Il fardello della vita umana
La vita per molti, un tempo, anche nelle nostre zone, era davvero dura e grama: solo lavoro da mattina a sera in condizioni disagevoli con scarso guadagno ed altrettante scarse soddisfazioni. Se poi aggiungete a questo circostanze personali o famigliari avverse, non ci sorprende più il grido che spesso da loro saliva che si chiedeva perché mai fossero nati o che senso avesse questa loro vita. Pare di udire il grido di un pur santo uomo di Dio, Geremia, che ad un certo punto, nel libro biblico che porta il suo nome, aveva affermato: "...perché non mi ha fatto morire fin dal grembo materno; così mia madre sarebbe stata la mia tomba e il suo grembo gravido per sempre. Perché sono uscito dal grembo materno, per vedere travaglio, dolore e per finire i miei giorni nella vergogna?" (Gr. 20:17,18).
Nel travaglio e nel dolore di una vita dura vedo altresì l'eco e la conferma di quella che era stata l'antica maledizione pronunciata da Dio contro l'umanità ribelle. Il libro della Genesi afferma: "Poi (Dio) disse ad Adamo: 'Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero circa il quale io ti avevo comandato dicendo: "Non ne mangiare", il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai l'erba dei campi; mangerai il pane col sudore del tuo volto, finché tu ritorni alla terra perché da essa fosti tratto; poiché tu sei polvere, e in polvere ritornerai'" (Gen. 3:17-19).
"Tempi passati," potrebbe dire qualcuno. "Oggi noi abbiamo conquistato il benessere, il tempo libero, le vacanze, case comode e riscaldate. Eppure neanche noi sappiamo benissimo che non possiamo farci illusioni: il benessere che i più godono oggi non ha eliminato per i nostri contemporanei il senso del pesante fardello di vivere: i pur molti beni del mondo d'oggi non lo riescono né a risolvere né tanto meno a soffocare. Lo sappiamo molto bene: quanta angoscia, disperazione, il sentimento di una vita senza senso né prospettiva, conduce molti a distruggere in molti modi la loro vita.
Un uomo ricco, istruito e realizzato, l'antico re Salomone riflette su tutto ciò che ha conseguito nella sua vita solo per rendersi conto che è stato tutta vanità e "un correre dietro al vento". Dice: "Io... sono stato re d'Israele, in Gerusalemme, e ho applicato il mio cuore a cercare e a investigare con sapienza tutto ciò che si fa sotto il cielo; questa è un'occupazione penosa, che DIO ha dato ai figli degli uomini perché vi si affatichino. Io ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole, ed ecco tutto è vanità e un cercare di afferrare il vento. Ciò che è storto non si può raddrizzare e ciò che manca non si può contare. Io ho parlato col mio cuore, dicendo: "Ecco, io ho ottenuto grandezza e acquistato maggiore sapienza di tutti quelli che hanno regnato prima di me in Gerusalemme e il mio cuore ha visto molta sapienza e conoscenza". E ho applicato il mio cuore a conoscere la sapienza, come pure a conoscere la follia e la stoltezza; e ho compreso che anche questo è un cercare di afferrare il vento. Poiché dove c'è molta sapienza c'è molto affanno e chi aumenta la conoscenza, aumenta il dolore" (Ec. 1:12-18).
Poveri o benestanti, così, la condizione umana è la medesima e si arriva solo a considerare, sempre con l'antico Salomone: "Così sono arrivato al punto di disperare in cuor mio per tutta la fatica che ho compiuto sotto il sole. Poiché qui c'è un uomo che ha lavorato con sapienza, con intelligenza e con successo, ma deve lasciare la sua eredità a un altro, che non vi ha speso alcuna fatica! Anche questo è vanità e un male grande. Che cosa rimane infatti all'uomo per tutta la sua fatica e per l'affanno del suo cuore, con cui si è affaticato a sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e il suo lavoro penoso. Il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questo è vanità" (Ec. 2:20-23)."
Solo un quadro deprimente?
Un quadro disperante quello della condizione umana? Senza dubbio: siamo onesti e realisti, non cerchiamo di addolcirlo con fallaci ragionamenti consolatori. La vita umana è vuota e senza senso perché non è più quella che avrebbe dovuto essere: una vita vissuta in comunione con Dio.
