La bontà e la severità di Dio
Siete dei genitori buoni o genitori severi? Oppure, se non avete figli, voi avete avuto genitori buoni oppure severi?
Bontà e severità, però, è una falsa alternativa. Si deve essere e buoni e severi. Com'è possibile? E' possibile perché bontà e severità nello stesso tempo fanno parte del carattere di Dio, alla cui immagine siamo chiamati a conformarci, e questo Egli stesso ce lo dice nella Bibbia, la Sua Parola.
Oggi dunque rifletteremo su queste due caratteristiche di Dio, meravigliosamente armonizzate.
L'apostolo Paolo lo afferma in Romani 11:22 dice: *Vedi dunque la bontà e la severità di Dio+. Si, bontà e severità in Dio vanno di pari passo.
In questo testo l'apostolo sta spiegando quale rapporto vi sia fra il popolo
eletto di Dio, Israele, e i pagani, ed ha appena descritto come Dio abbia
respinto gran parte dei suoi contemporanei ebrei per la loro incredulità,
mentre nello stesso tempo come Egli abbia portato molti pagani alla fede che
salva. Ora li invita a ben riflettere su questi due aspetti del carattere di
Dio: *Vedi dunque
la bontà e la severità di Dio: la severità su quelli che sono caduti, e la
bontà verso di te+.
I cristiani di Roma non devono dimenticare che Dio è si buono, ma anche
severo, perché la severità fa parte integrante del Suo carattere: Dio deve
essere conosciuto in tutti i Suoi attributi.
I. Le aberrazioni del pensiero moderno
Attualità della questione. Da quando Paolo ha scritto questo, non c'è mai stato un tempo come oggi in cui questo messaggio sia tanto importante. E' incredibile, infatti, quanta confusione vi sia oggi nel mondo al riguardo del significato della persona di Dio.
Molti dicono di credere in Dio, ma non hanno che una vaga idea di chi sia Colui nel quale credono, o quale differenza faccia nella vita credere o non credere in Lui. Le idee che tanta gente ha di Dio sono così confuse e distorte che a volte c'è da disperare di poter di fatto comunicare la verità che la Bibbia soltanto rivela. Da dove è venuta fuori tutta questa confusione al riguardo di Dio e da dove cominciare per mettere un po' d'ordine nella testa della gente? A queste domande si possono dare diverse risposte.
Perché questa situazione? (1) Una è quella che sempre di più tanta gente preferisce raffigurarsi Dio secondo le inclinazioni della propria fantasia, piuttosto che apprendere chi Dio sia dalla Sua stessa parola, e dobbiamo cercare di piegare sia l'orgoglio di volerne sapere più di Dio stesso, sia di correggere queste concezioni errate, dire loro che non importa quello che noi pensiamo di Dio, importa quello che Dio ha detto di Sé stesso nella Bibbia.
(2) Una seconda risposta è che l'uomo moderno ritiene che tutte le religioni siano in fondo uguali ed equivalenti, e quindi tira fuori le sue idee di Dio sia da fonti pagane che da fonti cristiane. Per questo è essenziale mostrare quanto il Signore Gesù Cristo sia unico e finale, l'ultima parola che Dio abbia detto all'uomo.
(3) Una terza risposta è che la maggioranza ha cessato di riconoscere la realtà della propria colpevolezza e del proprio peccato davanti a Dio e che tutto quello che facciamo, diciamo e pensiamo è corrotto e contaminato agli occhi Suoi. Per questo è necessario far prendere coscienza della corruzione dell'animo umano, facendoci diffidare di noi stessi per aprirci alla correzione della parola di Cristo.
(4) Una questa risposta, non meno fondamentale delle precedenti è che la gente oggi ha preso l'abitudine a dissociare il concetto di bontà di Dio da quello di severità di Dio. Per questo dobbiamo spezzare questa abitudine, perché fintanto che essa sussiste non vi potrà che essere solo una fede illusoria e deviante.
