Quando Gesù è nostro ospite...


Ospitalità

L'ospitalità, cioè accogliere in casa propria, in maniera benevole, cortese, con garbo e premura, altre persone, è uno dei valori qualificanti della fede cristiana. Ci basti ricordare l'apostolo Pietro, che ci esorta con queste parole: "Siate ospitali gli uni verso gli altri, senza mormorare" (1 Pi. 4:9), oppure l'apostolo Paolo che dice: "provvedete alle necessità dei santi, esercitando con premura l'ospitalità" (Ro. 12:13). Rammentiamoci pure di quel versetto che dice: "Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni praticandola, senza saperlo, hanno ospitato angeli" (Eb. 13:2).

Il concetto si applica molto bene all'ospite migliore che mai potremmo avere in casa nostra: il Signore e Salvatore Gesù Cristo. I cristiani, infatti, sono coloro che "ricevono Gesù nella propria casa", cioè coloro che accolgono nella propria vita personale e famigliare Gesù come Colui che li salva dai loro peccati, li riconcilia con Dio e li guida ad essere in ogni cosa persone gradite a Dio. Naturalmente non si tratterà per loro di un ...ospite temporaneo perché coloro che "gustano" quanto il Signore sia buono, non vorranno mai più privarsi della Sua presenza.

E' anche per questo che il culto cristiano è qualcosa a cui il credente partecipa sempre con grande gioia perché il tipico incontro dei cristiani la domenica non è tanto un'occasione per socializzare con i fratelli e le sorelle nella fede, ma una rinnovata e speciale opportunità per fare l'esperienza della presenza fra di loro di Cristo, come dice la Sua stessa promessa: "Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro" (Mt. 18:20). Noi crediamo che Cristo mantiene ciò che ha promesso, per questo nel culto, con rispetto, noi riconosciamo la Sua presenza e Gli diamo il benvenuto.

Il testo biblico

Vorrei presentarvi oggi un breve testo biblico che potrebbe avere per titolo: Come vivere alla presenza di Cristo: piccolo manuale di buon comportamento quando Cristo è "ospite" in casa nostra. In questo racconto troviamo appunto il Signore Gesù come ospite della casa di due sorelle, di nome Marta e Maria. Ascoltiamolo:


"Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio; e una donna, di nome Marta, lo ricevette in casa sua. Marta aveva una sorella chiamata Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola. Ma Marta, tutta presa dalle faccende domestiche, venne e disse: «Signore, non ti importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta». (Lu. 10:38-42).


Due atteggiamenti

Si tratta di un testo per altro ben conosciuto dove queste due donne, Marta e Maria, rappresentano due personalità ben riconoscibili, due caratteri, due comportamenti tipici. Marta è "tutta presa dalle faccende domestiche". Essa, tradizionalmente, è la persona "che si dà da fare", la persona "d'azione", dinamica ed efficiente, che "non sa stare con le mani in mano", mentre Maria, che si siede ai piedi di Gesù per ascoltarlo, è la persona "contemplativa", "studiosa" a cui piace ascoltare e parlare. Attenzione però a non trarre conclusioni affrettate sul messaggio di questo testo.

Oggi Marta è forse la persona più difesa di tutta la Bibbia: guai a dire qualcosa contro Marta perché se lo fate sarete subito rimproverati da commenti come: "Lei si sta lavorando! Se tutti stessero sempre li seduti a meditare, le cose non verrebbero mai fatte! Qualcuno deve pure lavorare, non è vero?". Anche in molte prediche tratte da questo testo, Marta viene elevata al livello della santità. Un buon titolo di sermone potrebbe essere: "Le mani di Marta ed il cuore di Maria": purtroppo però esso avrebbe ben poco a che fare con il vero messaggio di questo brano. Di fatti qui Gesù non loda le mani di Marta e neanche le nostre. Gesù loda il cuore di Maria per aver privilegiato la comunione con Lui piuttosto che la necessità di "fargli piacere" servendolo, il rapporto personale piuttosto che presumere di conquistarsi la Sua approvazione facendo qualcosa "per" Lui. Maria aveva compreso l'importanza, il maggior valore, dell'essere rispetto al fare ed all'apparire.

