Il mandato che Dio ci affida
Il nostro mandato culturale
1. La nostra identità, chiarita dalla nostra funzione. A volte la professione che svolgiamo ci rimane attaccata addosso come la fuliggine per lo spazzacamino. Talvolta mi capita di incontrare qualcuno, magari in treno, con cui con il quale dapprima si intrattiene una conversazione ordinaria, ma quando sanno che sono un ministro di culto, il loro comportamento verso di me cambia totalmente. Si sentono imbarazzati, si sentono di dover misurare le parole che dicono e ti chiedono scusa se per caso hanno detto una parolaccia...
Che ci piaccia o meno, spesso persona e professione sono strettamente connessi. Possiamo dire molto a proposito di una persona dal tipo di lavoro che svolge. Di solito ci scegliamo la professione che meglio si adatta alla nostra personalità e, per certi versi, sono le nostre stesse attività ad influire sulla nostra personalità.
Allo stesso modo possiamo acquisire una migliore comprensione di chi siamo come creature umane riesaminando i compiti che Dio ci ha affidato nei Suoi progetti originari. Prendendo maggiore coscienza di questi compiti potremo ancora meglio valorizzare il significato dell'essere stati creati ad immagine di Dio.
Abbiamo considerato la volta scorsa che la nostra identità di creature umane è definita dal fatto che siamo stati creati ad immagine di Dio. Questa definizione mette in rilievo che da una parte siamo solo creature, limitate e dipendenti dal nostro Creatore, e dall'altra quanto speciali noi siamo e di grande dignità perché somiglianti per certi versi al nostro stesso Creatore. In che cosa consiste questa somiglianza? Intelligenza, creatività, religiosità, spiritualità e molte altre cose ancora ci rendono simili a Dio. Ciò che però rende caratteristica la nostra essenza di creature umane è ancora qualcos'altro: il compito specifico che dobbiamo svolgere in questo mondo.
Si tratta di quello che è stato definito il nostro "mandato
culturale" e che può essere riassunto da quanto Dio disse all'uomo ed alla
donna poco dopo averli creati: "Siate fruttiferi e moltiplicate,
riempite la terra e soggiogatele, e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli
del cielo e sopra ogni essere vivente che si muove sulla terra" (Ge.
1:28).
Il mandato culturale implica così due responsabilità di base: moltiplicazione e dominio. Compito di Adamo ed Eva era quello di produrre abbastanza immagini di Dio da riempire la terra. In secondo luogo era quello di esercitare una sorta di dominio sulla terra, amministrando le sue vaste risorse per conto di Dio. Questi mandati sono strettamente uniti: moltiplicazione implica dominio e dominio efficace implica moltiplicazione.
2. Il contesto di uno "strano" mandato. Può sembrare strano definire il nostro compito sulla terra come 'moltiplicare' e 'dominare': infatti non è questo il modo in cui normalmente cosidereremmo noi stessi. Ciononostante, se ci pensiamo bene, è la nostra esperienza normale che conferma ciò che troviamo nella Bibbia.
Pensiamo, per esempio, in politica, al nostro istinto naturale che ci spinge ad esigere dagli amministratori che eleggiamo a governare il nostro comune, la nostra regione o il nostro paese, grande capacità organizzativa, onestà, lungimiranza, giustizia. Giustamente pretendiamo che il loro compito di amministratori venga svolto in modo da garantire il miglior funzionamento e gestione delle risorse che sono a nostra disposizione. Pensiamo, allo stesso modo, al nostro naturale istinto alla riproduzione, oppure a proteggere i nostri figli ed a garantire loro il meglio per il loro futuro. Negare o trascurare il mandato di moltiplicare e di gestire il mondo nel migliore dei modi significa negare la nostra stessa umanità.
