Perché il pastore indossa la toga?

Perché da voi
il pastore, durante il culto, indossa una toga? Ecco una domanda che
spesso si ode da parte di credenti evangelici che partecipano ad un
culto di una chiesa riformata storica. La toga ha un qualche particolare
significato? E' biblica? Oppure è solo una tradizione della vostra
chiesa? Indossare una toga non è forse troppo "cattolico"? La toga
significa che il pastore sia meglio di me? Che sia più vicino a Dio di
quanto lo sia io? Forse che i vostri pastori sono dei "sacerdoti"?
Perché, poi, da voi il pastore conduce l'intero culto?
Abito e vocazione
1. In primo luogo, fra le altre cose, la
toga aiuta a mettere in evidenza il particolare ministero ricoperto dal
pastore e a diminuire l'importanza della persona in sé stessa che
sta dietro al pulpito. Il pastore deve distinguersi dagli altri non
rispetto alla sua essenza e dignità (in Cristo, infatti, le distinzioni
fra le persone scompaiono),
ma in quanto alla particolare funzione e responsabilità che Dio gli
affida.
Il pastore per alcuni può essere un amico intimo,
uno stretto familiare, o qualcuno considerevolmente più giovane di noi.
Il fatto che indossi una toga quando celebra il culto, aiuta a
dimenticare che quell'uomo sia magari "il nostro Paolino" ed a tenere
presente che si tratta di nulla di meno di colui che Dio ha consacrato
per condurci alla Sua presenza e per portarci la Parola di Dio. Questo è
ciò che la Chiesa in generale, e quella riformata in particolare, ha
inteso storicamente fare quando ha voluto che i suoi ministri, nel
condurre il culto, indossassero una toga. Strettamente parlando, il
culto non è tanto condotto, mettiamo, da Paolo Castellina, ma dal
ministro che è stato legittimamente incaricato di condurre il culto di
quella particolare comunità cristiana in quel luogo e tempo. La toga
mette in solenne evidenza la funzione che quell'uomo ricopre. Durante il
culto noi ci sottomettiamo al ministro di Dio, non alla persona in sé
stessa
Queste verità sono proprio rafforzate quando il
pastore indossa un segno che rammenti al popolo la sua speciale
vocazione: Nella Bibbia, abito e vocazione sono spesso connessi.
L'autorità connessa a un particolare ufficio o ministero, è spesso
simbolizzata visivamente dall'abito che si indossa.
La funzione della toga è quella di coprire la persona in sé stessa e
mettere l'accento sul ministero o vocazione che ha ricevuto da Dio.
2. L'anziano incaricato di insegnare, quando
conduce il culto, assume un ruolo simbolico. Conducendo in preghiera la
comunità dei credenti, egli simbolizza Cristo, il marito, che parla alla
sua santa sposa.
Scopo della toga non è porre il ministro al di sopra della comunità dei
credenti, ma quello di distinguerlo da essi, "metterlo a parte", a causa
del suo ufficio unico di pastore durante il culto della domenica.
Ecco ciò che al
riguardo dice il teologo calvinista francese Richard Paquier: "E'
naturale che l'uomo che presiede al culto nella Chiesa, sia vestito in
modo corrispondente al compito assegnatogli e che esprima visibilmente
ciò che fa. Inoltre, chiunque conduca l'atto di culto non lo fa come
persona privata, ma come ministro della Chiesa. Egli è rappresentante
della comunità e il portavoce del Signore. Per questo motivo prescrivere
una toga, una sorta di "uniforme" ecclesiastica, è particolarmente utile
per rammentare, sia ai fedeli che a sé stesso, che in quest'atto egli
non è più il signor Tal dei Tali, ma un ministro della Chiesa nel mezzo
di una moltitudine d'altre persone" (Dynamics of Worship:
Foundations and Uses of Liturgy. Fortress Press, 1967, p. 138).