La teologia di S. Nicolao. A coltivare l'idea distorta che Dio sia solo amore ed a respingere come spuria dalla Bibbia la concezione dell'ira e del giudizio di Dio è stata anche l'influenza corruttrice di rinomati teologi tedeschi dell'ultimo secolo: una vera e propria infezione che ha contribuito all'incipiente decadenza e alienazione del Protestantesimo occidentale moderno. La certezza che non vi sia nulla di più da dire su Dio (se mai Dio esista) che dire come Egli sia infinitamente tollerante e buono, come un grande S. Nicolao nel cielo, è dura da sradicare come certe erbacce parassite dell'orto, e laddove queste erbacce mettono radice, il Cristianesimo, nel vero senso della parola, semplicemente si estingue. La sostanza del cristianesimo, infatti, è la fede nel perdono dei peccati per mezzo dell'opera redentrice di Gesù Cristo sulla croce. Sulla base però di quella che potremo chiamare "la teologia di S. Nicolao", il peccato non fa più problema e quindi l'espiazione non diventa più necessaria; il favore divino si estenderebbe non di meno verso coloro che disprezzano i comandamenti di Dio che verso coloro che li osservano. L'idea che l'atteggiamento che Dio ha verso di me abbia a che fare con il fatto che io ubbidisca o no a quello che Egli dice, non trova posto nel pensiero dell'uomo d'oggi, e qualsiasi tentativo di fargli temere la severità di Dio e di dover tremare alla Sua parola, è vista come superata e sub-cristiana.
Una teologia difettosa. Ciononostante, la "teologia di S. Nicolao" porta con sé i semi del suo stesso fallimento, perché è priva di risorse per contrastare il fatto dell'esistenza del male. Non è un caso che diffondendosi l'idea liberale del "buon Dio" sia venuto così in evidenza nella letteratura contemporanea "il problema del male". E' inevitabile, perché non è possibile vedere la buona volontà di un S. Nicolao celeste in cose distruttive che spezzano il cuore come la crudeltà gratuita, l'infedeltà matrimoniale, la morte sulle strade, o il cancro al polmone. L'unico modo per salvare la concezione liberale di Dio è quella di dissociarLo da queste cose, e negare che Egli abbia rapporto alcuno ad esse o controllo alcuno su di esse; in altre parole, negando la Sua onnipotenza e signoria su questo mondo. Lo hanno fatto settant'anni fa i teologi liberali e lo fa la gente oggi. Così veniamo lasciati con un Dio che vuole il meglio, ma che nulla può per proteggere i Suoi figlioli dai guai e dalle afflizioni. Quando vengono i guai, quindi, non c'è null'altro da fare che stringere i denti e sopportare. In questo modo, per un ironico paradosso, la fede in un Dio che è tutto bontà e niente severità tende a confermare gli uomini in un atteggiamento fatalista e pessimista verso la vita.
Avendo deviato su questi sentieri comodi ma illusori e distruttivi, come si potrà tornare sulla giusta strada? Soltanto imparando a collegare la bontà di Dio con la Sua severità, secondo le Scritture. Che cosa dice la Bibbia a questo riguardo?
II. Bontà
La bontà, in Dio come nell'uomo, significa qualcosa di ammirevole, attraente e degno di lode. Quando la Bibbia chiama Dio "buono" essa intende qualcosa di simile a "perfetto" e, in particolare, della generosità che la spinge a considerarLo misericordioso, disposto alla grazia, e a parlare del Suo amore.
La Bibbia costantemente è come una variazione sul tema della perfezione morale di Dio, come le Sue stesse parole dichiarano, e come il Suo popolo lo verifica nella sua esperienza diretta.
Nel libro dell'Esodo Mosè chiede a Dio di poter vedere la gloria di Dio, e Dio gli promette: *Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il nome dell'Eterno davanti a te+ (Es. 33:19). Ed ecco così che più tardi Dio gli fa conoscere il suo "nome", cioè la Sua essenza, in questi termini: "E l'Eterno passò davanti a lui e gridò: *L'Eterno, l'eterno Dio, misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in benignità e fedeltà, che usa misericordia a migliaia, che perdona l'iniquità, la trasgressione e il peccato ma non lascia il colpevole impunito+ (Es. 34:5-8).
La bontà di Dio si può quindi comprendere in tutte le particolari perfezioni del Suo carattere qui elencate, insieme alla Sua veracità, fedeltà, giustizia, sapienza, tenerezza, pazienza, e la sua completa disponibilità verso tutti coloro che umilmente cercano il Suo aiuto, la Sua generosità nell'offrire comunione con Sé stesso in santità ed amore.
Tutti gli uomini e le donne di Dio che parlano attraverso la Bibbia testimoniano come questa Sua bontà Egli la manifesti in modo coerente e costante nella loro esperienza di tutti i giorni.
Quando si parla di bontà di Dio, la Bibbia mette in particolare evidenza la
sua generosità, la Sua disponibilità a donare senza secondi fini ed
indipendentemente da quello che uno meriti, il Suo desiderio a che altri
abbiano ciò che li può rendere felici. La Bibbia parla delle meravigliose
benedizioni naturali che Egli conferisce a tutti indipendentemente dai loro
meriti, come pure delle benedizioni speciali che Egli riserva ai Suoi fedeli.
Il Salmo 145 dice: *L'Eterno
è buono verso tutti e pieno di compassione per tutte le sue opere...
