Iniziamo oggi la nostra riflessione con un testo biblico tratto dal libro degli Atti dove vediamo come la prima comunità cristiana avesse risolto un problema pratico che si era posto al suo interno nel tentativo di volere e dovere vivere come il Signore Gesù aveva loro insegnato.
"In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell'assistenza quotidiana. I dodici, convocata la moltitudine dei discepoli, dissero: «Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle mense. Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Quanto a noi, continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola». Questa proposta piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia. Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani. La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede" (At. 6:1-7).
Nel libro della Genesi, al secondo capitolo, viene riportato ciò che Dio disse dopo aver creato l'uomo: "Non è bene che l'uomo sia solo". Questa frase la si ripete spesso in occasione del matrimonio, per celebrare la gioia di avere una compagna per la vita ed una famiglia: e questo è davvero un dono di Dio che ancora non sappiamo valorizzare come si conviene.
Quando Dio dice: "Non è bene che l'uomo sia solo" Egli non si riferisce solo alla benedizione della famiglia in senso stretto, ma alla Sua volontà che l'essere umano viva in una comunità allargata di persone che, legate da spirito di solidarietà e di amorevole amicizia, sovvengono ciascuno ai bisogni delle altre, secondo le proprie capacità e doni.
Il mondo moderno crea molta solitudine: non solo quella della persona non sposata, vedova o dell'anziano, ma anche la solitudine del figlio che non trova nei propri genitori la necessaria comprensione e dialogo, oppure quella della coppia che non vive un rapporto davvero soddisfacente, o anche della sempre più grande mancanza di quello che si definisce "un vero amico": una persona che ti apprezzi, ti ascolti, ti comprenda, ti consigli o semplicemente ti accompagni.
Quando Dio ha detto: "Non è bene che l'uomo sia solo" , però, Egli non ha fatto semplicemente una constatazione, non ha espresso solo un "pio desiderio" che non sapeva soddisfare, ma ha provveduto concretamente all'essere umano un compagno, una famiglia, una società, in cui l'uomo potesse trovare il proprio compimento e sostentamento.
Dio - che non è Egli stesso un essere solitario, ma la misteriosa comunione di tre Persone diverse: il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo - desidera che ogni essere umano viva in armoniosa comunione con Lui, con i propri simili e con l'intero creato.
La solitudine ed il bisogno sono prodotti del peccato, ma Dio ha provveduto affinché l'essere umano potesse essere in autentica comunione con altri e soddisfatto: in che modo? Questo progetto di comunione trova l'espressione più grande nella Persona di Gesù Cristo e nella comunità di uomini, donne e bambini che, in ogni tempo seguono Gesù come loro Signore e Salvatore, ascoltandolo come il loro Maestro. Dio intende soddisfare il bisogno di comunione dell'essere umano attraverso il progetto chiesa.
Chiesa dunque. A che cosa pensate quando sentite parlare di "chiesa"? Forse ad una costruzione di pietra con tanto di campanile e di campane dove si celebra il culto e riti come battesimi e confermazioni? Forse pensate all'ora di religione oppure al pastore o a qualche istituzione lontana... La chiesa, secondo la Bibbia non viene definita dagli edifici che possiede o dalle attività che vi si svolgono. Secondo il messaggio della Bibbia, la chiesa non è questo. Chiesa è l'insieme, la comunità, di quelle persone che hanno il Gesù Cristo come Signore e Salvatore della loro vita e che vivono con fiducia ed ubbidienza a Lui imparando a pensare, a parlare ed agire come Lui e come Lui comanda.
E' nel contesto della comunità cristiana che Dio vuole realizzare quell'intesa, quella solidarietà, quella comprensione, quell'amicizia, quella comunione di intenti e cooperazione a cui ciascuno di noi tanto anela.
I primi cristiani, ed il modello normativo che essi rappresentano nei piani di Dio, vivevano in gruppi che formavano come delle famiglie allargate dove ciascuno, secondo le proprie possibilità e doni sovveniva ai bisogni dell'altro. La vita comunitaria era così feconda che molti venivano attratti alla fede in Cristo non solo dalla predicazione dell'Evangelo, ma anche dalla qualità dei rapporti che essi avevano l'uno con l'altro, dall'amore che manifestavano verso di tutti. Ascoltate per esempio un testo molto bello che descrive quanto avveniva nella loro comunità cristiana.
