Il necessario
per il viaggio
(Ge. 15,16,17)
La società in cui viveva Abramo, che la Bibbia chiamerà "il padre di tutti i credenti", non era molto diversa dall’attuale. Abramo viveva nei pressi di Babilonia, città senza futuro perché corrotta, piena di oppressione e di violenza, piena di ingiustizie, malvagità ed idolatria. Abramo viveva nel contesto di una società condannata che non conosceva Dio e che anzi, adorava e si compiaceva dei propri idoli, immorali e menzogneri.
Nella Sua misericordia però, Iddio si compiace di chiamare Abramo e la sua famiglia a prospettive del tutto nuove: "Vattene dal tuo paese, dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, nel paese che io ti mostrerò. Io farò di te una grande nazione... e tu sarai una benedizione... in te saranno benedette tutte le famiglie della terra" (Ge. 12:2,3). Abramo, che sente tutto il peso e l’insoddisfazione profonda che quella società condannata gli faceva gravare addosso, si appresta a partire, fiducioso.
Per effettuare però il suo lungo viaggio, la sua straordinaria avventura, verso nuove prospettive di vita, ha bisogno di portarsi dietro delle speciali "provviste" che gli saranno indispensabili come l’acqua per chi si accinge ad attraversare il deserto, e queste provviste si chiamano: potenza, pazienza e perseveranza.
Anche noi, che sentiamo tutto il peso e l’insoddisfazione di un mondo che va alla rovina, Dio chiama ad intraprendere un viaggio spirituale al seguito di Gesù Cristo, un viaggio di meravigliose avventure verso nuove e più soddisfacenti prospettive di vita, alla conquista della nostra perduta dignità originale di creature fatte ad immagine di Dio. Ringraziamo il Signore che ci chiama al cammino che porta alla riabilitazione alla nostra dignità originaria. Per questo viaggio, però, come Abramo, anche noi abbiamo bisogno di quelle stesse provviste di potenza, di pazienza e di perseveranza. Di che cosa si tratta, e perché Abramo (e noi con lui) ne aveva bisogno? E’ quello di cui ci occuperemo quest’oggi, scorrendo i capitoli 15, 16 e 17 della Genesi.
1. Potenza
Per conseguire il destino che Dio ci rende possibile abbiamo prima di tutto bisogno di energia come la grande energia di cui un'astronave ha bisogno per avere l’impulso atto a farla uscire dal campo gravitazionale della terra ed avventurarsi nello spazio. Dove però trovarla?
Abramo era stato chiamato davvero ad una grande avventura: averne coscienza era una sensazione magnifica. Eppure lui, passata l’eccitazione iniziale, si era improvvisamente reso conto che non ne era veramente pronto, anzi, meglio, di non averne la forza! Nel cap. 15 della Genesi leggiamo che Abramo si era reso conto di aver bisogno di una "potenza" che non aveva!
Aveva si ricevuto grandi promesse: sarebbe stato il capostipite e il modello stesso di un’umanità rinnovata. Da lui sarebbe sorto il popolo consacrato al Signore che avrebbe onorato e servito Dio fedelmente in questo mondo corrotto, e da cui sarebbe nato il Messia stesso. Questo però lo aveva lasciato parecchio perplesso. Abramo pensava: "...ma io non ho la forza né la capacità per fare tutto questo, io non sono la persona più adatta. Dio, certo hai sbagliato indirizzo...". Iddio però gli risponde: "Non temere, oh Abramo, io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima" (1). E Abramo: "Ma non è possibile: io sono debole, vecchio e stanco, tu non mi hai dato alcuna discendenza (3), io sono ormai impotente: mi stai prendendo in giro, Signore? ...Siamo realisti," diceva, "non ho alcuna base ragionevole per sperare tutto questo". Ma Dio ancora gli dice: "Io sono l'Eterno che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei, per darti questo paese in eredità" (7), e Abramo: "Ma che terra e terra? Ma dove vuoi che io vada? E quale terra potrei io mai conquistare, ma andiamo ...Signore, Eterno, da che cosa posso io sapere che l'avrò in eredità?" (8).
