Frutti della
comunicazione
Semi e terreni
Oggi viviamo nell'epoca delle
comunicazioni di massa. Radio, televisione, giornali seminano informazioni,
idee, concezioni del mondo, e anche tante parole vuote ed inutili, che incidono
sulla realtà, e su ognuno di noi, e la trasformano producendo frutti sia buoni
che cattivi.
Il paragone fra il seminatore ed il
comunicatore, fra il seme ed il messaggio, e fra il terreno e colui che riceve
questo messaggio costituisce il contenuto di una nota parabola del Signore Gesù
che compare nel 13° capitolo del Vangelo secondo Matteo. Il
seme dell'Evangelo di Gesù Cristo è un buon seme, un ottimo seme, che può
produrre frutti ottimi, belli e nutrienti. Siamo noi altresì un 'buon terreno'
per ricevere e far crescere a gloria di Dio, questo ottimo seme?
Leggiamo quanto ci dice l'Evangelo.
"Ora, in quello stesso
giorno Gesù, uscito di casa, si pose a sedere presso il mare. E grandi folle si
radunarono intorno a lui, così che egli, salito su una barca, si pose a sedere;
e tutta la folla stava in piedi sulla riva. Ed egli espose loro molte cose in
parabole, dicendo: 'Ecco, un seminatore uscì a seminare. Mentre seminava una
parte del seme cadde lungo la strada; e gli uccelli vennero e lo mangiarono.
Un'altra cadde in luoghi rocciosi, dove non c'era molta terra, e subito
germogliò perché il terreno non era profondo; ma, levatosi il sole, fu riarso
e, perché non aveva radice, si seccò. Un'altra cadde tra le spine, e le spine
crebbero e la soffocarono. E un'altra cadde in buona terra e portò frutto,
dando il cento, il sessanta e il trenta per uno. Chi ha orecchi da udire, oda!
... Voi dunque intendete la parabola del seminatore. Quando qualcuno ode la
parola del regno e non la comprende, il maligno viene e porta via ciò che era
stato seminato nel suo cuore. Queti è colui che ha ricevuto il seme lungo la
strada. E quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la
parola e subito la riceve con gioia; ma non ha radice in sé, ed è di corta
durata; e quando sopraggiunge la tribolazione o la persecuzione, a causa della
parola, ne è subito scandalizzato. E quello che ha ricevuto il seme tra le
spine è colui che ode la parola, ma le sollecitudini di questo mondo e
l'inganno delle ricchezze soffocano la parola; ed essa diviene infruttuosa.
Quello che invece riceve il seme nella buona terra, è colui che ode la parola,
la comprende e porta frutto; e produce uno il cento, un altro il sessanta e un
altro il trenta per uno"
(Mt. 13:1-8,18-23).
I termini di una parabola
E' lo stesso Signore Gesù stesso
che spiega ai Suoi discepoli e a noi i termini della Sua parabola.
Il Seminatore è Egli stesso,
Gesù, il Cristo, Parola di Dio fatta carne ed ossa, Colui che è il comunicatore
per eccellenza, Colui che è venuto per rivelare in Parole ed in fatti, la
volontà buona, santa e giusta di Dio.
Seminatori sono pure i Suoi
discepoli, di ieri e di oggi, chiamati a diffondere il seme della
Parola, "la Parola del regno" (19), cioè l'Evangelo, la
dottrina spirituale di Cristo, per la quale Egli raccoglie i Suoi eletti e li
governa.
Il terreno è il cuore umano, che la
Parola di Dio vuole illuminare e radicarvisi profondamente in virtù dello
Spirito, affinché esso sia piegato all'ubbidienza della fede ed al rinnovamento
spirituale.
Il Seminatore! Che magnifica
descrizione è questa di chi annuncia la Parola di Dio! Egli uscì a seminare;
non per fare una conferenza, per criticare o per dare spettacolo, ma affinché
il seme potesse crescere a gloria di Dio e portare frutto nel cuore umano! Tutti
coloro che hanno un fardello di seme prezioso anelano di spargerlo
affinché nasca una piantina, cresca e produca frutto.