Gli occhi di tutti guardano a te con aspettazione, e tu dai loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano ed appaghi il desiderio di ogni essere vivente. L'Eterno è giusto in tutte le sue vie e benigno in tutte le sue opere. L'Eterno è vicino a tutti quelli che lo invocano, a tutti quelli che lo invocano in verità. Egli soddisfa il desiderio di quelli che lo temono, ode il loro grido e li salva+ (Sl. 145:9,15,15).
Il Salmista qui dice che, dato che Dio è in controllo di tutto ciò che accade in questo mondo, ogni pasto, ogni piacere, ogni momento di salute e di sicurezza, tutto ciò che sostiene ed arricchisce la vita, è dono di Dio. E quanto sono abbondanti questi doni! Le misericordie di Dio, però, per quanto siano abbondanti a livello naturale, non sono nulla nei confronti di quanto Dio dona a coloro che appartengono per grazia al Suo popolo: la liberazione in Cristo dalla schiavitù e dalle conseguenze temporali ed eterne del peccato, una vita significativa ed eterna, la Sua disponibilità a ristabilire, sopportare e perdonare le cadute di coloro che Lo servono, le lezioni che instancabilmente Egli insegna loro per il loro bene. Di questo i Salmi ne sono una continua lode. Se solo molti ne fossero coscienti e -come gli antichi credenti- ne fossero maggiormente riconoscenti!
III. Severità
E la severità? Quando in Ro. 11:22 Paolo dice: *Vedi dunque la bontà e la severità di Dio: la severità su quelli che sono caduti, e la bontà verso di te+, per "severità" egli intende letteralmente la volontà di Dio di "tagliare fuori", cioè la volontà di Dio di ritirare la Sua bontà da coloro che l'hanno respinta e sdegnata con il loro comportamento arrogante e ribelle. Quando infatti Iddio proclama a Mosè la Sua bontà, Egli non manca di rilevare: che usa misericordia a migliaia, che perdona l'iniquità, la trasgressione e il peccato ma non lascia il colpevole impunito+ (Es. 34:6), cioè il colpevole impenitente ed ostinato.
L'atto di severità al quale Paolo faceva riferimento era la reiezione di Israele come corpo. Il popolo di Dio è qui raffigurato come un albero d'olivo dal quale il Signore ne sega via i rami improduttivi, benché naturali- perché essi non avevano creduto all'Evangelo di Gesù Cristo. Israele aveva preso troppo per scontata la bontà di Dio, ed aveva al tempo stesso disprezzato e respinto la manifestazione più alta di una tale bontà, quella del Suo Figlio. La reazione di Israele era stata netta, senza esitazione: Israele era stato per questo tagliato fuori. Paolo però coglie l'occasione per ammonire i cristiani di origine pagana che se essi fossero decaduti come Israele era decaduto, Dio avrebbe tagliato via anche loro. *Bene; essi sono stati troncati per l'incredulità e tu stai ritto per la fede; non insuperbirti, ma temi. Se Dio infatti non ha risparmiato i rami naturali, guarda che talora non risparmi neanche te+ (Ro. 11:20,21). Il principio che Paolo applica qui è che dietro ad ogni manifestazione della bontà divina c'è una precisa minaccia di severità di giudizio, se una tale bontà viene disprezzata. Se la bontà di Dio non risulta in noi in gratitudine ed in amore verso di Lui, dobbiamo solo biasimare noi stessi se Dio si rivolta contro di noi.
Allo stesso modo, alcuni capitoli prima, Paolo si era rivolto a quei non cristiani che, soddisfatti di sé stessi, si permettevano di criticare l'immoralità dei pagani ed il fatto che Dio sembrasse non intervenire a castigarli, ed aveva detto loro che la pazienza e la bontà di Dio di fatto doveva essere intesa come occasione di ravvedimento. Ma: *o uomo, chiunque tu sia che giudichi, sei inescusabile perché in quel che giudichi l'altro, condanni te stesso, poiché tu che giudichi fai le medesime cose+. Dio ha avuto pazienza anche con le tue colpe, le stesse colpe di cui tu accusi gli altri e dici che essi meritano una condanna. Tu dovresti essere umile e riconoscente per questo. Se però, quando tu condanni gli altri, trascuri di rivolgerti tu stesso a Dio, *pensi forse, o uomo che giudichi coloro che fanno tali cose e tu pure le fai, di scampare al giudizio di Dio? Ovvero disprezzi tu le ricchezze della sua benignità, della sua pazienza e longanimità, non conoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento? Ma tu, per la tua durezza ed il cuore impenitente, ti accumuli un tesoro d'ira, per il giorno dell'ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio+ (Ro. 2:1-5).