Figli... terra... Notate che questo è proprio il mandato culturale che da sempre Dio aveva affidato all’umanità: ...moltiplicare, ...dominare: il senso della vita e la propria dignità di creature ad immagine di Dio. Abramo sembrava dire: "Io sono un fallito, non potrò mai combinare nulla di buono nella vita, sono impotente ed incapace". Non è forse questo anche il sentimento di molti oggi? Spesso come Abramo anche noi abbiamo sogni, ambizioni, grandi obiettivi, ma ci rendiamo conto di essere inadeguati: l'obiettivo ci sembra impossibile da raggiungere, le condizioni ci sembrano del tutto sfavorevoli. Anche noi come Abramo ci sentiamo incapaci a raggiungere gli obiettivi che Dio ci pone davanti per la completa nostra realizzazione come immagini di Dio. E’ duro ammettere la nostra impotenza, ma se siamo onesti.... Da ogni parte ci dicono: "Solo il più forte può sopravvivere... il successo dipende da te" e ci sentiamo inadeguati, incapaci.
Quanto è frustrante essere educatori quando mille forze sembrano attaccare i nostri figli da ogni parte per farli deviare dalla retta via e distruggerli, quanto è frustrante desiderare comunicare l'Evangelo della salvezza in Cristo in un ambiente di totale indifferenza ed opposizione dove tutto sembra avere successo, meno che la verità! Quanto è frustrante lottare per un vivere sociale giusto ed armonioso, quando le forze dell'ingiustizia e del caos sembrano aver sempre la meglio. Ci pare che le promesse di Dio per un glorioso destino siano solo belle intenzioni senza una vera base per poterle realizzare. Un inganno?
Qual è la risposta a questo problema? Dio risponde ad Abramo rivelandogli la potenza che lo avrebbe messo in condizione di raggiungere il suo obiettivo nella vita. Per assicurarlo che si sarebbe moltiplicato, "lo condusse fuori e gli disse: 'Mira il cielo e conta le stelle, se le puoi contare... così sarà la tua discendenza" (5). Dio in pratica aveva detto ad Abramo: "Io ho riempito il cielo di innumerevoli stelle ed io ho il potere di darti dei discendenti". E come reagisce Abramo a queste parole rassicuranti? "Ed egli credette all’Eterno, che glielo mise in conto di giustizia" (6). Lo spiegamento di forza divina nelle costellazioni aveva dato ad Abrahamo la fiducia che Dio aveva la potenza di dargli un figlio.
Il Signore poi mostra ad Abramo il potere che gli avrebbe dato la terra di Canaan, e lo fa attraverso una strana cerimonia. Anticamente quando due persone, famiglie o popoli stipulavano un’alleanza e facevano l’un l’altro delle precise promesse, l’impegno solenne che si erano presi era suggellato da delle maledizioni che ciascuno dei contraenti pronunciava su sé stesso. Squartavano degli animali e ne mettevano i pezzi a sinistra e a destra e, passando nel mezzo dovevano dire ad alta voce: "Che io sia fatto a pezzi come questi animali se io non manterrò la promessa". Con grande sgomento di Abramo Dio pretende che lui faccia lo stesso. Avrà pensato: "Ora Dio è stanco delle mie lamentele e vuole che io prometta solennemente che prenderò la terra di Canaan costi anche la mia vita stessa". Con grande sua sorpresa, però, "ecco ...una torcia di fuoco passare in mezzo agli animali divisi" (17). La torcia di fuoco è simbolo di Dio ed è Lui. Dio, che passando attraverso quegli animali squartati pronuncia una maledizione su Sé stesso, se Egli non manterrà fede alla Sua promessa!
Abramo quel giorno impara due lezioni essenziali: per raggiungere il suo destino come immagine di Dio egli doveva distogliere gli occhi da sé stesso e dalla propria impotenza e confidare interamente nella potenza di Dio. Solo Dio poteva moltiplicare il suo seme e dargli dominio.