Non "fare", ma "essere"

La storia di Marta e Maria non riguarda la questione su chi debba lavare i piatti, spazzare il pavimento e preparare il pranzo. Gesù rimprovera a Marta come lei sia troppo occupata a fare qualcosa per Lui e non abbia tempo di stare con Lui. Il messaggio di questo racconto sottolinea l'importanza non tanto di "fare", ma di intrattenere uno stretto rapporto con Gesù. Oggi molti vedono la religione come il dovere di fare qualcosa per Dio o per il prossimo. E' un errore. Gesù dice: "La prima cosa che dovresti fare è cercare e coltivare un rapporto vitale con Me".

Inoltre, non ci sono "condizioni da adempiere" per poter entrare in rapporto con Gesù. Non devi presumere che "prima" tu ne debba "essere degno", non è necessario "prima" attirare la Sua attenzione su di te facendoGli vedere quanto tu sia bravo, quasi che tu dovessi prima "conquistare" la Sua approvazione. No. Gesù andava a cercare proprio quelli che non sarebbero mai stati degni di lui: gente di cattiva reputazione, prostitute, gente disonesta, criminali... Non c'erano "precondizioni" per incontrare Gesù, in fondo non c'è nessuno che sia degno di stare alla Sua presenza, ma Gesù cercava di stabilire un rapporto con la gente per salvarla dai loro peccati, per "cambiarla dentro", per trasformarla e per metterla in grado di pensare, parlare ed agire in modo conforme alla volontà di Dio.

Vi immaginate Marta che dalla cucina saluta Gesù che sta nel soggiorno e che gli dice: "E' meraviglioso che tu sia venuto proprio in casa nostra, Signore. Non ho tempo però di stare in tua compagnia: ho da fare perché devo mettere a posto la casa affinché sia in ordine e degna della tua visita, e poi debbo prepararti un magnifico pranzo. Anzi, sgrida Maria e dille che venga ad aiutarmi invece che stare li con te!".

E' un atteggiamento caratteristico di chi presume si debba fare qualcosa per Cristo. Tutti dovrebbero fare come loro. Non solo Marta vede il significato della sua vita nel dover "fare", ma pure giudica tutti gli altri con lo stesso metro! Nella mente di Marta, Maria sbagliava nel non stare li ad aiutarla a preparare il pranzo per Gesù. Gesù così la corregge spiegandole l'importanza e la priorità dell'essere sul fare. Con Gesù l'essere precede sempre il fare.

Davvero lavorava per Gesù?

Gesù diceva che Maria aveva scelto "la parte buona che non le sarà tolta" e Marta ciò che era secondario. Il nostro personale rapporto con Cristo, il nostro incontro con la Sua Parola, la preghiera, la riflessione, deve avere la priorità. Nulla può essere di ostacolo a questo. Non c'è lavoro che possiamo fare, nemmeno lavoro spirituale, che possa sostituirsi al personale nostro rapporto con Cristo, stare con Lui, focalizzare su di Lui la nostra vita ed il nostro tempo.

Se Marta avesse privilegiato il rapporto con Gesù, a suo tempo anche le faccende domestiche sarebbero state completate e probabilmente con maggiore gioia. Maria e anche lo stesso Gesù avrebbero poi fatto ciò che era necessario per aiutare.

Se Marta fosse stata onesta, avrebbe ammesso che in realtà non stava lavorando per Gesù, ma per sé stessa, per soddisfare il proprio bisogno di significato nella Sua vita. Il significato della propria vita, infatti, lo si scopre non "facendo" qualcosa per Gesù, ma "stando" in Sua compagnia.

Chiediamoci perciò: Da che cosa traggo io il significato della mia vita? Potrei identificarmi più con Marta o con Maria, e perché? Quali sono "le molte cose" che mi distraggono, mi preoccupano indebitamente e mi danno da pensare al punto da non potermi concentrare su ciò che Dio considera "la parte buona"? Se mi concentrassi su "la parte buona", "le molte cose" non verrebbero forse ancora svolte? Gesù disse: "Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno" (Mt. 6:33). Che cosa ha bisogno di succedere nella mia vita per poter avere lo stesso atteggiamento che Maria aveva avuto con Gesù?

Non lavorare ma essere lavorati...

