La ragione di
fondo di tali promesse, ammonizioni ed esortazioni sta nel cammino percorso
da Gesù: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi,
e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché
io sono mansueto e umile di cuore; e voi troverete riposo
alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero»"
(Mt. 11:28-30). Gesù lo esemplifica una volta lavando i piedi dei Suoi
discepoli. "Quando dunque ebbe loro lavato i piedi ed ebbe ripreso
le sue vesti, si mise di nuovo a tavola, e disse loro: «Capite quello che
vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono.
Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche
voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri" (Gv. 7:12-14).
Le esortazioni di Gesù sono lontane da un'etica di opere. "In quel
momento, i discepoli si avvicinarono a Gesù, dicendo: «Chi è dunque il più
grande nel regno dei cieli?» Ed egli, chiamato a sé un bambino, lo pose in
mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non cambiate e non diventate
come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Chi pertanto si
farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno
dei cieli. E chiunque riceve un bambino come questo nel nome mio, riceve me"
(Mt. 18:1-5). Gesù valuta la "pura ricettività", la disponibilità
ad accettare d'essere dipendenti senza sentirsi "feriti nel proprio orgoglio".
Non significa farsi più piccoli di quel che si è, ma sapere quanto effettivamente
si sia piccoli di fronte a Dio.
"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo
Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale
a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo
forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un
uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte
di croce. Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che
è al di sopra di ogni nome,0 affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio
nei cieli, sulla terra, e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo
è il Signore, alla gloria di Dio Padre" (Fl. 2:5-11). Gèsù diventa
ubbidiente fino alla morte di croce senza avere altro che l'incredibile promessa
della fedeltà di Dio.
Il discepolo di Cristo serve il Suo Signore, ma non lo ritiene un merito,
ma un dovere: "Così, anche voi, quando avrete fatto tutto ciò che
vi è comandato, dite: "Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quello
che eravamo in obbligo di fare" (Lu. 17:10).
Nelle lettere apostoliche
Dopo essere stato "abbassato" nella sua conversione (letteralmente
gettato a terra, At. 9:4) Paolo comprende il suo ministero come imitazione
del Signore. Per questo ha imparato a vivere in umili condizioni (a patire
fame, povertà, privazioni, ecc.), ad "abbassare sé stesso" con il
lavoro fisico per innalzare le comunità con l'annuncio dell'Evangelo: "
Ho forse commesso peccato quando, abbassando me stesso perché voi foste innalzati,
vi ho annunziato il vangelo di Dio gratuitamente?" (2 Co. 11:7).
Paolo così descrive la sua vita: "...servendo il Signore con ogni
umiltà, e con lacrime, tra le prove..." (At. 20:19). Dio interviene
costantemente nella sua vita risollevandolo anche in mezzo alle notevoli difficoltà
del suo ministero. Egli nutre la speranza che Dio, un giorno: "trasformerà
il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria,
mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa" (Fl.
3:21).
Paolo si contrappone all'umiltà ostentata degli gnostici: "Quelle
cose hanno, è vero, una parvenza di sapienza per quel tanto che è in esse
di culto volontario, di umiltà e di austerità nel trattare il corpo, ma non
hanno alcun valore; servono solo a soddisfare la carne" (Cl. 2:23).
Egli sa essere umile ma anche deciso: “Io, Paolo, vi esorto per
la mansuetudine e la mitezza di Cristo, io, che quando sono presente
tra di voi sono umile, ma quando sono assente sono ardito
nei vostri confronti” (2 Co. 10:1). E' quanto rileva Tommaso D'Acquino
quando vede la possibilità di essere ...orgogliosi della propria umiltà [S.T.
II-II.38.2], oppure Lutero che condanna "chi cerca di eccellere nell'umiltà".
Le esortazioni di Paolo all'umiltà affondano pure le loro radici nella
fondamentale realtà di Cristo. "Abbiate tra di voi un medesimo
sentimento. Non aspirate alle cose alte, ma lasciatevi attrarre dalle umili.
Non vi stimate saggi da voi stessi" (Ro. 12:16). “La vostra
mansuetudine sia nota a tutti gli uomini” (Fl. 4:5).
“Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose, e ricerca la giustizia, la pietà,
la fede, l'amore, la costanza e la mansuetudine”
(2 Ti. 6:1). Il cristiano deve poter dedicarsi, con disponibilità a servire,
a "servizi più umili" verso "i membri umili" delle comunità.
"...con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli
uni gli altri con amore" (Ef. 4:2); "Rivestitevi, dunque,
come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza,
di umiltà, di mansuetudine, di pazienza" (Cl. 3:12). L'atteggiamento
di servizio deve essere indossato come un vestito.
Paolo si sente assolutamente libero, ma volontariamente si rende servitore:
"...pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti,
per guadagnarne il maggior numero" (1 Co. 9:19).
Umiltà è onorare gli altri: “Non fate nulla per spirito di parte
o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori
a sé stesso” (Fl. 2:3).
L'umiltà, però, è frutto dello Spirito Santo: “Il frutto dello
Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà,
mansuetudine, autocontrollo” (Ga. 5:22).
