Fede è osare camminare con Gesù anche oltre l'umanamente possibile
Introduzione
La vita cristiana, la vita vissuta in fiducia ed obbedienza al Signore e Salvatore Gesù Cristo è come un'investimento di capitali su una solida società finanziaria che potrà garantirci ampi dividendi. Questo comporta un rischio da parte nostra, perché il capitale che noi investiamo è null'altro che la nostra vita.
Vale veramente la pena investire la nostra vita al seguito di Gesù Cristo? Vediamo come l'hanno fatto i discepoli di Gesù attraverso un racconto evangelico esemplare: Gesù cammina sul mare.
«Subito dopo Gesù costrinse i suoi discepoli a salire su una barca e a precederlo all'altra riva, mentre egli licenziava le folle. Dopo averle congedate, salì sul monte in disparte per pregare. E, fattosi sera, era là tutto solo. La barca intanto si trovava al largo, in mezzo al mare, ed era sbattuta dalle onde perché il vento era contrario. Alla quarta vigilia della notte, Gesù andò verso di loro, camminando sul mare.
I discepoli, vedendolo camminare sul mare, si turbarono, e dissero: "E' un fantasma!" E si misero a gridare dalla paura; ma subito Gesù parlò loro dicendo: "Rassicuratevi, sono io, non temete!". E Pietro, rispondendo, disse: "Signore, se sei tu, comandami di venire da te sulle acque". Ed egli disse: "Vieni!". E Pietro, sceso dalla barca, camminò sulle acque, per venire da Gesù. Ma, vedendo il vento forte, ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò dicendo: "Signore, salvami!". E subito Gesù stese la mano, lo prese e gli disse: "O uomo di poca fede, perché hai dubitato?". Poi, quando salirono in barca, il vento si acquetò. Allora, quelli che erano nella barca vennero e l'adorarono, dicendo: "Veramente tu sei il Figlio di Dio"» (Mt. 14:22-33).
L'episodio della Scrittura che noi consideriamo oggi ci fa, per così dire, entrare nella classe dove il maestro (Gesù) sta insegnando ai suoi scolari (i discepoli) la sua materia (la vita cristiana), e in particolare, li impegna in una prova pratica. Le esperienze pratiche, infatti, valgono di più che le lezioni teoriche. Le lezioni che Gesù impartisce loro, però, sono anche per noi che affidiamo a Lui la nostra vita come personale nostro Signore e Salvatore. Che cosa Gesù aveva voluto insegnare ai suoi discepoli quel giorno e che cosa ci insegna sull'investimento che in Lui siamo chiamati a fare? Vediamolo punto per punto.
A. L'insegnamento degli eventi
1. Inviati ad assumersi le proprie responsabilità. "Subito dopo Gesù costrinse i suoi discepoli a salire su una barca e a precederlo all'altra riva, mentre egli licenziava le folle" (22).
Gesù ha appena sfamato migliaia di persone, l'opera però non è finita, né per lui, né per i suoi discepoli. Lui deve ancora sbrigare alcune cose: che i discepoli però vadano avanti a preparare il terreno per altre opere di Gesù. Essi così devono procedere da soli, assumendosi le loro proprie responsabilità che la loro missione comporta. La barca è qui simbolo della comunità cristiana, comunità di persone pronte ad obbedire il loro Signore, cosciente di avere una missione da compiere. Non basta essere spettatori dell'opera di Gesù: devono porsi consapevolmente al servizio Suo e della Sua causa. Ne siamo coscienti noi che ci dichiariamo cristiani?
2. Gesù però vigila. "Dopo averle congedate, salì sul monte in disparte per pregare. E, fattosi sera, era là tutto solo" (23).
Anche Gesù desidera star solo, per entrare in colloquio con il Padre, il solo che lo possa ristorare e permettergli come uomo di acquisire le energie necessarie alla sua missione. Spesso Gesù, il maestro, si ritira per pregare. Dio è comunicazione, la triplice natura di Dio comporta un "consiglio" fra Dio Padre, Dio Figlio, e Dio Spirito Santo, un attento "esame della situazione". Qui l'insegnamento per noi è duplice: ci parla ancora dell'opera di Cristo e della necessità che il credente ha di pregare, di ricevere da Dio forza e consiglio.