3. E' impossibile sfuggire al simbolismo
dell'abito che si porta. Il pastore non è "un uomo d'affari" o un uomo
politico. Egli non è ...l'amministratore della corporazione
ecclesiastica, uno che debba sempre presentarsi con una sobria giacca ed
una cravatta, possibilmente scura. Nella nostra cultura, giacca ed
cravatta sono simboli della classe media-superiore, della funzione
impiegatizia, dei bancari, degli avvocati, dei politici, "delle grandi
occasioni", dell'ufficialità.
Certo il simbolismo del portare "la veste della festa", quella migliore,
sobria e pulita è un concetto accettabile perché sicuramente il momento
del culto è un'occasione solenne (è uno speciale "incontro con Dio"),
non un momento "qualunque". In questo caso la cosa vale per i fedeli,
per i quali è opportuno che indossino i loro abiti migliori. Il pastore,
durante il culto, deve portare ciò che, in particolare, simbolizza la
funzione che ricopre in quel momento, e in questo non si identifica con
l'abito d'alcuna categoria sociale particolare.
4. L'uso della toga conferisce dignità e
rispetto ai nostri culti. Perché mai il pastore dovrebbe portare una
toga, mettiamo, solo in occasione di matrimoni e non durante il culto
della domenica? Ai matrimoni la toga conferisce solennità
all'avvenimento. Lo stesso dovrebbe valere nel Giorno del Signore. Forse
che i matrimoni sono più importanti dei culti domenicali? No, è vero
l'opposto. Il culto della domenica dovrebbe essere altrettanto se non
più solenne e formale di un matrimonio. Inoltre, che un pastore vesta in
modo "casual" durante il culto, rischia di comunicare ai meno avveduti
che il culto sia un momento come un altro, mentre, per un cristiano,
rimane qualcosa di speciale e solenne, un'ora dissimile da qualunque
altra, benché il culto vada reso a Dio in ogni aspetto della nostra
vita. L'abitudine moderna di fare cose cerimoniali in modo non
cerimoniale, non è prova d'umiltà, ma prova piuttosto l'incapacità del
fedele di dimenticare sé stesso durante il rito, e la sua volontà di
disconoscere il ruolo speciale che il rito ha nella nostra vita.
5. L’esempio degli edifici
ecclesiastici. La Chiesa dovrebbe sempre desiderare una maggiore
visibilità, perché, nella misura in cui diventerà più prominente, essa
assumerà una posizione di testimonianza più coerente alle prospettive
mondiali delle conquiste redentrici di Cristo. Dalla Bibbia i cristiani
apprendono che, quando il Signore Gesù Cristo completò la Sua opera di
riconciliazione ed ascese alla destra di Dio Padre, l’Eterno Iddio, come
Proprietario, reclamò irrevocabilmente la Sua proprietà sul mondo. Gesù
Cristo, come Secondo ed ultimo Adamo, ristabilisce il Suo popolo alla
sua legittima posizione come “i mansueti che erediteranno la terra” (Mt.
5:5). La Chiesa cristiana, “un aiuto che sia adatto a lui” (Ge. 2:18),
cioè a Cristo, vivificata dallo Spirito come la Sposa di Cristo,
realizza il suo mandato culturale originale (Ge. 1:26-28) facendo
discepoli in ogni nazione, il Grande Mandato (Mt. 28:18-20). Ecco perché
Cristo venne in mezzo alla storia. Dio in Cristo reclama ciò che è Suo –
il mondo. L’umanità restaurata (redenta), la Sua Chiesa, acquistando
proprietà ed edifici utili al suo servizio, dimostra visibilmente il
ristabilimento dell’ordine legittimo, cioè Gesù come Re ed il Suo popolo
come affidatario o servitore Suo. La manifestazione del diritto di
proprietà di Cristo sul mondo, non è solo esemplificata dal fatto che la
Chiesa possieda di diritto i propri spazi, ma pure da individui,
famiglie, associazioni ed altre forme di governo che riconoscono Cristo
come Re dei re. Avere delle proprietà ed edifici ecclesiastici non è
strettamente necessario per l’esistenza della Chiesa, ciononostante è
vantaggioso e desiderabile. Questa analogia si applica ugualmente pure
alla questione della speciale veste che deve caratterizzare il ministro
cristiano. Essa aumenta la visibilità dei ministri della Chiesa nello
stesso desiderabile modo.
