PRED625
Persino sulla croce Gesù si occupa della
Sua famiglia!
Al centro della nostra attenzione...
Al centro della nostra attenzione ci sono oggi i nostri giovani confermandi in un momento di passaggio tradizionale ed importante della loro vita. Per molti questa è una festa famigliare dove l’aspetto religioso è abbastanza marginale, una festa dove i genitori riflettono piuttosto su come stiano "diventando vecchi" e come stia per finire il tempo in cui la loro famiglia era riunita ogni giorno a tavola, circondata da bambini vocianti, un tempo che molti più anziani rimpiangono. Tutto questo ha anche la sua importanza, non lo voglio negare.
In una giornata come questa, però, il venerdì santo, al centro della sua attenzione, il cristiano non può avere altri che il suo Signore e Salvatore Gesù Cristo. Proprio in un venerdì come questo, infatti, Gesù ha dato la Sua vita in sacrificio, morendo sulla croce per riconciliarci con Dio, pagando sulla Sua carne il prezzo del nostro peccato.
Proprio in una giornata come questa Gesù ha sofferto pene atroci, versando il Suo sangue, prendendo su di Sé i peccati del Suo popolo, scontando Lui quella che sarebbe dovuta essere la nostra sorte. In una giornata come questa il nostro Signore Gesù Cristo ci ha aperte le porte del Paradiso come a quel ladrone pentito, appeso ad una croce accanto alla Sua.
In una giornata come questa, il cristiano, assieme alla sua famiglia spirituale, la comunità dei credenti, piega le ginocchia davanti alla croce, riconoscente per la grazia che il Salvatore Gesù Cristo ha permesso che gli fosse data.
Interessante però che persino sulla croce, Gesù si fosse dato pensiero per Sua madre e la Sua famiglia terrena, e forse questo potrebbe essere un utile aggancio ideale fra queste nostre "confermazioni" e la sofferenza e morte di Cristo. Per questo oggi vorrei riflettere con voi su quella che è stata considerata la terza fra le sette espressioni che Gesù ha pronunciato sulla croce prima di morire. Persino alla croce, infatti, Gesù ci insegna importanti lezioni, e queste non vogliamo mancare di cogliere.
Nel Vangelo secondo Giovanni, al capitolo 19, troviamo scritto che Gesù, già inchiodato sulla croce: "...vedendo Sua madre e presso di lei il discepolo che Egli amava, disse a Sua madre: Donna, ecco tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre! E da quel momento il discepolo l’accolse a casa sua" (Gv. 19:26,27).
Ricordi della Sua vita famigliare
C’è qualcosa di molto umano ed affascinante a proposito di questa terza parola che Gesù disse sulla croce. Forse non ci acceca con la brillantezza della sua gloria come la parola che aveva detto prima quando aveva detto al malfattore pentito: "In verità ti dico: oggi tu sarai con me in paradiso" (Lu. 23:43). Forse non ci scuote nel profondo del nostro essere come il grido che le seguirà: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Mt. 27:46). Nelle espressioni che Gesù rivolge al discepolo Giovanni ed a Sua madre c’è però un’umana tenerezza che ha tutta una sua qualità propria.
Qualche tempo dopo la Sua breve conversazione con il malfattore pentito, il Signore Gesù abbassa il suo sguardo e vede sua madre che sta lì, in compagnia di diverse altre donne, con il discepolo che Egli amava.
Devo sottolineare prima di tutto il fatto che l’Evangelista dice deliberatamente che Maria stava ai piedi della croce. Non era svenuta, né si era abbandonata a grida o sfoghi emotivi, ma stava là sotto, in tutta la sua fierezza di madre, con un’afflizione che era troppo profonda persino per le lacrime.
Una spada nell’anima. Che cosa le passasse per la mente in quei terribili momenti, lo possiamo solo immaginare. Forse si rammentava le parole che le erano state rivolte, molto tempo prima nel tempio, quando il vecchio Simeone, uomo giusto e pio le aveva predetto: "a te stessa una spada trafiggerà l’anima" (Lu. 2:35). Forse si sentiva in quel momento trafiggere l’anima, ma oltre il dolore la pace era subentrata in lei perché credeva che pure questa terribile ora avesse il suo posto nei propositi di Dio?
Possiamo solo immaginare come si sentisse Maria assistendo impotente alle terribili sofferenze e morte di suo figlio. Sappiamo però che cosa Gesù sentisse, nel vedere come Sua madre, fedelmente, stesse ai piedi della Sua croce.
Ovviamente a quel tempo lei era ormai vedova, perché non troviamo più nella storia alcuna menzione di Giuseppe. E quando se ne va il capo famiglia, diventa dovere del figlio maggiore provvedere a sua madre o, se non era in grado di farlo, fare in modo che qualcuno vi provvedesse.