Che cos'hanno a che fare moltiplicazione e dominio con l'immagine di Dio? Per comprenderlo dobbiamo ripensare al tempo in cui visse Mosè, ai giorni di faraoni ed imperatori, piramidi e ziggurat. Molti regni nell'antico Medio Oriente si estendevano per migliaia di km quadrati. I re di questi imperi erano leader potenti, ma la grandezza dei loro domini poneva loro seri problemi. Come potevano controllare tali distanze? Come potevano esercitare un controllo su tali vasti imperi? Non potevano conservare un contatto personale con tutte le regioni delle loro nazioni. Avevano bisogno di un altro modo per stabilire la loro autorità. Molti di questi re allora, risolvevano il problema facendo innalzare immagini di sé stessi in posti chiave per tutti i loro domini. Così facevano produrre numerose statue di sé stessi, dotando le loro immagini di autorità rappresentativa. I musei moderni conservano ancora resti di queste statue, spesso imponenti. Contemplando queste statue, il loro scopo diventa evidente. Quando i sudditi vedevano immagini del loro imperatore, comprendevano a chi dovevano stare soggetti. Sapevano con certezza chi governava il paese.
Mosè così descrive il duplice compito dell'umanità in questo contesto. Certo Dio non aveva bisogno di farsi immagini di sé stesso; non aveva problemi nel riempire la terra con la Sua presenza. Scelse però di stabilire la Sua autorità sulla terra in modi che gli esseri umani potessero comprendere. Proprio come gli antichi imperatori riempivano i loro domini con statue di sé stessi, così Dio comandò alle Sue immagini -gli esseri umani- di popolare la terra. "Moltiplicatevi", Dio disse, "io voglio che le mie immagini si diffondano fino ai confini della terra". E proprio come gli imperatori avevano conferito autorità alle loro immagini, così Dio aveva comandato alle Sue immagini di regnare sulla terra. Dio dice: "Io vi do autorità di rappresentarmi nel mio mondo". Se immagini inanimate di figure politiche potenti ma limitate potevano essere così significative, quanta più importanza abbiamo voi e io come immagini viventi dell'eterno Iddio! Considerate l'onore che Dio ha dato a voi e a me. Ci ha dato il privilegio di proclamare in tutto quel che facciamo che Dio è in controllo del mondo. Riempiendo e soggiogando il mondo, adempiamo al vero proposito della nostra vita. Che cosa significa però questo in pratica?
I. Moltiplicare
Le parole: "Siate fruttiferi e moltiplicatevi" comportano molto di più di quello che dicono a prima vista: comportano una vasta gamma di responsabilità.
1. Moltiplicare fisicamente. Cominciamo con il significato più ovvio. Dio intende con questo comando che noi ci riproduciamo, che abbiamo figli. Molti ritengono che i figli siano solo una noia ed un impaccio che ci impedisca di realizzare noi stessi in piena libertà e di fare ciò che vorremmo. I figli però non ci impediscono di diventare ciò che Dio vuole che noi siamo. Ci ha progettati per avere figli. Essi sono importanti e meritano tutta la nostra più grande cura per quanto impegnativo e talvolta ingrato questo compito possa essere.
Non dobbiamo però andare qui agli estremi. Educare dei figli è un'importante dimensione della responsabilità umana, ma abbiamo anche altri doveri che pure richiedono la nostra attenzione. Dobbiamo determinare il tempo e il numero dei bambini che avremo con altri fattori: l'età e la salute della coppia, gli obblighi di vocazioni straordinarie, la nostra responsabilità verso i nostri genitori anziani, considerazioni finanziarie. Con sapienza dobbiamo equilibrare la responsabilità di avere figli con i nostri altri doveri. C'è un tempo per moltiplicare e un tempo per astenersi dal moltiplicare (Ec. 3:1-8). Ogni coppia deve determinare come vorrebbe servire Dio. In ogni caso la Scrittura mette in chiaro che moltiplicare fisicamente è una vocazione onorevole e un premio (Sl. 127:3; 127:5). I figli non sono una maledizione, ma sono centrali nei progetti di Dio dopo averci posto su questo pianeta. I problemi vengono quando non siamo capaci ad amministrare debitamente questa responsabilità.
