Ambasciatori della Sua volontà
La missione dei settanta discepoli
Come un re che manda per il mondo i suoi
ambasciatori, suoi messaggeri e rappresentanti, nel capitolo 10 dell’Evangelo
secondo Luca troviamo il Signore Gesù che manda settanta Suoi discepoli per le
strade della Palestina, ad annunciare, con le parole e con i fatti, la Sua
identità e potenza.
Luca così scrive: "Dopo queste
cose, il signore designò altri settanta discepoli e li mandò a due a due
davanti a sé in ogni città e luogo dove egli stesso stava per andare. E diceva
loro: La mèsse è grande, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Signore
della mèsse che spinga degli operai nella sua mèsse. Andate; ecco, io vi mando
come agnelli in mezzo ai lupi. Non portate né borsa, né sacca, né calzari, e
non salutate nessuno per via. In qualunque casa entriate, dite prima: Pace a
questa casa! Se vi è lì un figlio di pace, la vostra pace riposerà su di lui;
se no, ritornerà a voi.. Rimanete in quella stessa casa, mangiando e bevendo di
quello che hanno, perché l’operaio è degno del suo salario. Non passate di casa
in casa. In qualunque città entriate, se vi ricevono, mangiate ciò che vi sarà
messo davanti, guarite i malati che vi saranno e dite loro: Il regno di Dio si è
avvicinato a voi. Ma in qualunque città entriate, se non vi ricevono, uscite
sulle piazze e dite: Perfino la polvere della vostra città che si è attaccata
ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate tuttavia questo, che
il regno di Dio si è avvicinato a voi. Io vi dico che in quel giorno la sorte
di Sodoma sarà più tollerabile della sorte di quella città. Guai a te, Corazin!
Guai a te, Betsaida; perché se in Tiro e in Sidone fossero state fatte le opere
potenti compiute fra di voi, già da tempo si sarebbero ravvedute, prendendo il
cilicio e scendendo nella cenere. Perciò, nel giorno del giudizio, la sorte di
Tiro e di Sidone sarà più tollerabile della vostra. E tu, Capernaum, sarai
forse innalzata fino al cielo? No, sarai abbassata fino al soggiorno dei morti!
Chi ascolta voi ascolta me; chi respinge voi respinge me; e chi rifiuta me
rifiuta Colui che mi ha mandato" (Lu. 10:1-16).
Chi è l’ambasciatore?
I discepoli di Gesù come ambasciatori,
dunque. Ma chi è un ambasciatore? L’ambasciatore è colui che per incarico del
proprio stato si reca o risiede in un altro per rappresentarne il popolo e gli
interessi o per eseguirvi una missione diplomatica. L’ambasciatore svizzero in
Italia, per esempio, rappresenta in quel paese la Svizzera ed i suoi interessi
politici ed economici oppure può esservi inviato per una missione particolare
in rappresentanza del popolo svizzero.
Questa figura è nota dai tempi più antichi
presso i Greci e i Romani. All’ambasciatore venivano affidati incarichi isolati
e speciali, da svolgersi secondo precise disposizioni, esauriti i quali
ritornava in patria. Fin dalle origini agli ambasciatori erano riconosciuti
dallo stato ospite particolari diritti, primo fra tutti l’inviolabilità della
persona e della sede. I romani sempre onoravano magnificamente gli ambasciatori
delle nazioni amiche e rispettavano quelli delle nazioni con cui erano in
guerra, e tale carica, presso di essi, era sempre affidata a uomini di alta
prudenza, dignità ed energia esigendo che fossero sempre trattati degnamente
dallo stato in cui venivano inviati. L’ambasciatore, infatti, è onorato presso
le nazioni perché non rappresenta sé stesso, ma il suo governo ed il suo
popolo. Ogni affronto ed ogni atto di disprezzo che gli si rivolge equivale ad
un affronto fatto alla nazione che rappresenta.
Gli ambasciatori di Gesù
Gesù, nel brano dell’Evangelo di Luca che
abbiamo letto all’inizio, manda per la prima volta nel mondo un gruppo di Suoi
discepoli, come Suoi rappresentanti, per annunciare la Sua prossima venuta nei
luoghi in cui sta per recarsi.
