PRED622
Cristo Gesù: un guastafeste?
Quale spirito nella settimana santa?
La settimana che va dalla Domenica delle Palme fino alla Domenica di Pasqua, è sempre stata per me personalmente, fin da quand’ero piccolo, una settimana del tutto speciale e importante. E’ la settimana in cui la chiesa cristiana, in tutto il mondo, commemora la sofferenza e la morte del nostro Salvatore Gesù Cristo, la cosiddetta "settimana santa" o "di Passione".
La comunità cristiana alla quale io appartenevo, in questa settimana, celebrava la Passione di Cristo con degli incontri speciali in cui avevo sempre partecipato volentieri, insieme con mia madre. C’era, in questi incontri, tutta un’atmosfera di profonda spiritualità e di commossa partecipazione alle sofferenze di Cristo. Si ripercorrevano le tappe dell’arresto, del processo, e della via dolorosa che Gesù aveva dovuto percorrere, caricato di quella pesante croce, fino alla tragedia della crocifissione.
Fin da piccolo sono sempre rimasto molto impressionato da quel che Gesù ha compiuto per la nostra salvezza, e proprio in quest'ambiente è nata la mia fede in Cristo. In quelle occasioni i ragazzi dell’età dei nostri confermandi, erano invitati a commentare davanti alla comunità una delle tappe della Passione di Cristo. Io lo facevo volentieri, e con gran commozione.
In quella settimana era comune anche per la mia famiglia, digiunare (evidentemente in parte, e soprattutto il Venerdì santo) come espressione di partecipazione alla sofferenza di Cristo.
Anche più tardi, fuori da quell’ambiente, il Venerdì santo, alle tre del pomeriggio, io sempre mi sarei sempre rammentato, con riconoscenza, che quella era l’ora ed il giorno in cui il Salvatore Gesù era morto, anche per me, per procurarmi salvezza.
Qui invece, la Domenica delle Palme e il Venerdì santo, è la stagione delle Confermazioni.
Indubbiamente si tratta di qualcosa di pure importante, soprattutto se fatto con serietà. Non posso però fare a meno di pensare come questo sia forse il momento sbagliato per farle, perché in una settimana come questa al centro della nostra attenzione non dovrebbero essere i nostri ragazzi, ma la Persona del Signore e Salvatore Gesù Cristo, la Sua sofferenza e morte, il valore eterno di ciò che Egli ha compiuto per il Suo popolo.
E non posso fare a meno di trovare pure molto imbarazzanti gli abbondanti pranzi di confermazione in un periodo in cui si dovrebbe digiunare e far cordoglio per i nostri peccati, così come mi hanno insegnato a fare, e come sono convinto sia necessario continuare a fare.
Certo, in questo periodo si potrebbero fare anche le confermazioni, ma dovrebbero essere veramente l’espressione di fede intensa e personale, una manifestazione autentica di personale partecipazione all’esperienza del Salvatore Gesù Cristo.
E’ per me molto triste e doloroso avere l’impressione che invece questo in realtà non ci sia, o almeno non nella misura che sarebbe convenevole. Come potrei rimanere indifferente di fronte a quella che spesso è la superficialità e la noncuranza d'assemblee che, pur riunendosi in una chiesa, ...hanno la testa tutta da un’altra parte? Come posso evitare d'avere l’impressione che le nostre feste possano diventare spesso qualcosa d'offensivo alla memoria di ciò che Cristo ha compiuto? Come posso evitare di pensare d'essere io in questi momenti, non fra coloro che piangono la morte di Cristo, ma fra quella folla che allora si prendeva gioco di Lui, gli sputava addosso e che approvava la Sua crocifissione?
Ho l’impressione che il Signore Gesù Cristo sia ancora oggi qualcuno che ancora *vada tolto di mezzo* il più presto possibile, per non "guastarci la festa", come i Giudei di quel tempo. Quel cadavere sulla croce "dava fastidio" e non doveva rimanere là appeso proprio quando il popolo celebrava la sua più importante "festa religiosa". Lo mettono in rilievo anche i vangeli: "Or i Giudei, essendo giorno di Preparazione, affinché i corpi non rimanessero sulla croce il Sabato, perché il Sabato era un giorno di particolare importanza, chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via" (Gv. 19:31).
