Il mio fardello mi basta?

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Avete voi dei pesanti fardelli da portare? Conoscete qualcuno che nella sua vita deve portare gravi fardelli? Ebbene, il testo biblico di quest’oggi fa riferimento a quella che per molti è una sorte pesante, ma pure al segreto per alleviare situazioni come queste. Ascoltate quanto è scritto nella lettera dell’apostolo Paolo ai cristiani della Galazia:

"Fratelli, se uno è sorpreso in qualche fallo, voi che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Ma bada bene a te stesso, affinché non sii tentato anche tu. Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo. Se infatti qualcuno pensa di essere qualche cosa, non essendo nulla, inganna sé stesso. Ora esamini ciascuno l’opera sua, e allora avrà ragione di vantarsi solamente di sé stesso e non nei confronti degli altri. Ciascuno infatti porterà il proprio fardello" (Ga. 6:1-5).

Fardelli

Avete mai visto - magari anche solo in fotografia - dei muli o dei cammelli che faticosamente arrancano caricati di pesanti e per noi incredibili fardelli, magari anche incitati ad andare avanti - volenti o nolenti - a colpi di bastone dai loro padroni che li avevano così sovraccaricati? Oggi che le macchine si assumono gran parte dei lavori pesanti, di simili scene se ne vedono sempre meno. Eppure vivere portando pesanti fardelli è ancora una condizione che non solo animali, ma anche molti esseri umani devono sopportare.

Quali sono i fardelli che tu devi portare? Una donna mi dice: "Lo sa solo Dio quello che ho dovuto sopportare nella mia vita", e lo dice sottintendendo che io, rispetto a lei, sono sempre in fondo stato bene e che non posso comprendere tutte le sue pene, ma pure che quel fardello l’ha dovuto sempre portare da sola, senza che nessuno che veramente l’aiutasse.

Comprendere il fardello che altri devono portare, cercare di immedesimarsi nella loro situazione, ma soprattutto aiutare a portare i pesi altrui: ecco l’insegnamento di fondo del testo della Parola di Dio che abbiamo letto. Non si tratta di un concetto marginale per la fede cristiana perché "portare i pesi gli uni degli altri" viene equiparato niente di meno che a "adempiere la legge di Cristo".

In un tempo come il nostro, dove ciascuno bada solo ai fatti propri, e quando viene esortato alla solidarietà fattiva con gli altri, si giustifica dicendo: "Di fardelli ce n’ho già abbastanza io da portare senza pensare anche a quelli degli altri", come far comprendere e soprattutto far praticare questo tratto fondamentale della fede cristiana?

E poi non c’è forse una contraddizione nello stesso nostro testo quando pure afferma: "Ciascuno infatti porterà il proprio fardello"?

I. Comprendere il testo

Cerchiamo allora di comprendere bene ciò che Iddio ci vuole comunicare in questa porzione della Sua Parola. Qual è il primo obiettivo di questa esortazione?

Ci sono tanti tipi di fardelli che uomini e donne debbono portare. Il testo, però, fa riferimento in primo luogo a pesi e fardelli di tipo particolare.

1. Rivolto a credenti. L’apostolo, scrivendo questa lettera, si rivolge a dei credenti, a dei cristiani impegnati a vivere secondo il modello che il Signore ci ha insegnato. E’ facile vivere secondo questo modello? No, niente affatto. L’anima del cristiano sincero vorrebbe salire, elevarsi verso le magnifiche altezze di Cristo ma spesso una pesante zavorra lo trattiene in basso impedendogli di salire. E’ come desiderare salire su un alto monte per poi rendersi ben presto conto, cammin facendo, di non riuscire a farlo perché si è grassi e poco allenati, e allora "si sudano sette camicie", si va avanti lentamente e con gran fatica, i piedi fan male, spesso si inciampa, si cade, si prende una storta, e i tuoi compagni, in forma migliore della tua, sembrano "volare" davanti a te.