La terminologia politica si presta molto
bene a descrivere quanto qui avviene. Gesù è il Re, il Sovrano di un regno
potente, il Regno di Dio, e i discepoli, Suoi inviati, ne sono così
legittimamente gli ambasciatori. Il testo dice: "Il Signore Gesù designò
altri settanta discepoli e li mandò a due a due davanti a sé in ogni città e
luogo dove egli stesso stava per andare" (10:1).
Il mondo intero, ogni uomo, ogni donna,
ogni bambino, appartiene a Dio, al loro Creatore, e al Suo Cristo. Dio è il Re
dell’universo, il legittimo sovrano di ogni vita, e quando Egli si presenta in
un luogo, presso a delle persone, presso di voi personalmente, Egli pretende ciò
che è Suo, cioè i Suoi diritti su tutto voi stessi e quello che voi avete ed
esige ubbidienza fiduciosa. Tutto questo è giusto e legittimo: noi non
apparteniamo a noi stessi, non siamo padroni sulla nostra vita, e quanto
abbiamo ci è stato solo affidato.
Il problema è che il mondo, questo mondo, è
un mondo che si è ribellato alla legittima sovranità di Dio e che pretende autonomia
da Lui. Sul trono di questo mondo è stato posto un usurpatore, Satana. Avendo
così preso il potere, Satana domina sul mondo "con il bastone e la
carota" e ne fa scempio. Offre molti vantaggi a chi lo adora, ma alla fin
fine questo si che è un padrone crudele ed un oppressore.
Dio però non ha abbandonato il mondo all’usurpatore.
In Cristo Egli viene e visita ciò che dovrebbe essere suo per ristabilire la
Sua autorità legittima, per liberare gli oppressi, per risanarne le vittime,
per farvi ritornare la pace di Dio. Prima di venire personalmente, però,
davanti a Sé manda i Suoi messaggeri, gli ambasciatori del Regno di Dio, i
ministri della Sua volontà.
Un compito non facile
Non è facile, per i ministri del regno di
Dio, entrare in un mondo occupato da Satana e dai suoi compiacenti sudditi. Gesù
infatti dice: "Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi" (10:3).
La loro missione, però, è chiara: "...guarite i malati che vi saranno e
dite loro: Il Regno di Dio si è avvicinato a voi" (10:9).
I ministri del regno di Dio sono investiti
dell’autorità e della potenza di Dio per chiamare al ravvedimento gente di ogni
popolo e nazione, "per aprire loro gli occhi, affinché si convertano
dalle tenebre alla luce e dal potere di Satana a Dio, e ricevano, per la fede
in Cristo, il perdono dei peccati" (At. 26:18).
La loro missione è esplicitata con queste
parole da Matteo: "Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra.
Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del
Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutte
quante le cose che vi ho comandate" (Mt. 28:18-20); e con queste
parole da Marco: "Andate per tutto il mondo, predicate il vangelo ad
ogni creatura. Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi
non avrà creduto sarà condannato" (Mr. 16:15,16).
L’apostolo Paolo si considera un verace
ambasciatore di Cristo quando dice: "Egli ha posto in noi la parola
della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se
Dio esortasse per mezzo nostro; vi supplichiamo, nel nome di Cristo: siate
riconciliati con Dio" (2 Co. 5:20).
Senza illusioni per quanto riguarda
l’accoglienza
Il Signore Gesù, nel nostro testo di Luca
10, non illude i Suoi discepoli. Dice loro che saranno come pecore in mezzo ai
lupi e li avverte che non saranno sempre accolti volentieri, anzi, dovranno
incontrare il rifiuto, il disprezzo, il ridicolo, ed anche la violenza nei loro
confronti.
L’apostolo Paolo ne aveva passate di tutti
i colori durante la sua missione di portare l’Evangelo per il mondo. Egli
scrive per esempio, la sua lettera ai cristiani di Efeso da un carcere e li
esorta a pregare per lui dicendo: "pregate... anche per me, affinché mi
sia dato di parlare apertamente per far conoscere con franchezza il mistero del
vangelo, per il quale io sono ambasciatore in catene, perché lo annunzi
francamente, come conviene che ne parli" (Ef. 6:20).
Pensate, un "ambasciatore in
catene"! Un ambasciatore del regno di Dio che dovrebbe ricevere il massimo
rispetto, messo in catene! Non solo questo, ma pure percosso, considerato un
impostore, beffeggiato, messo in prigione, condannato a morte, per
rappresentare Cristo e il Suo Regno (2 Co. 6:5 ss)! Eppure lui non si perde d’animo.
