...ma che vuole da noi questo Dio, dopotutto?
Un anelito irrefrenabile
Blaise Pascal scrisse: "A chi
grideremo e a chi ricorreremo se non a Dio? Tutto ciò che non è Lui non può
colmare le nostre attese. E’ Dio stesso che nel labirinto delle cose noi
cerchiamo, ed è a Lui solo che dobbiamo rivolgerci per ottenerlo".
In un mondo come il nostro, dove sembra
prevalere l’assenza più completa di Dio dalle coscienze e dagli interessi dei
più, l’anelito di chi desidera conoscere Dio ed incontrarsi con Lui ci pare
strano, lontano, irrilevante per quelli che riteniamo "i veri
problemi" del nostro tempo. Eppure "i veri problemi" del
nostro tempo traggono la loro origine ultima proprio da questa fondamentale
cecità ed insensibilità dell’"uomo medio" verso Dio, fonte e
sostentamento di ogni vita.
Grazie a Dio, però, ancora vi sono uomini
e donne che vogliono elevarsi oltre la densa e grigia coltre di smog morale e
spirituale che avvolge e rovina questo mondo per raggiungere l’aria pura e
luminosa di Dio. Sono uomini e donne che si pongono delle domande: come
giungere a Dio? Come stabilire un significativo rapporto con Lui? Come
contribuire a far si che l’aria pura e fresca di Dio sia "respirata"
pure dalla gente che li circonda?
Il testo di oggi, al capitolo 6 del libro
del profeta Michea (6-8), ci propone un breve dialogo proprio fra una persona
che sinceramente si pone il problema di come avvicinarsi a Dio e il profeta
stesso, Suo portavoce.
Il primo dice: Con che cosa verrò in
presenza del Signore e mi inchinerò davanti al Dio eccelso? Verrò in Sua
presenza con olocausti, con vitelli di un anno? Gradirà il Signore le migliaia
di montoni, le miriadi di fiumi d’olio? Dovrò offrire il mio primogenito per la
mia trasgressione, il frutto delle mie viscere per il mio peccato?"
E il profeta risponde: "O uomo,
Egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; che altro richiede da te il Signore,
se non che tu pratichi la giustizia, che tu ami la misericordia e cammini
umilmente con il tuo Dio?".
I. La penetrante domanda di ogni
anima risvegliata
Si, "Con che cosa verrò in
presenza del Signore e mi inchinerò davanti al Dio eccelso?": è la
domanda che si pone un uomo o una donna che potremmo considerare
"spiritualmente risvegliato". Un’altra immagine che descrive la
condizione umana potrebbe infatti essere quella di un profondo sonno
spirituale, simile alla morte, che avvolge l’umanità. Tante persone intorno a
noi non solo non si pongono il problema del "come" rapportarsi a Dio,
ma a loro non piace pensare a Dio e certamente nemmeno prendere in seria
considerazione ciò che Dio esige dalle Sue creature umane. Si ostinano a non
volerlo fare e sono maestri nell’inventarsi scuse per non farlo.
1. Fonte di gioia. Un’anima risvegliata però sente in cuor suo come
la sua maggiore felicità consista proprio nel venire alla presenza di Dio.
E’ la consapevolezza di chi è stato
portato a sentire quale sia di fatto quell’una sola cosa necessaria di
nostro giovamento, che ci possa soddisfare e dare gioia. Ricordate l’episodio
in cui il Signore Gesù entra come ospite in casa di due sorelle, Marta e Maria.
Marta però "è tutta presa dalle faccende domestiche", mentre
Maria si siede volentieri e con gioia ai piedi di Gesù per ascoltarLo
dimenticando tutto il resto. Gesù però dice a Marta: "Marta, Marta, tu
ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria
ha scelto la parte buona che non le sarà tolta" (Lu. 10:41,42).
E’ la stessa gioia che esprimono gli
autori dei Salmi quando esclamano: "Tu mi hai messo in cuore più gioia
di quella che essi provano quando..." essi abbondano dei beni di
questo mondo (Sl. 4:7); "Tu mi insegni la via della vita; vi sono gioie
a sazietà in tua presenza; alla tua destra vi sono delizie in eterno"
(Sl. 16:11); "Tutte le fonti della mia gioia sono in Te" (Sl.
87:7).
