PRED630

Il Buon Pastore

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"Io sono il buon pastore... le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano" (Gv. 10:11,27-28).

Introduzione

Questa domenica, la quarta dopo Pasqua, la chiesa cristiana ricorda il Salvatore Gesù Cristo secondo un'immagine molto amata che Egli applica a Sé stesso e che troviamo nell'Evangelo secondo Giovanni: quella del Buon Pastore. "Io sono il buon pastore". Nelle catacombe di Roma, dove i cristiani perseguitati dei primi secoli deponevano i loro morti e si riunivano segretamente per celebrare il culto, troviamo spesso dipinti che rappresentano Gesù come un giovane pastore. Si tratta di una delle prime rappresentazioni pittoriche del Signore Gesù. Ancora oggi vi sono, ad esempio, degli orfanotrofi o altre istituzioni cristiane, ma anche comunità locali, che portano il nome "Il buon pastore".

Oggi, sebbene il mondo della pastorizia sia ai margini del mondo industrializzato, oggi dove l'uso della lana sintetica è sempre più diffuso (in America mia moglie non riusciva a trovare un negozio dove vendessero lana autentica per fare un maglione, solo tutta roba sintetica), l'immagine del pastore Gesù e del Suo gregge, cioè la comunità dei credenti, continua ad affascinare. Vorrei così che oggi anche noi tornassimo a meditare su questa immagine e su ciò che essa rappresenta.

Un'immagine ha sempre i suoi limiti, e certo non riesce a cogliere tutta la ricchezza della Persona del Salvatore Gesù, ma cerchiamo di vedere insieme quello che potrebbe significare, quand'è applicata a Lui.

I. Il carattere del buon pastore

Gesù dunque descriveva Sé stesso come "Il buon pastore". Questa figura aveva un carattere specifico nella cultura del tempo. Per questo, comprendere tutto il peso di quest’immagine significa vederlo nel contesto della pastorizia di allora.

1. Il proprietario. In Oriente la funzione di pastore veniva svolta dal proprietario stesso del gregge, oppure da uno dei suoi figli. Il gregge costituiva la sua unica ricchezza: se gli chiedevate a quanto ammontassero i suoi beni, egli vi avrebbe risposto dicendovi il numero delle pecore che possedeva.

E’ interessante come la Bibbia metta in rilievo il fatto che il popolo dei credenti, i "santi", costituiscano essi stessi "La ricchezza della gloria della sua eredità" (Ef. 1 :18). Nel Salmo 2 Iddio dice a Suo Figlio: "Chiedimi, io ti darò in eredità le nazioni, e in possesso le estremità della terra" (Sl. 2: 8). In Atti 20:28 l’apostolo Paolo descrive la comunità dei credenti come: "...la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio sangue". Il popolo dei credenti è un popolo che appartiene a Dio. Ai credenti di Corinto, l’Apostolo dice: "Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi. Poiché siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo" (1 Co. 6:19,20). Se fai parte del popolo di Dio, tu appartieni a Cristo: non puoi disporre più di te stesso come a te piace, Quali conseguenze questo può avere nella tua vita?

2. Il disprezzato. Il pastore dava allora un contributo essenziale all’economia del paese, ciononostante non era apprezzato come avrebbe dovuto. Erano la spina dorsale della nazione, ma molti li consideravano come sporchi, senza principi, privi di ambizione, sognatori, ed addirittura dei perditempo, nonostante il loro duro lavoro. Ai passanti pareva che essi stessero sempre li in ozio a trastullarsi e a suonare il flauto, ma non si rendevano conto di ciò che dovevano fare.

Quando Dio manda il profeta Samuele a cercare un re per Israele, egli si reca da Isai per passare in rassegna tutti i suoi figli, validi e forti, ma non sono essi che Dio aveva scelto. Samuele così dice a Isai: "Sono questi tutti i tuoi figli?", e Isai risponde: "Resta ancora il più giovane, ma è al pascolo con le pecore" (1 Sa. 16:11), come per dire: "Lui non ha importanza". Il Signore però aveva detto a Samuele: "Non badare al suo aspetto né alla sua statura... infatti il Signore non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell’uomo: l’uomo giudica all’apparenza, ma il Signore guarda al cuore" (1 sa. 16 :7).

Del Signore Gesù, il profeta Isaia dice: "non aveva forma né bellezza da attirare i nostri sguardi, né aspetto tale da piacerci. Disprezzato ed abbandonato dagli uomini, uomo di dolore, familiare con la sofferenza, pari a colui davanti il quale ciascuno si nasconde la faccia, era spregiato, e noi non ne facemmo stima alcuna. Tuttavia..." (Is. 53: 2,3). Di quale considerazione gode oggi il Signore Gesù nella nostra cultura? Ben scarsa, eppure: Egli è il Salvatore del mondo!