Egli dice: "Perciò, avendo in noi tale ministero in virtù della
misericordia che ci è stata fatta, non ci perdiamo d’animo; al contrario,
abbiamo rifiutato gli intrighi vergognosi e non ci comportiamo con astuzia né
falsifichiamo la parola di Dio, ma rendendo pubblica la verità, raccomandiamo
noi stessi alla coscienza d’ogni uomo davanti a Dio" Se il nostro vangelo è
ancora velato, è velato per quelli che sono sulla via della perdizione, per gli
increduli, ai quali il Dio di questo mondo ha accecato le menti, affinché non
risplenda loro la luce del vangelo della gloria di Cristo" (2 Co.
4:1-4).
Si, per l’apostolo Paolo, evangelizzare,
proclamare l’autorità di Dio in ogni luogo e su ogni persona è un preciso
dovere ed un onore. Dice: "necessità me n’è imposta; e guai a me se non
evangelizzo" (1 Co. 9:16).
Il compito degli ambasciatori dell’Evangelo,
dunque, è quello di estendere la sfera di sovranità di Cristo su ogni luogo, su
ogni persona, situazione e persino idea e ragionamento. Ogni cosa appartiene a
Cristo e va conquistata per Lui in modo aggressivo. L’apostolo si esprime al
riguardo in questi termini: "le armi della nostra guerra non sono
carnali, ma hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze, poiché demoliamo
i ragionamenti e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di
Dio, facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a
Cristo" (2 Co. 10:4,5).
Nel caso di mancata accoglienza...
Le istruzioni di Gesù ai settanta primi
discepoli sono chiare: se non vi ricevono, dite loro che il regno di Dio in
ogni caso si è avvicinato a loro, che l’opportunità della grazia l’hanno
ricevuta, che voi avete svolto il vostro dovere avvertendoli e che se ora si
perderanno, se il giudizio di Dio cadrà su di loro implacabile, sarà solo colpa
loro.
Questo è il senso dell’espressione
idiomatica "Perfino la polvere della vostra città che si è attaccata ai
nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi". Quest’espressione
equivale a quella usata dall’apostolo Paolo quando il suo messaggio incontra il
persistente ed ostinato rifiuto dei Giudei: "...ma poiché essi facevano
opposizione e lo insultavano, egli scosse le sue vesti e disse loro: il vostro
sangue ricada sul vostro capo; io ne sono netto; d’ora in poi andrò dai
pagani" (At. 18:7).
Un episodio illuminante è quello che
accade quando Gesù e i Suoi discepoli si recano in missione in Samaria. La
missione incontra solo il rifiuto di quei samaritani. Il testo dice: "Veduto
ciò i suoi discepoli Giacomo e Giovanni dissero: ‘Signore, vuoi che diciamo che
un fuoco scenda dal cielo e li consumi?’ Ma Egli si voltò verso di loro e li
sgridò. E disse: ‘Voi non sapete di quale spirito siete animati. Poiché il
Figlio dell’uomo è venuto, non per perdere le anime degli uomini, ma per
salvarle’. E se ne andarono in un altro luogo" (Lu. 9:54-56). Certo,
il giudizio di Dio sarebbe caduto su quelle città, ma la pazienza di Dio
sarebbe stata ancora più grande, "finché c’è vita c’è speranza".
Anche Gesù, però, di fronte al diniego di alcuni, se ne va in un altro luogo.
Di fronte all’apparente ritardo del
giudizio di Dio su questo mondo, l’apostolo Pietro afferma: "Il Signore
non ritarda l’adempimento della sua promessa, come pretendono alcuni; ma è
paziente verso di voi, non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano
al ravvedimento" (2 Pi. 3:9).
Il tempo della grazia però finirà, e sarà
manifestato il giusto giudizio di Dio su ogni impenitente. Per questo Gesù
dice: "Io vi dico che in quel giorno la sorte di Sodoma sarà più
tollerabile della sorte di quella città. Guai a te, Corazin! Guai a te,
Betsaida; perché se in Tiro e in Sidone fossero state fatte le opere potenti
compiute fra di voi, già da tempo si sarebbero ravvedute, prendendo il cilicio
e scendendo nella cenere. Perciò, nel giorno del giudizio, la sorte di Tiro e
di Sidone sarà più tollerabile della vostra".