Questo vale anche per noi per gli obiettivi che Dio ci pone davanti nella Sua Parola. Dobbiamo imparare che noi lo realizzeremo si, però non con i nostri propri sforzi ma solo per fede nella potenza di Dio.
Noi sappiamo che la nostra salvezza non dipende dai nostri miseri sforzi, ma soltanto dalla grazia di Dio dispiegata per noi in Gesù Cristo, eppure quante volte pretendiamo di guadagnarci il paradiso da soli! Educare i figli nelle vie del Signore è molto arduo, ma quanto spesso preghiamo il Signore affinché questo compito riesca tramite la Sua potenza. Evangelizzare sembra un’impresa impossibile, ma quante volte preghiamo affinché sia il Signore a convincere i cuori induriti a cui parliamo e a condurli a Cristo? Contiamo sulla Sua sovrana potenza? Quanto contiamo noi su Dio per gli obiettivi che ci poniamo nella vita? Cerchiamo per essi il Suo consiglio e la Sua forza? Il lavoro duro e diligente è vitale, ma dimostreremo fedele fiducia in Dio solo quando i nostri sforzi saranno permeati dalla nostra devozione e dalla nostra preghiera.
Non si tratta di avere fiducia in noi stessi, ma di avere fiducia nel Signore! In Genesi 15 troviamo Abramo che acquista fiducia al riguardo del suo futuro. Ha smesso di farsi domande e cercato sicurezze in Dio. Una volta compreso che Dio avrebbe per lui manifestato la Sua potenza, Abramo crede in Dio e si era muove con fiducia. Lo stesso vale per noi. Se confidiamo in noi stessi per raggiungere l’obiettivo, certamente ne saremo delusi, ma se confidiamo in Lui giorno per giorno, possiamo avere fiducia che raggiungeremo l’obiettivo che Dio ci ha posto dinnanzi e ritroveremo la nostra dignità perduta di immagine di Dio.
2. Pazienza
Per poter intraprendere l’avventura che Dio gli proponeva Abramo aveva bisogno di un’altra dotazione essenziale: la pazienza! Dio ha dei piani che porterà sicuramente a compimento, ma nei tempi che egli -nella sua sapienza- ritiene opportuni. Avete voi pazienza, pazienza di aspettare il momento che Dio ritiene più opportuno? Qualcuno ha detto: "Non è tirando su lo stelo che si fa crescere il grano più in fretta. Bisogna saper pazientare con amore", e un altro: "Signore, dammi la pazienza, ma sbrigati!".
Abramo e Sara hanno ora fiducia che Dio darà loro un figlio, ma quando questo avverrà? Il tempo passa e questo figlio non viene. Che fare? Nel cap. 16 di Genesi troviamo il racconto dove Sara, visto che questo figlio non arriva, permette ad Abramo di andare a letto ...con la serva egiziana Agar ed avere un figlio con lei. Nascerà Ishmael, ma sarà un grave errore. Che cosa aveva spinto Abramo e Sara a prendere questa decisione? L’impazienza.
Noi viviamo in una cultura di risultati immediati. Sviluppiamo una fotografia in pochi secondi, un forno a microonde ci cuoce il pranzo in pochi minuti, viaggiamo da una parte all’altra del mondo in meno che una giornata. Siamo così abituati ai risultati istantanei che non abbiamo pazienza con tutto ciò che richiede tempo. Ci arrabbiamo se il cameriere al ristorante ritarda a servirci o malediciamo il conducente dell’auto davanti a noi che ci sembra una lumaca e diciamo: "Ma sbrigati un po’, io non ho tempo da perdere!".
Il desiderio di avere risultati immediati influisce anche sulla nostra vita spirituale. In Cristo abbiamo ricevuto tutte le benedizioni immaginabili, ma gran parte di esse solo potenzialmente. Esse ci saranno impartite a tempo ed a luogo opportuno. Il "quando" sta nella sapienza di Dio di deciderlo. Dio sta lavorando sulla nostra vita e sa quando è necessario farci vedere quei determinati risultati che noi giustamente ci attendiamo. Precorrere i tempi a nostro modo, oltre che essere mancanza di fiducia nell’operare di Dio, ci causa solo guai, come il clamoroso errore di Abramo e Sara, che avrebbe avuto conseguenze. Sarebbe stato un errore riparabile e certo didattico, ma che si sarebbe benissimo potuto risparmiare.
