Gesù è la via

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Un luogo sgradevole, ma...

Vorrei portarvi quest’oggi fuori dalle mura della città di Gerusalemme, nell’anno 33 circa della nostra era, in un luogo chiamato Golgota. E’ un posto assolutamente sgradevole, anzi, orribile: sia perché vi buttano la spazzatura, -e vi potete immaginare la puzza- sia perché quello è il posto in cui veniva di solito eseguita la condanna a morte dei criminali tramite crocifissione -e vi potete anche immaginare le grida e i pianti. Era un’usanza barbara: inchiodati su delle travi di legno, essi morivano dopo terribili sofferenze.

Mi direte: ma perché vuoi portarci in un posto simile? Non sarebbe meglio un bel giardino primaverile in riva ad un tranquillo lago insieme a bella gente che prende il sole? E poi, che razza di modo di iniziare un discorso, che prospettive: invece di attirare la gente, la fai scappare! Eppure, proprio in questo orribile posto è avvenuto qualcosa che vale la pena di considerare, credetemi.

La fine di una vana illusione?

Ecco tre croci su cui tre uomini stanno terminando la loro esistenza terrena in modo terribile si, ma anche vergognoso: la loro vita è stata un fallimento... Ladri, assassini, rifiuti della società. Un momento però: lì al centro c’è un uomo che -a quanto si dice- non aveva commesso alcun male: un certo Gesù, di Nazareth, di Lui dicevano tante cose: faceva affermazioni sorprendenti su sé stesso... Perché è finito in quel modo? Un errore giudiziario, una spietata vendetta? Pare fosse stato un tempo famoso: andava in giro facendo del bene a tutti, parlava di Dio... ora -è stupefacente- tutti lo hanno abbandonato. Ascoltate: grida che persino Dio lo ha abbandonato! Ai piedi della croce c’è soltanto sua madre in lacrime e il suo migliore amico, è già qualcosa...

Sono gli ultimi istanti della sua vita. Ecco che dice qualcos’altro: "E’ finita!". A me sembra il grido di chi dice qualcosa come: "Ho fallito tutto ciò che mi ero proposto di fare". "Eh si, non mi sorprende," direbbe qualcuno, "in questo mondo non ne vale proprio la pena di far nulla, la vita è vuota, assurda, senza senso. A che serve fare il bene? Tanto nessuno ti dice mai grazie, anzi, ti sputano in faccia". Altri direbbero: "Ah, così finiscono sempre gli illusi, i fanatici, i pazzi. Se vuoi sopravvivere, nella vita non metterti mai in evidenza, resta anonimo nella folla anonima...".

"E’ finita...". Era questo che intendeva?

In ogni caso era finita la sofferenza, il dolore, la derisione dei suoi aguzzini ed avversari che avevano vinto. Una tela di misericordia sarebbe presto calata sulla scena. Non ci sarebbero più stati fardelli da portare, dolori da patire, tormenti da sopportare. Le forze della malvagità avrebbero presto compiuto la loro maggior prodezza, e nulla di più sarebbe stato loro possibile. Era finita.

Si, e più che una vita sembrava finita. Erano finiti i sogni e le speranze che un tempo avevano affascinato le masse. Era cessata la voce del Maestro che un tempo risuonava di forza e d’autorità. Era finita quella folle carriera che solo pochi giorni prima aveva eccitato gli evviva di centinaia di cuori. Era finito quel regno che Egli aveva proclamato con tanta certezza.

A quale altra conclusione potresti giungere quando un uomo che un tempo proclamava di essere re ora era appeso là come il peggiore fra i criminali? Almeno aveva la presenza di spirito da vederlo da solo, il coraggio di ammettere prima di morire che le sue illusioni s’erano infrante... Anche per Cristo il mondo s’era rivelato troppo duro, troppo violento, troppo spietato, del tutto insanabile.

Una morte annunciata

Eppure la fine di Gesù detto il Cristo, questa fine, non era stata proprio una sorpresa.