Era la stessa gioia che sentivano Adamo ed
Eva prima della Caduta. E’ la gioia dei santi angeli che, come descrive il
libro dell’Apocalisse, cantano intorno al trono di Dio. Non c’è nulla di meglio
per un credente incontrarsi con Dio nel culto, nella preghiera, nella Sua
Parola, condividere questa gioia con altri.
2. Le difficoltà dell’approccio. Un’anima risvegliata, però, sente che vi sono anche
difficoltà nel presentarsi davanti a Dio. Sono difficoltà sono di due tipi:
a. Essi conoscono la loro natura di
peccatori. Quando Dio davvero risveglia un’anima, Egli le mostra quanto sia
bassa ed odiosa la sua natura. Essa rivolge il suo occhio nell’interiore e vede
come non vi sia nulla di buono.
b. Essi giungono a conoscere la natura di
Dio, l’eccelso. Quando Dio davvero risveglia un’anima, infrange la dura
corazza della sua insensibilità Egli generalmente le rivela qualcosa della Sua
propria santità e maestà.
Considerate i casi di Isaia e di Giobbe.
Il "santo" profeta Isaia, il prescelto da Dio è consapevole della sua
indegnità. Quando gli viene concessa la visione della gloria di Dio esclama: "Guai
a me, sono perduto! Poiché io sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo
ad un popolo dalle labbra impure" (Is. 6:5). E non si tratta da parte
sua di una falsa umiltà, perché effettivamente Dio farà in modo di purificarlo
e renderlo degno di diventare Suo ministro. Giobbe, che pure era uomo
irreprensibile, davanti a Dio che si rivela a Lui e lo interpella, esclama: "Ecco,
io sono troppo meschino; che ti potrei rispondere? Io mi metto la mano sulla
bocca" (Gb. 40:4). Ricordate ancora il centurione romano che chiede a
Gesù una guarigione ma ferma Gesù sulla porta di casa sua dicendo: "Signore,
io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ solo una parola e il
mio servo sarà guarito" (Mt. 8:8).
L’anima risvegliata sa che la
realizzazione maggiore di sé stessa si trova nel rapporto con Dio, ma guardando
a sé stessa e considerando la natura di Dio, si pone il problema di come questo
rapporto sia di fatto possibile. "Con che cosa verrò in presenza del
Signore e mi inchinerò davanti al Dio eccelso?" (6).
II. La risposta di pace all’anima
risvegliata
Ed ecco così come l’anima risvegliata
sarebbe pronta a fare di tutto pur di essere in pace con Dio ed in comunione
con Lui. Questo è il senso delle espressioni dell’uomo nel nostro testo di base
che dice: "Verrò in Sua presenza con olocausti, con vitelli di un anno?
Gradirà il Signore le migliaia di montoni, le miriadi di fiumi d’olio? Dovrò
offrire il mio primogenito per la mia trasgressione, il frutto delle mie
viscere per il mio peccato?".
1. L’inefficacia delle opere umana. Si tratta della risposta che un uomo di quel tempo
e di quella cultura poteva dare alla domanda di come propiziarsi il favore di
Dio. Tutte le culture dell’antichità e molte ancora oggi, praticavano il
sacrificio rituale per propiziarsi la divinità. Portavano al tempio i loro beni
migliori (prodotti dei campi, bestiame, olio, vino) e lo bruciavano su un
altare per dimostrare di quanto fossero pronti a privarsi pur di essere in pace
con Dio. Oggi, per Dio, molti non riescono nemmeno a "sacrificare" un’ora
della loro settimana, e con quanta malavoglia pagano le imposte per sostenere
la chiesa di cui essi sono membri e che le permette di svolgere il suo
servizio.
L’uomo del nostro testo era disposto
persino a sacrificare il suo proprio figlio, se fosse stato necessario, pur di
avere libero accesso a Dio! Quello che oggi molti considererebbero follia e
fanatismo, in realtà era la più alta dimostrazione di amore e dedizione che un
uomo potesse avere per Dio.
Dio però dice no. "Il tuo
atteggiamento lo apprezzo, ma non è questo che io desidero". Così Dio gli
parla attraverso il profeta e gli dice: "O uomo, Egli ti ha fatto
conoscere ciò che è bene" (8).
Egli scopre che nulla che l’uomo possa
portare con sé lo potrà far considerare giusto davanti a Dio: potranno essere
anche azioni lodevoli, ma nulla che l’essere umano può fare può riparare lo
strappo che lo separa da Dio, colmare l’abisso che si frappone fra la sua
natura radicalmente corrotta e la santità di Dio.