La vita della comunità. "Essi ascoltavano con assiduità l'insegnamento degli apostoli, vivevano insieme fraternamente, partecipavano alla Cena del Signore e pregavano insieme. Dio faceva molti miracoli e prodigi per mezzo degli apostoli: per questo ognuno era preso da timore. Tutti i credenti vivevano insieme e mettevano in comune tutto quello che possedevano. Vendevano le loro proprietà e i loro beni e distribuivano i soldi fra tutti, secondo le necessità di ciascuno. Ogni giorno, tutti insieme, frequentavano il tempio. Spezzavano il pane nelle loro case e mangiavano con gioia e semplicità di cuore. Lodavano Dio, ed erano benvisti da tutta la gente. Di giorno in giorno il Signore faceva crescere il numero di quelli che giungevano alla salvezza" (At. 2:41-47 TILC).
Nel testo che abbiamo letto all'inizio della nostra riflessione vediamo un esempio di come la prima comunità cristiana risolvesse i problemi pratici che sorgevano al suo interno e come applicassero alla loro vita il principio di solidarietà e di amore che avevano imparato da Cristo. Esaminiamo il testo.
"In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell'assistenza quotidiana" (1).
Qui vediamo innanzitutto come la prima comunità cristiana si occupasse ad assistere quelle donne alle quali era morto il marito e che si trovavano così senza assistenza. C'era un interesse specifico e continuato della comunità cristiana verso quelle persone a cui mancavano i mezzi per vivere.
Chi si occupa oggi dei bisogni di coloro che non riescono del tutto a provvedere per sé stessi? I loro parenti, lo Stato, le assicurazioni sociali, oppure vengono lasciati spesso a sé stessi. Quante volte si dice: "Di quello li qualcuno ci penserà!... Che me ne importa? Non è mia responsabilità... Non è mio parente... non fa parte del nostro giro...
Il Signore però dà il compito al cristiano, a Colui che segue con fiducia ed ubbidienza per vivere come Lui ha vissuto, alla comunità dei cristiani di interessarsi direttamente di tutti coloro che intorno a noi sono nel bisogno, materialmente, ma anche spiritualmente, sovvenendo in questo caso alla solitudine delle vedove. Siamo noi sensibili verso i bisogni degli altri come lo sarebbe stato il Signore Gesù, di cui noi ci dichiariamo discepoli?
C'era però allora anche il problema che si tendeva ad aiutare solo "la propria gente". Aiutiamo noi solo chi è come noi? Chi fa parte della nostra famiglia, del nostro paese, della nostra nazione? E gli altri? E' nostra responsabilità aiutare chi è diverso da noi? Il Signore Gesù però non faceva distinzione fra le persone. Colui che ha amato *il mondo* fino a dare la Sua vita per noi certo non avrebbe fatto distinzione di razza, nazionalità, religione, lingua, condizione sociale. L'amore solidale doveva estendersi a tutti.
"I dodici, convocata la moltitudine dei discepoli, dissero: «Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle mense" (2).
Chi poi doveva praticamente darsi da fare per sovvenire a questi bisogni? Anche allora c'era la tendenza molto umana, nella comunità cristiana, a delegare questo compito ai ...pastori, come se la responsabilità della solidarietà cadesse solo su coloro che erano stati chiamati da Dio al servizio a pieno tempo soltanto. "Lo faccia chi è pagato per quello..." si sente dire.
I pastori e gli evangelisti avevano un compito altrettanto importante dell'assistenza sociale: la predicazione della Parola di Dio. Essi non avrebbero dovuto trascurare la predicazione per impegnarsi in opere di assistenza sociale. "Non di solo pane vive l'uomo" diceva Gesù. Il compito della predicazione era altrettanto importante che la solidarietà sociale, perché la predicazione della Parola di Dio è lo strumento che Dio ha scelto per trasformare i cuori e le menti delle persone. L'ingiustizia sociale nasce dal cuore cattivo dell'uomo ed essa può essere prevenuta alla radice portando uomini e donne alla conversione. E' nel cuore umano, infatti, che risiede la sorgente dell'amore che poi permetterà ad ognuno di proiettare il proprio interesse da sé stesso agli altri. Il compito della predicazione non andava quindi trascurato, ma doveva andare di pari passo con l'aiuto materiale e morale.
"Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico" (3).
