Gesù: fonte di ogni benedizione
Una nota dominante
In un mondo stanco e privo di motivazioni ideali, nel quale filosofi austeri e cupi consigliavano il suicidio come la migliore opzione per un uomo, l'ottimismo incrollabile e brioso dei primi cristiani, che continuavano a sentirsi come la gente più felice del mondo anche quando pareva che il mondo intero fosse loro avverso, faceva una grande impressione.
Erano forse dei folli, degli illusi, degli irresponsabili? Qual era il loro segreto?
Come dicevano al riguardo degli apostoli Pietro e Giovanni, la gente si meravigliava «e riconoscevano che erano stati con Gesù» (At. 4:13).
Si, erano stati con Gesù: la persona di Gesù aveva fatto un profondo impatto su di loro tanto da trasformarli profondamente. Da quando avevano affidato la loro vita a Gesù avevano ricevuto benedizioni tali che prima non avrebbero nemmeno sospettato fossero possibili. Vivere con Gesù, infatti, vuol dire vivere sotto l'insegna di autentiche e permanenti benedizioni, e questo vale non solo per coloro che avevano udito, veduto, toccato in prima persona la parola della vita, cioè Gesù, ma per tutti coloro che, in ogni tempo e paese, hanno avuto da Dio la grazia di gustare il beneficio di Cristo.
Si tratta di uomini e donne come noi che hanno ripercorso attraverso gli Evangeli la vita di Gesù, che ne hanno compreso la valenza attraverso l'interpretazione che autorevolmente ne dà l'intera Bibbia, e che hanno visto lo Spirito Santo applicare questo beneficio alla loro persona.
Il beneficio di Cristo è il titolo di un'incisione di Luca Cranach jr. del 1529 stampata sul frontespizio della Bibbia di Lutero, la quale rappresenta un'evangelista che accompagna un uomo presso la croce di Cristo. Le mani giunte dell'uomo rappresentano la sua fede, la sua nudità il suo ravvedimento. Dal costato di Cristo esce poi un rivolo di sangue che raggiunge quel credente, su di esso scivola una colomba. Il tutto è segno di come un uomo possa ricevere il beneficio di Cristo.
Il beneficio di Cristo è anche il titolo di un'opera di riformatori italiani del 1541 che circolava per diffondere il messaggio dell'Evangelo in un tempo di tenebre spirituali, libro questo che varrebbe la pena rileggere oggi, periodo non meno tenebroso di allora.
Il beneficio dell'ascensione di Gesù
Uno straordinario beneficio è pure quanto è collegato con l'evento dell'ascensione di Gesù, e quest'oggi vorremmo comprenderlo. Si, persino l'ultimo atto di Gesù prima della sua ascensione è un atto di benedizione. Ascoltate che cosa scrive l'Evangelista Luca, e notate in questo brano pure la gioia dei discepoli: «Poi li condusse fuori fino presso Betania; e levate in alto le mani, li benedisse. Ed avvenne che mentre li benediva, di dispartì da loro e fu portato su nel cielo. Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme con grande allegrezza; ed erano del continuo nel tempio, benedicendo Iddio» (Lc. 24:50-53).
I. Le circostanze
a. Beneficio. L'ascensione vede dunque Gesù che benedice i suoi discepoli. Questo atto ricorda quello che compiva il sacerdote Aaronne dopo aver compiuto il sacrificio per il perdono dei peccati del popolo, come riportato nel libro del Levitico, dove sta scritto: «Aaronne alzò le mani verso il popolo, e lo benedisse; e, dopo aver fatto il sacrificio per il peccato, l'olocausto ed i sacrifici d'azione di grazie, scese giù dall'altare. E Mosè ed Aaronne entrarono nella tenda di convegno; poi uscirono e benedissero il popolo; e la gloria dell'Eterno apparve a tutto il popolo. Un fuoco uscì dalla presenza dell'Eterno e consumò sull'altare l'olocausto e i grassi; e tutto il popolo lo vide, diede in grida d'esultanza, e si prostrò con la faccia a terra» (9:22-24). E' sorprendente qui la similitudine: Gesù ha compiuto il vero ed unico sacrificio per il perdono dei peccati del suo popolo, c'è la benedizione, c'è la gloria dell'Eterno visibile nell'esaltazione di Cristo, l'esultanza dei discepoli, e l'atto di adorazione. In Gesù è avvenuto ciò che l'Antico Testamento prefigurava.