Non è in discussione qui il concetto di lavoro, ma in discussione è ciò che siamo: sono io ciò che dovrei essere agli occhi di Dio? Si, agli occhi di Dio non siamo quello che dovremmo essere: la risposta a questa situazione, però, non è darsi da fare per apparire quello che non si è oppure sforzarsi di diventare migliori... la risposta è: accostarsi al Salvatore Gesù Cristo affinché Egli lavori su di noi per cambiarci! E' in Cristo Gesù che Dio ha posto ciò che solo può essere efficace per la trasformazione, la conversione del nostro essere.

Rammentate che cosa disse l'apostolo Paolo a questo riguardo parlando ai cristiani di Efeso? "...infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché nessuno se ne vanti; infatti siamo opera sua, essendo stati creati in Cristo Gesù per fare le opere buone, che Dio ha precedentemente preparate affinché le pratichiamo" (Ef. 2:10,11).

Questo testo è chiaro ed esplicito. (1) La nostra accettabilità da parte di Dio non è il risultato dei nostri sforzi, delle nostre opere, di ciò che "facciamo". (2) La nostra accettabilità davanti a Dio dipende dall'opera rigeneratrice di Dio che prende la nostra vita e la ricrea. Quando avviene questo? (3) Quando con fiducia noi ci accostiamo a Cristo Gesù ed Egli opera nella nostra vita la necessaria trasformazione. (4) Allora noi potremo effettivamente operare, "fare opere buone", non quelle che noi riteniamo di dover fare, ma quelle che Lui per noi ha predisposto.

Marta è dunque colei che pretende di operare senza essere stata rigenerata da Cristo, Maria è colei che "stando ai piedi di Gesù", ed ascoltandolo, "si fa lavorare" da Gesù! Stare ai piedi di Gesù, così, non è atto di presunzione da parte di una Maria pigra che non vuole lavorare e che si farebbe solo servire... Maria dimostra umiltà e disponibilità riconoscendo il proprio bisogno che solo Cristo può soddisfare. E' Marta che - in modo arrogante - pretende di saper lavorare, e non si accorge di soddisfare così solo il suo amor proprio.

Implicazioni

Comprendete come tutto questo comporti notevoli implicazioni, non solo sulla nostra vita personale, atteggiamenti, motivazioni, ma anche nella nostra vita come chiesa cristiana.

Sempre più spesso oggi si intende la vita cristiana come "servizio sociale" e sempre meno come culto e contemplazione. Certo, il servizio sociale è ben giustificato dalle oggettive esigenze che come cristiani dobbiamo soddisfare. E' come se però noi fossimo un autocarro destinato - come giusto - al lavoro, un autocarro che noi pretendiamo faccia il suo servizio e che spesso, nella sua "pesantezza" non si muove. Ci arrabbiamo perché sta fermo, lo spingiamo con tutte le nostre forze, ma inutilmente. Qual è il problema? Il problema è che gli manca il carburante, o che il carburante che aveva nel serbatoio era troppo poco!

E' inutile "arrabbiarci" perché magari la chiesa cristiana è "pesante": si muoverà quando ciascuno dei suoi membri attingerà regolarmente dal culto, dall'incontro personale con il Signore Gesù "il carburante" di cui ha bisogno. ...e per "culto" non intendo un culto formale, ma qualcosa che ci interroghi personalmente, ci metta in questione, ci guarisca, ci trasformi. Questo potrebbe avvenire in due importanti modi: nella pratica quotidiana a livello personale della preghiera e della meditazione della Parola di Dio, ma ancor di più in un piccolo gruppo di credenti che si incontrano regolarmente per incontrare Cristo e, incontrando Cristo, stimolarci reciprocamente, incoraggiarsi, sostenersi, controllarsi, riprendersi.

