuvola luminosa li adombrò, e si udì una voce dalla nuvola che diceva: 'Questi è il mio amato Figlio, in cui mi sono compiaciuto: ascoltatelo!'. E i discepoli, udito ciò, caddero con la faccia a terra e furono presi da gran spavento. Ma Gesù, accostatosi, li toccò e disse: 'Alzatevi e non temete!'. Ed essi, alzati gli occhi, non videro alcuno se non Gesù tutto solo. Poi, mentre scendevano dal monte, Gesù diede loro quest'ordine dicendo: 'Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risuscitato dai morti' (Mt. 17:1-9).


III. ESPOSIZIONE

1. Il luogo dell'incontro. Così, "Sei giorni dopo Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte" (1). Gesù prende suoi discepoli prediletti, certo deboli e "duri" come gli altri, ma oggetto di una vocazione particolare, e si reca su un monte per rivelarsi loro in modo speciale.

Il monte, l'alta collina, è tradizionalmente, nei racconti biblici, il luogo dell'incontro fra il divino e l'umano. Là ci si eleva dal fango e dalle miserie della pianura dove gli uomini vivono, per incontrare l'elevato ed il sublime. Là si sale non senza sforzo personale, perché per elevarsi materialmente, moralmente e spiritualmente ci vuole impegno. Su monti e colline venivano - non a caso - anche costruiti santuari ed altari dedicati a divinità pagane. Gesù si ritira su un monte per pregare e su un monte Egli vuole rivelare ai Suoi discepoli, quello che ai "comuni mortali" non è accessibile.

2. La Sua identità nascosta. "...e fu trasfigurato alla loro presenza: la sua faccia risplendette come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce" (2).

Davanti a Pietro, Giacomo e Giovanni, in Gesù avviene una metamorfosi, Egli si presenta loro in un'altra maniera. Non cambia la sostanza del Suo corpo né la sua forma esteriore, ma si fa vedere con un'apparenza più gloriosa. Prima aveva "la forma di servo", semplice, umile, non diverso da tanti altri, disprezzabile, ora appare loro nella forma e maestà di Dio. In lui brilla in modo speciale la gloria di Dio seppure adattata alla capacità umana di percepire e di intendere. Il Suo volto comincia a "splendere come il sole": continuava ad avere l'apparenza di volto umano, ma con una tale abbagliante gloria su di esso da farlo essere simile al sole che brilla in tutta la sua forza. Anche le sue vesti diventano "candide come la luce". Egli non depone le sue vesti umane, esse con cambiano di composizione chimica o di foggia, ma era come se il suo corpo emanasse raggi luminosi che attraversavano le vesti per renderle chiare e brillanti come il sole a mezzogiorno. Altre versioni rendono questo come "bianco come la neve".

3. Mosè e Elia. Davanti ai loro occhi, poi, avviene un altro fatto strabiliante: Mosè e Elia si presentano e parlano con Gesù: "Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui" (3).

Mosè, il datore della Legge, ed Elia, uno dei profeti principali: il primo era già morto da circa mille anni, il secondo, dice la Bibbia, era stato rapito in cielo novecento anni prima di questo fatto. Questo non sembri strano, perché la personalità umana sopravvive dopo la dissoluzione del nostro corpo terreno. Gli ebrei si aspettavano che nel futuro Mosè ed Elia sarebbero tornati insieme nei giorni del Messia. Anch'essi appaiono con corpi glorificati come Gesù. Sono riconoscibili, ma la sostanza che li caratterizza non è più quella terrena che noi conosciamo. In che modo Pietro, Giacomo e Giovanni avessero riconosciuto Mosè ed Elia, di cui non c'erano rappresentazioni, non sappiamo. Probabilmente li avevano riconosciuti per divina rivelazione o per i discorsi che avevano fatto con Gesù.

Il fatto però è significativo e rivelatore: indica come Cristo sia il fine ultimo della Legge e dei Profeti, come vi sia fra di loro totale accordo ma non confusione, anzi, come dei tre Cristo sia il più grande.

4. Un grande desiderio di Pietro. Pietro così, riprendendosi dalla sorpresa, interviene. Il testo dice: "Pietro allora, prendendo la parola disse a Gesù: 'Signore, è bene che noi stiamo qui; se vuoi, faremo qui tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia'" (4). I due personaggi celesti stanno per andarsene, e Pietro, affascinato dai loro discorsi, onorato di tale nobile compagnia e dai discorsi di cui egli era stato partecipe, osserva come sia bello stare li con loro, meglio che stare già con la folla e in presenza di miseria ed afflizione, meglio che andare a Gerusalemme, dove Gesù avrebbe sofferto e sarebbe morto, cosa orribile e disdicevole, come Pietro aveva fatto presente a Gesù. Offre così di mettere in piedi tre ripari di frasche, sotto i quali tutti avrebbero potuto stare più comodi.

Luca aggiunge che però Pietro non si rende ben conto della situazione. Straparla, come al solito, non si rende conto che questa situazione non è che un anticipo ed una prefigurazione di ciò che accadrà in futuro, di tutto ciò per ora il momento non è ancora giunto. Inoltre corpi glorificati come i loro non avrebbero certo avuto bisogno di poveri ripari terrestri.

La scena deve terminare. Pietro, Giacomo e Giovanni hanno avuto il privilegio di gettare un'occhiata sul futuro, ma non si può ignorare o negare la realtà del presente, triste si, ma che deve essa pure essere resa partecipe del regno di Dio attraverso la predicazione dell'Evangelo e la pratica del regno di Dio.