- Abramo non era andato a letto con Agar infiammato da passioni sessuali, ma cercava semplicemente di realizzare una legittima aspirazione. "L’importante era avere un figlio", diceva, "ma da chi poi non è così importante". Abramo e Sara avevano voluto fare di testa loro, senza attendere i tempi ed i modi di Dio, che vanno rispettati perché Lui sa sempre meglio di noi. I tempi e i modi di Dio ci possono parere discutibili, ma chi siamo noi per sindacare ciò che Dio intende fare? Il danno alla fine è solo nostro!
- Era perfettamente accettabile a quel tempo andare a letto con le proprie serve. "Così fan tutti!", avranno detto Abramo e Sara, "e non saremo criticati per averlo fatto". Quello che fanno tutti, però, non è necessariamente buono e giusto. Perché, per realizzare i nostri buoni fini non potremmo anche noi mentire, pettegolare, ingannare? E’ facile giustificare le nostre azioni perché abbiamo "un buon fine". Un giusto fine, però, deve essere realizzato con le azioni buone e legittime che sono in armonia con la volontà di Dio.
- Certo, i provvedimenti di Abramo e di Sara avevano avuto successo, ma solo apparente. Fare le cose a modo nostro può sembrare che funzioni, ma alla fine ce ne pentiamo. Noi non abbiamo la sapienza e la lungimiranza di Dio. Non dobbiamo essere presuntuosi e pensare di mettere a posto le cose da soli. Dopo un po’ Abramo si era reso conto del guaio che aveva fatto. La gelosia aveva consumato Sara e l’aveva cacciata via con il suo bambino nel deserto. Dio avrebbe salvato Agar e Ishmael, ma Ishmael avrebbe generato poi un popolo che sarebbe stato sempre in aperto conflitto con Israele. Ne valeva la pena di fare le cose a modo loro?
L’errore di Abramo ci insegna molte cose. Dobbiamo confidare in Dio, ma questa fiducia richiede anche la pazienza di attendere i tempi ed i modi che Dio nella Sua sapienza ha scelto per realizzare i Suoi disegni.
3. Perseveranza
Per poter intraprendere l’avventura che Dio gli proponeva Abramo aveva bisogno di una terza dotazione essenziale. Avere pazienza e rispettare i tempi di Dio significava anche rispettare i modi che Dio aveva scelto per giungere all’obiettivo finale. Rispettare i tempi ed i modi di Dio significava da parte di Abramo e da parte nostra: ubbidienza perseverante alla volontà rivelata di Dio. Il Signore aveva stipulato un patto con Abramo. Ricordate quando Dio aveva detto di tirare fuori il suo coltello e di sventrare quegli animali per mettere in scena quell’impressionante cerimonia di impegno? Si, in quella cerimonia Dio si era impegnato solennemente con Abramo ad adempiere alle Sue promesse.
Ora Dio chiede ad Abramo di tirare di nuovo fuori il coltello per un’altra cerimonia dal carattere non meno impressionante: quella della circoncisione, come la troviamo in Genesi 17.
Dio avrebbe condotto Abramo e i suoi discendenti per straordinarie avventure
fino alla terra promessa ed alla nascita di un Messia. Essi si dovevano fidare
della potenza e della sapienza di Dio, ma avevano ancora bisogno di qualcosa di
molto importante: impegnarsi ad ubbidire a Dio.
Il signore aveva detto ad Abramo: "Io sono pronto a condurti fedelmente avanti, a darti tutto quello di cui avrai bisogno, ma è ovvio che in questo cammino tu devi ubbidirmi fedelmente". Guidare una persona non significa portarla avanti a spintoni o trattarla come un peso morto. Per essere guidati bisogna ubbidire con fiducia alla guida.