Il riformatore Martin Lutero, nel discutere delle tre necessarie forme di culto da lui reputate necessarie, scrisse: "...La terza forma, che dovrebbe essere la vera maniera dell'ordine liturgico evangelico, non si dovrebbe praticare così sulla pubblica piazza in mezzo a tutto il popolo. Coloro che desiderano essere seriamente cristiani e confessare il Vangelo con atti e con parole, dovrebbero iscriversi nominalmente e radunarsi a parte, in qualche casa, per la preghiera, per la lettura, il battesimo, la celebrazione del sacramento, e la pratica di altre opere cristiane. In quest'ordine del culto si può riconoscere, punire, emendare, espellere o scomunicare quanti non si conducono da cristiani, secondo la regola di Cristo... Non sarebbero necessari inni numerosi e lunghi. Si potrebbe pure osservare una breve forma per il battesimo e il sacramento, e centrare tutto sulla Parola e la preghiera e la carità... In breve, se vi fossero delle persone seriamente desiderose di essere cristiane, gli ordini per il culto e le forme liturgiche sarebbero presto create...". Ai suoi tempi il Riformatore non aveva potuto organizzare tali cellule cristiane, ma se n'era dichiarato disponibile fintanto che avesse trovato: "...cristiani, che prendono la Parola sul serio, si ritrovino fra di loro e chiedano che ci si occupi di loro" (1).

Chi vogliamo essere?

A chi assomigliamo noi, dunque, a Marta, che il Signore riprende, oppure a Maria, che sta ai piedi di Gesù?

Molti di noi sono cristiani del tipo di Marta, tutti focalizzati sull'attivismo malinteso. A volte "studiare" Cristo o "fare qualcosa per Lui" è più comodo che avere un rapporto personale con Lui. Ecco perché forse difendiamo Marta. L'attivismo fine a sé stesso, però finirà con l'uccidere la libertà, la grazia e la gioia di servire Cristo, personalmente o in gruppo.

L'approccio di Marta è "eseguire servizi" per Cristo, aspettarsi che altri aiutino a fare qualcosa per Cristo, far si che qualcosa accada per Cristo, prepararsi per la presenza o la venuta di Cristo, far si che tutto funzioni alla perfezione per Cristo, coordinare il programma stesso di Cristo, essere così indaffarati per Cristo al punto della distrazione, lamentarsi con Cristo dello scarso servizio altrui, adempiere al proprio dovere anche se ne soffre il rapporto personale: in una parola: focalizzare la propria attenzione su ciò che è secondario...

L'approccio di Maria però è: cercare la presenza di Cristo e coltivarla, sedersi ai piedi di Cristo, guardare il volto di Cristo, udire la voce di Cristo, ricevere la forza di Cristo, attendersi che Cristo risani ogni nostra ferita, sentire su di sé il delicato tocco di Cristo, far esperienza dell'incondizionata accettazione da parte di Cristo, "rilassarsi" nell'amore di Cristo come un bimbo fra le braccia della propria mamma, far esperienza della libertà in Cristo, abbandonare in Cristo ogni paura, far la volontà di Cristo dal senso traboccante della Sua presenza. In una parola: focalizzarsi soprattutto su ciò che è il meglio!

Conclusione

All'inizio della nostra riflessione abbiamo accennato all'ospitalità come ad una delle virtù cardinali della fede cristiana. Questa è sicuramente un'opera impegnativa che noi potremmo fare in nome di Cristo e "per" Cristo. Essa diventerebbe un attivismo negativo se pretendessimo così di adempiere "un dovere" che non nasce da un autentico rapporto personale con Cristo; potrebbe essere la pretesa da parte nostra di "guadagnarci" il favore di Cristo a prescindere dalla Sua opera efficace per noi, oppure potrebbe essere una semplice soddisfazione del nostro amor proprio per trovare in questo motivo di compiacere a noi stessi oppure ad altri....

Quando udiamo così la parola "ospitalità" pensiamo alla priorità di avere Cristo come Ospite, Signore e Salvatore della nostra vita, all'importanza non già di "impegnarci", ma di stare umilmente ai Suoi piedi per ascoltarlo, esserne istruiti e permettere che Egli operi nella nostra vita. Solo allora Egli ci guiderà ad operare le Sue opere nello spirito giusto, il Suo. E' lo spirito di chi, completamente dimentico di sé stesso, senza nessun altro fine che quello del bene degli altri, ha dato Sé stesso completamente per noi affinché noi diventassimo le creature che Dio aveva inteso fin dall'inizio che noi fossimo.

[Paolo Castellina, venerdì, 9. agosto 1996. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla Versione Nuova Riveduta, società Biblica di Ginevra, 1994].

Nota

(1) Da "Messa in Volgare e ordine del servizio divino" (1526), in Scritti religiosi di Martin Lutero, a cura di V. Vinay, Torino: UTET 1967 pp. 657-659.


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