Si, perché è solo in comunione con Dio, il nostro Creatore, che la vita umana avrebbe avuto il suo davvero senso. Quando lo capiremo? Eravamo stati creati per questo. Possiamo pure illuderci, ma che altro se non tristezza e miserie possiamo attenderci lontano dalla fonte della vita e della felicità più autentica: il Signore ed Eterno Iddio? Come umanità raccogliamo solo i frutti amari e velenosi dei cattivi semi che abbiamo piantato. Non c'è così via d'uscita se non la triste consapevolezza di pagare solo il prezzo delle nostre sventurate scelte?
No, il messaggio cristiano, nel rivelare il giusto giudizio di Dio su un'umanità peccatrice, proclama altresì che Dio, nella Sua grazia e misericordia, ha altresì provveduto un'uscita di sicurezza, una via di scampo, una via di salvezza, per la creatura umana ribelle. Il Signore Iddio si è compiaciuto di manifestare la Sua grazia e la Sua misericordia verso il genere umano perduto mandandoci un potente Salvatore: Gesù Cristo.
Il Signore Gesù è l'unico che possa restituire alla vita il suo senso, il suo sapore, una prospettiva eterna di gioia e di serenità. Infatti, dice la Bibbia: "In nessun altro vi è la salvezza, poiché non c'è alcun altro nome sotto il cielo che sia dato agli uomini, per mezzo del quale dobbiamo essere salvati" (At. 4:12). Egli solo è e può essere per ciascuno di noi singolarmente "l'aurora che ci visita... per illuminare quelli che giacevano nelle tenebre e nell'ombra della morte, per guidare i nostri passi nella via della pace" (Lu. 1:78,79).
In Cristo il nostro riposo più autentico
Il Signore Gesù è l'unico che, presentandosi alla nostra vita e chiamandoci a diventare Suoi discepoli, imparando da Lui, ci dice: "Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime. Perché il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero!" (Mt.11:28-30).
Soppesate bene queste parole voi che siete "travagliati e aggravati", poveri o benestanti che siate: il Signore Gesù vuole rispondere alla nostra ansia ed alla nostra angoscia esistenziale con un invito dolcissimo: "Venite a me... e io vi darò riposo".
L'immagine che mi viene in mente è quella di Gesù che penosamente arranca lungo la via dolorosa di Gerusalemme verso il Golgota, caricato di una pesante croce. La Sua? La conseguenza del Suo malfare? No, la nostra, quella che Egli porta al nostro posto! Quella croce gli pesava dei peccati del mondo intero, ...sulle sue spalle, affinché noi ne fossimo sgravati e potessimo per questo trovare riposo. "perché anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, il giusto per gl'ingiusti, per condurci a Dio" (1 Pi. 3:18).
Le cose stanno come afferma Isaia, il profeta: "Disprezzato e rigettato dagli uomini, uomo dei dolori, conoscitore della sofferenza, simile a uno davanti al quale ci si nasconde la faccia, era disprezzato, e noi non ne facemmo stima alcuna. Eppure egli portava le nostre malattie e si era caricato dei nostri dolori; noi però lo ritenevamo colpito, percosso da DIO ed umiliato" (Is. 53:3,4).
Venite a Cristo
"Venite a me", Cristo, dopo aver significato che la conoscenza di Dio ed i misteri della grazia possono solo essere conseguiti attraverso di Lui, e che tutto ciò che riguarda la pace, il conforto, la felicità e la salvezza, sono nelle Sue mani, gentilmente invita ed incoraggia le creature umane a venire a Lui per ottenere tutto questo come dono della grazia di Dio.
Venire a Cristo non significa muoversi verso un luogo particolare, o un venire ad ascoltarlo a predicare, perché, quando diceva queste parole, già si rivolgeva a persone che pure erano venute ad ascoltarlo e quante di loro erano rimaste incredule, insensibili e distratte, senza profittare minimamente di ciò che Egli era. Non si tratta nemmeno di un partecipare ai sacramenti cristiani o a riti religiosi che allora né ancora erano stati istituiti e a cui si sarebbe potuto partecipare ipocritamente e formalmente,.
