IL COMANDAMENTO FONDAMENTALE


Introduzione

Oggi iniziamo a trattare il primo dei Dieci Comandamenti che Dio, il Creatore, ha stabilito come norma morale della nostra vita di esseri umani, Sue creature. E' una gioia ed un privilegio conoscere ed obbedire alle norme che Dio ha stabilito per la nostra vita, perché facendo così gli rendiamo gloria ed onore, e lavoriamo in assoluto per il nostro stesso bene. L'obbedienza del cristiano alla volontà di Dio non è infatti essere schiavi di un legalismo oppressivo, ma sottomissione a ciò che riteniamo essere buono e giusto come pure il meglio per noi stessi. L'obbedienza alla volontà di Dio è evidenza che noi siamo in buoni rapporti con Lui, è evidenza infallibile che noi sinceramente Lo amiamo.

L'evangelista Billy Graham ha detto: "La fede che salva ha una qualità sua distintiva: è una fede che produce obbedienza, una fede che comporta uno stile di vita ben definito".

E' per questo che noi esamineremo questa espressione sommaria della volontà di Dio con le sue conseguenze per la nostra vita.I primi quattro comandamenti dei dieci illustrano quali siano i nostri doveri verso Dio.

Il primo comandamento dice:"Io sono l'Eterno, l'Iddio tuo, che ti ho tratto dal paese d'Egitto, dalla casa di servitù. Non avere altri dii nel mio cospetto".

I. Il preambolo

Se esaminiamo con attenzione questo comandamento notiamo subito che c'è una prima frase da isolare e da ben comprendere. Dice: 'Io sono l'Eterno, l'Iddio tuo, che ti ho tratto dal paese d'Egitto, dalla casa di servitù'. Si tratta in realtà della prefazione a tutta la legge.

Se immaginiamo i Dieci Comandamenti come una lettera, essi sono scritti su una "carta intestata", in cui la nostra prefazione è l'intestazione ufficiale che ci presenta "il mittente" e le sue qualifiche. Ancora meglio è immaginare i Dieci Comandamenti come un "decreto presidenziale", dove essa è il sigillo dell'autorità che lo emette, il sigillo, il timbro, che stabilisce il sovrano diritto di quell'autorità di legiferare e di essere ubbidita.

La prefazione dei Dieci Comandamenti è dunque una sorta di ammonizione preliminare, la quale motiva la nostra obbedienza, facendoci pure vedere, d'altro canto, quanto grande sarebbe la nostra ingratitudine se ad essi non ci sottomettessimo.

In questa prefazione troviamo dapprima che Dio si presenta così: 'Io sono l'Eterno'. Non è altro che il Nome di Dio, quello stesso che Egli ha rivelato a Mosè nel roveto ardente. Proclamando così la Sua identità Egli stabilisce il Suo insindacabile diritto a legiferare, a stabilire leggi, a pretendere obbedienza. Egli è infatti il sovrano Creatore del mondo.

Non si tratta però una divinità lontana ed estranea, Egli è l'Iddio tuo, cioè Qualcuno che si è voluto legare a noi con un personalissimo rapporto privilegiato, non solo nella dignità che ci ha dato alla creazione, ma pure perché ci ha chiamato personalmente ad appartenerGli come Suo popolo. C'è una nota di intimità di quel "tuo", quasi che Egli voglia "addolcire" la severa affermazione del Suo diritto con l'idea che siamo pure noi ad averne sommo beneficio quando Gli obbediamo. Egli è il nostro Salvatore, e desidera che ci rapportiamo a Lui non per paura, ma per profonda convinzione della bontà e della giustizia di ciò che Egli fa, per riconoscenza.

Con quel 'ti ho tratto dal paese d'Egitto, dalla casa di servitù' Egli qualifica ulteriormente la presentazione che fa di sé stesso. Questa frase, però, non ha a che fare solo con l'esperienza storica di Israele. Egli sta parlando, è vero, al Suo antico popolo, ma anche a noi, Suo popolo in Cristo.

Anche noi, come credenti, possiamo guardare al nostro passato e vedere il provvidenziale intervento di Dio nella nostra vita che ci ha rigenerato, rendendo a noi possibile il ravvedimento e la fede e, in seguito ad essi, la giustificazione, l'adozione, la santificazione, in una parola, la salvezza.

Possiamo dire che l'Iddio che ci dà i Comandamenti come guida della nostra obbedienza, ha liberato la nostra anima dalla cattività spirituale del peccato e dalla tirannia del peccato.