2. Moltiplicare immagini di Dio. Nel comando di moltiplicare c'è molto di più che riproduzione biologica: anche gli animali hanno avuto questo comando: che cosa c'è di specifico in questo nella razza umana? Dovevamo moltiplicare immagini di Dio, Dio ha comandato loro di riempire il mondo di gente che l'avrebbe servito come rappresentanti legali.
Se il male non fosse stato introdotto nel mondo, il nostro compito sarebbe stato relativamente facile. I nostri figli sarebbero cresciuti desiderando di conoscere e di servire Dio spontaneamente e con gioia. Noi ereditiamo però la contaminazione del peccato e per natura siamo avversi a Dio e desiderosi di compiacere solo a noi stessi. Genitori cristiani, però, consapevoli delle loro responsabilità verso Dio, devono guidare i loro figli con la parola e con l'esempio a valorizzare la comunione ed il servizio di Dio. Noi abbiamo un compito fisico: mettere al mondo figli ed educarli, ma anche spirituale: far si che essi si riconoscano immagini di Dio ed onorino sé stessi riconoscendosi creature di Dio che devono a Lui fede ed ubbidienza, il culto e la gloria che Gli è dovuta.
Ascoltate che cosa dice il più grande comandamento della Bibbia: "Ascolta Israele: l'Eterno, il nostro Dio, l'Eterno è uno. Tu amerai dunque l'Eterno, il tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua forza. E queste parole che oggi ti comando rimarranno nel tuo cuore, le inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando sei seduto in casa tua, quando cammini per strada, quando sei coricato e quando ti alzi..." (De. 6:4-7). Perché il mandato di educare i figli nelle vie del Signore è così strettamente unito al più grande comandamento che c'è nella Bibbia? Perché trasmettere alle future generazioni la nostra eredità spirituale sta al cuore stesso del nostro compito come immagini di Dio. Senza moltiplicazione spirituale noi manchiamo di adempiere il nostro scopo di base sulla terra. Attraverso il nostro esempio, disciplina, insegnamento e preghiere, conduciamo i nostri figli a vivere come immagini di Dio. Questo a loro volta toccherà a loro per le future generazioni. Moltiplicazione è anche un processo spirituale.
3. Evangelizzazione e discepolato. Quelli che però non possono avere figli, sono forse esclusi da tutto questo? Niente affatto, perché il compito di moltiplicare è assai più vasto di questo. Il Signore ci affida il compito di moltiplicare anche in senso spirituale, allargando la Sua famiglia con l'inclusione di altri figli di Dio adottivi. Tutti senza esclusione possono "generare figlioli" spirituali. Ricordate il comandamento di Dio? "Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutte le cose che io vi ho comandato. Ora ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell'età presente. Amen". L'apostolo Paolo non aveva figli naturali, ma chiama Timoteo "mio vero figlio" (1 Ti. 1:2). In che senso? Nel senso che Dio gli aveva dato il privilegio di condurre Timoteo alla fede in Gesù Cristo e di far si che egli potesse diventare figlio adottivo di Dio.
Allevare figli come si conviene è compito duro, e spesso ingrato. Diffondere la Parola di Dio per far nascere figli e figlie spirituali è compito duro e spesso ingrato, vista la durezza del cuore umano. Oggi non è "popolare" diffondere l'Evangelo: dovremmo però rinunziarvi? No, perché questo è il compito buono e giusto che Dio ci ha affidato nella vita. Molti di noi possono dire di essere qui oggi perché Dio, nella Sua misericordia, ci ha chiamati efficacemente alla fede in Gesù Cristo attraverso l'opera instancabile di qualche servitore del Signore. Dovremmo sempre ringraziare Dio per coloro che ci hanno condotto ad affidare la nostra vita al Salvatore Gesù Cristo.