3. Un duro lavoro. Il lavoro del pastore era un lavoro molto duro. Il pastore diligente non poteva dire: "Sono ormai le sei, è ora di smettere, vado a casa", non poteva andare in vacanza. Il pastore diligente doveva aver cura costante del suo gregge, notte e giorno, nel bello come nel cattivo tempo. Sempre pronto alle necessità delle sue pecore, doveva provvedere ad esse, essere sempre vigilante.

Ne abbiamo un esempio con Giacobbe, che lavora per vent’anni con le pecore di Labano, suo zio. Ad un certo punto protesta perché vorrebbe avere anche la sua libertà, e dice: "Ecco, io sono stato con te vent'anni, le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e io non ho mangiato i montoni del tuo gregge. Io non ti ho mai portato una bestia sbranata, ne ho subito il danno io; tu mi chiedevi conto di quello che era stato rubato di giorno o rubato di notte. Di giorno, mi consumava il caldo; di notte, il gelo; il sonno fuggiva dagli occhi miei" (Ge. 31:38-40). Giacobbe è qui figura dell’instancabile e vero pastore. Il suo riposo è irregolare, l'unica cosa regolare è il suo duro lavoro.

Chi affida la sua vita a Cristo si rende conto quanto fedele e diligente sia il Salvatore nel prendersi cura della sua anima. Il Salmo 121 dice: "Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra. Egli non permetterà che il tuo piede vacilli; colui che ti protegge non sonnecchierà. Ecco, colui che protegge Israele non sonnecchierà né dormirà. Il Signore è colui che ti protegge; il Signore è colui che ti protegge; il Signore è la tua ombra; egli sta alla tua destra. Di giorno il sole non ti colpirà, né la luna di notte. Il Signore ti preserverà da ogni male; egli proteggerà l’anima tua. Il Signore ti proteggerà, quando esci e quando entri, ora e sempre" (Sl. 121 :2-8). Chi appartiene a Cristo fa esperienza della cura costante che il Signore ha per lui, il Suo consiglio, la Sua guida, ma soprattutto il fatto che Cristo non solo ha passato tutta la Sua vita per noi, ma ha dato l’intera Sua vita per noi, guadagnando Egli stesso, con il Suo sacrificio sulla croce, la nostra salvezza.

4. Il difensore. La vita del pastore richiedeva pure molto coraggio, perché molti dei pericoli che minacciavano la vita delle pecore erano anche una minaccia alla sua stessa vita. Lupi, leoni, orsi, pantere e ladri: non era facile scacciarli.

Abbiamo udito dell’esperienza di Giacobbe. Anche Davide ci dipinge un quadro impressionante della sua lotta con un leone e con un orso per salvare il suo gregge. Egli racconta a Saul: "Il tuo servo pascolava il gregge di suo padre e talvolta veniva un leone o un orso a portare via una pecora dal gregge. Allora gli correvo dietro, lo colpivo, gli strappavo dalle fauci la preda; e se quello mi si rivoltava contro, lo afferravo per le mascelle, lo ferivo, e lo ammazzavo" (1 Sa. 17 :34,35). A causa dei pericoli che erano allora comuni, probabilmente si raccontavano allora molte storie sull’eroismo dei pastori. Portavano diversi tipi d’arma: la più famosa era la fionda, con la quale potevano scagliare sassi che colpivano come pallottole d’oggi. Avevano anche efficaci bastoni, talvolta con punte di ferro o di pietra.

Tutto questo è figura dell’esperienza che fanno coloro che affidano la loro vita a Cristo, che si sentono protetti contro gli assalti insidiosi del loro nemico spirituale, Satana, e talvolta anche dai loro avversari terreni e da circostanze pericolose. L’apostolo Paolo racconta: "Siamo stati molto provati, oltre le nostre forze, tanto da farci disperare persino della vita... Egli ci ha liberati e ci libererà ancora" (2 Co. 1:9). Ricordate poi quel testo molto conosciuto che dice: "Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi? Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, non ci donerà forse tutte le cose con Lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor di più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi. Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? ...Niente e nessuno potrà separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore" (Ro. 8: 32-39).

A coloro che appartengono a Cristo viene promesso: "...sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma neppure un capello del vostro capo perirà. Con la vostra costanza salverete le vostre vite" (Lu. 21: 17,18).