Il primo annuncio della nascita del Salvatore Gesù era stato accompagnato dalla proclamazione delle benedizioni che Lui portava; quando è morto il Suo ultimo respiro era stato accompagnato da una benedizione verso i suoi nemici. Così pure quando ascende al cielo egli non parte senza aver prima benedetto i suoi. L'intera sua vita era davvero segnata dalla benedizione, ed è anche un modello per noi, perché pure noi siamo chiamati ad essere una benedizione per coloro che ci stanno accanto.
b. Concretezza. L'ascensione poi, è qualcosa a cui i discepoli assistono e del quale fanno esperienza diretta. Avviene dopo che i discepoli erano stati pienamente persuasi dalle sue numerose apparizioni che Gesù era veramente risorto come segno che confermava loro che Gesù era venuto da Dio e che a Dio ritornava. Gesù ascende al cielo sotto i loro stessi occhi: ne sono testimoni, testimonianza questa che manca del tutto nelle pretese ascensioni di altri personaggi che appartengono ad altre religioni.
La fede cristiana non è teoria, o cieca speranza, ma è sempre confortata da concrete evidenze e testimonianze veraci che diventano significative per tutti coloro che se ne lasciano coinvolgere.
c. Chiarezza. Qualcuno ha poi fatto notare la grande differenza che c'era fra l'ascensione di Gesù, avvenuta in tutta calma, scomparendo dietro ad una nuvola, ed il turbine ed il fracasso del rapimento in cielo del profeta Elia su un carro di fuoco, con cavalli di fuoco (2 Re 2:11), segno questo della grande differenza fra la severità ed il rigore dello spirito della religione sotto l'antica Alleanza e la grazia e l'amore che caratterizza la nuova.
La differenza fra i due eventi risalta pure per quanto riguarda la benedizione lasciata da Elia ad Eliseo che pretende una parte doppia del suo spirito, espressa con parole molto ambigue (2 Re 2:9), e la promessa che Gesù fa ai suoi discepoli, in modo chiaro e definito, dello Spirito Santo, il che corrisponde alla chiarezza ed alla grazia dell'Evangelo. «Ed ecco, io mando su voi quello che il Padre mio ha promesso: quant'è a voi, rimanete in questa città, finché dall'alto siate rivestiti di potenza» (Lc. 2:48,49).
d. Il cielo. L'ascendere di Gesù in cielo, specificato da Marco in «alla destra di Dio» (16:19) indica la particolare dignità che assume Colui che in questo modo è assunto nella dimensione stessa di Dio, dimensione che -se pure non esattamente definibile da noi- pure rimane luogo reale e non astrazione. Il luogo dove si reca Gesù è quello che il peccato ci aveva precluso. Come scrisse Calvino: «Il Signore Gesù, con la sua ascensione al cielo, ci ha aperto la strada che Adamo aveva chiuso. Egli vi è infatti entrato con la nostra carne e, per così dire, a nome nostro: di conseguenza, dice l'apostolo, siamo già in qualche modo seduti con lui nei luoghi celesti. Vale a dire che non ne abbiamo solo una speranza, ma attraverso il nostro capo, ne abbiamo già il possesso». Il cielo di Dio rimane un luogo reale anche se noi non sappiamo descriverlo adeguatamente, seppure con l'aiuto di vari simboli biblici. L'Apocalisse, per esempio, ne parla come una città le cui vie sono lastricate d'oro, le cui fondamenta sono massicce, dove la luce mai cessa di brillare. L'immagine della città ci parla di un luogo a cui appartenere, una casa. Le fondamenta suggeriscono l'idea di permanenza, L'oro suggerisce che si tratta di qualcosa di prezioso. La luce ci parla della presenza eterna e del godimento illimitato di Dio da parte del suo popolo. Gesù entrando nella dimensione di Dio ci promette: Io vado a prepararvi un luogo (Gv. 14:2,3), per il quale e Cristo e gli apostoli sono pronti quaggiù a sopportare ogni cosa (Eb. 2:2; Fl. 2:9,10).