E così oggi vorrei proprio "guastare la festa" a qualcuno, tornando a rimettere in vista il corpo martoriato di Cristo, morto a causa dei nostri peccati e per salvarci dai nostri peccati, il posto che Gli compete.
La profezia di Isaia 53
Per questo oggi vorrei leggere e commentare con voi la profezia di Isaia, che parla del destino del Messia sofferente al capitolo 53 del suo libro. Il testo inizia con una domanda interessante...
1. Disprezzo ed avversione. "Chi ha creduto alla nostra predicazione e a chi è stato rivelato il braccio dell’Eterno?" (1).
Ci saremmo potuti aspettare che Dio, venendo in Cristo a salvare questo nostro povero mondo, sarebbe stato accolto con gioia e riconoscenza, ma come l’ha accolto la maggioranza dei Suoi contemporanei? Alcuni lo ritenevano un pazzo, altri si prendevano gioco di Lui, altri ancora l'avevano portato sull’orlo di un burrone per gettarlo giù. E poi, la storia la sapete: il principe della pace, l’incarnazione stessa dell’amore, deriso, malmenato, disprezzato, torturato fino alla fine, nel luogo dove si gettava altrimenti la spazzatura.
Forse oggi siamo più raffinati, ma la nostra reazione al messaggio dell’Evangelo non è certo migliore: dai più è un messaggio relativizzato, ignorato, respinto... Abbiamo e possiamo fare di meglio di ciò che ha compiuto Cristo, non è vero? Anche l’indifferenza, però, equivale ad un omicidio, anche se un "omicidio bianco", "pulito", ma siamo assassini non migliori di quelli che hanno messo in croce Cristo.
Ciononostante il messaggio dell’Evangelo manifesta il forte "braccio dell’Eterno" Iddio. L’apostolo Paolo diceva: "Infatti io non mi vergogno dell’evangelo di Cristo, perché esso è la potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Ro. 1:16). La rilevanza di questo messaggio ti deve essere rivelata nel profondo del tuo cuore, un cuore che con ravvedimento e fede, torna ad essere volto verso il Creatore.
2. Fuori dai canoni di questo mondo. "Egli è venuto su davanti a lui come un ramoscello, come una radice da un arido suolo. Non aveva figura né bellezza da attirare i nostri sguardi, né apparenza da farcelo desiderare. Disprezzato e rigettato dagli uomini, uomo dei dolori, conoscitore della sofferenza, simile a uno davanti al quale ci si nasconde la faccia, era disprezzato, e noi non ne facemmo stima alcuna" (2,3).
Già, se fosse venuto come un bell’attore o uno sportivo di successo, pieno di soldi, con grande sfoggio di lusso, su un’auto sportiva, circondato da belle donne, con l’ambiguità della trasgressione morale, forse l’avremmo considerato ed ammirato. Che c’importa uno straccione, che si interessa degli ultimi della società, di vecchi, di malati ed invalidi, di bambini e di donne per nulla interessanti... Che c’importa di uno che si sacrifica per gli altri, che respinge tutti i valori materialisti che per noi sono tanto importanti, con un alto livello di responsabilità etica e morale? Che c'importa di uno che ritiene importante il rapporto di fiducia, d'ubbidienza e preghiera con Dio? Noi ...vogliamo goderci la vita! E allora, prendiamoci gioco di Lui, sputiamogli addosso con disprezzo, togliamocelo di mezzo come la peggiore feccia della società... La religione? Basta che non ci disturbi più di quel tanto... qualche rito... qualche formalità... qualche tradizione... ma questo Cristo ...non c'interessa!
3. Portava la nostra miseria. "Eppure, portava le nostre malattie e si era caricato dei nostri dolori; noi però lo ritenevamo colpito, percosso da Dio ed umiliato. Ma egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è su di lui, e per le sue lividure noi siamo stati guariti" (4,5).
Secondo la mentalità comune, chi respinge i criteri sull’uomo di successo che vanno per la maggiore, chi non s'adatta allo stile di vita, al modo di pensare ed al comportamento di questo mondo, merita di "finire male", non è "adatto" per vivere quaggiù. "Non piangete per quel Gesù", sembra dire la gente, "se si fosse conformato alla mentalità di questo mondo, non avrebbe fatto la fine dei falliti, degli sciocchi e dei disadattati. ...Se avesse dato ascolto ai suggerimenti di Satana, se si fosse prostrato davanti a Satana, accettandone lo stile di vita libero ed immorale, avrebbe avuto il mondo ai suoi piedi... Non piangetelo e soprattutto, imparate la lezione, se non volete finire come lui!".