L’uomo naturale crede di poter offrire a
Dio le sue lacrime, l’adempimento di qualche dovere religioso, la correzione di
qualche suo difetto, le sue pratiche religiose, le sue buone opere... ma
nessuno, dice la parola di Dio, potrà essere considerato giusto ed accettevole
a Dio sulla base di una sorta di contrattazione con Dio: io ti do questo e tu
mi dai quell’altro. C’è una radicale differenza fra ciò che ispira le religioni
umane e ciò che Dio rivela esserGli accettevole. I criteri che valgono fra i
rapporti umani e nelle religioni di questo mondo non valgono nella prospettiva
di Dio. "‘Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le
vostre vie sono le miei vie’ dice il Signore" (Is. 55:8). Indubbiamente
questo offende l’orgoglio umano, ma, davanti a Dio anche le migliori opere non
sono che stracci indegni. Il profeta Isaia è consapevole di questo quando dice:
"Tutti quanti siamo diventati come l’uomo impuro, tutta la nostra
giustizia come un abito sporco" (Is. 64:5). Davanti a Dio non vale ciò
che noi riteniamo possa valere, ma ciò che la Sua Parola ritiene valido.
"O uomo, Egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene" (8).
2. Il motivo dell’insufficienza delle
opere umane. Perché le opere umane
non sono sufficienti?
(a) Perché il cuore umano continua ad
essere fondamentalmente corrotto. Qualche buona azione, l’adempimento di
qualche rito religioso non cambia la natura profonda dell’uomo che rimane
corrotta. L’"albero" è cattivo.
(b) Perché quand’anche questa giustizia
fosse perfetta, essa non potrebbe controbilanciare o cancellare il nostro
passato. La ribellione umana verso Dio ha offeso la santità infinita di Dio. Un
muro invalicabile è stato posto fra noi e "il giardino" dove si
poteva godere della presenta di Dio. Angeli con spade fiammeggianti ne
impediscono all’uomo l’accesso.
3. Il mezzo che Dio ha stabilito. Dio ci ha fatto conoscere "ciò che è
bene" : non quello che noi riteniamo valido, non le opere che
noi supponiamo valide, ma l’unica opera efficace che possa permetterci di
comparire irreprensibili di fronte a Dio: quella del Salvatore Gesù Cristo.
Egli è "la buona via" che conduce al Padre. E’ camminando su questa
via soltanto che arriveremo a Dio. Dio ha sbarrato ogni altra via, ogni altra
via è ingannevole e fallace.
(a) Perché Egli solo è adatto. Dio
ha stabilito Gesù come l’unico e solo "rappresentante legale",
"avvocato", e mediatore per l’essere umano che Dio accetti perché
tale è stato da Lui stabilito. Egli solo è essenzialmente accettevole a Dio e
privo di peccato. Egli è l’unico possibile "santo intercessore"
attraverso il quale noi abbiamo accesso a Dio, l’unico affidandoci al quale
abbiamo sicuro accesso a Dio. Ogni altra presunta via è falsa, ogni altro presunto
intercessore non è che "un ladro ed un brigante".
(b) Perché è espressione di un dono
totale. Perché Dio in Cristo vuole farci immeritatamente dono di Sé stesso.
Quello che noi non riuscivamo a fare, Dio l’ha fatto per noi donandoci una via
infallibile, la Sua carne, la Sua giustizia, la Sua santità, il Suo sacrificio,
la Sua morte in croce, il Suo potere di risurrezione e vita eterna. Dopo tutto
questo com’è possibile ancora presumere che la nostra cosiddetta giustizia,
santità, sacrifici e impulsi possano valere? Non sarebbe un’offesa per Dio
pretenderlo dopo ciò che Egli ha compiuto in Cristo?
(c) Perché è l’unica che veramente
glorifichi Dio. Tutte le altre vie di salvezza glorificano l’uomo. Quante
opere religiose umane servono solo per glorificare sé stessi, farsi belli
davanti a Dio ed agli altri, sono ancora e sempre lo sforzo egoistico di
"salvare sé stessi" davanti a Dio. Quali opere umane sono davvero
disinteressate e fatte soltanto per dare gloria a Dio? Quale "santo"
secondo i criteri umani potrebbe dire: "Io accetterei anche di essere
dannato eternamente ed il mio nome dimenticato, pur di dare gloria a Dio"?
Siamo veramente disinteressati nelle nostre cosiddette "opere buone"?