2. La zavorra della carne. Che cos’è questa "zavorra", questo pesante fardello, che ci impedisce di elevarci spiritualmente alle altezze di Cristo? Possono essere cattive abitudini mentali, problemi di salute fisica, abitudini negative acquisite nella educazione passata, i rapporti particolari che abbiamo con gli affari di questo mondo, circostanze particolari che si vivono in casa propria, debolezze tali che ci fan cedere alla tentazione ed al peccato. Si tratta di un intero catalogo di condizioni, influenze, e cause che ci appesantiscono e ci sono di ostacolo quando ci sforziamo sinceramente di vivere secondo il modello di Cristo.

Nella vita cristiana, come dice il nostro testo, questi fardelli possono diventare così pesanti tanto da farci "inciampare", si può essere "sorpresi in qualche fallo" e con vergogna "si cade", mentre si dovrebbe perseverare nella vita cristiana, dando sempre un buon esempio. Nell’esempio della marcia alpina, è come scoprire con vergogna di essere ben presto "senza fiato", sfiniti ed essere noi a rallentare e a esasperare quei nostri compagni che si trovano in forma migliore.

3. Uno spirito di comprensione. Ecco che allora il nostro testo si rivolge proprio a quei nostri compagni spiritualmente in forma migliore e dice loro: "Fratelli, se uno è sorpreso in qualche fallo, voi che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine", cioè, voi che siete spiritualmente meglio allenati, se qualche vostro fratello in fede "cade" o "cede" in qualcosa che, secondo Cristo, non avrebbe dovuto fare, se la sua debolezza lo fa cadere, non giudicatelo aspramente, ma rialzatelo con grande pazienza e comprensione, aiutatelo a portare il suo peso, anche perché - quando meno te lo aspetteresti - potresti essere anche tu nella stessa condizione, "bada bene a te stesso, affinché non sii tentato anche tu". Vedete come pian piano allora si chiarisce il senso del nostro testo? I fardelli di cui il testo parla sono gli impedimenti che ci impediscono di essere ciò a cui il Signore Gesù Cristo ci chiama.

II. Il soccorso auspicato

Che cosa vuol dire così, in questa prospettiva "aiutare a portare i pesi degli altri"? Vuol dire, con i nostri fratelli e sorelle in fede più deboli, comportarsi in modo tale da metterli in grado di portare più agilmente le loro infermità e debolezze spirituali, aiutarli a venirne a capo. E’ uno spirito di compassione e di speranza che nasce dalla profonda comprensione della natura umana piuttosto che ci impedisce di esercitare verso di loro critiche non costruttive, che ci impedisce di lasciare libero sfogo a quello spirito che ci porta sempre a mettere in evidenza le mancanze altrui.

1. L’indifferenza. In negativo, questo insegnamento proibisce ogni sorta di indifferenza morale verso gli altri. Non puoi disinteressarti degli altri, sia che essi agiscano bene o male, siano buoni o cattivi. Lo spirito che ci porta a dire: "Io mi occupo di me stesso, che gli altri ci pensino da soli" è dal maligno. Lo spirito che viene da Dio dice: "Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri" (Fl. 2:4). Nessuno ha diritto di chiamarsi cristiano se, pur vivendo con altri, trova che l’unica cosa di cui si occupa è sé stesso e il proprio "avanzamento spirituale". Il cristiano viene posto da Dio nel contesto di una comunità con la quale interagisce come in un corpo. Un corpo è fatto di membra interconnesse. Quando un membro soffre ed è debole tutto il corpo ne viene influenzato. Aiutare a portare i pesi degli altri contribuisce alla salute dell’intero corpo di cui io sono parte.