Quelle che Dio fa di sé stesso sono affermazioni oggettive. A Lui è dovuta obbedienza perché è sovrano Creatore, perché ha stabilito con noi un benefico e personalissimo rapporto, perché ci ha salvato in Cristo. Se è così, allora, come dice polemicamente per bocca del profeta: Se sono il Padre, dov'è l'amore? Se sono il Signore, dov'è l'onore che mi è dovuto? Se nonostante tutto quello che Egli è ed ha compiuto per noi, noi non Gli diamo quello che Gli è dovuto, se non obbediamo alla sua voce, questa sua frase solo mostra la nostra fondamentale ingratitudine.

II. L'unicità del nostro rapporto con Dio

Ed ecco così la formulazione del primo comandamento: 'Non avere altri dii nel mio cospetto'.

1. 'Non avere altri dii'. Se sappiamo chi Egli è e chi siamo noi, cioè Sue creature totalmente dipendenti da Lui, a Lui è dovuto ogni onore e gloria. A Lui dobbiamo rendere lo stesso onore e gloria che Gli ascrivono gli angeli che cantano: "All'Iddio nostro la benedizione e la gloria e la sapienza e le azioni di grazie e l'onore e la potenza e la forza, nei secoli dei secoli! Amen" (Ap. 7:12). Egli esige ed è degno del massimo rispetto e della più totale obbedienza.

Egli solo è Dio. Egli solo è degno dell'adesione più incondizionata della nostra persona, in lui solo è ben riposta la nostra fiducia e la nostra speranza, da Lui solo viene ogni cosa buona e santa. Egli solo è degno che Gli venga dato ogni culto. Egli solo è il depositario degli attributi divini di bontà, di giustizia e di santità per i quali giustamente Lo lodiamo. Attribuire ad altri ciò che Gli appartiene sarebbe un'abominio, un atto spregevole di disprezzo e di tradimento che andrebbe solo a nostro danno.

2. 'nel mio cospetto', aggiunge, per dire che egli vuole essere riconosciuto come Dio non solo con una confessione di fede esteriore, ma nell'affezione del nostro cuore in pura verità. Gesù dirà: "Ama Iddio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la mente tua...". Non è possibile infatti, offrire a Dio un culto formale che non sia veramente radicato nella nostra vita tanto da condizionarla in tutte le sue manifestazioni. Nulla gli sfugge, non lo possiamo ingannare. Egli vede e conosce profondamente il nostro intimo, è giudice dei nostri più segreti pensieri.

III. Precise conseguenze

Se quanto abbiamo detto è una precisa enunciazione di quanto il primo comandamento dice, dobbiamo anche vedere le importanti implicazioni pratiche di quanto esso stabilisce. Vediamole in positivo ed in negativo.

1. In positivo. Il primo comandamento ci prescrive dunque di conoscere e di riconoscere Dio come l'unico e vero Dio, e come il nostro Dio, nonché di adorarlo e glorificarlo come tale. Devo così in Lui solo confidare, con ogni umiltà e pazienza attendere da lui solo ogni bene e amarLo, temerlo ed onorarlo di tutto cuore; dargli il primato nella mia vita. Il primo comandamento riguarda dunque la persona con la quale abbiamo a che fare e a cui si rivolge il vero culto. Un Dio che ha pretese esclusiviste.

a) Una conoscenza ben definita. La prima conseguenza in positivo di questo comandamento è che è nostro preciso dovere accettare tutti gli insegnamenti della Bibbia. Dobbiamo conformare il nostro pensiero a ciò che la Bibbia dice, e non a quello che più riteniamo opportuno! La Bibbia ci parla con precisione di Dio perché essa è lo strumento che Egli ha scelto affinché Lo conoscessimo in verità. Nessuno potrà addurre come scusa di non conoscere Dio, perché Egli si è rivelato con chiarezza attraverso la Bibbia e in Gesù Cristo. Se riconosci la tua ignoranza in materia è tuo preciso dovere informarti e conoscere il tuo Creatore e ciò che Egli legittimamente ti comanda di essere e di fare. Con la diffusione che ha oggi la Bibbia, e con la possibilità che si ha oggi di accedere ad ogni tipo di informazione, è solo colpevole negligenza rimanere nell'ignoranza, e non c'è scusa che tenga.

E' inoltre nostro dovere comunicare anche agli altri la conoscenza biblica. La Bibbia dice: "Come crederanno in Colui del quale non hanno udito parlare?" (Ro. 10:14). Il Signore Gesù Cristo, infatti, comanda ad ogni suo discepolo di insegnare a tutti, senza discriminazione alcuna, tutto ciò che Cristo ha insegnato, affinché tutti siano condotti alla fede ed all'obbedienza.

