IL SEGRETO DELLA CONTENTEZZA

---

Insoddisfazione cronica?

Siete voi contenti, soddisfatti, della vita che fate, della situazione in cui siete e delle cose che avete? Di che cosa vi lamentate voi più spesso? Della casa, della famiglia, dei figli, del lavoro che avete, o magari della vostra salute o... della vostra auto?

La scontentezza... C'è forse mai stato un tempo più dell'attuale in cui ci sia stata maggiore irrequietezza? No, anzi, viviamo in un mondo in cui per principio ci instillano l'insoddisfazione e la scontentezza. Come? Attraverso la pubblicità! La pubblicità, infatti, ci induce a forza il desiderio di cambiare, di avere di più e di meglio, e spesso noi non sappiamo resisterle, ...e mi metto anch'io fra questi!

Oggi, nonostante il conclamato progresso, l'aumento del benessere, del tempo e del denaro che si spende ogni giorno nei piaceri, la scontentezza è dovunque. Nessuna classe sociale ne è esente. Anche fra i credenti più consacrati spesso si trova questa "infezione" di spirito del mondo.

L'essere contenti e soddisfatti! E' mai possibile realizzare questo, oppure si tratta di nulla di più di un bell'ideale, di un sogno da poeti? Lo possiamo raggiungere qui oppure è ristretto solo agli abitatori del paradiso? E poi, se è praticabile qui ed ora, questo essere contenti può essere un "bene stabile" oppure qualcosa che ci possiamo aspettare solo in particolari momenti della vita?

Un uomo contento

Ecco, oggi vi vorrei presentare un uomo veramente contento. Chi è questa "mosca bianca", mi direte voi? Forse quel milionario di St.Moritz di cui si sente parlare? Mah, dubito che lo sia veramente.

Quell'uomo contento, che ci rivelerà oggi il segreto della vera contentezza, dopo aver ringraziato la comunità cristiana che così generosamente aveva sovvenuto ai suoi bisogni, scrive queste parole:

*Quelle cose che avete imparato, ricevuto e udito da me e veduto in me, fatele, e il Dio della pace sarà con voi. Or mi sono grandemente rallegrato nel Signore, perché finalmente le vostre cure per me si sono ravvivate; in realtà già ci pensavate, ma ve ne mancava l'opportunità. Non lo dico perché sia nel bisogno, poiché ho imparato ad essere contento nello stato in cui mi trovo. So essere abbassato, come anche vivere nell'abbondanza; in tutto e per tutto ho imparato ad essere sazio e ad aver fame, ad abbondare e a soffrire penuria. Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica. Tuttavia avete fatto bene a prendere parte alla mia afflizione+ (Fl. 4:9-13).

Possiamo avere anche noi quest'esperienza? Certamente, perché Iddio ha voluto che queste parole, dell'apostolo Paolo, fossero contenute per noi nella Bibbia.

Le circostanze dell'affermazione

Forse potremo capire meglio la forza dell'affermazione che qui fa l'apostolo se noi consideriamo la condizione e le circostanze in cui si trovava.

Quando l'apostolo scriveva (o molto probabilmente dettava): *Non lo dico perché sia nel bisogno, poiché ho imparato ad essere contento nello stato in cui mi trovo+, egli non risedeva nel lusso di una suite del palazzo imperiale, né godeva dell'amorevole ospitalità di una famiglia cristiana. Egli era in prigione "in catene per Cristo", "prigioniero per il Signore", come dice in un'altra epistola, e per prigione non si intendono le confortevoli prigioni moderne...

Era in una prigione e ciononostante egli dichiarava di ...essere contento nello stato in cui era!

Paolo aveva imparato per esperienza ad essere contento in qualunque stato si trovasse, e questo lo diceva quasi al termine di una vita ricca di esperienze anche tragiche, ma forti e significative. Possiamo anche noi dire di avere imparato dalle esperienze della nostra vita?

Mi chiedo come abbia fatto l'apostolo ad arrivare a questo stato d'animo. Non affermava questo perché avesse sempre vissuto in un ambiente congeniale e favorevole, né perché il suo carattere ne fosse propenso, e neanche perché avesse gratificato i desideri della sua carne. La prigione è l'ultimo posto in cui andremmo a cercare un uomo soddisfatto. Il suo "essere contento" non veniva dal "di fuori", ma dal "di dentro", esso proveniva dal conforto che gli dava Dio. Egli era un credente che aveva accolto nel suo cuore la presenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, un credente che aveva accolto in sé la promessa dello Spirito Santo, e che ne godeva i frutti, quei frutti disponibili anche a noi.

Le radici della contentezza

In che modo Paolo aveva così imparato ad essere sempre contento? Paolo, dopo avere accolto in sé la grazia della presenza di Dio aveva cominciato a guardare alle cose ed alle circostanze della vita dalla prospettiva di Dio!

Paolo conosceva, credeva fermamente e faceva esperienza dell'amore di Dio in favore di coloro che Gli appartengono.

