PRED578

Non investite le vostre risorse in imprese fallimentari!

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Nel paese di Bengodi...

Il nostro mondo "ricco e benestante", con il suo sfolgorio di luci e di colori e le sue promesse di illimitata gratificazione di tutti i sensi, esercita un’incredibile attrazione su gente di ogni tipo, cultura e condizione.

Posti come, per esempio, St. Moritz, Montecarlo o Las Vegas, diventano per molti dei luoghi mitici come per i bambini è Disneyland, il simbolo del proverbiale "paese dei balocchi" o di "bengodi" in cui tutti vorrebbero andare come se fosse quello il luogo dove finalmente si sentirebbero veramente realizzati. Discoteche, night-club, casinò, incontri sessuali per soddisfare tutte le voglie, alcool, droga, o anche solo le ebbrezze dello sport... sembra che per molti non ci sia nient’altro nella vita che questo.

Guardamo abbagliati il "bel mondo" della pubblicità, dove gente "felice" si sente appagata da questo o da quel prodotto, oppure guardamo la gente che corre verso questi "luoghi di delizie" e che sembra dire loro: "Venite anche voi a godervi la vita... siete solo dei poveri stupidi a rimanere legati al vecchiume inutile della religione, della morale o delle tradizioni...".

Che tragico inganno, che tragico inganno anche solo finanziario perché night club, casinò, discoteche, e tutte queste cose sono solo posti fatti per spennare gli sciocchi clienti dai loro averi e per arricchire gli astuti proprietari che, a loro volta, andranno ad arricchire altrettanti industriali del divertimento, più furbi di loro. Essi sono anche luoghi che ci derubano moralmente e spiritualmente, che ci derubano delle opportunità che avremmo di trovare la realizzazione di noi stessi dove veramente può essere trovata. E tutto questo, lungi dal realizzare e dal soddisfare, lascia solo più poveri, più miseri, più insoddisfatti che mai, e pure in bancarotta morale e spirituale.

Una parabola appropriata

Tutto questo mi fa pensare ad una parabola evangelica ormai diventata famosa, quella del "figlio prodigo"1, dove il Salvatore Gesù Cristo racconta di un giovane che, pretesa da suo padre la parte del patrimonio di famiglia che gli spetta, se ne va in un paese lontano e là spreca tutto quel che possiede vivendo dissolutamente, sciolto da ogni freno di leggi e di pudore. "Divora i suoi beni con le prostitute", dice il testo, "se la gode splendidamente", direbbe un’altra parabola a proposito di un personaggio simile.

Il piacere, però, sfuma ben presto, insieme con i suoi soldi, come sfuma il piacere che dà una sigaretta: la sigaretta va in fumo e non ti rimane più niente, se non del catrame cancerogeno nei polmoni e un desiderio ancora insaziato. Quel giovane cade ben presto in miseria e là, in mezzo al fango dei porci di cui deve prendersi cura, "rientra in sé stesso", riflette, e pensa a come sarebbe stato meglio non essere mai andato via la prima volta. Suo padre lo avrebbe ancora riaccolto?

Di questa parabola vorrei soffermarmi quest’oggi su un punto soltanto: il carattere effimero, passeggero e futile dei godimenti che questo giovane tanto anela, come tanti in questo mondo, e chiedermi se vale veramente la pena di investire e sprecare le nostre risorse migliori in queste cose ingannevoli mentre a ben altro noi saremmo destinati. Le cose di questo mondo vanno valorizzate, ma hanno solo un valore relativo, il mondo passa, il tempo ci sfugge dalle mani per non tornare più. Se questo fosse il tutto della vita umana, essa sarebbe assurda ed inutile: è inutile nascondere la testa sotto la sabbia.

Iddio ci riaggiusta le prospettive

Iddio, attraverso la Bibbia, compie però per noi qualcosa di meraviglioso, ci fa un atto di grazia e di compassione indescrivibile: ci apre gli occhi sulla futilità delle cose che di solito cerchiamo in questo mondo e la transitorietà di questa vita, per mostrarci i veri valori valori che vale la pena di perseguire, valori eterni, pienamente soddisfacenti, quelli che si trovano "nella casa del Padre".

Iddio vuole distoglierci dai presunti piaceri di questo mondo e riaggiustare le nostre prospettive, non certo per privarci delle "gioie della vita", ma per avvertirci dell'inganno e della trappola che ci viene tesa da Colui che la Bibbia chiama "menzognero ed omicida". Si, tutti protesi a dare valore ultimo a questo mondo transitorio ci giochiamo l’eternità alla quale Dio ha destinato la nostra anima. Gesù disse: "Che giova infatti all’uomo, se guadagna tutto il mondo e poi perde la propria anima?"9.