L'affamata moltitudine è stata saziata e lasciata andare. Per Gesù ora è la Sua anima che ha fame di una segreta comunione con il Padre. "L'uomo non vive di solo pane" (Mt. 4:4). E' immagine di ciò che ora Cristo sta facendo. Mentre i discepoli vengono sbattuti sul mare agitato di questo mondo, Gesù è davanti al Padre sul monte dell'intercessione. I discepoli devono imbarcarsi da soli per il mondo, ma il sostegno di Gesù non mancherà loro, Un salmo dice: «Colui che ti protegge non sonnecchierà. Ecco, colui che protegge Israele non sonnecchia e non dorme» (Sl. 121:3,4), Questo è rassicurante, non è vero?
3. Il contesto della missione cristiana. "La barca intanto si trovava al largo, in mezzo al mare, ed era sbattuta dalle onde perché il vento era contrario" (24).
I discepoli devono così imparare quale sarà il contesto in cui dovranno esplicitare la loro fede e come vi dovranno reagire. Forse i discepoli si erano allontanati con riluttanza, ma avevano obbedito. Per loro era una prova, e la prova non è mai piacevole. La comunità procede con difficoltà soprattutto perché la situazione in cui si trova è sfavorevole, eppure proprio questo è il contesto "normale" in cui devono perseverare con fede. La tempesta arriva non quando i discepoli si imbarcano in qualche impresa pazzesca da loro decisa, ma nel contesto della loro normale obbedienza.
"Il vento era contrario", ma dovevano resistere: sarebbe stato più facile seguirlo o non imbarcarsi nemmeno, ma l'ordine di Gesù non ammette discussioni: l'obiettivo da raggiungere deve essere prioritario.
Anche per i discepoli di Gesù la vita cristiana è da intendersi come "una croce", e non ci si deve aspettare "tutto bello". E' possibile fare esperienza del potere di salvezza di Gesù solo quando siamo pronti ad andare controcorrente. Siamo noi pronti a tutto questo?
4. Gesù non abbandona. "Alla quarta vigilia della notte, Gesù andò verso di loro, camminando sul mare" (25).
Gesù però non abbandona i suoi discepoli lasciandoli al loro destino. Egli sopraggiunge:
(1) In un momento inatteso, "alla quarta vigilia", cioè fra le tre e le sei della notte. Così può essere anche nella nostra esperienza. L'ora più buia è sempre quella più prossima dell'alba. Egli sopraggiunge nel momento del loro bisogno più grande -quando la loro forza stava per venire meno, quando ogni speranza era perduta. "Nella perplessità getta l'ancora della fede e aspetta il giorno".
(2) In un modo inatteso, "camminando sul mare". La Bibbia dice: «Bisogna infatti che egli regni finché non abbia messo tutti i nemici sotto i suoi piedi» (1 Co. 15:25). Gesù compie un miracolo. Ma che cos'è un miracolo? Non un'arbitraria trasgressione di una "legge naturale", ma ogni evento così stabilito per far breccia nella nostra insensibilità o disperazione e per convincerci della presenza e del potere di Dio. Ci lasciamo noi "sorprendere" da Gesù?
5. Non ulteriori spaventi. "I discepoli, vedendolo camminare sul mare, si turbarono, e dissero: "E' un fantasma!" E si misero a gridare dalla paura (26).
L'apparizione di Gesù, però, è fuori dal comune, e questo li terrorizza. Gesù spesso sfida la nostra ragione e il nostro buon senso per rivelarsi in modo imprevisto. Qui i discepoli non sono senza fede, ma la loro fede è poca, la loro fiducia in Lui non è abbastanza per fare loro accettare ciò che è umanamente impossibile. Non bastava il vento? Anche i fantasmi?
Interessante però notare come il miracolo avvenga in tempo di crisi, quando ormai si sono superati i limiti delle risorse umane; e pure oltre ogni speranza perché non Lo aspettavano. Noi attendiamo fiduciosamente il secondo avvento di Gesù, quando Egli comparirà, nel momento meno prevedibile, per giudicare i malvagi e per portar via con se i suoi fedeli. Ne siamo pronti?
6. Un'ulteriore rivelazione di Sè. "ma subito Gesù parlò loro dicendo: "Rassicuratevi, sono io, non temete!" (27).
E' Lui il Dio del possibile (lo stesso che aveva fatto breccia nelle acque dell'Esodo davanti agli Israeliti con Mosè). Quell'"Io sono" ricorda l'autorivelazione di Dio a Mosè nel roveto ardente, e l'adorazione da parte dei discepoli lo conferma.