Facciamo un passo indietro ed incontriamo Gesù con i Suoi discepoli in occasione dell’ultima cena, il giovedì sera, prima di quel fatale venerdì che i cristiani chiamano "santo", ma che santo pare ben poco essere. I Suoi discepoli aspettavano il glorioso regno di Dio in terra. Gesù, con i Suoi atti di giudizio, di liberazione, di guarigione, di risurrezione, lo stava inaugurando. Avevano riposto in Lui tutta la loro fiducia e speranza, lo avevano acclamato quando, entrando in Gerusalemme, sembrava dovesse finalmente prendere il potere, cacciare gli occupanti, i governanti corrotti, i religiosi compiacenti...

No, non sarebbe stato così. Con grande sgomento ed incredulità dei Suoi discepoli aveva loro rivelato (e non era la prima volta): "Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua, e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso" (Mt. 26: 2). "Voi sapete? Ma che sta dicendo?". E quella sera aveva detto: "In verità, in verità vi dico che uno di voi mi tradirà..." (13: 21), e poi a Giuda: "Quello che devi fare, fallo presto" (13: 27), e ancora: "Figlioli, è per poco che sono ancora con voi... dove vado io voi non potete venire" (13: 33). E Pietro: "Signore, dove vai?", e Gesù di rimando: "Dove vado io, non puoi seguirmi per ora; ma mi seguirai più tardi" (13: 36). "Tutto questo non ha senso," pensavano i discepoli di Gesù, "siamo pronti per il trionfo e tu prospetti per te stesso un assurdo fallimento annunciato e addirittura cercato! Perché questo inutile sacrificio?". Si, Gesù si stava avviando consapevolmente verso la morte, "fra le fauci del leone": che senso poteva avere tutto questo?

Potete così immaginare l’atmosfera di quella sera nel cenacolo dove erano riuniti per celebrare il rito della Pasqua. Doveva essere un evento lieto quella cena, ma le facce erano lunghe e depresse. Tutte le speranze e attese dei discepoli erano state profondamente scosse e si trovano del tutto disorientati. La calma della presenza rassicurante di Gesù (si, perché stare in compagnia di Gesù era ed è meraviglioso) si trasforma nella tempesta dell’angoscia d'essere improvvisamente privati del loro amato Maestro. Non solo questo, ma li angoscia pure per l’annunciata apparente rinuncia o fallimento del programma di Gesù, un vero e proprio incomprensibile "suicidio". La loro fede va in crisi, si sentono confusi e forse traditi.

La situazione era sotto controllo!

Contro ogni aspettativa e umana comprensione, però, la situazione era sotto controllo!

"Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me" (14:1) aveva detto Gesù quella sera ai Suoi discepoli. Notevole, non è vero, per Uno che stava per recarsi nell’agonia del Getsemani, alla tragedia del tradimento, del rinnegamento ed abbandono, alla vergogna di quel processo burla, a quella dolorosa flagellazione, via crucis, e terribile crocifissione. Notevole che ancora Gesù volesse confortare e rassicurare i Suoi discepoli. Gesù non chiedeva conforto, ma lo offriva, Gesù in quel momento diceva loro in realtà: "Continuate ad aver fiducia in me: io so quello che sto facendo".

Avevano creduto in Lui ed ora la sfida era continuare a farlo, anche nelle circostanze meno favorevoli, dove tutto sembrava favorire meno che la fede. Egli li esortava a credere in Lui come credevano in Dio, di confidare in Lui anche se non "vedevano" o non comprendevano "la logica" di quanto stava per avvenire. Gesù, che non aveva mai mentito, o ingannato, o deluso alcuno che avesse confidato in Lui, diceva loro di camminare per fede più che per visione, attraverso le tenebre di quell’ora.

Un grido di trionfo!

Torniamo adesso alla croce a quelle ultime parole di Gesù, a quel "E’ finita" che noi avevamo interpretato come un’ammissione di fallimento.