2. Lo spirito di critica. Questo comandamento di Dio proibisce pure lo spirito di critica. Quante volte si giudica severamente il fratello in fede e lo si accusa perché non lo vediamo conformarsi "abbastanza" al modello che noi pensiamo di seguire perfettamente... Il biasimo, il rimprovero continuato, può diventare un vizio distruttore, un’insopportabile arroganza spirituale. Se uno non crede, quando ha fatto qualcosa di sbagliato, di essere in errore, è giusto per noi applicare la regola del giudizio e convincerlo del suo errore, ma non dobbiamo essere severi ed inflessibili, al contrario, dobbiamo essere gentili e pazienti, amorevoli e desiderosi di venirgli in soccorso.

3. Il compiacimento. Ancora peggio accade quando, di fronte al fratello che sbaglia, godiamo del suo errore, compiacendoci di non aver noi fatto altrettanto. La vita cristiana non è una gara nella quale si vuole conquistare il primo premio a scapito degli altri. Al traguardo della vita cristiana bisogna aspirare di arrivare tutti insieme. E’ lo spirito del fariseo che così pregava: "O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, e neppure come quel pubblicano" (Lu. 18:11).

4. Tolleranza. In positivo, la Parola di Dio ci comanda di andare incontro agli altri con comprensione, anche se sbagliano, di aver pazienza con loro a causa della loro tendenza a peccare, che pure noi condividiamo.

Abbiamo pazienza con molti sbagli dei bambini, perché sappiamo che sono bambini. Trattiamo i malati con maggiore pazienza di quanto facciamo con i sani, perché sappiamo che sono malati. Ci spostiamo per dare la precedenza agli invalidi di ogni tipo, li proteggiamo e li aiutiamo perché ci rendiamo conto dei loro limiti: con loro impariamo ad essere considerati e gentili. Dovremmo avere lo stesso atteggiamento al riguardo della condizione interiore dei nostri fratelli e sorelle nella fede quando la loro fede è debole o incerta, quando cedono alle tentazioni e cadono in ciò che - secondo la legge di Dio - non avrebbero dovuto fare.

Tolleranza non significa giustificare il peccato, ma compassione e disponibilità ad aiutarli a superare quelle debolezze accompagnarli pazientemente, promuovere la loro crescita nella fede, consigliarli, incoraggiarli, pregare insieme a loro e per loro, insegnare loro eventualmente ciò che è utile per risolvere il loro problema.

III. Estensione del principio

"Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo". Quanto abbiamo considerato fin ora, l’enfasi principale del nostro testo, ha dunque a che fare con i fardelli che impediscono ai credenti di elevarsi all’altezza di Cristo e della necessità di aiutare loro a portarli. E’ questo l’unico tipo di fardelli a cui il nostro testo si riferisce? No, perché esso dice esplicitamente che l’atteggiamento che comanda "adempie la legge di Cristo", cioè è in linea perfetta con il modo di pensare e di agire che era proprio del Signore Gesù.

1. Ogni tipo di fardello. Il nostro testo può espandersi fino a toccare la necessaria solidarietà che dobbiamo avere, ad imitazione di Cristo, verso chiunque sia gravato da fardelli di ogni genere, economici, fisici, psicologici, spirituali ecc. Se prima si parlava di pesi che impediscono al cristiano di elevarsi all’altezza di Cristo, si può parlare altresì della necessità ed urgenza - impostaci dal nostro Signore - di sgravare i nostri simili da tutto ciò che impedisce loro di essere uomini e donne liberi, completi, felici, sani, nutriti, istruiti, realizzati... secondo quanto fin dall’inizio Iddio aveva previsto per ciascuna creatura umana.

Quando qualcuno nella nostra famiglia è aggravato da qualche fardello, non abbiamo bisogno di particolari esortazioni: la stessa natura ci insegna a portare i fardelli di chi amiamo. La fede cristiana, però, ci insegna ad estendere la solidarietà oltre il circolo della nostra famiglia, del nostro parentado, della nostra gente, della nostra nazione, fino ad includere ogni creatura umana nel bisogno, perché la razza umana, per quanto vasta, non è che un’unica famiglia.

Ogni essere umano aggravato da fardelli che si presenti alla nostra attenzione è un messaggero di Dio. Il suo fardello è una lettera di raccomandazione, la sua natura è una dichiarazione che è nostro fratello, ed il suo destino lo lega a noi con una catena infrangibile.