I profeti dell'Antico Testamento
sapevano cosa significasse avere questo fardello sul cuore. Se solo il Suo
messaggio potesse così aggravarci da spingerci a seminare con lacrime coscienti
di quanto importante sia questa 'pianta' per la vita umana! Si, il predicatore
anela a che questa parola sia accolta con gioia e coltivata con grande
diligenza, e quanta tristezza quando si può dire che "la parola della
predicazione non giovò loro nulla, non essendo stata congiunta alla fede in
coloro che l'avevano udita" (Eb. 4:2).
I quattro diversi tipi di terreno
di cui parla questa parabola rappresentano così quattro diversi modi in cui la
Parola della Vita può essere trattata da coloro che la ascoltano.
1. Il seme lungo la strada, o
l'uditore indifferente.
Parte del seme cade su una strada. Certo una strada non è il posto ideale per
seminare: è battuta in continuazione, è dura. Aperta a tutti ma non dimora
stabile di alcuno. Eppure ad una strada somigliano tanti che odono il messaggio
della Parola di Dio, tanti che potremmo appunto definire 'uditori
indifferenti'.
Il terreno che "costeggia la
strada è infatti:
1. Un posto duro. Un uditore
indifferente può anche essere un uditore regolare, ma il suo cuore è come un
sentiero pubblico, aperto a tutti i passanti, e battuto duramente con i piedi
dei pensieri egoistici. Che grande passaggio di messaggi diversi subiamo
infatti noi oggi. Questo causa per molti parecchia confusione. Vorrebbero
provare ogni novità che odono per soddisfare sé stessi. Danno fiducia a tutti,
ma non hanno spirito di discernimento, e poco alla volta diventano assuefatti a
tutti questi messaggi, non li odono più, ne diventano impermeabilizzati, duri.
Anche l'unico messaggio di valore che potrebbero ricevere, l'Evangelo, lo
considerano con indifferenza uno fra i tanti e non ha effetto alcuno su di
loro.
2. Un posto pericoloso. La
"dura strada" non è in grado di recepire l'Evangelo, e diventa così
il terreno adatto su cui Satana può "boicottare l'Evangelo" e portare
via quel prezioso seme.
Esposto agli "uccelli" ed
ai piedi di ogni passante, la strada non si presta a conservare il
messaggio. Non importa quanto prezioso possa essere il seme, esso può solo
cadervi sopra; non può cadervi dentro. Il seme corre sempre il
pericolo di perdersi e di essere portato via se non viene nascosto, cioè
meditato diligentemente. Gli uccelli hanno occhi molto acuti. Si aggirano per
l'aria e vedono la preziosa Parola che giace su un cuore che non la
comprende e la mangia via. La persona non si avvede nemmeno della
perdita subita, perché il suo valore dell'Evangelo non è mai stato apprezzato
veramente.
3. Un posto senza speranza. Questo
terreno è così davvero un posto disperato perché il seme dell'Evangelo vi
cresca. Il seme vivente non trova qui alcun rifugio. Sebbene possa
rimanervi per tempo limitato, esso non vi trova accesso, e quindi non
può manifestare vita alcuna. Gli uditori indifferenti non ne potranno mai
trarre profitto.
Siete voi, rispetto al messaggio
dell'Evangelo, un terreno simile ad una strada?