Ecco così che Dio stabilisce per ogni maschio di Israele un segno permanente sulla sua carne: "All’età di otto giorni, ogni maschio fra voi sarà circonciso, di generazione in generazione... e il mio patto nella vostra carne sarà un patto eterno. E il maschio incirconciso... sarà tagliato fuori dal suo popolo, perché ha violato il mio patto" (Ge. 17:12-14).
Se non mi ubbidirete passo per passo, dice il Signore, sarete tagliati fuori dal mio popolo, allo stesso modo in cui la cerimonia della circoncisione vi taglia un pezzo di pelle.
Forse che l’adempimento delle promesse di Dio dipende ora da un gesto di ubbidienza? Dio che compie il tutto con la sua promessa, ma è implicito che fiducia significa obbedienza, e se non c’è promessa precisa di obbedienza come potrà Abramo essere condotto verso tutto ciò che Dio ha promesso?
Noi non abbiamo più il segno della circoncisione, ma se non ubbidiamo fedelmente alle istruzioni di Dio che ci modella ad immagine di Dio attraverso il discepolato al seguito di Cristo, in realtà ci poniamo da noi stessi al di fuori dei suoi progetti, noi non siamo Suoi. L’umanità è già condannata con un pesante giudizio di Dio perché non è e rifiuta d’essere ciò che Dio aveva previsto nel crearla. C’è però un’opportunità: Dio chiama a far parte del Suo popolo e, attraverso il ravvedimento e la fede in Gesù Cristo possiamo essere riabilitati. Salvezza per noi significa ravvederci ed affidarci totalmente all’opera di Cristo in noi. Affidarci a Lui significa ubbidirGli fedelmente e camminare sotto la Sua guida. Chi non è disposto a farlo pensa forse di essere salvo ugualmente? Sarebbe assurdo solo pensarlo. Tagliarsi fuori da Cristo significa essere tagliati fuori dal Suo piano di salvezza. Le promesse di Dio valgono per chi cammina sulla strada da Lui indicata. Che cosa era successo all’antico popolo di Dio che Mosè conduceva sulla strada della salvezza? Alcuni pensavano di prendere delle scorciatoie, altri erano tornati sui loro passi, ma solo quelli che avevano perseverato sulla strada loro indicata, per quanto difficile, sarebbero stati salvati. Al popolo che Dio, nella Sua potenza, aveva liberato dall’Egitto e che stava conducendo alla salvezza, Egli aveva detto: "Ora dunque, oh Israele, da’ ascolto agli statuti ed ai decreti che vi insegno, perché li mettiate in pratica, affinché viviate ed entriate in possesso del paese che l’Eterno, il dio dei vostri padri, vi dà. Non aggiungerete nulla a quanto vi comando e non toglierete nulla, ma impegnatevi ad osservare i comandamenti dell’Eterno, il vostro Dio, che io vi prescrivo" (De. 4:1,2).
Conclusione
Oggi abbiamo esaminato tre cose che sono necessarie nel lungo cammino che porta alla riabilitazione dell'essere umano alla dignità originaria. Dobbiamo avere fede nel potere di Dio di farci raggiungere quell'obiettivo perché non dipende da noi e dalle nostre limitate forze, ma solo da Lui, ed allora l’"impossibile" diventerà possibile. Dobbiamo poi aver pazienza nel rispettare i tempi e i modi che Dio si è proposto per noi, perché Lui è più sapiente e lungimirante di noi. Infine dobbiamo fedelmente perseverare per tutta la nostra vita sulla strada dell’ubbidienza. Soltanto quando ci rammentiamo che cosa Dio ha rivelato ad Abrahamo, saremo in grado di raggiungere l'obiettivo del pieno nostro ristabilimento alla dignità di immagini di Dio. Arrivare al traguardo è il nostro desiderio, ma che vergogna non riuscire ad arrivare che a metà strada perché non avevamo le provviste necessarie!
(Paolo Castellina, 16 febbraio 1998, pred. n.
571. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte
dalla versione Nuova Diodati, ediz. La Buona Novella, Brindisi, 1991).