2. Solidarietà continua. Questa umana solidarietà non si limita ai momenti di particolare afflizione come un lutto, oppure è solo un "soccorso in caso di disastro", come si dice, ma dovrebbe includere tutti gli affari della vita. La solidarietà di cui parla Cristo non si limita alle emergenze, ma implica costante attenzione al benessere del nostro prossimo. Va da sé che la nostra attenzione dovrebbe costantemente rivolgersi prima di tutto verso il più basso nella scala sociale, verso chi è maggiormente bisogno. In che modo io, proclamandomi cristiano, mi occupo delle necessità degli altri? Non posso eludere questa domanda, perché il mio Maestro e Signore si era sempre dimostrato sensibile ai bisogni degli altri, e la Sua compassione l’aveva portato ad interessarsi degli altri fino al massimo sacrificio di Sé stesso.

3. Comprensione amorevole. Queste cose però è ancora facile comprenderle perché sono quelle su cui più spesso si predica. Nel nostro testo troviamo però ben più di questo: lo spirito di questo testo implica che, quando giudichiamo gli altri, anzi, prima ancora di farlo, dovremmo analizzare bene il motivo per cui si trovano nella situazione in cui si trovano, il motivo per cui sono o reagiscono in un certo modo, situazione che potrebbe essere molto diversa da quella in cui noi ci troviamo. Nel nostro testo Iddio ci vuole insegnare la comprensione amorevole dell’altrui situazione. Spesso infatti giudichiamo gli altri troppo in fretta senza aver compreso perché si trovano in quella situazione. Saremmo più comprensivi e meglio disposti ad aiutarli se provassimo a metterci nei loro panni. Se solo riflettessimo sulle cause che li hanno portati nella loro situazione, non saremmo così pronti a giudicarli severamente, anzi, con maggiore pazienza li aiuteremmo a venirne fuori.

4. Un diverso modo di guardare agli altri. Se riflettiamo bene su questo punto vedremmo come potrebbe essere applicato pure ai nostri rapporti quotidiani con gli altri. Quanta infelicità anche solo in casa nostra deriva dal non conoscere o dal non tenere abbastanza in considerazione gli aspetti caratteristici del carattere dell’altro. Spesso ci si aspetta l’uno dall’altro cose impossibili. Se mettiamo insieme una persona estroversa, impulsiva, socievole, piena di energia, con una introversa, riflessiva, solitaria, e magari lenta, possiamo aspettarci problemi se uno non comprende il carattere dell’altro e non vi si adegua pazientemente facendo dei compromessi. Giovanni Crisostomo, padre della chiesa, scriveva nel quarto secolo: "Colui che è frettoloso ed irritabile, sopporti con pazienza il lento ed il pigro; e il lento, a sua volta, sopporti l’impetuosità del suo fratello focoso: tenendo conto che il fardello è più pesante per chi lo porta di colui che lo deve sopportare"

5. Fattori attenuanti. Dovremmo avere grande ed amorevole considerazione per le particolari circostanze in cui altri si trovano, le condizioni esterne della loro vita. Spesso non si considera quanto la loro salute fisica condizioni il loro particolare atteggiamento. Perché si comportano come si comportano? Se io fossi nei loro panni non mi comporterei forse anch’io così? Forse il loro basso livello di istruzione non permette loro di reagire in modo costruttivo. Forse sono condizionati da pregiudizi, da circoli viziosi, da forti condizionamenti esterni, dal retaggio di una cultura secolare, dalle condizioni climatiche in cui vivono. Tutto questo non scusa il malfare, ma comprendere le condizioni in cui altri si possono trovare può significare qualificare meglio l’aiuto che si può loro fornire.