In realtà, dice il nostro testo, è vero il contrario. L’umanità è cieca e non vede di correre a rapidi passi verso il disastro, se continua di questo passo, con quelle idee e quei suoi comportamenti. E’ cieca e non sa d'essere sottoposta allo spietato ed inappellabile giudizio di condanna da parte di Dio sul suo operato. Molti potranno anche ridere di questo e considerarlo fantasia, ma un tremendo castigo grava sul capo di tutti coloro che persistono impenitenti nella loro ribellione contro Dio, e se l’esecuzione di questo castigo sembra tardare è solo perché Dio, nella sua misericordia vuole dare il tempo a che molti possano ravvedersi e cambiare direzione nella loro vita. Si, perché la terribile sorte di Cristo -e pochi si rendono conto di quanto angosciosa e tremenda sia stata- è quella che ciascuno di noi dovremo subire persistendo nella nostra impenitenza.
Ciascuno di noi merita la più terribile delle condanne da parte di Dio sul nostro operato, perché infrangiamo ogni giorno continuamente l’ordinamento morale e spirituale che Dio ha imposto su di noi, ma Egli, nel Suo amore e grazia, ci dà una possibilità di sfuggire a questo castigo. Per chiunque si ravvede dei suoi peccati e affida la sua vita a Cristo, Dio offre di pagare Lui stesso ciò che merita, l’innocente per i colpevoli.
Allora io, che sono credente, vedo nelle sofferenze di Cristo, ciò che io avrei dovuto giustamente soffrire a causa dei miei peccati: egli ha pagato per me, al mio posto, ed ora, tramite la Sua opera, io ho trovato pace con Dio. Il castigo che Egli ha preso su di sé era il mio, ed ora ne sono liberato, sono in pace con Dio, guarito dalle conseguenze temporali ed eterne del mio peccato. E questo vale per chiunque altrettanto vede tutto ciò ed agisce di conseguenza!
4. Erranti ed ostinati. "Noi tutti come pecore eravamo erranti, ognuno di noi seguiva la sua propria via, e l’Eterno ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato ed umiliato, non aperse la bocca. Come un agnello condotto al macello, come pecora muta davanti ai suoi tosatori, non aperse bocca. Fu portato via dall’oppressione e dal giudizio; e della sua generazione chi rifletté che era strappato dalla terra dei viventi e colpito per le trasgressioni del mio popolo?" (6-8).
Qui troviamo il profeta che parla come se fosse il portavoce di tutti i peccatori salvati per grazia dalla misericordia di Dio. "Prima di capire queste cose andavo per la mia strada rifiutando di avere "pastori" che mi guidassero, o "greggi" da seguire. Volevo fare solo di testa mia, come mi conveniva o mi faceva più comodo. Non mi avvedevo però che in realtà, pensavo di essere libero, seguivo senza alcun senso critico le masse ed anche tanti "opinion leaders", naturalmente quelli che vanno per la maggiore. Andavo verso il baratro e non me ne accorgevo, fin quando ho incontrato il vero e buon pastore, che si è preso cura di me, mi ha aperto gli occhi sulla strada che stavo seguendo, ed ha pagato Lui stesso, con la sua vita, pur di salvarmi. Ho capito che Lui portava su di Sé la mia iniquità, che stava pagando Lui quel prezzo che io non avrei mai potuto pagare per la salvezza dai miei peccati e la mia riabilitazione davanti a Dio.
Quest’oggi stesso il Signore Gesù si presenta sulla vostra via, voi che state udendo questo messaggio, e, come pecore sbandate, vuole farvi ritornare sul giusto sentiero come un tempo aveva fatto con me.
5. Un fallimento? "Gli avevano assegnata la sepoltura con gli empi, ma alla sua morte fu posto col ricco, perché non aveva commesso alcuna violenza e non c’era stato alcun inganno nella sua bocca" (9).