Gli apostoli, così vengono condotti dal Signore ad incaricare in modo particolare per l'assistenza sociale persone scelte nella comunità stessa. Notate come esse avevano dovuto essere loro stesse (1) Persone bene accette ed apprezzate da tutti; (2) persone trasformate interiormente dallo Spirito Santo, perché solo lo Spirito Santo di Dio, oltre ai doni ed alle capacità per il servizio, può dare un cuore pieno di amore e di interesse per gli altri, un cuore pronto al sacrificio e a mettere da parte i propri interessi ed il proprio egoismo; (3) ma anche persone molto sagge per trattare con sapienza ogni caso che si sarebbe loro presentato. Sono caratteristiche di base, queste per ogni cristiano che si impegna in un particolare campo di servizio. Queste caratteristiche devono pure essere le nostre, perché chi in un modo, chi in un alto, il Signore chiama ogni cristiano a servirLo.
"Quanto a noi, continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola" (4).
Compito degli apostoli era non soltanto la predicazione, ma in modo particolare anche la preghiera. Essi dovevano in modo particolare parlare al popolo da parte di Dio e presentare al Signore in preghiera le persone affinché le benedicesse. E' un compito che pure richiede tempo ed impegno.
Che cos'è la preghiera se non il mettersi consapevolmente in comunione con Dio per trarre da Lui la forza e la sapienza necessaria al servizio cristiano? Che altro se non l'incontro con Dio nella preghiera ci può essere di stimolo per aiutarci a vincere la pigrizia e l'egoismo, tendenze queste sempre latenti anche nel miglior credente?
"Questa proposta piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia. Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani" (5,6).
Qui abbiamo l'elenco dei primi sette che erano stati eletti ad occuparsi particolarmente dell'assistenza sociale. Vengono condotti davanti agli Apostoli che come testimoni diretti del Signore Gesù legittimano ufficialmente il loro incarico davanti a tutti e pregano il Signore affinché Egli conceda loro gli strumenti ed i doni spirituali che saranno a loro disposizione per rendere il loro servizio sempre più efficace. Ogni incarico che il Signore ci affida è cosa seria e solenne, che dobbiamo portare avanti con il massimo impegno con la forza e la sapienza che solo il Signore ci può dare. L'imposizione delle mani e la preghiera (che è il sale che santifica ogni cosa) è il segno dell'importanza e della solennità del servizio da rendere a chiunque sia in bisogno. Non è questa cosa accessoria della vita cristiana, ma cosa qualificante della fede cristiana. "Dal vostro amore riconosceranno che siete miei discepoli" aveva detto Gesù.
"La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede" (7).
Ecco così che la Parola di Dio si diffonde sempre di più ed un grande numero di persone giunge alla salvezza tramite la fede in Cristo Gesù. Quando succede questo? Quando vediamo in questo testo che la fede cristiana ha successo e si diffonde? Quando siamo di fronte alla predicazione fedele dell'Evangelo, ma anche quando questa predicazione viene accompagnata e confermata da una comunità cristiana dove "si tocca con mano" l'amore e la solidarietà che vige non solo al suo interno, ma che "trabocca" per abbracciare ogni persona dell'ambiente circostante, un amore impegnato e serio, solennemente sancito da un patto e potenziato tramite la pratica della comunione con Dio.
Com'è brutto essere soli ed essere nel bisogno! Lo sa chi è in questa situazione. Proviamo però a immaginarci nei panni delle persone sole, delle persone senza lavoro, delle persone malate, delle persone senza casa, senza amici... Il Signore Gesù era sensibile ai bisogni di tutti. Egli amava senza nulla chiedere in contraccambio, amava senza secondi fini. Così voleva che i Suoi discepoli pure facessero, perché la guarigione dei mali del mondo trova il suo punto focale proprio nel progetto "chiesa cristiana", comunità di uomini e donne che Dio trasforma e proietta verso gli altri affinché ognuno possa vivere una vita degna di questo nome. Spiritualmente e materialmente. Dio ha chiamato noi a far parte di questo Suo progetto e nulla di meno di quanto Egli faceva e faceva la prima comunità cristiana deve essere obiettivo di base del nostro essere cristiani.
[Paolo Castellina, sabato, 31. agosto 1996. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla Versione Nuova Riveduta, società Biblica di Ginevra, 1994].