6. Non sulla base di impressioni superficiali. Dovremmo guardarci poi contro i giudizi formulati contro una persona sulla base solo dell’impressione (superficiale) che esercitano su di noi. Un uomo potrebbe apparirci interessante e divertente, mentre in realtà si tratta di un uomo che cammina su una strada sbagliata e che potrebbe farci del male. Un uomo potrebbe per qualche motivo darci superficialmente una cattiva impressione, mentre in realtà si tratta di un buon uomo. Le nostre prime impressioni non dovrebbero farci fare giudizi affrettati su una persona.

7. La cosa peggiore: godere degli sbagli altrui. Lo spirito di questo testo ci impedisce di godere e di divertirci degli sbagli altrui. Osservare ciò che in altri è strano, cercare negli altri le loro debolezze per poi divertirsi alle loro spalle, andare in giro come uno spazzino o come quegli animali che si cibano di immondizie e carogne, far collezione dei difetti e dei fallimenti degli altri, portare queste cose come se fossero un cestino di ciliege o di fiori; tirarle fuori dalla tasca per farne il pasto serale delle discussioni al ristorante o dei pettegolezzi dalla pettinatrice, ravvivati da critiche prive di sensibilità, scherzi privi di cuore, sarcasmi taglienti; prendere un uomo come se fosse un pollo, strappargli la carne dalle ossa, metterle poi lì davanti a tutti e dire con esultanza: "Questo è il suo scheletro", beh, tutto questo è diabolico!

Considerazioni conclusive

1. Dimorare nell’amore. "Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo": nessuno può adempiere lo spirito di questo comandamento divino, se non dimora costantemente nello spirito dell’amore. Uno slancio momentaneo, saltuario, di compassione e di solidarietà non basta. Esso deve pervadere ogni parte del nostro cuore. Deve aver dimorato abbastanza in te, tanto da diventare un’abitudine mentale, giudizio istintivo, espressione del tuo viso, lo sguardo dei tuoi occhi, il tono i gesti, l’atteggiamento costante e spontaneo della tua personalità. Quando possiedi questo costante spirito d’amore, tanto che ogni tua facoltà ne sia influenzata, quando in esso sei esercitato, non importa quanto grande possa sembrarti questo dovere, eseguirlo ti sarà facile.

2. Diventa un’abitudine spontanea. Quando l’intera nostra personalità è pervasa da questo spirito di amore, non sarà duro, ma facile portare i fardelli degli altri - essere altruisti e benevolenti. Quando nel contesto della fede cristiana si parla di cose facili da realizzare, sempre si presuppone nell’anima la presenza dell’amore vero. Si può essere così "allenati" a fare ciò che è male da non riuscire nemmeno più a vedere come si possa fare ciò che Dio gradisce, oppure così allenati a fare il bene che fare ciò che Dio detesta non ci sembrerà neppure immaginabile. Se il cuore di un uomo è pervaso dall’amore di Cristo, non sarà difficile per lui eseguire le azioni e le opere dell’amore cristiano.

La tolleranza, la benevolenza, la pazienza, la solidarietà, il prendersi cura amorevole degli altri evitando tutto ciò che possa danneggiarli, anzi, promuovendo il loro benessere dimenticando noi stessi, sono piante che crescono nell’atmosfera temperata e nel giardino irrigato di una persona che ha affidato completamente sé stessa al Signore Gesù Cristo, che si è immersa totalmente nel Suo amore, nella Sua Parola, nella Sua influenza vivificante... La solidarietà vera può nascere solo dalla personale conversione a Colui che è amore incarnato, altrimenti sarà sempre un’utopia irrealizzabile. Grazie al Signore, però, questa solidarietà di cui noi stessi abbiamo bisogno è possibile: è possibile in Cristo! Per questo sempre esortiamo ognuno a volgersi a Cristo con fiducia e ad affidarsi totalmente a Lui, il solo che possa rinnovare radicalmente il nostro modo di pensare e di essere!

[Paolo Castellina, giovedì, 27. luglio 1995. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione "Nuova Diodati", edizioni La Buona Novella, Brindisi, 1991].

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