Egli non rimuove subito la causa dei loro problemi (vento ed onde), ma dà loro rassicurazione nel mezzo della tempesta. All'apostolo Paolo Iddio non toglie la "spina nella carne" che lo fa soffrire, ma la grazia di Dio gli deve bastare (2 Co. 12). Egli non salva i tre martiri che sono stati gettati nella fornace ardente, ma cammina in essa con loro. Abbiamo nel nostro cuore noi la Sua parola rassicurante?
B. L'insegnamento dell'esperienza diretta
1. Un'ardita richiesta: "E Pietro, rispondendo, disse: "Signore, se sei tu, comandami di venire da te sulle acque" (28).
Si impara già molto dagli eventi che accadono, ma ancora di più quando l'insegnamento lo esercitiamo in prima persona. Pietro qui rappresenta i discepoli in generale, non è l'eroe che spicca per la virtù della sua fede. Pietro praticamente implora Gesù di dargli un ordine. Tutto dipende dall'invito (incoraggiamento) di Gesù; il discepolo non vuole intraprendere nulla che non gli sia espressamente ordinato.
Pietro qui diventa per noi con quel suo "camminare come Gesù", parabola di una verità più profonda. Dice la Bibbia: «Chi dice di dimorare in lui, deve camminare anch'egli come ha camminato Lui" cioè, secondo la TILC «deve vivere anche lui come visse Gesù» (1 Gv. 2:6). Il nostro amore per Cristo non dovrebbe pure portarci a camminare noi stessi come Egli ha camminato? Chi pure ha il coraggio di fare al Signore una simile preghiera: "Voglio vivere come te"? Eppure è un privilegio camminare con Lui, pure laddove la sapienza ed i sentimenti umani non ardirebbero farci poggiare i piedi!
2. Un invito di grazia: "Ed egli disse: "Vieni!". E Pietro, sceso dalla barca, camminò sulle acque, per venire da Gesù" (29). Ora la porta è aperta per la fede di Pietro. Egli viene invitato a camminare dove nessun altro che i piedi della fede oserebbero andare. Il cristiano osa un modo di vivere fuori dal comune. Cammina per fede, e camminare per fede, per i sapienti di questo mondo è come camminare sul mare. Impossibile! Non lo comprendono. Ogni credente viene invitato da Cristo a camminare con Lui dove Lui ha camminato.
Pietro risponde con fiducia all'invito e questo "funziona veramente!" A Pietro basta una sola parola di Gesù per avventurarsi con totale fiducia e averne successo. Bisogna osare per riuscire. La vita di fede implica un completo abbandono di ogni altra fonte di fiducia- fuori dalla barca del proprio ego sulla Parola di Cristo. Osiamo noi tanto?
3. Una preghiera accorata nel momentaneo panico: "Ma, vedendo il vento forte, ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò dicendo: "Signore, salvami!" (30).
Pietro è impulsivo in modo caratteristico: fa sempre il balzo prima di riflettere, di guardare, ma è meglio di colui che riflette troppo a lungo e non fa mai il balzo! Egli è al tempo stesso coraggioso e codardo: comincia bene, ma quando vede la tempesta, viene sopraffatto dal terrore. Forse si aspettava che la tempesta cessasse nell'avvicinarsi a Gesù. I nostri problemi non spariscono all'istante quando riponiamo in Gesù la nostra fede. La nostra fede deve essere prima provata. Pietro ha paura e comincia ad affondare perché era più preoccupato per sé stesso che della Parola del suo Maestro. Obbedire al Signore può diventare terrorizzante quando i nostri occhi non sono fissi in Cristo. Pietro però non esita ad invocare soccorso dal Signore. Gesù ci vuol far prendere coscienza che senza il suo aiuto continuo, non possiamo altro che tremare ed affondare. Pietro era stato saggio ad invocare il Signore non appena aveva cominciato ad affondare. Molti aspettano a farlo quando l'acqua già loro arriva al collo. Non vergogniamoci di pregare chi ha promesso di essere sempre pronto in Cristo ad ascoltarci!
4. Un pronto aiuto ed una pronta riprensione. "E subito Gesù stese la mano, lo prese e gli disse: 'O uomo di poca fede, perché hai dubitato?'" (31).