Era proprio questo dovere figliale che Gesù stava qui esercitando, affidando sua madre alla cura ed alla responsabilità di Giovanni, il discepolo che Egli amava più di chiunque altro. Vi potreste giustamente chiedere perché non avesse affidato la responsabilità di Sua madre a coloro a cui essa spettava, a Suoi fratelli e sorelle più giovani, che troviamo menzionati nei stessi vangeli. Il fatto però che non fossero là alla fine dovrebbe essere già una risposta a questa domanda. Forse non si erano presentati per paura, per vergogna, o forse perché quel loro fratello Gesù non era mai andato loro a genio: in ogni caso si erano assentati dal Calvario, pregiudicandosi così il diritto e la responsabilità famigliare.
Non sempre un "bravo figlio". Non credo ora che sia ingiusto o poco gentile dire che Gesù era sempre stato per Maria un figlio, a dir poco, strano, e che non fosse stato sempre facile esserGli madre. Già a dodici anni Gesù aveva cominciato a mostrare tratti insoliti di indipendenza. Era corso via dai suoi genitori senza dirlo ad anima... Che cosa possa essere successo da quell’età fino al suo trentesimo compleanno, non possiamo dire. Quando però Maria era probabilmente già vedova, bisognosa più che mai di sostegno finanziario, con una casa da mantenere, bocche da sfamare, figli da vestire, il suo figlio maggiore, che avrebbe dovuto provvedere a lei, beh, ...se n’era andato.
Mi avventuro a dire che Maria avesse forse coscienza che Gesù avesse altri compiti da svolgere, e sono sicuro che non l’aveva lasciata senza sostegno finanziario. In ogni caso, era stato sicuramente difficile vederselo andar via quel figlio. Il risentimento poi dei fratelli più giovani che avrebbero dovuto prendere il loro posto nella bottega di falegname così presto non l’aveva reso più facile.
Che poi gradualmente Gesù avesse suscitato risentimento e rifiuto non avrebbe aiutato molto la sua posizione. Dapprima, quando Gesù aveva riscosso grande successo popolare, forse Maria si era sentita compensata dalla sua perdita e forse anche compiaciuta di un poco di gloria riflessa. Quando però l’appoggio popolare gradualmente stava svanendo, mentre l’opposizione contro di Lui a Gerusalemme cominciava a prendere forza, mentre le giungevano notizie a Nazareth delle strane cose che Gesù diceva e faceva, sicuramente aveva sentito questa sua posizione sempre più difficile. Così, raccontano i vangeli, aveva deciso di riportarselo a casa quel figlio. Probabilmente era affaticato dopo aver fatto troppo. Probabilmente aveva bisogno di riposo, buon cibo, della cura di Sua madre.
Era venuta così un giorno con la sua famiglia chiedendogli di tornare a casa, aspettando con ansia fuori dalla porta della casa dove Gesù stava parlando. Qualcuno Gli aveva detto: "Ecco tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e cercano di parlarti" (Mt. 12:47). E poi le era giunto quell’incredibile messaggio: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?" (48). Gesù non voleva vedere né sua madre né i suoi fratelli. Aveva affermato che lei non era più Sua madre, né loro più i Suoi fratelli. Ora aveva una nuova famiglia, e non aveva più bisogno di loro! Aveva detto rivolgendosi ai Suoi discepoli: "Ecco mia madre e i miei fratelli. Poiché chiunque fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello, sorella e madre" (49,50).
Esempi di amore e di fedeltà. No, essere la madre di Gesù non doveva essere stato facile, ed ora, qui alla croce il peggio che avrebbe potuto succederle era accaduto. Nonostante tutto, ancora stava accanto a suo figlio. Avrebbe potuto dire: "Se l’è cercata lui questa fine, si arrangi ora". Avrebbe potuto dire: "Allora non aveva bisogno di me; ora può continuare ancora senza". Avrebbe potuto dire: "L’anno scorso, quando avevo cercato di riportarlo a casa, non sapeva chi fosse sua madre. Ora tocca a me a non sapere chi è mio figlio...". Avrebbe potuto fare come forse avevano fatto gli altri suoi figli, e rimanere chiusi in casa per la vergogna di avere un criminale in famiglia. Avrebbe potuto- ma non l’ha fatto.
"Le grandi acque non potrebbero spegnere l’amore, né i fiumi
sommergerlo" (Ca. 8:7).
Giustamente noi non crediamo che Maria sia la regina del cielo, né che pianga oggi sotto forma di statue... perché la Parola di Dio ci proibisce di divinizzare e adorare una qualsiasi creatura, Maria compresa.
Non dobbiamo però dimenticarci che Maria è un grande esempio di umana fedeltà e della forza dell’amore umano. Indubbiamente queste due figure ai piedi della croce, Maria e Giovanni sono figure indimenticabili di ciò che dovrebbero essere i rapporti umani...