5. La guida. Come bene illustra il Salmo 23, uno dei testi biblici più amati, il pastore conduceva il gregge verso "pascoli verdeggianti" per nutrirsi di erba fresca, ad abbeversarsi "lungo le acque calme". Esso veniva ristorato e condotto "per sentieri di giustizia" e poteva attraversare al sicuro persino "la valle dell’ombra della morte".

E’ l’esperienza di colui che si affida a Cristo come proprio Pastore. La vita è fatta di decisioni difficili: la Parola di Dio guida a prendere decisioni assennate. Comportarsi in modo sano e giusto è difficile: la Parola di Dio ci guida a discernere rettamente la via del bene e del male. Inoltre, come il corpo per nutrirsi ha bisogno di mangiare regolarmente cibo sano e nutriente, così colui che si affida a Cristo trova nella Sua Parola, regolarmente letta, meditata e ubbidita ciò che veramente soddisfa la sua anima.

Nel Salmo 23 è poi scritto: "Il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza" (23:4b). Che significa? E’ il bastone che il pastore portava sempre per sostenersi e per difendere sé stesso e il gregge, ma anche per colpire le stesse pecore quando si ostinavano a incamminarsi verso una strada sbagliata. Spiritualmente questo è simbolo del sostegno che nella nostra vita possiamo trovare in Cristo, come pure della Sua riprensione, quando è necessario che Egli ci castighi con amore per farci imparare importanti lezioni.

Un pastore aveva bisogno di versatilità con il suo bastone, per questo il capo del bastone era ricurvo. Questo gli dava la possibilità di afferrare agnelli che si erano cacciati in posti pericolosi e di tirarli a sé. Quante volte il cristiano con riconoscenza riconosce che il Signore aveva dovuto tirarlo in malo modo, affinché non andasse a cacciarsi nei guai!

6. Il filosofo e il poeta. Per nutrirsi durante la giornata il pastore portava con sé una borsa di cuoio con del cibo. I suoi pasti consistevano di uva secca e pane, formaggio e olive. Spesso si divertiva suonando un lauto, o una piccola arpa simile ad una nostra chitarra. Davide, probabilmente passava molte ore sui fianchi delle colline componendo canzoni e poesia a lode di Dio, a descrizione dell’uomo o della natura. Nella solitudine aveva tempo per riflettere, diventare saggio e comunicare saggezza a quelli che lo interrogavano, conoscendo le sue virtù.

Dio si è rivelato a noi attraverso i Salmi ed i cantici della Bibbia, molti dei quali scritti da pastori che vigilavano sul loro gregge, e nel Signore Gesù possiamo trovare una fonte di saggezza a nostra disposizione per la vita. L’apostolo Paolo diceva ai cristiani di Corinto: " Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, ossia giustizia, santificazione e redenzione" (1 Co. 1:30).

II. L’eccellenza del buon pastore

Se queste sono alcune caratteristiche del Signore Gesù, il pastore, notate come egli sia specificatamente il buon pastore, cioè eccellente nel suo carattere. Egli ha sempre dimostrato di essere e di compiere fedelmente tutto ciò per cui era stato inviato da Dio Padre.

E' il buon pastore, né un ladro né un semplice salariato. Ciò che fa lo fa con amore. Ne ha la competenza necessaria: la Sua sapienza è infinita, la Sua forza perfettamente adeguata ("Tutto il potere mi è stato dato..."), la Sua persistenza nonostante la loro ostinazione è ammirevole (non si stanca).

1. Il salariato. Il salariato lavora solo per dovere, per guadagnare, il buon pastore svolge il Suo compito con diligenza ed amore. Egli dice: "Il mercenario, che non è pastore, a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e si dà alla fuga, e il lupo le rapisce e le disperde. Il mercenario si dà alla fuga perché è mercenario e non si cura delle pecore" (10 :12,13). La completa dedizione di Cristo al compito che ha ricevuto di essere Salvatore di ciascuno che a Lui si affida, e la Sua stessa identità, Dio con noi, è la garanzia che non saremo da Lui mai delusi.

2. Il ladro. Egli si distingue anche dai "ladri", che arrivano dal gregge, promettono mari e monti, ma non danno veramente perché il loro scopo è solo profittarsi del gregge e distruggere. Ecco perché Gesù dice chiaramente: "Tutti quelli che sono venuti prima di me, sono stati ladri e briganti... Il ladro non viene se non per rubare, ammazzare e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita, e l’abbiano in abbondanza". Quanti ingannatori, ladri di vita, si presentano alla porta della nostra vita. Quanti falsi cristi e falsi profeti ci sono e ci saranno ancora in questo mondo, anche in vesti non religiose. Coloro che però hanno "gustato quanto il Signore sia buono" "non li hanno ascoltati" (10:8).