Il suo grido riceve risposta: Gesù non tarda ad aiutarlo, ma non è rispedito al sicuro della sua barca. Non vi è aiuto per il credente tentato e preoccupato nella sua vecchia vita. Gesù così "afferra" Pietro, il quale trova rifugio fra le Sue braccia. Le Sue braccia sono per noi ancora disponibili. Dice un salmo: «Anche se cammino in mezzo all'avversità, tu mi conserverai in vita; tu stenderai la mano contro l'ira dei miei nemici, e la tua destra mi salverà» (Sl. 138:7).
Gesù però lo riprende, anche se con gentilezza. Non doveva affatto dubitare di Gesù, doveva esercitare una fede piena in Lui. 'Dubitare' significa 'andare contemporaneamente in due direzioni, pensare lungo due linee diverse, avere due anime in conflitto in sé stessi, l'una incline ad andare in una direzione, l'altra nell'altra". E' come avere un piede sull'acqua e un piede ancora sulla barca. "Non si sa mai", diremmo noi. Eppure la fede che Gesù richiede deve essere incondizionata, totale.
Quando la fede si attiene strettamente alle parole di Gesù, le onde ed il vento vengono ridimensionate e perdono la loro minaccia, ma non dobbiamo lasciarcene distrarre. Alla fede è promesso tutto, ma quando comincia a vacillare fra il comando del Signore e evidenti pericoli personali, essa cede. Quale atteggiamento noi abbiamo al riguardo?
Perché Pietro fallisce? Perché nel momento più difficile Egli guarda più alla minaccia della tempesta che alla sicurezza che dà Cristo. Quando ci si arrampica in montagna bisogna guardare in alto, e non in basso, rischiando le vertigini. La Bibbia dice: "...tenendo gli occhi fissi su Gesù, autore e compitore della nostra fede, il quale, per la gioia che gli era posta davanti, soffrì la croce disprezzando il vituperio, e si è posto a sedere alla destra del trono di Dio" (Eb. 12:2).
5. Una felice conclusione. "Poi, quando salirono in barca, il vento si acquetò" (32). Ora Pietro "cammina con Gesù"- è stato salvato dalla paura, laddove prima aveva temuto e stava affondando. Il suo camminare verso Gesù era un periodo di prova, ma il suo camminare con lui è ora tempo di calma e di pace. Il vento potrà anche essere terribile, ma egli non teme alcun male, perché il Signore è con Lui. La vicinanza della comunione con Gesù è il segreto per una vita cristiana serena e trionfante. Quando Gesù entra in barca, il vento cessa. Lasciamo che Egli venga nel nostro cuore, e farà della tempesta una bonaccia.
C. Conclusione
L'episodio evangelico termina con un'atto di confessione di fede e di adorazione "Allora, quelli che erano nella barca vennero e l'adorarono, dicendo: "Veramente tu sei il Figlio di Dio" (33).
I discepoli di Gesù hanno appreso una delle tante lezioni indimenticabili che si hanno alla Sua scuola. L'hanno appresa dagli eventi nei quali Gesù li ha spinti e l'hanno appresa per esperienza diretta, quando hanno "esercitato praticamente" ciò a cui Gesù li chiamava. Ancora una volta hanno riconosciuto chi è Gesù e con gratitudine l'hanno adorato.
Questo racconto dimostra ciò che promette l'obbedienza ed è un appello a rinnovare costantemente la nostra fede, una fede concentrata sulla potenza del SIgnore e che si esprime nella fiduciosa preghiera: "Signore, salvami!".
Un nuovo anno di grazia del Signore viene incontro a noi con un preciso messaggio da parte del Signore: la vita cristiana continua a valerne la pena, e l'impegno della fede garantisce ricchi dividendi per chi, investendo in essa la vita, è pronto a rischiare anche grosso.
Nel brano biblico che abbiamo considerato Iddio ci insegna che dobbiamo assumerci in prima persona delle responsabilità, ma che in esse non dobbiamo temere se il nostro rapporto con Lui è costante. Esso ci insegna che il contesto in cui si svolge la vita cristiana è difficile, ma in essa non saremo mai soli. Ci insegna che nulla dobbiamo temere da Lui se abbiamo coscienza di chi Lui sia. Per questo osiamo chiedergli di camminare come lui e con lui, conoscendo la sua disponibilità verso di noi e la correzione che egli ci darà. Questa sola potrà garantirci il felice esito di una vita che è stata investita su una solida "ditta" vincente.
(P.C. p. 2639)
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