Forse non abbiamo ascoltato bene le parole di Gesù, forse le abbiamo interpretate male, proiettando su di esse le nostre frustrazioni, la nostra delusione, il nostro pessimismo, il nostro cinismo a proposito della vita. Si, perché se ne leggiamo i resoconti con maggiore attenzione, vediamo che gli evangelisti Matteo, Marco, e Luca aggiungono un particolare a ciò che noi abbiamo tradotto da Giovanni con "E’ finita". Essi mettono in evidenza come, prima di morire, Gesù avesse gridato "a gran voce".

Si, Gesù non sussurra disfatto e disperato, non è un triste addio alla vita! Questa "gran voce" è esattamente la frase che è usata in greco per indicare un grido di vittoria, un grido trionfante, come avrebbe potuto uscire dalla gola di un corridore primo al traguardo, il grido che avrebbe potuto uscire da un lottatore esausto ma felice che vince un duro combattimento. Com’è possibile?

C’è però di più, c’è la parola stessa che era uscita dalle Sue labbra, non andrebbe tradotta non con "E’ finita!", ma con "E’ compiuto" perché in greco si tratta di una sola chiara parola: Tetelestai! Finito! Compiuto! Realizzato!

Si, non si trattava della debole ammissione che, grazie a Dio, finalmente tutto era finito, ma dell’affermazione trionfante che l’opera che Egli era stato mandato a compiere era stata così compiuta, portata a termine, realizzata. La missione che Gli era stata assegnata era stata compiuta. Nonostante incredibili difficoltà, nonostante barriere apparentemente insormontabili, Egli l’aveva fatta! Che ora dicano quel che vogliono, facciano ciò che vogliono. Essi non possono più né danneggiare né distruggere ciò che Egli ha compiuto.

Il verbo che Gesù aveva scelto non era casuale, ma indicava un preciso proposito, ed il verbo che aveva usato indicava il compimento di quel proposito. E’ compiuto. La nave era stata portata al porto con le bandiere ancora al vento, malconcia, ma sicuramente, nonostante la resistenza degli avversari.

Il compimento di una missione

Ora però, che cosa esattamente era stato compiuto? Che cosa aveva finito? Certo la Sua vita, ma che cosa aveva compiuto, che cosa aveva completato col termine della Sua vita, in quel modo? Qual era stato l’obiettivo, il risultato che aveva ispirato al nostro Signore mentre moriva, questo senso di vittoria, trasformando persino la Sua morte in un trionfo?

Vi sono molte certo molti modi per rispondere a questa domanda come vi sono molte risposte che vanno al di là delle limitate capacità della nostra mente di intendere e di comprendere. Forse però non è la nostra limitata capacità intellettiva a impedirci di comprendere il senso delle cose di Dio. E’ solo che, come dice il Signore per bocca del profeta Isaia: "Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie... come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri" (Is. 55: 8,9).

Si, il Signore Iddio, in Cristo, "si diverte" a capovolgere i nostri valori, la nostra logica, il nostro modo di ragionare. In ogni caso, è proprio con i nostri valori, la nostra logica, il nostro modo di ragionare che noi abbiamo causato e causiamo la rovina di noi stessi e del nostro mondo. Quando mai lo capiremo? L’apostolo Paolo scrive:

"Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione. I Giudei, infatti, chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini" (1 Co. 1: 21-25).

La logica di Dio in Cristo è diversa dalla nostra, ma in essa c’è sapienza, e beati sono coloro che, rinunciando alle logiche di questo mondo, per grazia di Dio la colgono!

In effetti, nessuno che abbia studiato la vita di Cristo gli può sfuggire che si trattasse di un uomo con una missione da compiere. Anche all’età di dodici anni Egli era cosciente di doversi occupare delle cose del Padre Suo. E poi negli anni più maturi del Suo ministero, "le cose di Suo Padre" sarebbero state il motivo d’ogni Sua parola ed azione.