Cristo si che era disinteressato: avrebbe potuto benissimo fare a meno di fare
quello che per noi ha fatto. Non doveva meritarsi nulla che già non avesse! Se
fai qualche opera buona o partecipi a qualche funzione religiosa, per chi
veramente lo fai? Perché lo fai? Per dare gloria a Dio soltanto? Davvero?
III. Ciò che Dio richiede al
giustificato
Che cos’è che, secondo questo testo, Iddio
desidera da noi? Che cosa Iddio esige da coloro che, riconoscendo la propria
indegnità davanti a Dio, rinunciando alle loro pretese, opere meritorie,
sacrifici, riti religiosi di propiziazione e cerimonie sacre, ed accettando la
persona, opere e meriti del Salvatore Gesù Cristo, si affidano a Lui? Il testo
dice: "che altro richiede da te il Signore, se non che tu pratichi la
giustizia, che tu ami la misericordia e cammini umilmente con il tuo
Dio?".
Altre volte Iddio, pur guidando il suo
popolo alle buone opere, pur regolamentando i sacrifici rituali, aveva detto:
"Non ti accuso per i sacrifici che
mi offri: li ho sempre davanti a me. Io non voglio prendere tori dalla tua
stalla o capri dai tuoi recinti. Sono mie le bestie dei boschi e gli animali di
mille montagne. Conosco ogni uccello dei monti; miei sono gli animali che
vivono nei campi. Se avessi fame, non lo direi a te; mio è l'universo e quel
che contiene! Credi che io mangi la carne dei tori o beva il sangue dei capri?
Come sacrificio, offri a Dio la tua lode! compi le promesse fatte
all'Altissimo! Invocami nei giorni difficili! io ti salverò, e tu mi
darai gloria. All'uomo malvagio, Dio dice: "A che ti serve recitare i miei
comandamenti, riempirti la bocca della mia alleanza, se poi rifiuti ogni
correzione e disprezzi le mie parole? Vedi un ladro e già sei suo complice; fra
gli adulteri sei di casa. La tua bocca sa dire solo cattiverie, la tua lingua
fabbrica imbrogli. Ti metti a sparlare di tuo fratello, disonori il figlio di
tua madre. Tu agisci così e io dovrei stare zitto? Pensi che io sia come te?
No, ti accuso, ti rinfaccio ogni cosa! Fate attenzione, voi che trascurate Dio,
posso farvi a pezzi e nessuno vi salverà. Chi offre come sacrificio la lode, mi
onora davvero. A chi prende questa strada io mostrerò la salvezza" (Sl. 51:1-11 TILC).
Questo Salmo è un ottimo commento al
nostro testo. Che cosa Dio gradisce? L’espressione della nostra lode, la nostra
devozione a Lui, non disprezzare la sua correzione e parola, l’innocenza, non
dire e fare cattiverie, non sparlare degli altri e non disonorarli, non
trascurare Dio, in una parola un comportamento costante verso gli altri e verso
Dio in linea con la giustizia e la bontà che Egli ha stabilito ed ha
manifestato in Gesù Cristo, non tanto riti e cerimonie spesso formali ed
ipocriti ma un comportamento in linea con la Sua volontà. Dio non è uno stupido
che si possa "tenere buono" con dei riti religiosi!
1. Santità. Dio esige che coloro che Egli ha redento siano
santi, e santi non vuole dire necessariamente "religiosi", ma persone
che pensano, parlano ed agiscono secondo criteri etici, morali e spirituali!
Non c’è nulla che Dio maggiormente detesti che il formalismo e l’ipocrisia.
(a) Egli richiede che noi pratichiamo la
giustizia (8b), rapportarci cioè verso gli altri secondo i criteri di
giustizia che Dio ha stabilito. Onoro io i miei doveri verso chi mi è
superiore, uguale od inferiore? Come mi rapporto con le autorità,. con i miei
simili e con coloro che mi sono sottoposti? Metto in opera i criteri di
giustizia e bontà che vedo esemplificati nel mio Signore e Maestro Gesù Cristo?
(b) Egli richiede che noi amiamo la
misericordia (8c). Questa è la caratteristica più luminosa di com’era il
Signore Gesù. Sono io compassionevole, solidale, paziente, pronto ad aiutare ed
insegnare, oppure penso solo ai miei interessi, calpesto gli altri, li critico
spietatamente e rido di loro? Amo io il mio prossimo come me stesso, lo tratto
allo stesso modo in cui io curo teneramente tutto i miei piaceri e desideri?
