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Liberi di …seguire il nostro cuore?
“Mentre egli parlava così, molti credettero in lui. Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: «Se perseverate nella
mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Essi gli risposero: «Noi siamo discendenti d'Abraamo, e non siamo mai stati schiavi di
nessuno; come puoi tu dire: "Voi diverrete liberi"?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato. Or lo schiavo non dimora per
sempre nella casa: il figlio vi dimora per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Gv. 8:30-36).
Uno slogan molto popolare oggi, tratto da un libro di successo pubblicato qualche anno fa, dice: “Va dove ti porta il cuore”. Essere
liberi di andare “là dove ci porta il cuore”, potrebbe essere una buona descrizione di ciò che la maggior parte dei nostri contemporanei intende per “libertà”. Si, liberi di esprimere i
nostri sentimenti, inclinazioni ed istinti… naturalmente “senza far male a nessuno”, liberi di “essere noi stessi”, liberi di “soddisfare i nostri bisogni”.
“Lasciami libero, non mi opprimere”, si dice talvolta a chi ci sta accanto in famiglia. “Dammi,” o “Restituiscimi la libertà” dice il
figlio o il coniuge che si sente “costretto” dai “legami famigliari” o da quelle che considera “le catene del matrimonio”. “Non mi opprimere con la tua morale” o con “la tua religione”.
E poi: “Sii responsabile, lasciami libero”, dice a “colui o colei che ci lega” chi, di fatto, vuole sfuggire alle proprie responsabilità o al proprio ruolo che vede “imposto” dalla
società, dalla famiglia, da Dio...
Davvero è libertà quella a cui aspirano coloro che vorrebbero “seguire il proprio cuore”, oppure una tragica illusione individualista che
genera solo il caos di una società in frantumi e sempre più imbarbarita? Non si può certo generalizzare, ma ci si può veramente fidare del proprio “cuore”, dei propri istinti che
non andrebbero limitati, tenuti a freno, da niente e da nessuno? No, questa è l’illusione dell’ideologia umanistica oggi prevalente che coltiva un ottimismo del tutto infondato, cieco ed
autolesionista sulla natura dell’essere umano.
In realtà, la conquista di questa presunta “libertà” è l’esplicita soppressione e distorsione di ciò a cui la nostra coscienza
testimonia, cioè che noi siamo e rimaniamo creature di Dio e che la realizzazione ultima di noi stessi non si trova “liberandoci” di Dio e dei giusti limiti che Egli ha posto
all’espressione di noi stessi. Il compimento della nostra natura umana si trova solo vivendo in armonia con il nostro Creatore, Colui che si è rivelato attraverso le Sacre Scritture e in
Gesù, il Cristo. Questa presunta libertà da Dio e dalla Sua legge, non è altro che l’antica tentazione di Satana che si ripresenta oggi, tale e quale, a ciascuno di noi, seducendoci.
Dando retta a questa tentazione, non si trova libertà, ma asservimento a forze distruttive che mirano solo alla nostra rovina. Accogliere l’illusione della libertà da Dio e dalla Sua
legge, la presunta “autodeterminazione” dell’uomo e della donna, è ciò che la Bibbia chiama peccato, una realtà che ci corrompe e ci imbarbarisce. Si può ben capire, allora, come andare
“là dove ci porta il cuore” sia quanto mai autolesionista. Infatti: “Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno” (Geremia 17:9).
Ecco, allora, il senso di quanto dice Gesù nel testo citato all’inizio: Lui solo ci può far conoscere la verità su noi stessi, la verità
su Dio, e la verità sull’effettivo compimento della natura umana. Seguendo Gesù (non il nostro ingannevole cuore), come Suoi discepoli, in modo fedele e perseverante, troveremo
l’autentica libertà. Chi contestava a Gesù di non essere mai stato schiavo di nessuno, in realtà era del tutto cieco su sé stesso (come possiamo esserlo noi), cieco perché
fondamentalmente schiavo del peccato. Solo l’opera di Gesù nella nostra vita potrà renderci veramente liberi. Una “religione” può essere opprimente solo se Gesù non ne è la sostanza che
tutto la determina. Chi segue il Cristo non si sente mai “oppresso”, anche se può vuol dire portare il peso della croce, ma libero di una libertà che non baratterebbe nemmeno per tutto
l’oro del mondo. Provare per credere, o meglio, credere per provare!
Paolo Castellina
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