Qual è il nostro personale contributo affinché il mondo sia riempito di immagini di Dio? Moltiplicare immagini di Dio è una gloriosa responsabilità che dovrebbe essere centrale per ciascuno di noi.
II. Dominio
La moltiplicazione era stata anche intesa per dare ai servitori di Dio una sorta di dominio sul mondo. Che cosa però significa in pratica l'espressione del nostro testo: "soggiogare" e "dominare" il mondo? In che senso è essa pure per noi mandato divino? Che cosa ci insegna? In primo luogo:
1. Uso, non abuso. "Soggiogare" e "dominare" hanno assunto nella nostra lingua un significato negativo, quasi che questo comando volesse dire opprimere, schiacciare, sfruttare senza criterio, rendere schiavo, come chi distrugge una foresta per lasciarne dietro di sé un deserto. Questo però significa semplicemente abusare, non usare in modo legittimo. Abusare è sbagliato, usare con intelligenza e giustizia è legittimo. Dio ci ha dato un mondo da utilizzare liberamente per il nostro ed altrui sostentamento e progresso, ma dobbiamo farlo in modo intelligente e giusto, secondo la volontà di Dio, e non come ci pare e piace. Possiamo estrarre dalla terra tutte le sue risorse senza per questo rovinare e distruggere. Possiamo "costringere" la terra e quanto essa contiene a servire i nostri scopi, ma senza ferirla ed ucciderla, il che sarebbe per noi pure un vero e proprio autolesionismo. La terra, è vero, non è sacra o divina in sé stessa: è sacro chi l'ha creata e ne rimane unico proprietario.
Un saggio amministratore utilizza i beni che ha a disposizione non consumandoli e sfruttandoli senza ritegno, ma prendendosene cura affinché servano in modo continuativo rigenerandosi. Un giardiniere non devasta il giardino strappando tutti i fiori che trova, ma lo coltiva, lo abbellisce, utilizzando i fiori con moderazione ed intelligenza. Un ortolano mangia e magari vende i frutti del suo orto, ma non lo saccheggia, anzi lo coltiva con amore garantendo che quello stesso orto produca il suo frutto per molti anni.
"Tutto è vostro", ci dice il Creatore, "e voi potete signoreggiare sul mio creato ed utilizzarlo, ma in modo intelligente, non come dei vandali...". Dobbiamo amministrare qualunque aspetto della creazione Dio ponga davanti a noi, ma con giudizio e secondo la Sua volontà. Qualsiasi lavoro che facciamo è adempimento del mandato che Dio ci rivolge ed è espressione dell'essere immagine di Dio se viene svolto con intelligenza e per il progresso nostro, dell'intera collettività e dell'ambiente in cui viviamo.
2. Sacralità del lavoro. Il mandato di Dio ci dice anche qualcosa di importante sulla natura stessa del lavoro. Molti considerano il lavoro solo come una maledizione e vorrebbero magari fare una grossa vincita al lotto e vivere di rendita per non lavorare più. Altri aspettano solo la pensione. Questo però non è legittimo per quanto talora giustificato. Il lavoro, si dice, nobilita. Dio lavora continuamente e non ozia. L'ozio, si dice, è padre dei vizi. Il lavoro può essere talora ingrato, ma è un onore che Dio dà alle Sue nobili immagini. Non deve essere disprezzato, ma valorizzato. Il lavoro ingrato è una conseguenza del peccato e del disordine che esso ha provocato. Il lavoro era già stato comandato all'essere umano prima della caduta, nello stato di perfezione. Significava l'onore di poter condividere l'operare di Dio stesso. Dio stesso lavora e non smette di lavorare. Il lavoro è un diritto e anche un onore che deve essere garantito a tutti. Possiamo noi giungere a lavorare con gioia sapendo di condividere in questo modo le facoltà creative di Dio. La nozione che abbiamo dell'importanza del lavoro è importante: il lavoro è un privilegio, non una maledizione.