5. Ciò che per ora più conta. Pietro difatti, non riceve risposta alla sua proposta e la scena prima di terminare cambia: "Mentre egli parlava ancora, ecco una nuvola luminosa li adombrò, e si udì una voce dalla nuvola che diceva: 'Questi è il mio amato Figlio, in cui mi sono compiaciuto: ascoltatelo!'" (5).

La nuvola che scende sul luogo sacro è il simbolo biblico della sensibile presenza di Dio. Il privilegio di questa visione sta per terminare, non senza però che Iddio parli mettendo loro in evidenza ciò che per loro, per ora, più sarebbe dovuto contare: "Non curatevi ora del futuro, né di Mosè e di Elia. Vi confermo che queste cose avverranno e voi ne sarete partecipi. Avreste piacere che quest'esperienza continui, ma per essa non è ancora giunto il momento. Ora siete in presenza del mio amato Figlio, Gesù: prestategli attenzione, imparate da lui (avete ancora così tanto da apprendere), seguitelo fino alla croce ed oltre, partecipate ai benefici della Sua Persona ed opera. Di questo avete soprattutto ora bisogno. Non siete ancora pronti per la gloria, e poi, c'è ancora così tanto da fare prima di quel giorno!"

6. Faccia a terra. L'esperienza è giunta al suo culmine, ai limiti di quanto l'essere umano com'è oggi possa tollerare. Un turbine di sentimenti coglie Pietro, Giacomo e Giovanni. "...E i discepoli, udito ciò, caddero con la faccia a terra e furono presi da gran spavento. Ma Gesù, accostatosi, li toccò e disse: 'Alzatevi e non temete!'. Ed essi, alzati gli occhi, non videro alcuno se non Gesù tutto solo" (6-8). Sono spaventati di essere di fronte a Dio in modo così diretto, benché la Sua voce sia voce d'amore, di grazia e di misericordia, e cadono a terra come temendo che il loro cuore fisico e la loro mente a tutto ciò non regga. C'è in loro però pure stupore e sorpresa: certo sarà un'esperienza che mai più dimenticheranno. C'è però anche dispiacimento in loro che questa esperienza, in qualche modo, non possa continuare, ma comprendono, accettano e seppure ancora intimoriti, adorano il Signore, riconoscendo la Sua migliore e maggiore sapienza.

A questo turbine di sentimenti Gesù viene in loro soccorso tendendo loro la mano: tutto ritorna "normale". "Alzatevi, non abbiate paura", dice loro il Gesù che fin da principio avevano conosciuto. "Non era la voce di un Dio pieno d'ira, ma di un Dio compiaciuto di me e in me compiaciuto di voi. E' la voce del mio Dio e del vostro Dio, del mio Padre e del vostro Padre. Coraggio, abbiate fiducia, proseguiamo la nostra missione, ma, continua Gesù: 'Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risuscitato dai morti' (9), gli altri non capirebbero, non sono pronti. I vostri compagni con voi saranno partecipi di questa realtà gloriosa solo quando apparirò loro risorto, dopo la mia sofferenza e morte. Quella per loro e per voi sarà la più grande caparra di ciò che Dio per i Suoi fedeli ha riservato nel futuro".

IV. UNA VISIONE CHE CI TRASFORMA

L'incontro con Gesù e il partecipare a queste esperienze così forti, indubbiamente trasforma i discepoli, essi non dimenticheranno certo più quanto hanno vissuto, anzi, permetterà loro di andare per il mondo per diffondere la conoscenza di Cristo e di lasciarci le loro opere scritte ed ispirate.

Noi che Cristo ha chiamato attraverso il Suo Evangelo, non dobbiamo necessariamente attenderci di avere esperienze così intense. In modo diverso, ma non meno efficace, l'incontro con Gesù anche oggi è tale da trasformarci: oggi nel nostro modo di pensare e di essere, domani a Sua immagine in una diversa dimensione. L'apostolo Paolo, che pure ebbe non solo l'esperienza del Cristo risorto, ma anche quella di essere "rapito fino al terzo cielo" (2Cor. 2:2), scrisse: "E noi tutti, contemplando a faccia scoperta come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di gloria in gloria, come per lo Spirito del Signore" (2Co. 3:18). Ancora in Romani, egli scrive: "...il quale trasformerà il nostro umile corpo, affinché sia reso conforme al suo corpo glorioso, secondo la sua potenza che lo mette in grado di sottoporre a sé tutte le cose" (Fl. 3:21).

Dio ci fa la grazia di essere anche noi partecipi dell'opera di trasformazione interiore e di rinnovamento che con Lui è possibile: solo così la miseria materiale, morale e spirituale in cui siamo a causa del peccato potrà essere superata, oggi e per l'eternità. Per questo siamo chiamati ad affidare a Cristo la nostra vita.

V. CONCLUSIONE

Noi siamo chiamati a fare dunque parte di quel cerchio ristretto di discepoli impegnati che Cristo istruisce in modo particolareggiato ed approfondito. Forse non avremo esperienze intense come quelle di Pietro, Giacomo e Giovanni, ma concentrandoci su Cristo, in comunione con Lui, con la Sua Parola, la nostra vita ed il suo stesso destino ultimo, sarà mutato. Ascoltate che cosa ci dice l'apostolo Pietro: "Infatti non vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signor nostro Gesù Cristo, andando dietro a favole abilmente escogitate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Egli ricevette infatti da Dio Padre onore e gloria, quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: 'Questi è il mio amato Figlio, nel quale mi sono compiaciuto'. E noi udimmo questa voce recata dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo. Noi abbiamo anche la parola profetica più certa a cui fate bene a porgere attenzione, come a una lampada che splende in un luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori" (1 Pi. 1:16-19).

(Paolo Castellina, sabato 18 gennaio 1997. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione La Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991).


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