II. I benefici conseguenti
Se allora ci immedesimiamo in questo quadro della vicenda di Gesù e ci lasciamo guidare dagli autorevoli ed ispirati principi interpretativi che la Bibbia stessa ci offre, ecco che dai benefici che i discepoli di Gesù avevano ottenuto in quella circostanza, possiamo intendere quali pure siano per noi i doni corrispondenti.
a. Lo Spirito Santo. I discepoli ricevono, con lo Spirito Santo, poteri e doni miracolosi che li qualificano ad una propagazione veloce ed efficace dell'Evangelo, doni che pure li accrediteranno nella loro predicazione. Marco afferma che, dopo l'ascensione: «quelli se ne andarono a predicare da per tutto, operando il Signore con essi e confermando la Parola coi segni che l'accompagnavano» (Mc. 16:20).
Quale evidenza di Spirito Santo vede in noi la gente, noi che ci professiamo cristiani o diciamo di annunciare la Parola di Dio? Se siamo radicati nella verità rivelata ed abbiamo avuto un'autentica esperienza di conversione a Gesù Cristo, quello stesso Spirito che ci ha efficacemente chiamato alla salvezza è pronto a darci doni preziosi.
Calvino scriveva: «Salendo in cielo, Cristo ha condotto i suoi avversari prigionieri (Ef. 4:8) e, avendoli disarmati, ha arricchito il suo popolo ed ogni giorno continua ad arricchirlo di grazie spirituali. E' dunque seduto in alto, e di là, riversando su di noi la sua potenza, ci vivifica spiritualmente, ci santifica con il Suo Spirito allo scopo di abbellire la sua Chiesa con doni preziosi, di conservarla con la sua protezione, di reprimere e confondere i nemici della croce e della nostra salvezza».
b. L'intercessione di Gesù. I discepoli ottengono il dono di una potente intercessione a loro favore presso il trono stesso di Dio. Il credente infatti sa per specifica promessa di Dio che il Salvatore Gesù continua a prendersi cura di lui.
Nello stesso testo, a questo riguardo, Calvino scriveva: «Riconosciamo che il suo risiedere presso il Padre ridonda a nostro vantaggio. Essendo entrato nel santuario, che non è costruito da mano umana, vi dimora in qualità di nostro avvocato ed intercessore (Eb. 7:25; 98:11; Ro. 8:34); richiama gli occhi del Padre con la propria giustizia, di sorta che li storna dalla visione del nostro peccato; ci riconcilia con il suo cuore, di sorta che la sua intercessione ci permette di accedere al trono divino; ci procura grazia e clemenza facendo in modo che il Padre non ci spaventi, come deve spaventare ogni peccatore»
c. Una conferma della nostra fede. Un dono ultimo, ma non meno importante è che l'ascensione di Gesù costituiva per i discepoli e per noi una potente conferma della nostra fede.
Questo sia per quanto riguarda la verità del Suo insegnamento in generale. Se dopo tutti i miracoli che Egli ha compiuto nella Sua vita, e la sua risurrezione dai morti, qualcuno poteva ancora dubitare che Gesù proveniva da Dio, questa era ulteriore evidenza che Dio aveva assunto in cielo, in sé stesso, Gesù Cristo, il Suo Figliolo.