Giovanni, l’amico che ti rimane accanto fino alla fine, la cui amicizia va al di là degli alti e bassi delle circostanze della vita e che non ti abbandona mai... "L’amico ama in ogni tempo" (Pr. 17:17), dice la Bibbia.
Maria, la madre, il cui amore non dà spazio ad equivoco alcuno, né a reale od immaginaria negligenza, né falso orgoglio o vergogna che le impedisca di stare al posto che le appartiene.
So che spesso le nostre amicizie non sono così, e che spesso gli amici spariscono proprio quando più ne avresti bisogno. E’ facile diventare cinici sulle amicizie che possono svanire così in fretta. Lo si vede alla croce stessa. I tre compagni più fedeli di Gesù erano tre: Pietro, Giacomo e Giovanni. Ed ora, al momento della massima crisi, dove se n’era scappato Pietro? Dove se n’era andato Giacomo? Solo Giovanni era là, proprio come se volesse mostrarci ciò che le amicizie umane spesso sono, e pure quello che possono essere.
E so pure che molte volte anche la nostra vita famigliare non è così. Ho avuto esperienza, come pastore, di quanto contorte e tese possono diventare certe famiglie, quanto è facile che l’intimità dell’amore si trasformi in un inferno insopportabile. Beh, vedete questo anche al Calvario. I fratelli e le sorelle di Gesù non erano là accanto a Gesù. Erano a casa, piangendo nei loro cuscini per la vergogna che quel Gesù degenere aveva loro causato, a nutrire il loro risentimento verso quel matto che avevano crocefisso, e che capitava fosse loro fratello... Sua madre però era là, quasi per mostrarci ciò che sono spesso gli affetti famigliari, e ancora ciò che potrebbero essere.
L’amore e la fedeltà di Dio in Cristo
Volgiamoci però ora da queste figure minori a quella centrale, all’uomo inchiodato su quella croce. Perché se in Maria ed in Giovanni possiamo cogliere il significato dell’umana fedeltà e dell’umano amore, in Lui vediamo il significato dell’amore divino e della fedeltà divina. E questo è davvero indimenticabile.
Mi domando se vi rendiate conto di quanto sorprendenti siano le parole pronunciate qui da Gesù. Che cosa vi aspettereste di dire in queste circostanze? "Guarda, Giovanni, questo non è certo il posto da stare per mia madre. Portatela a casa e falla star via da tutto questo". Questo sarebbe stato molto umano e comprensibile, un desiderio perfettamente naturale di risparmiarle ulteriori sofferenze. "Mamma, questo non è poi tanto brutto come sembra. Asciuga le tue lacrime e ricorda che ci incontreremo di nuovo in un mondo migliore". Anche questo sarebbe stato perfettamente naturale da dire, un desiderio di confortare e di consolare.
Il Dio della vita di ogni giorno
La cosa sorprendente, però, è che il primo pensiero del Signore per sua madre, non fosse di protezione e di consolazione, ma per un benessere economico e finanziario terra-terra. Sulla croce stessa, portando su di Sé i peccati del mondo, mentre stava per guardar giù verso l’abisso senza fine dell’abbandono divino, Gesù Cristo si rammenta prima di tutto del benessere fisico ed economico di Sua madre.
Non posso non pensare come questa sia un’impressionante illustrazione di qualcosa che spesso noi tendiamo a dimenticare: la fede cristiana ha a che fare non solo con l’aldilà, ma anche con la qualità della vita nell’aldiquà...
C’è sempre chi esagera o da una parte o dall’altra: o si ritiene che la fede cristiana si occupi solo della salvezza eterna dell’anima oppure che si occupi solo di farci vivere meglio quaggiù. In ogni caso si tratta di eresie. Cristo si è occupato, anche sulla croce, e dei bisogni spirituali ed eterni, e dei bisogni materiali e tamporali dell’uomo. E’ una lezione questa da non trascurare, soprattutto per il fatto che ci proviene dalla croce stessa.
È ancora peggio quando la religione viene così elevata da porsi al di là della vita quotidiana. Spesso la nostra religione rimane al livello della domenica o delle "feste comandate", mentre noi viviamo la maggior parte del nostro tempo al livello del lunedì-sabato. Spesso si ode osservare come la fede cristiana sia non pratica ed idealista, e che non abbia nulla da dire ai bisogni ordinari ed ai problemi comuni della vita quotidiana. Osservo però come coloro che fanno questa lamentela credono in un Dio così lontano e rimosso da questa scena mortale che non può mai toccare i problemi ed i bisogni della vita quotidiana.