b) Una confessione aperta. Una seconda conseguenza in positivo del primo comandamento ci impone di confessare apertamente la nostra fede in Lui, senza vergogna alcuna. La fede non è una faccenda privata! Nel contesto di una società che si professa 'laica' e 'neutrale' anche i credenti vengono tentati a non manifestare pubblicamente la loro fede in nome di una malintesa 'discrezione', 'pace religiosa', o riserbo su questioni considerate 'private', oppure a considerare la propria come un'opzione religiosa fra tante, da cui il conseguente atteggiamento 'non settario' e relativista, la tendenza a pregiudicare la propria fede mischiandola o 'armonizzandola' con altre. Spesso si cerca così di intimidire chi osa professare apertamente la sua fede chiamandolo 'fanatico', o 'settario'. Chi però rinunzia ad affermare con chiarezza la fede biblica, 'annacquandola' o 'adattandola' al clima prevalente, infrange il primo comandamento. Non riconosceremo mai veramente il vero Dio fintanto che noi non saremo apertamente dalla Sua parte e non promoveremo la Sua causa nel mondo.

c) Diligenza. Una terza conseguenza in positivo esige da noi la massima diligenza nel praticare il culto e l'obbedienza che Dio ci richiede. Quante persone trascurano i loro precisi doveri verso Dio e la comunità dei credenti, lasciandoli ai margini della loro vita! Dio ha pretese totalizzanti che certo mal si adattano alla mentalità moderna: il credente però, rifuggendo dal conformarsi a questo mondo, deve saper affermare con coraggio e con intelligenza la fede "una volta per sempre tramandata ai santi", quella fede per la quale i martiri dei secoli passati hanno dato la vita. Se non c'è che un unico Dio vivente e vero, allora bisogna rendergli il culto solo che richiede.

d) L'intera nostra persona. Quarta conseguenza: il primo comandamento richiede non solo di riconoscere il vero Dio, ma pure di glorificarlo nell'intera nostra vita. Dio non è Signore solo in uno spazio più o meno religioso della nostra vita, ma su ogni aspetto di essa. L'intera vita deve essere espressione della nostra fede: in casa, al lavoro, nella scuola. Il nostro modo di pensare deve dare gloria a Dio, il nostro modo di parlare e di agire nella sua completezza. La fede cristiana non è solo questione di salvarci l'anima, ma deve incidere e trasformare l'intera realtà. Iddio è infatti Signore sull'intera realtà e noi abbiamo il dovere di promuovere la gloria e l'onore di Dio e della Sua Parola in ogni ambiente, e dovunque è trascurato e minimizzato.

2. In negativo. Un catechismo riformato, a spiegazione del primo comandamento afferma: "...che, a rischio della salvezza e beatitudine della mia anima, eviti e fugga ogni idolatria, magia, incantesimo, invocazione dei santi o di altre creature".

Il primo comandamento, nell'affermare chiaramente la persona di Dio, come si è rivelata nella Bibbia, e i suoi legittimi diritti sulle sue creature umane, implica da parte nostra precise responsabilità nell'eliminare dalla nostra vita e nell'opporci ad ogni idolatria e certe tendenze (fondamentalmente atee e agnostiche) sempre più prevalenti oggi.

Che cos'è l'idolatria? E' l'immaginare o avere, al posto dell'unico vero Dio che si è rivelato nella sua Parola o accanto a lui, qualcos'altro in cui riporre la propria fiducia, e l'idolatria è tutt'altro che scomparsa dall'orizzonte moderno.

a) Forme palesi di idolatria. Alcune forme palesi di idolatria che contravvengono al primo comandamento è per esempio l'attaccamento smodato al denaro e l'avidità, ma anche la superstizione. Dal "gatto nero che ti attraversa la strada", dal portare catenine con oggetti e feticci "di buona fortuna", o "terapeutici", a chi consulta più o meno per gioco oroscopi e maghi cialtroni: sono tutte cose queste in abominio all'Eterno. La magia (bianca o nera che sia), lo spiritismo, ma anche il culto di santi e di madonne, forme queste più o meno mascherate di spiritismo, rientrano pure in questa categoria perché pur sono invocare dei morti. Dare ad altri che non sia Dio il nostro culto, anche se si trattasse di personaggi dipinti di cristianesimo, non è altro che adorare démoni e permettere che essi abbiano influenza sui di noi.

b) rifiuto del qualunquismo. Altre concezioni pagane da respingere sulla base del primo comandamento, è affermare (è una menzogna) come dicono alcuni, che "qualsiasi oggetto di culto vada bene basta che si sia sinceri" (cf. 1 Co. 8:5,6): no, Colui che adoriamo deve essere il Dio vero e vivente. La sincerità non ha mai salvato nessuno. Si può sinceramente credere a palesi menzogne. Ciò di cui abbiamo disperatamente bisogno non è una concezione sincera di Dio, ma una concezione vera. Non c'è nulla di più tragico che sostenere un sistema di credenze o uno stile di vita fondamentalmente futile. Sarebbe come passare una vita intera a salire su una scala a pioli solo per scoprire alla fine che essa era appoggiata sul muro sbagliato. Anche se uno fosse la persona più sincera del mondo, ancora si potrebbe essere in errore. Non basta credere astrattamente a "un dio qualunque"... "Anch'io sono un credente", dice qualcuno. Credente però in chi? in che cosa? Al dio della tua immaginazione, il dio delle tue congetture o convenienza, un Dio "personale" di comodo? Non basta credere all'esistenza di "un essere superiore" astratto. Se non è il Dio vere e vivente che si è manifestato in Cristo ed attraverso la Bibbia, e al quale si rende culto e obbedienza, esso è un idolo. Dobbiamo affermare con chiarezza che Dio si è rivelato.