Paolo credeva fermamente nella sovranità provvidenziale di Dio e considerava ogni cosa da questa più vasta prospettiva.

Paolo si abbandonava con fiducia nelle mani di Colui che sempre saggio, buono e giusto guidava la sua vita per il meglio anche se questo significasse passare attraverso avvenimenti dolorosi e non subito comprensibili. Possiamo noi vedere tutte le circostanze della nostra vita dalla prospettiva della cura provvidenziale che Dio opera in nostro favore, anche quando potrebbe sembrare il contrario? La Bibbia dice: *Ora noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento+.

Paolo era una persona di autentica fede.

Che cosa significa così per un discepolo di Cristo "essere contento"? La Bibbia ci insegna che significa essere soddisfatti di ciò che Dio, nella Sua sovrana provvidenza, ci riserva.

E' l'opposto dello spirito di chi mormora e si lamenta, lo spirito di ribellione in cui la proverbiale l'argilla dice al vasaio: "perché mi hai fatto così"?

Invece di lamentarsi della sua sorte la persona contenta è riconoscente che la sua condizione e circostanze non sono peggiori di quello che sono. Invece di desiderare avidamente più di quello che necessita il suo attuale bisogno, essa si rallegra che Dio se ne prende cura e lo loda in ogni caso.

La Bibbia dice: * Nel vostro comportamento on siate amanti del denaro e accontentatevi di quello che avete,

perché Dio stesso ha detto: *Io non ti lascerò e non ti abbandonerò+. Così possiamo dire con fiducia: *Il Signore è il mio aiuto, e io non temerò. Che cosa mi potrà fare l'uomo"?+.

L'avidità: nemico n° 1 della contentezza

Uno degli ostacoli più fatali della contentezza è infatti l'avidità, avidità che è come un cancro che rode e distrugge la soddisfazione che in realtà potremmo avere. Non era senza ragione che il nostro Signore aveva dato ai Suoi seguaci la solenne ammonizione: *Fate attenzione e guardatevi dall'avarizia, poiché la vita di uno non consiste dall'abbondanza delle cose che possiede+.

Poche cose sono altrettanto insidiose dell'avidità. Spesso si nasconde sotto la scusa della parsimonia, o sotto lo spirito di saggia previdenza per il futuro, di un "provvedere per i giorni di vacche magre". La Scrittura però dice: *Fate dunque morire le vostre membra che sono sulla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e avidità, che è idolatria+, si perché idolatria è tutto ciò che poniamo come interesse prioritario nella nostra vita che non sia Dio.

Il linguaggio di un cuore avido è "Dammi, dammi!". La persona avida desidera sempre di più, sia che abbia tanto oppure poco. Quanto differenti sono le parole dell'apostolo: *ma quando abbiamo di che mangiare e ci che coprirci, saremo di questo contenti+. Una parola molto appropriata per noi ce la dice l'Evangelo di Luca: *contentatevi della vostra paga+!

Sapete che cosa la Scrittura definisce invece come "un mezzo di grande guadagno"? La pietà, cioè la pratica costante e cosciente del rapporto personale con Dio.

In negativo, il sapersi accontentare, nell'ottica di Dio, ci libera dall'ansietà e dall'irritabilità, dall'avarizia e dall'egoismo. In positivo esso ci lascia liberi di godere ciò che Dio ci ha concesso. Che contrasto con quanto dichiara lo stesso apostolo: *Ma coloro che vogliono arricchirsi cadono nella tentazione, nel laccio e in molte passioni insensate e nocive, che fanno sprofondare gli uomini nella rovina e nella distruzione+.

Prodotto di un vivente rapporto con Dio

Il "sapersi accontentare" è dunque il prodotto di un cuore che trova il suo riposo in Dio.

E' l'anima che gode di quella pace che sopravanza ogni comprensione.

E' il risultato di una volontà che si sottomette alla volontà di Dio.

E' la beata certezza che Dio sa quello che sta facendo e che fa bene ogni cosa, e che fa cooperare ogni cosa, anche le cose negative, per il mio bene ultimo.

Tutto questo lo dobbiamo imparare conoscendo *per esperienza quale sia la buona, accettevole e perfetta volontà di Dio+.

L'essere contenti è possibile solo quando coltiviamo e manteniamo l'atteggiamento di accettare tutto ciò che avviene nella nostra vita come qualcosa che proviene dalla mano di Colui che è troppo saggio per sbagliare, troppo amorevole per permettere che qualcuno dei Suoi figli versi una lacrima inutile.

L'autentico "saperci accontentare" è possibile nella misura in cui noi soprattutto restiamo in comunione con il Signore Gesù Cristo. L'apostolo fa seguire questa sua affermazione, infatti, con queste parole: *So essere abbassato, come anche vivere nell'abbondanza; in tutto e per tutto ho imparato ad essere sazio e ad aver fame, ad abbondare e a soffrire penuria. Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica+.