Davanti a Gerusalemme, profetizzando, Gesù
parla del giudizio sulla sua impenitenza in questi termini: "...abbatteranno
te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché
tu non hai conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata" (Lu.
19:44).
La serietà della cosa...
Vedete così come la proclamazione della
Parola del Sovrano Iddio da parte dei Suoi ambasciatori, non sia cosa da
prendere tanto alla leggera: è cosa seria e di assoluta importanza per la
nostra vita. Si, da tutto questo possiamo comprendere l’urgenza e l’importanza
del messaggio evangelico che deve essere accolto con diligenza e messo in
pratica. Esso è la Parola di grazia del Sovrano dell’universo.
Possiamo però da questo comprendere pure
la grande dignità di cui sono investiti i Suoi messaggeri ed ambasciatori. Per
questo Gesù dice: "Chi ascolta voi ascolta me; chi respinge voi
respinge me; e chi rifiuta me rifiuta Colui che mi ha mandato". La
regola generale per Cristo avrebbe seguito per quanto riguarda coloro che Egli
avrebbe mandato come Suoi ministri, sarebbe così stata: come tratterete i miei
ministri lo considererò come se così avreste trattato me. Si, il Signore dice
che chi disprezza il fedele ministro di Cristo e volta le spalle al suo
ministero, sarà considerato come uno che disprezza Dio e Cristo.
La nostra posizione
Come vi ponete voi personalmente di fronte
all’annuncio della Parola di Dio? Siete coscienti di essere così messi a
confronto con il Signore dell’universo che esige il Suo diritto su che cosa Gli
appartiene?
Ecco così un’applicazione del messaggio di
questo testo a due livelli.
Il primo livello ha a che fare con la
posizione di chi pretende di poter gestire la propria vita come gli pare e
piace. Questo non lo può fare perché noi non apparteniamo a noi stessi, ma a
Colui che ci ha creati ed al Suo Cristo. Pretendendo di essere Dio e legge a
noi stessi noi derubiamo Dio dei Suoi diritti di proprietà ed Egli avrebbe la
forza di imporre la Sua autorità legittima su di noi e di piegare la nostra
ribellione. Egli decide però di rimandare il Suo giusto giudizio e di offrirci
in Cristo l’opportunità della grazia e del perdono. Ravvedendoci e
convertendoci a Cristo, noi troviamo in Lui non il nostro Giudice, ma il nostro
Salvatore perché solo in fiduciosa ubbidienza a Lui possiamo trovare il
compimento più vero della nostra umanità. Un giorno Gesù mostrò alla folla una
moneta che portava l’effigie, il marchio, dell’imperatore romano. "Questa
moneta," Egli disse, "appartiene a Cesare, dunque rendete a Cesare
quel ch’è di Cesare", ma poi aggiunse: "ma rendete a
Dio quello ch’è di Dio" (Lu. 20:25), cioè noi portiamo su noi stessi
il nome, l’effigie, il marchio di appartenenza a Dio. Siamo suoi!
"Signore, lo riconosco. Ti chiedo perdono di averti derubato di me stesso.
Non voglio più disprezzare la Tua Parola ed i Tuoi ambasciatori. Grazie che in
Cristo Gesù mi sollevi dalla pena che meriterei e che hai voluto diventasse il
mio Salvatore. Mi affido volentieri a Lui".
Il secondo livello ha a che fare con gli
ambasciatori. Chiunque appartiene a Lui, ogni discepolo di Cristo, Egli lo
manda nel mondo come proprio ambasciatore, per annunciare la Sua Parola e
testimoniare quanto sia buono e desiderabile vivere, pensare, parlare, ed
agire, in sintonia con la Sua volontà. Il discepolo di Cristo potrà così
elevare a Dio una preghiera in questi termini: "Signore, prendi il
mio corpo e la mia mente e rendili totalmente consacrati a Te. Aumenta in modo
tale la Tua grazia in me stesso affinché non i miei propri desideri, ma la Tua
santa volontà sia quella che regna in ogni cosa. Per Gesù Cristo, nostro
Signore. Amen".
[Paolo Castellina. Tutte
le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione
"Nuova Riveduta", Società Biblica di Ginevra, 1994].