(c) Egli ci richiede che noi "camminiamo
umilmente con il nostro Dio" (8d). Questo ha a che fare con i doveri
morali e spirituali contenuti nella prima tavola dei Comandamenti, cioè i miei
doveri verso Dio. Onoro io i miei doveri verso Dio come Egli mi ha comandato in
modo specifico? Ogni nostro pensiero, parola ed azione deve conformarsi e
sottometterci alla volontà di Dio, senza discussione. Amo io Dio, il Dio che si
è rivelato nella Bibbia, con tutto il mio cuore, con tutta la mia mente e con
tutto lo spirito mio? Perseguo io la Sua gloria soltanto? Di questo il Signore
Iddio si compiace!
2. Il fine per cui Dio ci giustifica. Rammentiamoci che una vita veramente santificata in
ogni sua espressione è il fine stesso per cui Dio ci giustifica in Cristo. L’apostolo
Paolo afferma: "Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei per
santificarla dopo averla purificata, lavandola con l’acqua della parola,
per farla comparire davanti a sé gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri
simili difetti, ma santa ed irreprensibile" (Ef. 5:25-27), e quando
qui si parla di chiesa, si parla non di qualche lontana istituzione, ma pure di
me stesso se Dio, tramite l’Evangelo, mi ha chiamato ad appartenerle come la
mia famiglia spirituale!
3. Troppo difficile. Tutto questo è "troppo difficile" e
fuori dalla nostra portata? Potrebbe qualcuno davanti a tutto questo dire:
"Io non sarò mai fra quei personaggi che hanno passato alla storia per le
loro virtù"? Potrebbe qualcuno dire? Io non sono "abbastanza
religioso", "non ho abbastanza istruzione", "io vivo in un
contesto in cui tutto questo è impossibile"? No, tutto ciò che Dio
sovranamente ci richiede viene sempre accompagnato dalla grazia di poterlo
compiere. Dio non ci chiede nulla che noi non si possa mettere in pratica. I
suoi non sono "solo dei bei ideali" o dei "pii desideri".
Ciò che Dio dice è un preciso comandamento che deve essere messo in pratica.
Il Signore e Salvatore Gesù Cristo viene
presentato a noi come la via che ci può portare alla destinazione desiderata,
siamo chiamati ad avere fiducia che è così, ma pure ci è comandato di
camminare in essa, di mettere le nostre gambe in movimento, guardando a
Cristo che ci fortifica. A Lui dobbiamo guardare sia per la nostra
giustificazione che per la nostra santificazione.
Conclusione
Nel nostro mondo sembra prevalere l’assenza
più completa di Dio dalle coscienze e dagli interessi dei più, ma, grazie a
Dio, ancora molti desiderano elevarsi al di sopra della cortina di smog che
soffoca questo mondo e respirare "aria pura". A chiunque sinceramente
cerca Dio, Dio si lascia trovare, e lo troveremo al fondo della strada
tracciata dal Signore Gesù Cristo. Durante il cammino scopriremo che Lui
trasforma la nostra vita e la rende degna dello splendore e della gloria di
Dio. Lo troverà non come qualcuno che chiede di adempiere dei riti e delle
cerimonie religiose, ma come Colui che ci dà la gioia di trovare in Lui il
senso ultimo e l’adempimento della nostra vita, Colui che in Cristo ci provvede
ciò che da noi stessi, nella nostra miseria, non siamo in grado di compiere.
Questa "visione celestiale" però
non ci separerà da questo mondo di tenebre. Là raccoglieremo il fuoco che
applicato alla nostra fiaccola porteremo nelle tenebre di questo mondo per
illuminarle non tanto con dei riti religiosi, ma con una vita rinnovata
qualitativamente in senso etico e spirituale.
Noi abbiamo trasformato la fede cristiana
in una religione simile alle tante che ci sono in questo mondo e l’abbiamo
svuotata così di ogni efficacia. La fede cristiana, rettamente intesa, però,
non può fare alcun tipo di "ecumenismo" con le religioni di questo
mondo perché ne è radicalmente diversa. Essa è potenza di Dio per la salvezza
di chiunque crede. Conosciamo noi la fede cristiana come potenza?
(Paolo Castellina, sabato, 07. ottobre 1995. Tutte le
citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione
"Nuova Riveduta", Società biblica di Ginevra, 1994).