Erano "le cose di Suo Padre" che l’avevano portato attraverso la Galilea a predicare il Regno di Dio e la Sua giustizia. Erano "le cose di Suo Padre" che l’avevano fatto salire al Calvario con quella pesante croce. Erano "le cose di Suo Padre" che l’avevano inchiodato a quella croce. Ed ora erano "le cose di Suo Padre" che Egli aveva completato con il grido vittorioso: "E’ compiuto!".

E quali erano "le cose di Suo Padre"? Si potrebbe dire che sia nella Sua vita che nella Sua morte l’opera di salvezza che Gesù compiva era di aprire la via per riportare uomini e donne a Dio, al loro Creatore e legittimo Signore, da cui ci siamo allontanati pretendendo di essere Dio e legge a noi stessi. E’ vero, ma dire così ancora non esprime la verità più profonda sul nostro Signore. Ancora più profondo era il fatto che la Sua missione era di riportare Dio all’uomo. Gesù infatti non era semplicemente un profeta come tanti, che pianta un cartello indicatore che punta verso il monte di Dio. Non era Qualcuno che portava un messaggio che in qualche modo è separato da sé stesso. Su quel "cartello indicatore" era stato "inchiodato" Lui, di più ancora, Dio stesso, in Cristo era venuto nel fango di questo mondo per sporcarsene e per tirarne fuori noi che ci stiamo affondando. Egli era (ed è) la via di Dio verso di noi che si fa uomo pagandone di persona tutte le conseguenze!

Dio in Cristo

Ritorniamo alla scena dell’ultima cena. Gesù è perfettamente cosciente di aver vissuto quello che ha vissuto per un servizio di amore verso questa povera umanità, per ciascuno di noi. Egli un giorno aveva detto: "il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti" (Mt. 20:28). La Sua missione non era finita, ma veniva compiuta proprio tramite quell’assurda" morte e sarebbe continuata. Difatti Gesù dice ai Suoi discepoli: "Io vado a prepararvi un luogo. Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò, e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi, e del luogo dove io vado, sapete anche la via" (Gv. 14: 2-4).

Si, tutto ciò che Gesù compie nella Sua vita e nella Sua morte, tutto ciò che Egli compie tornando a Dio Padre e ritornando un giorno per noi ancora futuro, è finalizzato ad un unico scopo la nostra riconciliazione con Dio. Eravamo stati creati per essere in comunione con Dio, per vivere in stretta collaborazione con Lui, la nostra vita è completa e realizzata solo con Lui. Abusando però delle facoltà uniche nel loro genere di cui Dio ci aveva dotato, abbiamo ritenuto di potere fare a meno di Lui, di saperla più lunga noi su come vivere. Volevamo essere Dio a noi stessi e legge a noi stessi e abbiamo rovinato la nostra esistenza. La nostra vita trascorre all’insegna della frustrazione e della morte, dell’inutilità e della distruzione, meritiamo la tragica sorte che ci siamo tirati addosso.

Dio però, in Gesù viene in questo mondo al fine di ricuperare quest’umanità perduta. Raccoglie intorno a Sé uomini e donne che vuole trasformare radicalmente per riportarle alla dignità originale di figli e figlie di Dio. Li istruisce su chi siamo veramente e su chi eravamo destinati ad essere come creature umane, rivela loro il volto di Dio. Paga morendo in croce assumendo sulla Sua persona, sulla Sua carne, l’amaro prezzo del loro peccato. Guadagna loro la possibilità di una comunione ristabilita con Dio, va a "preparare loro un posto in cielo" e ritornerà per prenderli con sé.

Tommaso chiede: "Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo saperne la via?" (14: 5) e Gesù risponde con quelle memorabili parole: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv. 14: 6).