Nella prima lettera dell’apostolo Giovanni, Iddio ci dice: "15Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui, 16perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l'orgoglio della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. 17E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno" (1 Gv. 2:15-17).

Che cosa intende Dio insegnarci attraverso questo testo?

Non amate il mondo

Com’è possibile che Dio ci dica: "Non amate il mondo?" Non è forse vero che il mondo l’ha creato Dio, bello, buono ed accettabile, come nostra dimora di cui prenderci cura? E poi non è forse scritto: "Dio ha tanto amato il mondo che...". Evidentemente Iddio qui intende un’altra cosa.

Il mondo attuale non è più quel mondo bello ed armonioso che Dio aveva creato, "questo" mondo, non viene da Dio. Un principio di ribellione l’ha alterato radicalmente, l’ha reso brutto e sporco, ingiusto ed empio. Da quando la creatura umana ha preteso autonomia dalla legittima autorità di Dio, un usurpatore regna sul mondo, rendendone schiavi gli abitanti ed allontanandoli sempre di più da Dio.

Il mondo, decaduto dalla sua condizione originaria, è inquadrato in un sistema empio ed ingiusto: la sua mentalità, il suo modo di parlare, di fare e d’agire è in netta contrapposizione a Dio ed alla Sua volontà.

Visto dunque come sistema malvagio, organizzato sotto il dominio di Satana e non di Dio, questo mondo non deve essere amato. Questo mondo non solo è passeggero ed effimero, ma pure condannato da Dio.

Il Signore ci dice: amate le persone, ma non condividete il peccato, la sua mentalità, il loro modo di parlare e di fare, tenetevene lontani! Non guardate affascinati questo mondo empio e decaduto, come il figlio prodifo della parabola che, affascinato da ciò che i soldi potevano acquistare, è stato preso in trappola dalle lusinghe del mondo, tenetevi lontani dalle sue vie, distogliete il vostro cuore da esso, perché la sua bellezza non è che inganno.

E’ quindi logico che la Bibbia dica: "Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio"2. "Nessuno può servire a due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure sarà fedele all’uno e disprezzerà l'altro" 3.

Le cose che sono nel mondo

Qual è infatti "lo stile" che caratterizza questo mondo? Quali sono i contrassegni fondamentali del modo di vivere pagano di questo mondo? Il nostro testo lo caratterizza come: "la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l'orgoglio della vita". Di che cosa si tratta?

(a) Se vogliamo comprendere quello che il testo biblico chiama "concupiscenza della carne"4 dobbiamo pensare al principio su cui si fonda la pubblicità commerciale sui moderni mass media. E’ vero che la pubblicità è "l’anima del commercio", ma qual’è il motore che usa per spingerti a comperare certi prodotti? Essa stimola il desiderio spesso smodato per soddisfare tutti i tuoi sensi, lo eccita, lo aumenta, lo promuove. Desiderio di udire, desiderio di vedere, desiderio di toccare, desiderio di gustare e di odorare. Infatti la concupiscenza della carne è brama, desiderio smodato. Motore di questo mondo avverso a Dio è l’egocentrismo, il soddisfacimento delle nostre voglie senza limite, ad ogni costo, voglie naturali, indotte o potenziate. E’ dare gloria a noi stessi anziché a Dio. E’ quel "non desiderare" smodatamente contro cui ci avverte il Decimo Comandamento e che sta alla base del peccato che ci ha rovinati e che ci rovina come esseri umani, il desiderare ciò che va oltre ciò che la volontà di Dio ci concede e dichiara sufficiente.

(b) La concupiscenza degli occhi5 è pure un aspetto della stessa pubblicità commerciale. E’ la tendenza a lasciarsi sedurre dall’aspetto esteriore delle cose, senza indagare sul loro valore reale. Eva giudica l’albero proibito come "bello a vedere" (Ge. 3:6). accendersi di passione per tutto quello che si vede. Concupiscenza degli occhi è la mente che desidera avidamente.

L'uomo e la donna di oggi si accende per tutto ciò che è apparenza, mentre non si avvede della mancanza di sostanza o dell'oggettiva pericolosità di ciò che pare così bello ed attraente. Il figliol prodigo contemplava nella sua mente tutti i piaceri che avrebbe potuto comprarsi se si fosse liberato "una volta per sempre" di suo padre che, secondo lui, gli negava le gioie della vita. In questo forse il fratello non ne era da meno, perché ne era invidioso. Dice infatti: "Ecco, son già tanti anni che io ti servo... eppure non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici" (Lu. 15:29).