Dio però non è impaziente nella Sua severità, anzi Egli è *lento all'ira+ e pietoso. La Bibbia parla molto della straordinaria pazienza di Dio nel posporre la meritata condanna al fine di dare l'opportunità di grazia del ravvedimento. Pietro ci rammenta che, quando la terra era corrotta e solo meritava inappellabile condanna, *la pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noè mentre si fabbricava l'arca+ (1 Pi. 3:20). Che cosa aspettava? Aspettava che la predicazione di Noè potesse condurre al ravvedimento qualcuno dei suoi contemporanei.
Ancora, in Romani 9:22, Paolo ci dice che durante il corso della storia, Dio
*ha sopportato con
molta pazienza i vasi d'ira preparati per la perdizione+. Ancora Pietro spiega
ai suoi lettori del primo secolo che la ragione per cui ancora non è avvenuto
il promesso ritorno di Cristo è che *Il
Signore non ritarda l'adempimento della sua promessa, come alcuni credono che
egli faccia, ma è paziente verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che
tutti vengano a
ravvedimento+ (1 Pi. 3:9), e la stessa spiegazione rimane valida oggi. La pazienza di Dio, nel dare l'opportunità del ravvedimento prima che cada il giudizio, è una delle meraviglie del messaggio biblico. Non fa meraviglia che il Nuovo Testamento sottolinei come la pazienza sia una virtù cristiana: è parte dell'immagine stessa di Dio.
IV. Lezioni da imparare
Ecco allora che, da quanto abbiamo fin ora appreso, possiamo apprendere almeno tre lezioni.
(1) Apprezzate la bontà di Dio. Contate le benedizioni che avete ricevuto. Imparate a non prendere per scontati benefici naturali, doti e piaceri: per tutti questi ringraziate Dio. Non disprezzate la Bibbia, l'Evangelo di Gesù Cristo, con un atteggiamento di indifferenza. La Bibbia vi mostra un Salvatore che ha sofferto ed è morto affinché peccatori come noi potessero essere riconciliati con Dio. Il Calvario è la misura della bontà di Dio: prendetelo a cuore. Fatevi questa domanda: *Che darò all'Eterno in cambio di tutti i benefici che mi ha fatto?+ e cercate la grazia di poter rispondere: * Io alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome dell'Eterno. Adempirò i miei voti all'Eterno in presenza di tutto il suo popolo+ (Sl. 116:12-14).
(2) Apprezzate la pazienza di Dio. Pensate a quanto vi ha sopportato e come ancora vi sopporti, proprio quando così tanto nella vostra vita è indegno di Lui, e come avreste dovuto meritare che vi respingesse. Imparate a meravigliarvi della Sua pazienza, e ricercate la grazia di imitarla nei vostri rapporti con gli altri; e cercate di non abusare più della Sua pazienza.
(3) Apprezzate la disciplina di Dio. Egli è Colui che vi sostiene e nel quale solo sta la vostra vita. Tutto proviene da Lui, ed avete gustato la Sua bontà ogni giorno della vostra vita. Questa esperienza vi ha condotto al ravvedimento ed alla fede in Gesù Cristo? Se no, voi state solo giocherellando con Dio, e state sotto la minaccia della Sua severità. Se ora però state sentendo il gusto amaro della vostra ribellione a Lui, Egli vi vuole svegliare dal sonno della morte spirituale, e vi vuole far alzare per cercare la Sua misericordia. Anche se siamo veri credenti, la riprensione di Dio ci è salutare perché vuole impedire di farci cadere nel sonno dell'auto-compiacimento, e che il vostro senso del bisogno vi faccia sempre rivolgervi a Lui con fede, perché presso di Lui va ricercata ogni cosa che per noi sia buona.
Questa salutare disciplina, in cui la severità di Dio ci tocca per un
momento nel contesto della Sua bontà, vuole impedirci di subire tutta la
durezza di questa severità fuori da quel contesto. E' la disciplina dell'amore
e deve essere ricevuta con questa consapevolezza. *Figlio mio, non disprezzare la correzione del
Signore e non perderti d'animo quando sei da
lui ripreso+ (Eb. 12:5). *E' stato bene per me l'essere stato afflitto, perché imparassi i tuoi statuti+ (Sl. 119:71).
[Rielaborato completamente da: J.I.Packer,
Knowing God, London: Hodder & Stoughton, 1973, p. 1176-185. Paolo
Castellina, Borgonovo, venerdì 19 marzo 1993, tutte le citazioni bibliche,
salvo diversamente indicato, sono tratte dalla Versione Nuova Riveduta, ed.
1991, La Buona Novella, Brindisi)