3. Motivazione di fondo del lavoro. Un'altra riflessione che potremmo fare ha a che fare con la motivazione di fondo del nostro lavoro. Il lavoro non è solo un privilegio, ma un solenne servizio reso a Dio. Per quale ragione lavoriamo? Per necessità, diciamo, è vero. Per noi stessi e per la nostra famiglia, va bene. Nella prospettiva biblica, però, la ragione ultima del nostro lavoro è per l'onore e la gloria di Dio. E' così anche per noi? Non lavoriamo semplicemente per sopravvivere per sopravvivere, anche gli insetti lo fanno. Il nostro lavoro è un onore, un mandato privilegiato del nostro grande Re. Dice la Parola di Dio: "E qualunque cosa facciate, fatelo di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete la ricompensa dell'eredità, poiché voi servite a Cristo, il Signore" (Cl. 3:23,24).
Qual è la motivazione ultima del nostro lavoro? Lavorate voi "come per il Signore"? Talvolta è il materialismo che ci motiva: vogliamo avere più cose. Talvolta è l'ambizione di arrivare al vertice della carriera. Dio però non ci ha chiamati ad avere dominio sulla terra per la nostra propria gloria ed onore, ma per servire Dio ed onorarLo. Dobbiamo lavorare con grande diligenza perché Dio possa essere onorato attraverso il nostro lavoro. Servire Dio vuol dire anche sacrificarsi e faticare, ma perché? Gesù dice: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli" (Mt. 5:16).
Immaginate quanto sarebbe diversa la chiesa se i cristiani riconoscessero che il lavoro deve essere fatto per la gloria e l'onore di Dio. Quante volte sono stati seminati semi di discordia perché alcuni non ricevono la lode che pensavano di meritare. Alcuni si impegnano molto nella Scuola Domenicale, altri nel Consiglio di Chiesa. Diamo il nostro tempo e le nostre energie, ma spesso non riceviamo né riconoscimenti né telefonate di incoraggiamento, né applausi. Comincia a crescere il risentimento e diciamo a noi stessi: "Non apprezzano nulla di quello che faccio. Non farò mai più nulla per la chiesa". Quando questi atteggiamenti sorgono in noi dobbiamo veramente rivedere le motivazioni del nostro lavoro. Perché serviamo nella chiesa? Qual è il nostro proposito: promuovere il nostro onore e gloria, oppure quello di Dio?
Il lavoro fuori dalla chiesa è pure un servizio reso a Dio. Nessun lavoro può essere inteso come 'secolare'. Onoriamo Cristo tanto quanto siamo davanti al nostro tavolo di lavoro che quando preghiamo. Essere immagini di Dio significa aver ricevuto una vocazione che richiede un'umile devozione alla gloria di Dio. Siamo creature destinate a portare onore e gloria al Re per mezzo del nostro dominare sulla terra.
Come esercitate voi "dominio" sulla terra? Come potreste cambiare il vostro atteggiamento nel lavoro affinché tramite esso Dio venga onorato? Adempiremo al nostro mandato culturale solo quando sapremo rispondere a queste domande.
Conclusione
Abbiamo visto oggi come Dio abbia affidato alla Sua immagine un duplice compito. Egli ci chiama a moltiplicare e ad avere dominio sulla terra. Quando guardiamo alla nostra vita in questa prospettiva, scopriremo ciò che dobbiamo fare come immagine di Dio. Dobbiamo dedicarci al privilegio di riempire la terra e di governarla per l'onore e la gloria di Dio. Ecco perché Dio ci ha posti in questo mondo. Quale maggiore compito potremmo avere? Che il Signore ci aiuti e ci guidi perché il senso della nostra vita lo potremo acquisire solo nella Sua prospettiva.
(Paolo Castellina, 16 ottobre 1993 pred. n.
566. Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte
dalla versione Nuova Diodati, ediz. La Buona Novella, Brindisi, 1991).