E’ importante dirlo chiaramente con le parole e con l’esempio ai nostri figli. Dio per me non è il Dio della domenica, ma Colui che deve determinare i miei pensieri e le mie azioni per tutta la settimana. Se pensi altrimenti, il tuo Dio non è quello di Gesù Cristo, ma un idolo di tua propria invenzione.
Solo per momenti di crisi? Allo stesso modo molti di noi pensano che Dio riguardi solo i momenti di crisi, e non la vita ordinaria. E’ il Dio "degli ospedali", e non del posto dove lavoro, vivo e mi diverto. Insegniamo ai nostri figli che il nostro Dio è presente per occuparsi di nascite, malattie, morti, e ...disastri. Ma non ci sogneremmo mai di disturbarlo con questioni di finanze, rapporti famigliari, difficoltà sul lavoro, problemi a scuola. La nostra religione è così al di sopra della vita reale da risultare, per la maggior parte del tempo, del tutto invisibile, inesistente nella realtà dei fatti.
Non è forse vero, però, che troveremo Dio in tempi di crisi, solo quando è diventato il compagno reale della vita quotidiana? E non è forse vero che il Dio dell’Evangelo vuole permeare tutta la nostra vita, per quanto banale sia, con il senso della Sua presenza?
Ogni qual volta che siamo tentati credere che vi siano aspetti della nostra vita troppo ordinari per Dio, troppo di routine per esserGli d’alcun interesse, possiamo rammentarci di questa terza parola dalla croce. Ogni qual volta siamo tentati di mettere la religione in un armadietto su cui scriviamo: Da usarsi solo in tempo di crisi, di limitare la sua efficacia a quei rari momenti di esaltazione spirituale e di elevazione mentale, possiamo rammentarci di questa terza parola dalla croce.
E’ una preziosa osservazione nel cuore di Dio. Le necessità banali, le routine comuni, la sequenza ordinaria della vita di ogni giorno- tutto questo è altrettanto importante per l’amore provvidente di Dio che l’intervento di Dio nei momenti di particolare crisi. Perché il nostro è un Dio il cui interesse è con noi tutta la vita in ogni suo momento. Per Lui, tale e quale si è rivelato in Cristo, nulla è triviale, nulla è poco importante.
Prima ancora che ci interessassimo di Lui
E poi quest’ultima parola... Egli pensa a noi prima ancora che noi pensiamo a Lui. In quest’occasione l’evangelista non riporta alcuna parola detta da Maria. Lei sta davanti alla croce come una figura silenziosa solo per scoprire che persino nella morte, Cristo era più interessati in ciò che avrebbe potuto darle di ciò che Egli avrebbe potuto ottenere da lei. E oltre questa prospettiva nel cuore stesso di Dio non possiamo andare. Conoscete la preghiera che dice che Dio è sempre più pronto ad esaudire che non noi a pregare? Bene, qui vedete quelle parole messe in scena in forma drammatica. Quanto spesso nel nostro vivere e credere, noi diffamiamo e denigriamo il cuore di Dio, facendo finta che Egli non mostri interesse per noi, che Egli non faccia nulla, chiudendo i nostri occhi di fronte agli innumerevoli modi in cui Egli risponde alle nostre preghiere, certo, in modi che non ci aspettiamo, ma in modi che vanno al di là delle stesse cose che Gli abbiamo chiesto?
L’interesse che Dio ha per noi spesso è molto più grande dell’interesse che noi abbiamo verso di Lui. Ecco il significato permanente di questa terza parola dalla croce. E quale magnifica assicurazione per la vita può essere! Se il nostro rapporto con Lui fosse solo sulla base del dare-avere, se potessimo contare sulla Sua attenzione solo in risposta all’attenzione che Gli diamo, come impoverita e vuota sarebbe la nostra vita! Se il favore di Dio nei nostri confronti fosse solo una risposta ai favori che noi Gli facciamo, quanto poco di Dio noi avremmo nella nostra vita!
Questo non è però il caso: Dio è il Dio della grazia verso tutti coloro che sono consapevoli di essere peccatori. Egli non si dimentica mai. Egli non diventa mai indifferente. L’iniziativa, la prima parola, è sempre la Sua. Non accusate Dio di lesinare la Sua bontà verso di noi, accusate piuttosto voi stessi di essere ciechi di fronte ai segni manifesti della Sua bontà ed ai suggelli del Suo amore che riempiono da ogni parte la nostra vita. Perché Colui che sulla croce non si era dimenticato di Sua madre, non può dimenticare e non si dimenticherà mai di noi, suoi fratelli e sorelle.
Preghiamo a che i nostri giovani, uscendo dal nido famigliare ed affrontando il mondo per la prima volta, non lo dimentichino mai.
[Da H.G.Hageman. Paolo Castellina, mercoledì,
12. aprile 1995. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono
tratte dalla versione "Nuova Diodati", edizioni La Buona Novella,
Brindisi, 1991).