Possibili obiezioni
1. Un pastore che porta una toga viola il
principio regolatore del culto. Il principio regolatore del culto,
tipico della Riforma, afferma che tutto ciò che Dio non ha prescritto
per il culto è proibito. Noi non avremmo così la libertà o
discrezionalità di introdurre elementi del culto, forme o cerimonie che
non siano espressamente prescritte dalla Parola di Dio (immagini,
candele, simbologia, rappresentazioni teatrali ecc.). Questo principio,
infatti, giustamente prescrive che il culto debba contenere
esclusivamente ciò che Dio ha prescritto.
Esso, però, distingue fra i principi fondamentali, che devono essere
rispettati, e gli elementi "accidentali" (luogo, tempo e circostanze)
che assumono un ruolo discrezionale. La questione dell'abito del pastore
durante il culto non è una questione fondamentale, ma è condizionata
socialmente, dipendente da considerazioni d'ordine sociale, riformabili
in ogni momento, ma certamente sottoposte a discrezionalità.
2. "Sa troppo di cattolico".
In primo luogo noi non stiamo dicendo che il pastore debba portare un
collare, o complicati "paramenti sacri" somiglianti a quelli degli
antichi sacerdoti durante l'Antico Testamento (il cui simbolismo si è
esaurito con l'avvento del Cristo), ma una toga. Anche qui dobbiamo fare
attenzione. Riteniamo certo che i cattolici romani siano in errore in
molte aree, ma dobbiamo fare attenzione, come si dice, a ...non gettare
via il bambino con l'acqua del bagno. Il fatto che lo facciano i
cattolici romani questo non lo rende automaticamente sbagliato o non
desiderabile. Inoltre, nel passato, proprio al tempo della Riforma, nel
periodo in cui più forte era lo spirito anti-cattolico, di fatto i
pastori continuavano a portare una lunga veste nera, e non soltanto
durante il culto, ma anche durante la settimana. Per questo basta
guardare i dipinti che ritraevano i ministri di culto.
Qualcuno potrà anche dire: "...ma non dobbiamo dare
l'idea che il pastore sia la stessa cosa di un prete". E' vero, dobbiamo
distinguerci dal sacerdotalismo che accorda ai preti uno status ed un
potere "magico", in virtù del presunto sacramento dell'ordine. Questa è
un'aberrazione, un abuso di un uso legittimo, cioè la funzione unica del
ministro di culto. Il fatto, però, che si abusi di qualcosa, non
significa che se ne debba abolire l'uso legittimo. A chi equivoca e
fraintende la funzione del ministro riformato la si può bene spiegare.
3. Il formalismo è negativo ed allontana
la gente. Certo il formalismo è negativo quando è solo forma priva
di contenuti e sostanza, rito "da compiere" automaticamente e "senza
cuore", "perché si deve", ma anche questo è un abuso di un uso buono. La
vita è fatta di molti gesti rituali e lo spontaneismo anarchico non è
certo qualcosa di sempre positivo: genera confusione e disordine,
"perché Dio non è un Dio di confusione" (1 Co. 14:33). La cerimonia
deve riflettere una motivazione fondata sulla Parola di Dio, non deve
essere superstiziosa tanto da associarvi merito o necessità assoluta, né
essere pesante o oppressiva, vuota, insignificante ed inutile, ma deve
tendere all'edificazione. Se crediamo che ogni forma sia negativa,
consideriamo ciò che la Bibbia descrive in Ebrei 12 ed Apocalisse 4-5.