(c) L'orgoglio della vita6. Nella Bibbia l’orgoglioso è un millantatore, un vanaglorioso, un impostore presuntuoso e pretenzioso che cerca di impressionare tutti quelli che incontra attribuendosi un’importanza che non ha. E’ l’arroganza o vanagloria relativa a circostanze esterne a chi la professa, come ricchezza, rango o modo di vestire, un’ostentazione pretenziosa, il desiderio di brillare o di sorpassare in splendore gli altri eclissandoli con un fastoso modo di vivere. L’orgoglio della vita è l’atteggiamento dell’uomo di questo mondo che non cerca Dio e non ha alcuna intenzione di sottomettersi a Lui, ritenendosi sufficente a sé stesso; l’atteggiamento della persona che non chiede della volontà del Padre ma che cerca di convincersi che di fatto lui può sovranamente decidere al riguardo della forma da dare alla sua vita. In realtà Dio ha diritto di governare sulla nostra vita, e il fatto che noi non possiamo disporre di noi stessi e che siamo "vittima delle circostanze" (così diciamo) lo dimostra. Pretendere di disporre della propria vita senza fare i conti con Dio. Confidare nelle proprie risorse, nella stabilità delle cose di questo mondo.

Il figlio prodigo pensava di poter fare a meno di suo padre e di potere spendere e spandere senza limiti né responsabilità. E’ l’illusione di chi ritiene di poter fare a meno di Dio senza averne conseguenze.

Due cose in contrapposizione

Tutto questo, dice il nostro testo, non viene dal Padre, ma dal mondo, e ciò che non viene dal Padre è certamente un abbaglio, è deleterio, negativo, distruttivo, anche se in apparenza ci sembra che non sia così. Il figlio prodigo pensava che il padre gli volesse negare "il meglio della vita", ma se lo teneva lontano da tutte quelle cose era per il suo bene: se ne sarebbe presto accorto quando, pieno di vergogna torna a testa bassa dal padre e gli dice: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro te e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio" 7

Che l’amore per le cose di questo mondo e l’amore per le cose di Dio sia in contrapposizione, lo sanno molto bene molte persone che, pur volendo rimanere membri di una chiesa sulla carta, in realtà se ne tengono ben lontano, ed evitano come la peste ogni discorso sulla "religione", ogni chiesa (salvo rare occasioni tradizionali), e non vogliono avere a che fare con predicatori che li potrebbero indurre magari a riflettere sulle loro scelte e ad abbandonare eventualmente le cose che essi hanno così care. Non è chiara in tutto questo, però, l’azione di Satana, il quale non vuole correre il rischio di vedersi strappare i suoi sudditi?

Ma alla fin fine, davvero pensiamo di averne un vantaggio conformandoci allo spirito di questo mondo che siamo esortati a non amare? L’apostolo Giacomo dice: "Da dove vengono le guerre e le contese fra voi? Non provengono forse dalle passioni che guerreggiano nelle vostre membra? Voi desiderate e non avete, voi uccidete e portate invidia, e non riuscite ad ottenere; voi litigate e combattete, e non avete, perché non domandate. Voi domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. Adulteri e adultere, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia contro Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo, si rende nemico di Dio"8.

Il mondo passa

Mettere tutto il nostro cuore nelle cose effimere e passeggere di questo mondo, assolutizzare il presente, in realtà è tanto stupido quanto voler investire tutti i nostri risparmi in una ditta notoriamente fallimentare. Dice infatti il nostro testo, facendo eco all’intera Bibbia: "Il mondo passa". L’età presente è votata alla distruzione, si sta disintegrando. Le cose visibili sono transitorie. Il nostro è un mondo che muore, e quaggiù non abbiamo alcuna dimora stabile. Bastano pochi anni ed anche meno, e le cose che conosciamo non saranno più le stesse di prima. Ancora poco tempo, e il Signore, come ha promesso, tornerà, e Lui è sempre stato fedele alle Sue promesse. Allora l'ultima tromba -come si esprime la Bibbia- suonerà, e su tutti verrà pronunciata la grande sentenza, secondo ciò che è scritto nei libri.

Questo mondo scomparirà come un sogno nella notte. C'era tutto un mondo nel nostro sogno che non appena ci svegliamo scompare. Era forse un bel sogno, vorremmo che fosse continuato, ma non era qualcosa di evanescente che non poteva durare, e ripiombiamo nella dura realtà.

Questo mondo scomparirà come un ombra fugace. Non ha sostanza, non ha essere. E' scura, è in movimento, ed è tutto! Così è il mondo. Andremo a caccia di un'ombra? Che cosa può fare per noi un'ombra?