c) Il sincretismo è il tentativo di fondere insieme principi inconciliabili. Il sincretismo religioso è il tentativo di armonizzare il cristianesimo con le molte false religioni di questo mondo. Si tratta di un grave peccato che la Bibbia ripetutamente respinge.

Vi sono alcuni che vorrebbero idealisticamente vedere cristiani, ebrei, mussulmani, buddisti uniti insieme in un'unica comunione per adorare insieme 'il grande architetto dell'universo' quasi che tutti adorassero un solo Dio sotto diversi nomi e in diversi modi equivalenti. Questa però è una menzogna basata sull'ignoranza. Si tratta di diversi sistemi inconciliabili, come mescolare acqua ed olio. Farlo, non solo sarebbe un tradimento del cristianesimo, ma anche dell'Islam o delle altre religioni, in ogni caso una violazione del primo comandamento.

d) Falsa tolleranza. A violare il primo comandamento è anche un'atteggiamento di falsa tolleranza. Non è indifferente come uno renda culto a Dio: è nostro dovere mostrare a tutti che cosa dice la Bibbia in merito come verità assoluta, con rispetto, ma con fermezza. E' vero che ogni persona ha il diritto di scegliere qualunque religione voglia, e dobbiamo essere pronti a difendere la libertà anche di coloro con i quali non siamo d'accordo, ma guai a rimanere in silenzio. Dobbiamo dire a tutti che il Creatore dell'universo intende come dovere di ciascuno credere in Gesù Cristo ed accettare gli insegnamenti della Scrittura. Con rispetto, ma con fermezza, dobbiamo dire che certe idee, certe concezioni, certa religione è sbagliata e che davanti a Dio saremo respinti se non ci ravvediamo e non crediamo. Difronte al primo comandamento non vi può essere neutralità in questioni religiose. Dobbiamo prendere posizione, come ha detto Gesù stesso: "Chi non è con me, è contro di me; e chi non raccoglie con me, disperde" (Lc. 11:23). La neutralità religiosa è impossibile: se non professiamo Gesù Cristo come l'unico e vero Dio, allora dimostriamo di respingere ciò che Egli stesso ha detto. Stare in silenzio significa non avere il coraggio di dire o non ritenere vero ciò che Cristo ha detto. La neutralità in campo di fede in realtà è un inganno di Satana per neutralizzare la chiara espressione della Parola di Dio.

Conclusione

"Non avere altri dii nel mio cospetto", dice il primo comandamento, un comandamento che sta alla base di tutti gli altri. Il primo comandamento ci prescrive dunque di conoscere e di riconoscere Dio come l'unico e vero Dio, e come il nostro Dio, nonché di adorarlo e glorificarlo come tale, di amarlo con tutto il cuore, con tutta la nostra mente, con tutto il nostro spirito, con tutta la nostra forza.

Molta gente che non partecipa mai al culto della comunità cristiana spesso si vanta del fatto di essere "brava gente che non ha mai fatto del male ad alcuno e che osserva i comandamenti". E' vero? O si sono limitati solo a certe regole di correttezza civile dimenticando del tutto i loro precisi doveri verso Dio? La Bibbia ci dice che se noi falliamo in un sol punto della Legge di Dio, si rende colpevole su tutti i punti (Gm. 2:10). "Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per metterle in pratica" (Ga. 4:10). Si, davanti alla legge di Dio, chiaramente stabilita, nessuno potrà essere giustificato. Ci riconosciamo peccatori, in difetto davanti a Dio, indegni della sua approvazione. Se Dio non è al primo posto nella nostra vita tutto è perduto, ed ogni altra cosa perde di valore. Siamo allora chiamati a ravvederci profondamente del nostro peccato e ad affidarci al Salvatore Gesù Cristo. Lui solo può pagare il prezzo che il nostro peccato ci impone di pagare, Lui solo può essere veramente Colui che può renderci accetti davanti a Dio e gradualmente trasformarci.

"Guarda, Signore, alla mia miseria, me ne pento sinceramente. Voglio aprirmi totalmente verso Gesù, che Tu hai mandato come mio Salvatore e Signore. Che sia Lui la mia speranza, lui il mio perdono, lui lo strumento del mio rinnovamento". [P.C. p. 2949]


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