Ebrei 12:22-24 descrive un culto comunitario del Nuovo Testamento (in
contrasto a quello dell'Antico Testamento dei versetti 18-21). Quando la
Chiesa si riunisce nel giorno del Signore, essa entra (per fede) in
cielo per adorare Dio insieme "alla festante riunione delle miriadi
angeliche" e "agli spiriti dei giusti resi perfetti". E' come
se, quando il pastore chiama il popolo al culto, il tetto della chiesa
venisse scoperchiato. Notate come i fedeli siano tutti "organizzati"
intorno al trono di Dio. Il culto non fornisce solo l'opportunità di
esperienze devozionali private. La chiesa è "una città", "una festante
riunione" (v. 22). Più tardi, Giovanni ci offre il privilegio, in
Apocalisse, di guardare come avviene un culto in cielo. Vi è ogni tipo
di lezioni liturgiche da apprendere qui. Secondo Apocalisse 4 e 5, il
culto celeste è formale e liturgico, un'attività coordinata: Vi sono
risposte comunitarie e formali che scaturiscono dai diversi gruppi
rappresentati in quel culto: Tutti rispondono con le stesse parole. Non
vi è alcuna manifestazione individuale di spiritualità. Angeli, anzialio
e creature varie rispondono in modo antifonale con frasi che devono
avere appreso! Sono stati addestrati per questo. E' un culto preparato
che hanno esercitato, e per questo sono abbigliati in modo
corrispondente (Ap. 4:4). In altre parole, un culto guidato dallo
Spirito è liturgico e formale (1 Co. 14:26-33)!
4. La toga rende il pastore lontano dal
popolo, inavvicinabile. Non è affatto così, anzi, lo rende più
avvicinabile in quanto pastore. Costringe "Paolo Castellina" a tirarsi
indietro per portare in primo piano il suo ruolo di ministro di Dio. La
toga mette in evidenza l'ufficio ed il ruolo del pastore. Di fatto la
gente sarà così più disposta psicologicamente a rivolgersi al pastore
con domande ed interessi. Egli non sarà più "un pinco pallino
qualunque"! E' vero che esistono ministri di culto indegni ed
incompetenti, come pure presunti ministri mai ordinati da nessun sinodo
o comunità di credenti, che ostentano falsi attestati, ma pur sempre, se
è così, essi devono essere ripresi disciplinarmente da legittime
autorità, alle quali essi devono comunque rispondere. Essi rammenteranno
così che Paolo è il pastore. Dopo tutto, la gente vuole essere in grado
di aver fiducia del loro pastore. Vogliono che i loro pastori siano
differenti.
La gente anela poter essere in condizione di
riporre un certo tipo di fiducia secondaria nell'ufficio del pastore e
dell'anziano (la nostra fiducia primaria, naturalmente, è nella Parola
di Dio). Un segno esteriore di quell'ufficio aiuta la gente. Non è
difficile da provare. Pensate a medici, infermiere, giudici, e
poliziotti.
La gente vuole che essi indossino qualcosa di distintivo che rammenti
loro delle loro competenze e vocazione. Un camice bianco indossato dal
medico ci rassicura: questa è la sua vocazione, ci rammenta la sua
competenza ed esperienza. Lo stesso dovrebbe valere per i pastori.
L'insegnamento biblico generalmente collega veste a vocazione. Tu sei
ciò che indossi. Proprio come giudici, medici, poliziotti e meccanici
portano abiti adatti alla loro vocazione, così dovrebbero fare i
pastori, specialmente quando svolgono il sacro dovere del loro ufficio
durante il culto della domenica.