III. Il nostro rapporto col buon Pastore

"Io sono il buon pastore": Cristo si compiace di avere questo carattere, e senza falso orgoglio. Lo ripete così tante volte da essere come il ritornello di una canzone. E se Egli tanto si compiace di esser pastore, dovremmo rallegrarci di essere le Sue pecore, e avvalerci dei privilegi che questo comporta. Il Signore desidera che noi facciamo parte del Suo gregge. Fate parte voi del Suo gregge? Avete "gustato quanto il Signore sia buono?"

1. Ci conosce a fondo. La conoscenza che Cristo ha di coloro che gli appartengono è profonda, dice: "...conosco le mie, e le mie conoscono me, come il Padre mi conosce e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore" (10:15). Com’è bello sapere che Cristo ci conosce bene e a fondo.

Allo stesso modo in cui c’è profonda comunione fra Dio Padre e Dio Figlio così Egli conosce della Sue pecore:

(1) Il loro numero. E' un gregge molto grande. Chi sono? Alcuni dicono tutti coloro che sono battezzati. Purtroppo non è vero, perché un segno esteriore non dice nulla della vera loro condizione. In Atti 2 troviamo scritto: "Il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che venivano salvati" (47). Il gregge del Signore è ogni uomo, donna e bambino che aderisce realmente a Cristo con tutto sé stesso e lo segue nei fatti. I salvati sono coloro che nei fatti dimostrano di appartenere a Cristo, che Lo ascoltano, Lo amano, Lo seguono, Gli ubbidiscono secondo ciò che Egli ha rivelato nella Sua Parola. Dice la Bibbia: "Chi non ha lo spirito di Cristo non gli appartiene". I cristiani portano un marchio, chi più grande chi più piccolo: è la somiglianza a Cristo. Consolante pure che Egli conosca:

(2) La loro persona -età, carattere, capelli, costituzione, carattere... Non confonde mai una "pecora" con l'altra. Conosce i nostri pensieri, debolezza e punti di forza, perplessità e prove, peccati, doni e possibilità. Egli ci conosce a fondo: per noi dovrebbe essere un grande conforto, perché non è fredda conoscenza intellettuale, ma quella dell'amore. Ha famigliarità con le Sue pecore, comunione, simpatia e comprensione, perché sa che cosa significa vivere in questo mondo. La Scrittura dice: "Benché fosse Figlio, imparò l'obbedienza dalle cose che soffrì" (Eb. 5:8).

2. La nostra conoscenza di Cristo. "Esse mi conoscono", dice il nostro testo al riguardo delle pecore rispetto a Cristo, il buon pastore.

(1) Si rallegrano del loro Pastore, e certamente non se ne vergognano, ma ne parlano con onore esaltando le sue virtù e qualità.

(2) Si tengono strette a Lui. Amano stare in Sua compagnia, nella preghiera, nella lettura e meditazione della Sua Parola, nel culto, nel servizio...

(3) Lo amano, lo amano più di ogni altra cosa e persona al mondo. Lo mettono al primo posto della loro vita e sono pronti a servirLo in ogni circostanza.

E’ davvero una conoscenza peculiare quella di chi appartiene a Cristo, del loro Signore. Gli estranei non la possiedono né la capiscono. Essa però è acquisita, non naturale. Ogni conoscenza di Cristo è effetto della speciale Sua manifestazione al cuore del credente. Ogni agnello conosce sua madre per istinto, ma non così il pastore: conoscere Cristo è frutto di esperienza, esperienza ricercata e vissuta.

Conclusione

Gesù è "il buon Pastore": non è meraviglioso far parte di un simile gregge e godere della presenza di uno come Lui che veramente ha dato e dà tutto per i Suoi? Certo. Se qualcuno non Lo conosce in modo intimo e personale come potrebbe, vorrei proprio fargli "venire la voglia" di conoscerLo. Non si può spiegare a parole più di quel tanto ciò che Gesù è e può essere ancora per tanti oggi che Egli chiama a far parte di Sé. Chi di voi ha fatto quest’esperienza lodi e ringrazi il Signore per la grazia che ha ricevuto, e certo non si trattenga nel desiderare comunicarlo anche ad altri.

[Paolo Castellina. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione "Nuova Riveduta", Società Biblica di Ginevra, 1994].

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