Un fallimento, dunque, quella morte sulla croce come un criminale, uno che non è stato abbastanza "furbo" per evitare quella fine. No. E’ Dio che si prende gioco dei "valori" di questo mondo, contestandoli radicalmente, e operando salvezza proprio attraverso il ribaltamento di ciò che in questo mondo è "logico" e "naturale". E’ Dio che contesta radicalmente le "filosofie" di questo mondo privilegiando ciò che in questo mondo è "folle", impopolare, "assurdo".
Dio così si nasconde in un luogo dove mai nessuno "per natura" lo cercherebbe, e questo per umiliare l’essere umano, per fargli abbassare "la cresta" della sua presunzione, per ridimensionarlo nella posizione che gli è propria, cioè di creatura debitamente sottomessa al Suo Creatore.
Gesù, il giusto e l’innocente, è quello che alla fine "sta con il ricco", Colui che alla fine trionfa svergognando chi si riteneva più saggio, sapiente e vincitore. Dice l’Apostolo Paolo: "Dio ha scelto le cose stolte del mondo per svergognare le savie; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose spregevoli e le cose che non sono, per ridurre al niente quelle che sono, affinché nessuna carne si glori alla sua presenza" (1 Co. 1:27-29).
6. Non sottrazione, ma moltiplicazione! "Ma piacque all’Eterno di percuoterlo, di farlo soffrire. Offrendo la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una progenie, prolungherà i suoi giorni e la volontà dell’Eterno prospererà nelle sue mani. Egli vedrà il frutto del travaglio dell’anima sua e ne sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il giusto, il mio servo, renderà giusti i molti, perché si caricherà delle loro iniquità. Perciò gli darò la sua parte fra i grandi, ed egli dividerà il bottino con i potenti, perché ha versato la sua vita fino a morire ed è stato annoverato fra i malfattori; egli ha portato il peccato di molti ed ha interceduto per i trasgressori" (10-12).
Il ribaltamento della situazione raggiunge qui il suo culmine: chi avesse pensato che il Signore Gesù fosse stato tolto una volta per sempre "dai piedi" si sbagliava di grosso, e questo per due ragioni:
(1) La morte sacrificale di Cristo si collocava in effetti nel contesto dei piani eterni di Dio di salvare in questo modo i peccatori pentiti. L’atto empio e criminale di chi aveva crocifisso Cristo si rivelava così benefico e provvidenziale, ma non nella direzione di chi l’aveva ordito.
(2) Non solo Gesù non sarebbe stato tolto di mezzo, ma sarebbe risuscitato ed avrebbe avuto una schiera innumerevole di seguaci in ogni tempo e paese! In duemila anni di cristianesimo ci hanno provato tutti a eliminare i cristiani o ad addomesticarli. Non c’è riuscito neanche il più crudele fra i dittatori! E’ casuale questo?
Allo stesso modo nessuno oggi pensi di liquidare Cristo dalla sua vita e così non pensarci più, perché un giorno si dovrà incontrare in ogni caso faccia a faccia con Lui per rendere conto del suo operato. Perché o incontriamo Cristo oggi come Salvatore, oppure Lo incontreremo domani come Giudice. O Lo incontriamo oggi in un atto di grazia, o lo incontreremo domani come Colui che sanzionerà la nostra condanna. Dice la Scrittura: "Chi ha creduto, ed è stato battezzato, sarà salvato; ma chi non ha creduto, sarà condannato" (Gv. 16:16). Qualcuno potrà anche ridere di questa promessa del Signore, oppure scandalizzarsene, ma in questo caso vale il proverbio che dice: "Ride bene chi ride ultimo".
Conclusione
Il fatto fondamentale di questa settimana particolare, dunque, è la sofferenza e morte del Salvatore Gesù Cristo, il suo valore universale per chiunque Lo accoglie con fede ed ubbidienza. E’ proprio quello "scandaloso" e "sgradevole" Cristo che oggi voglio celebrare e veramente "sbattere davanti a tutti" in tutta la sua crudezza. Di là da tutte le nostre feste religiose e tradizioni, se non siamo venuti alle prese, molto seriamente, con quel Cristo, tutto il resto sarà inutile e persino dannoso.
La Scrittura ci esorta dicendo: "come scamperemo noi, se trascuriamo una così grande salvezza?" (Eb. 2:3).
[Paolo Castellina, mercoledì, 05. aprile
1995. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte
dalla versione "Nuova Diodati", edizioni La Buona Novella, Brindisi,
1991].