Questo mondo è come un'arcobaleno, certo magnifico a vedersi, ma che svanisce quando evapora l'umidità nell'aria. Vorremmo avere per eredità qualcosa di effimero come un arcobaleno?

Questo mondo è come un fiore. Bello a vedersi, può anche far piacere, ma presto appassisce. Possono forse nutrirci i fiori? Possiamo affidarci a qualcosa che duri così poco? Le cose che periscono possono solo prendersi gioco dei nostri desideri. Non ci potranno soddisfare pienamente, e quand'anche lo facessero, la cosa non sarebbe duratura. Quaggiù ogni cosa porta il marchio della mortalità: l'immortalità appartiene ad un mondo di tipo del tutto diverso, ed essa è dono di Dio in Gesù Cristo.

Se questo mondo è tutto ciò che abbiamo di più caro, che ne resterà di tutto questo quando moriremo? Dove saremo noi quando tutte queste cose saranno finite e noi, per la nostra stupidità ed imprevidenza, ci saremo pregiudicati anche la vita a venire? Che succederà quando ci renderemo conto di esserci giocato proprio ciò che ci era stato assegnato per grazia come nostro destino "Meglio non pensarci" direbbe qualcuno. Pensiamoci invece, è solo furbo pensarci e prendere le necessarie misure!

Il denaro del figliol prodigo era finito, e lui si era ritrovato nella miseria, mentre non gli sarebbe mancato nulla se avesse voluto continuare a vivere accanto a Suo padre, fiducioso che lui sapeva certo meglio di lui che cosa era buono e giusto per lui.

Ciò che rimane in eterno

Il mondo passa, e questa questione è della massima importanza per ciascuno di noi. Se il mondo deve scomparire e noi, per decreto di Dio, vivere per sempre in un'altra dimensione, è della massima importanza sapere come saremo e dove passeremo l'eternità. La vita in questo mondo è importante, va valorizzata, va vissuta sotto la signoria di Dio in Cristo perché il mondo è di Dio, ma non è tutto, la nostra esistenza non è limitata a questo mondo. Lo stesso Dio che ha creato e regola questo mondo è il Dio il quale ci parla con certezza di altre dimensioni della vita per le quali ci vuole altresì preparare.

Qualcuno sciaguratamente osa affermare "La vita non è che un gioco!". La vita però non è un gioco, è cosa terribilmente seria e guai a colui o colei che la prende alla leggera ignorando la responsabilità che per essa Dio ci affida e la rivelazione di Dio a proposito del nostro destino eterno. Le cose per noi non si metteranno a posto da sole e guai a presumere che Dio alla fine sarà clemente verso di noi, quando abbiamo sempre ignorato la Sua Parola a nostro riguardo. Sarebbe troppo comodo!

Quando il mondo per noi finirà, quando il tempo per noi finirà, quando dovremmo lasciare la tenda che è questo nostro corpo, forse che vagheremo nell'inferno di un'esistenza priva della presenza di Dio, oppure valicheremo le porte della città di Dio, le cui fondamenta sono salde e il cui costruttore è Dio?

Il figlio prodigo, dopo aver sprecato tutte le sue risorse si era trovato in miseria fra i porci, privo anche del minimo indispensabile per una vita decente. Rimpiangeva la casa del padre e si malediva per l'infelice decisione di essersene allontanato. Prima che fosse troppo tardi, però, era "rientrato in sé stesso", si era pentito del suo peccato ed aveva deciso: "MI leverò e andrò da mio padre, e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e contro te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami almeno come uno dei tuoi lavoratori salariati. Egli dunque si levò e andò da suo padre. Ma mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione, gli si gettò al collo e lo baciò"10.

Come il figlio prodigo non cerchiamo un'illusoria felicità lontano dal Padre: in Dio abbiamo tuto ciò che ci occorre per una vita soddisfacente. Non sprechiamo le nostre risorse in cose futili e vane: investiamole responsabilmente a vivere il presente secondo la volontà di Dio e nel preparare il nostro eterno futuro. Il nostro testo dice: "Chi fa la volontà di Dio rimane in eterno". Se l'abbiamo già fatto "rientriamo in noi stessi", confessiamo a Dio il nostro peccato e ritorniamo a Lui, che sarà pronto ad accoglierci a braccia aperte. Il mondo passa, il tempo a nostra disposizione finisce. Se viviamo però nella prospettiva di Dio, ogni nostra angoscia e frustrazione scomparirà.

(Paolo Castellina, pred. n. 578 del 30 dicembre 1993. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla versione "Nuova Diodati", Brindisi 1991).

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