II. I luoghi rocciosi, o
l'uditore emotivo. C'è poi
un tipo di suolo che presenta una certa misura di terreno teoricamente
coltivabile, ma è di poco spessore, al di sotto c'è comunque dura roccia. Qui
la parola viene-
1. Ricevuta con gioia (20). Quando
non c'è profondità nella terra, la piantina può essere sradicata molto
facilmente. L'uditore superficiale è spesso molto emotivo. E' facile operare
sul suo strato sottile di emozioni. Si commuove facilmente, magari considerando
le grandi sofferenze del Salvatore Gesù Cristo, o una predica particolarmente
vibrante. Gli escono lacrime che ben presto, altrettanto facilmente si
asciugheranno. Dopo un po' dimenticherà ciò che ha udito. Ascolta con gioia la
Parola; ahimè, però, il suo cuore sembra solo essere all'altezza dei suoi
occhi: è una persona superficiale: non chiedetegli di più. Infatti, viene:
2. Fatta morire rapidamente. "Non
aveva radice". Germoglia rapidamente, ma era solo vita esteriore.
Nessuna crescita in profondità, perché non c'era terra profonda. Al di sotto
della copertura sottile di sentimenti emotivi o del formalismo religioso c'è la
roccia inflessibile e dura di una volontà ostinata che non intende piegarsi
all'ubbidienza al Signore. Non c'è spazio nella sua vita perché il seme ne
faccia scendere radici. Lo studio attento della Bibbia e la disciplina della
fede non fa per lui. Una fede così però, non può vivere a lungo, presto si
stancherà anche delle emozioni. Il risultato è che la piantina dell'Evangelo è:
3. Completamente riarsa. "fu
riarso... e si seccò" (6). Non essendovi alcun nutrimento interiore
esso viene ben presto vinto da circostanze esteriori. Fintanto che il
cuore non viene riempito con l'amore di Dio la Parola non metterà radici e non
crescerà, non sarà mai "radicata nell'amore". Alle prime serie
difficoltà, perché la vita cristiana autentica è impegno, resistenza e
perseveranza, ne resterà intimidito ed abbandonerà tutto. Le difficoltà e la
persecuzione fanno subito seccare il simulatore. Ciò che però fa seccare il
simulatore, è lo stesso che rafforza colui in cui la Parola effettivamente si
radica.
III. Il terreno spinoso, o
l'uditore dall'animo doppio.
Ecco finalmente un buon terreno: un terreno promettente su cui è possibile
coltivare. L'ideale, direte voi. No, qui c'è un problema, su questo terreno
vengono pure tollerate e pure coltivate male erbe. Si tratta infatti di:
1. Un terreno ricco. Laddove c'è
abbondanza di terra per farvi crescere i rovi, ci sarebbe terra abbastanza
anche per il buon seme. Nel cuore di colui che ha animo doppio può essere anche
ben passato l'aratro dello Spirito che lo convince di peccato, perché c'è
disponibilità a ricevere la Parola del regno, ma ben presto darà pure spazio
alle spine delle cose di questo mondo. Vorrebbe avere e il mondo e Cristo. Si
tratta di:
2. Un terreno pre-occupato. Un
terreno "pieno di spine". Le spine ed i rovi spesso conquistano il
primo posto nel cuore umano: apparentemente sono molto più dinamici del buon
seme. Crescono in fretta e fanno subito bella impressione. Però non tutti ciò
che ha un bell'aspetto è pure buono e salutare.
In realtà ciò che però trova
precedenza deve essere la prima cosa da estirparsi se la seconda e la
spirituale mai deve prosperare. E' "l'inganno delle ricchezze",
ciò che le male erbe promettono ma non danno. Gesù però disse: "Voi non
potete servire a Dio ed a Mammona" (Mt. 6:24). Il terreno è dunque
buono, ma alla fine sarà comunque.
3. Un terreno infruttuoso. Le
erbacce non producono nulla di utile, ed hanno pure la "virtù" di
soffocare e di annullare l'effetto delle buone piante. Il seme non soffoca le
spine, ma le spine soffocano il seme. Se il cuore coltiva il peccato, questo
ben presto si manifesterà, sebbene possa non essere per qualche tempo visibile,
come i rovi coperti dall'aratro che passa. Le "sollecitudini di questo
mondo" che soffocano la Parola promettente, ciò che questo mondo tanto
valorizza, sono nemici mortali, sebbene spesso li si giustifichi. Bisogna
espellere questi assassini dalla nostra vita se vogliamo essere fruttiferi in
ogni buona opera.