L'ascensione, per i discepoli e per noi, era divenuta anche come ulteriore dichiarazione ed ammonizione che Gesù sarebbe un giorno tornato come giudice dei vivi e dei morti. Il nostro destino dipende infatti da come noi oggi ci rapportiamo con Lui. Nel grande mandato finale di Gesù ai suoi discepoli, riportato da Marco, Egli dice: «Andate per tutto il mondo e predicate l'evangelo ad ogni creatura. Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato, ma chi non avrà creduto sarà condannato» (Mc. 16:15,16).
Conclusione
L'ascensione di Gesù diventa dunque per noi credenti pegno di ulteriori benedizioni e di conforto. e questo considerando:
Si tratta di un conforto che ci proviene quando consideriamo la nostra condizione in questo mondo. La comunità dei credenti ed ogni suo membro è continuamente esposta a preoccupazioni e pericoli di ogni genere: è però un grande conforto essere sotto il patrocinio e la protezione del Signore, Colui al quale è stata data ogni podestà in cielo e sulla terra.
E' anche però un conforto se consideriamo la felicità che attendiamo con speranza nel mondo a venire. Nessun altra religione ha potuto dare all'umanità una dimostrazione più sensibile di una beata immortalità come il cristianesimo nell'ascensione. A noi non interessano le speculazioni ed i dubbi dei filosofi, ci basta affidarci al Signore Gesù che, ascendendo al cielo, ci ha aperto una strada verso l'alto: lui solo vogliamo seguire. In Lui, come dice la Scrittura, abbiamo tutto pienamente.
Ascoltate, per finire, la testimonianza del riformatore Giovanni Calvino che egli dà a Gesù Cristo concludendo il capitolo che sull'ascensione, nella sua opera 'L'istituzione della religione cristiana', un testo dal quale già abbiamo tratto diversi brani.
«La totalità ed i singoli elementi della nostra salvezza sono rinchiusi in Gesù Cristo; bisogna perciò guardarsi dal farne derivare la minima porzione da altra fonte. Se cerchiamo salvezza, il nome stesso "Gesù" ci insegna a cercarla in Lui. Se cerchiamo i doni dello Spirito Santo, li troveremo nella Sua consacrazione. Se cerchiamo forza, è situata nella Sua sovranità. Se vogliamo trovare dolcezza e benignità, la Sua natività ce la presenta: in essa Egli è stato reso simile a noi per imparare ad essere pietoso. Se domandiamo redenzione, la Sua passione ce la dà. Nella Sua condanna troviamo la nostra assoluzione. Se desideriamo che la maledizione ci sia allontanata, lo otteniamo nella Sua croce. La soddisfazione, l'abbiamo nel Suo sacrificio; la purificazione, nel Suo sangue; la nostra riconciliazione è avvenuta mediante la Sua discesa agli inferi. La mortificazione della nostra carne si trova nel Suo sepolcro; la novità di vita, nella Sua risurrezione, nella quale abbiamo anche la speranza nell'immortalità. Se cerchiamo l'eredità celeste, ci è assicurata dalla Sua ascensione. Se cerchiamo aiuto e conforto ed abbondanza di ogni bene, l'abbiamo nel Suo regno. Se vogliamo presentarci al giudizio con tranquillità, possiamo farlo poiché Egli è il nostro giudice.
In Lui, insomma, è il tesoro di tutti i beni e da Lui dobbiamo attingere per essere saziati, non altrove. Chi non fosse soddisfatto di Lui e ondeggiasse qua e là da una speranza all'altra, pur continuando a guardare soprattutto a Lui, non terrebbe la strada giusta volgendo altrove una parte almeno dei propri pensieri. Del resto questa sfiducia non può penetrare nel nostro cuore, se abbiamo coscienza delle Sue ricchezze».
[P.C. p. 2329]
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