E’ come se avesse detto: "Signore, qual è la via che porta verso una vita migliore, lontano dalla miseria e dalle frustrazioni di questo mondo? Signore, qual è la via che porta alla libertà dal nostro profondo senso di colpa e dai nostri peccati per poter tornare a ‘riattaccare la spina’ alla fonte di ogni bene dalla quale siamo staccati? Signore, qual è la via che porta a Dio, misterioso, lontano ed occulto ai nostri occhi? Signore, qual è la via che ci porta a far chiarezza dalla confusione di religioni in cui siamo immersi? Signore, qual è la via che porta ad una vita significativa ed eterna?". E Gesù risponde: "Io sono questa via: tutto quello che io sono, ho fatto e faccio per la vostra salvezza. Dio e tutto il bene che Egli rappresenta non è più lontano perché sono io venuto in mezzo a voi".

E quella sera Gesù continua e dice, a Tommaso, simbolo dell’incredulità, e a noi con lui: "Se mi aveste conosciuto avreste conosciuto anche mio Padre; e fin da ora lo conoscete e lo avete visto". E Filippo: "Signore, mostraci il Padre, e ci basta". Gesù però gli dice: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre" (Gv. 14:5-9).

Ecco lo straordinario mistero che l’Evangelo rivela anche a noi: Gesù, e solo Gesù è la via, la chiave per aprirci le porte della comunione con Dio e quella di ogni bene autentico. Non dobbiamo cercarne altre. Ci sono al mondo tante chiavi contraffatte, ma non aprono la porta. Chi le usa ne rimane sempre deluso. Non è vero che esistono tante vie per arrivare a Dio. Una sola è la via: non quella tracciata da un uomo, a fatica, per arrivare a Dio, ma quella che Dio stesso in persona ha tracciato per arrivare a noi.

Come la torre di Babele, i patetici tentativi dell’uomo di raggiungere Dio falliscono e si cade solo nella frustrazione e nella confusione. Quello che l’uomo non avrebbe mai potuto fare l’ha fatto Dio, quando in Cristo è venuto personalmente nel nostro fango per tirarcene fuori.

Pagando di persona

In Gesù Cristo Dio stesso viene nel deserto della nostra vita, per vivere proprio qui e per morire proprio qui. Il peccato c’impediva di trovarlo? Bene, Egli stesso sarebbe venuto proprio nel mezzo del nostro peccato pagandone le conseguenze. Se fosse stato il nostro orgoglio ad impedirci di trovarLo, bene, Egli stesso sarebbe venuto nel mezzo del nostro orgoglio per subirne la pena. E questo grido segna l’ultimo punto possibile che Egli poteva raggiungere in un’impresa così pericolosa. Perché neanche l’amore può spingersi più in là che morire.

Ho detto che si trattava di un’impresa pericolosa. Venire con il peccatore ed essere ciononostante libero dal peccato, stare con chi dubita, e non cedere minimamente al dubbio, stare con chi odia e non cadere mai vittima del controllo dell’odio su di sé- questo sembra un compito difficile, se non impossibile. Quello però era il compito che Egli aveva realizzato. Nei termini della personalità umana, Egli aveva disegnato le sembianze di Dio per l’uomo senza mai un solo tratto indistinto e confuso, senza distorcere la figura.

Chiunque può parlare di Dio nella quiete di una chiesa o nella calma di uno studio, speculare sulla Sua natura, teorizzare sul Suo carattere. Gesù però aveva vissuto la vita di Dio nella calura e nello sporco, nel sangue e nelle lacrime della nostra situazione umana senza un solo tradimento della Sua missione, senza mai fallire nel Suo compito. Una sola parola di dubbio, una sola risposta piena d’odio, un solo segno di debolezza, una sola resa a qualche obiettìvo minore, e Lui sarebbe stato un fallito che al cuore e alla mente umana presentava una falsa divinità.

Questo però non era successo, neanche nel mezzo del dolore e dell’agonia di quelle ultime tre ore. E’ compiuto! In Gesù Cristo Dio ci ha trovato. In Gesù Cristo abbiamo trovato Dio. Che importa che Gli sia costata la vita? Ne era valsa la pena di presentare ai suoi fratelli un disegno finito, con linee che non avrebbero potuto equivocare, della mente e del cuore di Dio.