Per riassumere
Nel culto cristiano, biblicamente e storicamente, i
ministri portano abiti speciali come testimonianza del loro ufficio di
rappresentanti di Cristo. La toga serve per nascondere la persona in sé
e mette in rilievo la sua vocazione speciale. Il pastore rappresenta
Cristo, lo Sposo, per la Chiesa, Sua sposa. Quando il pastore conduce il
culto questo ci aiuta a rammentare che non è "il mio amico Paolo" quello
che sta là. Dio in Cristo ci chiama a adorare, confessare ed udire la
Sua Parola, a donare, ecc. Ed Egli lo fa attraverso il Suo servo
consacrato. Il pastore non agisce per sé stesso, ma per Cristo. Un
giudice o un poliziotto, porta un'uniforme perché non agisce a suo nome,
ma risponde ad un compito che la comunità gli ha assegnato. Allo stesso
modo, un ministro rappresenta la legge ed il governo di un altro regno.
La veste che egli indossa rende testimonianza a questo. Anch'egli è
sottoposto ad un'autorità. L'autorità del pastore non deriva dalla sua
condizione economica o sociale (vesti di lusso). Non deriva dal suo
carisma naturale né dalla sua apparenza fisica. Non deriva certamente
nemmeno dal fatto che sembra od agisce come altri leader del mondo
(politici o uomini d'affari). Proprio come la collocazione del pulpito e
della tavola per la Santa Cena hanno un significato simbolico, così pure
la veste del ministro di culto comunica il fatto che egli è un ministro
ordinato del Signore risorto, chiamato a condurre il popolo di Dio nel
culto. Che un pastore durante il culto vesta una toga è in linea con ciò
che la Bibbia implica e quello che la Chiesa storicamente ha praticato,
in linea con ciò che le Chiese riformate fanno nel mondo intero.
Perché la Chiesa evangelica trova così difficile da
accettare che i propri ministri portino un segno di distinzione
esteriore quando lo accettano per mille altre professioni? Se fossimo
onesti con noi stessi e con gli altri, ammetteremmo probabilmente che
questo ha a che fare con coloro che portano la veste: il clero cattolico
romano e i ministri delle chiese di tendenza liberale da cui vogliamo
pregiudizialmente distinguerci. I cristiani evangelici dovrebbero
comprendere che i loro ministri sono chiamati a distinguersi di fronte
ad un mondo che osserva, come coloro che governano la Chiesa di Cristo.
Come ambasciatori di Cristo, i ministri della Chiesa devono essere
visibili. Maggiore visibilità è una cosa buona, non una cosa cattiva.
P.C.
[6]
Questo principio è stabilito dai Canoni di Westminster in questi
termini: “L'intero consiglio di Dio, al riguardo delle cose
necessarie per la Sua propria gloria, la salvezza dell'uomo, la
fede, e la vita, può essere o espressamente dichiarato nella
Scrittura, o può essere dedotto dalla Scrittura per buona e
necessaria deduzione. A questo nulla e in qualsiasi tempo può essere
aggiunto, sia per nuove rivelazioni dello Spirito, o a causa di
tradizioni umane" (1:6). "Il modo accettevole di adorare il
vero Dio, però, è stato rivelato da Lui stesso, e quindi le forme
della nostra adorazione sono limitate dalla sua volontà rivelata.
Non è lecito adorarlo secondo invenzioni e schemi umani, né secondo
i suggerimenti di Satana, né con immagini, né in altri modi non
prescritti dalle Sacre Scritture” (21:1).;
“Fanno parte del
culto religioso ordinario che si deve rendere a Dio: la lettura
delle Scritture con santo timore; la sana predicazione, e l'ascolto
attento della Parola, in obbedienza verso Dio, con intelligenza,
fede e riverenza; il canto dei salmi di tutto cuore; come pure la
debita amministrazione e il degno ricevere dei sacramenti istituiti
da Cristo. A questi vanno aggiunti, da effettuarsi in diversi tempi
e stagioni, in modo santo e religioso: i giuramenti religiosi; i
solenni digiuni, e i rendimenti di grazie in occasioni speciali“
(21:5).
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