E' solo coltivando intimità con Colui che mai fu scontento che possiamo essere liberati dal peccato di lamentarci. E' solo nella quotidiana comunione con Colui che si rallegrava solo nel compiere la volontà del Padre che noi impareremo il segreto del saperci accontentare.

 

Non dobbiamo aspirare al meglio?

Saperci accontentare, va bene, ma non dovremmo noi sempre anche aspirare al meglio? Certo. Non sarebbe infatti molto intelligente se questo significasse non aspirare mai a nulla e non intraprendere mai nulla. Non c'era persona più intraprendente ed ardita dell'apostolo Paolo, ma Paolo poteva essere così intraprendente ed ardito, così coraggioso, proprio perché a lui non importavano le condizioni esteriori in cui si sarebbe trovato: aveva infatti interiormente quello che gli permetteva di affrontare serenamente qualunque cosa.

Se Paolo avesse voluto dire che per lui una cosa o un'altra, un posto o un altro, era lo stesso; se avesse considerato la ricchezza tanto buona quanto la povertà, la schiavitù quanto la libertà, certo non avrebbe imparato alcunché di utile. Egli però non intendeva questo. Egli aveva imparato ad essere contento perché portava sempre con sé quello che rendeva benedetta ogni circostanza in cui si trovava.

Per lui era come girare il mondo con una casa mobile: dovunque si va con una casa mobile, ci portiamo dietro "il nostro focolare", quello che ci conforta e ci sostiene. Anzi, più che portarci dietro una casa mobile, è come portare con noi, in ogni luogo, la persona che più amiamo, una sposa, un amico. Una volta Paolo aveva detto: *Non abbiamo noi il diritto di condurre attorno una moglie, che sia una sorella in fede, come fanno anche gli altri apostoli, i fratelli del Signore, e Cefa?+. Paolo non era sposato, non aveva la gioia di avere una moglie, sorella in fede, ciononostante, nel suo cuore, egli si portava sempre il suo "amore" Cristo, e questo solo poteva fargli sopportare qualunque cosa, anzi, essere contento in ogni situazione!

Quando portiamo con noi sempre un "ricco mondo interiore", un abbondante "deposito" di ispirazione e di forza, ampiezza di vita morale e spirituale, tutto questo ci può rendere superiori ad ogni circostanza! Quando una persona vive così vicina a Dio da avere l'intero suo essere pervaso della presenza di Dio può dire: *ho imparato ad essere contento nello stato in cui mi trovo+

E' proprio nella costante comunione con Dio che noi possiamo valutare il valore oggettivo di ciò a cui aspiriamo e dobbiamo aspirare. Se guardiamo le cose nella sana prospettiva che ci insegna la Parola di Dio, se cerchiamo di comprendere quale sia la volontà di Dio per noi e, in comunione con Lui camminiamo sulla via della santificazione, personale e comunitaria, avanzeremo. Se abbiamo davanti agli occhi non la nostra gloria, ma la promozione della gloria di Dio, allora tutto sarà teso verso quell'obiettivo, Dio realizzerà i Suoi propositi attraverso di noi, e noi ne godremo, di conseguenza anche i benefici. La Bibbia dice infatti: *E noi tutti, contemplando a faccia scoperta come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di gloria in gloria, come per lo Spirito del Signore+.

Conclusione

Io trovo che sia assolutamente meraviglioso ciò che il Signore Gesù insegna ai suoi discepoli, ed io voglio essere fra questi, ed Egli ci insegna a vivere in modo veramente gratificante.

Nell'insoddisfazione cronica così tipica del mondo moderno, attraverso l'esperienza dell'apostolo Paolo, un uomo contento, Iddio vuole condividere con noi i motivo della sua contentezza. E' la contentezza che nasce da una ricca presenza interiore, quella di Dio, in Cristo, attraverso lo Spirito Santo. E' la contentezza che nasce dall'apprendere a vivere vedendo le cose da una prospettiva diversa. E' la contentezza che nasce dal sapere che nel nostro cuore c'è Colui che disse: *Certamente colui che non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà anche tutte le cose con lui?+. E tutto questo significa infine aspirare alle cose che sono secondo la volontà di Dio, perché se sono secondo la volontà di Dio, non le otterremo forse queste cose? E non sono esse le uniche che possano veramente soddisfare?

Questa è la sapienza di colui che sa tenere in equilibrio il "saperci accontentare", l'essere cioè -da una parte- contenti e riconoscenti al Signore per dove ci troviamo, quello che abbiamo e viviamo e -dall'altra- quel sano "non accontentarci" che ci deve fare sempre aspirare a che la volontà di Dio sia realizzata e che è oggettivamente il meglio, per noi stessi e per la nostra comunità cristiana.

Note

Paolo Castellina, venerdì 21 maggio 1993, Tutte le citazioni bibliche, salvo diversamente indicato, sono tratte dalla Versione Nuova Riveduta, ed. 1991, La Buona Novella, Brindisi.

---

index.html