Il Calvario è stato il più terrificante campo di battaglia della storia: per questo ne vale la pena di rivisitarlo, anche se ci pare orrendo. Se capisci che cosa Lì è avvenuto per il destino di ogni essere umano che a Cristo si affida, ti accorgi con riconoscenza che non esiste nell’universo intero un posto come quello che ci possa rendere una vita vera e significativa.

Sul Calvario le potenze dell’inferno, della morte e del peccato avevano scatenato contro Cristo Gesù l’intero arsenale delle loro armi, quelle stesse armi che sconfiggono noi continuamente. Esse però non potevano sconfiggere Lui. Non potevano catturare Lui come catturano noi. Da solo resiste contro d’esse e le sconfigge completamente. Guardate alla croce, asciugate le vostre lacrime per il suo orrore, cantate inni di lode e di vittoria al Signore. Il Signore è uscito vittorioso da quella croce! E’ compiuto! Egli è la via costruita fino alla fine, una via stretta e pericolosa, ma la sola che giunga a destinazione. La via che da Dio porta a noi, e che da noi porta a Dio.

Vorrei dire ancora una cosa. Nel senso più profondo del termine, è compiuto, in un altro senso, forse meno importante, ancora non è compiuto! E’ per questo che ancora abbiamo il venerdì santo. Perché se pure questo disegno è stato completato, il quadro dipinto, per sempre, in tutto il tumulto e la confusione della nostra vita è così facile dimenticare, farci delle domande, perderne la visione e la certezza.

Una via ancora aperta oggi

Mi direte: "Perché, predicatore, ci racconti queste vecchie storie di tanto tempo fa? Che importanza possono avere ancora per noi oggi?". Forse quella storia la conoscete, l’avete sentita raccontare tante volte, ma quella storia si compie veramente solo quando include te personalmente che la leggi o la odi, proprio come quella famosa "Storia infinita" dello scrittore tedesco Michael Ende che non finiva se il lettore non vi partecipava in prima persona. Tu devi prendere il tuo posto fra quei discepoli di Gesù verso i quali il Signore manifestava il Suo infinito amore. Essa non è un mito, ma realtà storica alla quale tu sei invitato a partecipare perché, come disse Gesù: "Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore" e forse anche una per te.

Abbiamo bisogno di vedere non solo una volta, ma spesso, l’amore di Dio, la via, appeso in modo trionfante su quella croce. Con tutti i nostri dubbi e le nostre paure, abbiamo bisogno di essere ancora rassicurati che Dio ha amato il mondo proprio fino a quel punto. Abbiamo bisogno di un suggello tangibile che tutto questo non è la pia ma vana speranza di qualcuno, parole al vento, ma una bruciante realtà. Ecco perché sempre raccontiamo di nuovo questa storia. Ecco perché alla santa Cena prendiamo del pane e lo spezziamo, alziamo il calice e ne beviamo. Questo è il mio corpo spezzato per voi. Questo è il sangue del nuovo patto versato per voi.

Vorrei chiudere con due citazioni della Parola di Dio che vorrei tu intendessi come assolutamente personali. Ascolta:

"Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel luogo santissimo per mezzo del sangue di Gesù, per quella via nuova e vivente che egli ha inaugurata per noi attraverso la cortina, vale a dire la Sua carne, e avendo noi un grande sacerdote sopra la casa di Dio, avviciniamoci con cuore sincero e con piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi di quell’aspersione che li purifica da una cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, senza vacillare; perché è fedele colui che ha fatto le promesse" (Ebrei 10: 19-23).

"Cercate il Signore, mentre lo si può trovare, invocatelo, mentre è vicino. Lasci l’empio la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al Signore che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare" (Isaia 55: 6,7).

[Paolo Castellina, sabato, 29. aprile 1995. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione "Nuova Riveduta", Società Biblica di Ginevra, 1994].

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