Con questo si intende affidare sé stessi completamente a Cristo, l'anima che va a Lui per unirsi a Lui strettamente con fede ed ubbidienza, il desiderio profondo di Lui, la fede e la speranza in Lui, il "nutrirsi di Lui" come Egli altresì disse: "Io sono il pane della vita chi viene a me non avrà mai più fame e chi crede in me non avrà mai più sete" (Gv. 6:35). Coloro che vengono a Cristo nel modo giusto, vi vengono come peccatori consapevoli verso un Salvatore che essi sanno adatto, pienamente capace e desideroso di salvarli dai loro peccati.
Essi sono pronti ad investire in Lui tutta la loro vita, a confidare in Lui per la propria giustizia, vita e salvezza. Ecco che cosa sono incoraggiati a fare con questo gentile invito e la Sua disponibilità a dare sollievo alla loro mente in distretta.
Chi è invitato
Le persone invitate non sono "tutti" gli individui o l'umanità, ma coloro che sono "stanchi e travagliati", stanchi di vivere lontano da Dio e consapevoli di essere maledetti dal proprio peccato, coloro che desiderano riposo per la loro anima, che sentono tutto il peso della loro vita senza significato e della loro colpevolezza; coloro la cui coscienza rimorde e che sentono il giogo insopportabile della legge ed il fardello delle umane tradizioni; coloro che tanto ne sono stanchi e disgustati che farebbero di tutto per ottenere pace nella loro coscienza. Questi sono incoraggiati a venire a Lui, a deporre i loro fardelli ai Suoi piedi, ad accogliere per fede la Sua persona, la virtù del Suo sangue, la Sua giustizia, il Suo sacrificio.
"...e vi darò riposo". Allora essi otterranno autentica consolazione spirituale, consolazione che giammai potrebbero conseguire mediante le opere che la legge esige, ammesso che vogliano e possano adempierla. Il riposo è il riposo spirituale, la pace della coscienza, la serenità di mente, la tranquillità dell'anima. Essi otterranno questo attraverso l'applicazione del perdono della grazia, una giustificazione gratuita mediante la giustizia di Cristo, e la piena espiazione della pena che il loro peccato esigeva mediante il Suo sacrificio, come pure l'eterno riposo "nel seno di Abramo" cioè le braccia di Gesù, dopo la morte del loro corpo, in perfetta ed incessante comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. E' il riposo della colomba mandata da Noè sulle acque, riposo che può trovare solo nell'arca.
Guardare oltre
Certo il paradiso non può essere trovato in questo mondo. Cristo dà serenità, forza e coraggio a coloro che a Lui si affidano, ma dovranno ancora affrontare molte difficoltà. Essi però guardano avanti con speranza, insieme alla creazione intera, che attende il compiersi completo delle promesse di Dio. Come dice l'apostolo: "Io ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non sono affatto da eguagliarsi alla gloria che sarà manifestata in noi. Infatti il desiderio intenso della creazione aspetta con bramosia la manifestazione dei figli di Dio, perché la creazione è stata sottoposta alla vanità non di sua propria volontà, ma per colui che ve l'ha sottoposta, nella speranza che la creazione stessa venga essa pure liberata dalla servitú della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Infatti noi sappiamo che fino ad ora tutto il mondo creato geme insieme ed è in travaglio. E non solo esso, ma anche noi stessi, che abbiamo le primizie dello Spirito noi stessi, dico, soffriamo in noi stessi, aspettando intensamente l'adozione, la redenzione del nostro corpo" (Ro. 8:18-23).
Questa è la speranza cristiana, speranza alla quale vi invito a partecipare dopo aver deposto i vostri fardelli ai piedi di Cristo e decisi ad incamminarsi come Suoi discepoli. Molti ritengono la vita cristiana un fardello che non sono pronti ad accettare. Essi però portano ben altri fardelli! Cristo Gesù, invece, ci dice: "Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime. Perché il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero!" (Mt.11:28-30).
(Paolo Castellina, mercoledì 8 gennaio 1997. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione La Nuova Diodati, edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991).
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