IV. Il buon terreno, o l'uditore
onesto.L'unico buon terreno
è quello citato per ultimo dal nostro Signore: che caratteristiche possiede?
Questi è-
1. Un terreno predisposto. "Buona
terra". Terra che è stata oggetto di speciale cura. E' un terreno su
cui è passato l'aratro che ne ha spezzato la durezza, ed un terreno curato dal
contadino che lo ripulisce dai parassiti. Allo stesso modo un cuore che è stato
"arato e spezzato" dallo Spirito di Dio. Chi di voi è disposto a far
si che Dio lo renda terreno fruttifero dall'opera radicale di Dio? Quello solo
produrrà. Qui le erbacce e i rovi sono stati recisi alla radice e
portati via a fasci. Il cuore che davvero sia desideroso di cose spirituali non
ha infatti spazio per "sollecitudini" e "ricchezze" che
sono di ostacolo per l'unica cosa necessaria. Un buon terreno è pure:
2. Un cuore che comprende (23). Il
terreno "comprende" il seme, lo prende cioè in sé stesso,
nascondendolo nel suo intimo in totale libertà di crescere. Se il seme deve
fruttificare, esso deve operare in totale libertà nel terreno del cuore.
Deve trovare un terreno congeniale alla sua natura. Senza la meditazione della
Parola esso troverà ben poco spazio, come una pianta nel vaso (Sl. 1:2). A far
germinare il seme è la comprensione della Parola. Ed ecco così che diventa:
3. Un cuore fruttifero. "Uno
il cento, un altro il sessanta, un altro il trenta per uno". Obiettivo
principale del Seminatore è il frutto. Tutto ciò che non è fruttifero è
solo sprecato e fallimentare. Il frutto è una gioiosa confessione di fede,
buone opere, nuova ubbidienza e perseveranza.
Vi sono gradi di fruttificazione
persino nel buon terreno. I semi individuali della verità speciale saranno
meglio condizionati in alcuni cuori meglio che in altri. La stessa verità nella
vita di un uomo produrrà cento per uno, mentre in un altro solo trenta. La
misura di comprensione ha molto a che fare con la misura di fruttificazione.
Dimoriamo in Cristo, e la nostra vita non sarà mai
arida.
Conclusione
Tanti messaggi dunque bombardano
continuamente la nostra vita. Fra di questi molti messaggi di disturbo,
messaggi negativi e parole vane, vuote ed inutili. In questa ridda di voci ecco
però anche quella che sola vale: l'Evangelo. Quando esso ci viene annunziato,
qual è la nostra reazione? Quale tipo di terreno siamo?
Siamo una strada dura e pericolosa
per il seme: un terreno senza speranza sul quale possa crescere alcunché di
valido?
Siamo un terreno di poca
profondità, e ci accontentiamo di ciò che è superficiale, emozionale? Non vi
sarà frutto in queste condizioni, perché il seme morirà completamente la
pianticella sarà riarsa.
Siamo un terreno sia pur ricco ma
sul quale vorremmo far crescere anche altre piante, non avvedendoci che sono
dannose e alla fine solo soffocheranno quelle buone?
Oppure siamo un buon terreno,
predisposto perché il Signore l'ha lavorato diligentemente, e quindi un terreno
che comprende e che si rivela fruttifero?
Che Dio voglia che noi siamo
quest'ultimo. Il Signore Gesù ha infatti detto ai Suoi discepoli: "io
vi ho scelto e costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto
sia duraturo" (Gv. 15:16).
[Paolo Castellina,
7 aprile, 1994. Tutte le citazioni bibliche qui riportate, salvo diversamente
indicato, sono tratte dalla versione "Nuova Diodati", edizione 1991,
La Buona Novella, Brindisi].