In Giacomo "umile" corrisponde a socialmente povero: "Il
fratello di umile condizione sia fiero della sua elevazione; e il ricco, della
sua umiliazione, perché passerà come il fiore dell'erba" (Gm. 1:9,10).
Anche Giacomo (poi con Pietro) continuano a citare il principio dell'AT "Umiliatevi
davanti al Signore, ed egli v'innalzerà" (Gm. 4:10). Per Giacomo
la mansuetudine è saggezza ed intelligenza. “Chi fra voi è saggio e intelligente?
Mostri con la buona condotta le sue opere compiute con mansuetudine
e saggezza” (Gm. 3:13).
Pietro sottolinea: "Umiliatevi dunque sotto la potente mano
di Dio, affinché egli vi innalzi a suo tempo" (1 Pi. 5:6), sottomettetevi,
cioè, a Dio. La persona umile rispetta la legittima autorità: “Così anche
voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. E tutti
rivestitevi di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi
ma dà grazia agli umili” (1 Pi. 5:5).
I
"cinque sensi" dell'umiltà cristiana
Si possono
distinguere nell'umiltà cristiana "cinque sensi" o aspetti:
Umiltà in azione
Umiltà
non vuole dire passività, remissività. La persona umile è anche audace quando
si tratta di denunciare ed affrontare il male ed il peccato. Se mansuetudine
ed umiltà sorgono dalla paura e dall’incapacità a dare voce a ciò che legittimamente
ci riguarda, non si tratta di umiltà e mansuetudine. Queste virtù sono espressione
di forza. Sono scelte che possiamo fare per la gloria di Dio, a seconda delle
circostanze, e non per le ristrette opzioni di chi è incapace di esprimere
quel che pensa.
Come cristiani possiamo talvolta rinunciare ai nostri diritti
per meglio servire il Signore e per manifestare agli altri l’amore di Cristo.
Questa azioni umili sono un grande dono. Talvolta, però, dobbiamo pure essere
arditi, coraggiosi, ma mai con crudeltà o spirito di vendetta. "Se
altri hanno questo diritto su di voi, non lo abbiamo noi molto di più? Ma
non abbiamo fatto uso di questo diritto; anzi sopportiamo ogni cosa, per non
creare alcun ostacolo al vangelo di Cristo ... Qual è dunque la mia ricompensa?
Questa: che annunziando il vangelo, io offra il vangelo gratuitamente, senza
valermi del diritto che il vangelo mi dà" (1 Co. 9:12,18). "...né
abbiamo mangiato gratuitamente il pane di nessuno, ma con fatica e con pena
abbiamo lavorato notte e giorno per non essere di peso a nessuno di voi. Non
che non ne avessimo il diritto, ma abbiamo voluto darvi noi stessi come esempio,
perché ci imitaste" (2 Ts. 3:8,9).
Il cristiano deve avere un concetto sobrio di sé stesso.
Egli non pensa di essere quello che oggettivamente non è, ma nemmeno ha "complessi
di inferiorità". Valuta sé stesso secondo la dignità ed i doni che Dio
gli ha conferito. "Per la grazia che mi è stata concessa, dico quindi
a ciascuno di voi che non abbia di sé un concetto più alto di quello che deve
avere, ma abbia di sé un concetto sobrio, secondo
la misura di fede che Dio ha assegnata a ciascuno" (Ro. 12:3).
“Io vi dico: non contrastate il malvagio; anzi,
se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra;
e a chi vuol litigare con te e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello.
Se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due” (Mt. 5:39-41).
"Non contrastate il malvagio" oppure "Non contrastate al male"
(Diod.) non vuole dire non opporre alcuna resistenza al male, non opporvisi,
non contrastare il male del peccato, le cattive azioni, le false dottrine,
il principe del male, Satana, perché, secondo la Bibbia, bisogna farlo,
bisogna resistervi. Significa che, a chi ci ha fatto del male, non dobbiamo
rendere male per male, vendicarci. L'idea la esprime Giacomo in questo modo:
"Avete condannato, avete ucciso il giusto. Egli non vi oppone resistenza"
(Gm. 5:6). Si tratta della proibizione della "giustizia privata",
ma non il legittimo eventuale ricorso alla magistratura ordinaria oppure,
a seconda del caso, alla procedura che Gesù stesso prevede quando insorgono
problemi fra le persone all'interno della comunità cristiana: "Se
tuo fratello ha peccato contro di te, va' e convincilo fra te e lui solo.
Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello; ma, se non ti ascolta, prendi
con te ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca
di due o tre testimoni. Se rifiuta d'ascoltarli, dillo alla chiesa; e, se
rifiuta d'ascoltare anche la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano"
(Mt. 18:15-18). Gesù rifiuta l'idea dell'occhio per occhio, dente per
dente. Il cristiano deve pazientemente sopportare l'affronto o cercare
soddisfazione in altro modo. "Non fate le vostre vendette, miei cari,
ma cedete il posto all'ira di Dio; poiché sta scritto: «A me la vendetta;
io darò la retribuzione», dice il Signore" (Ro. 12:19). Difatti:
L'umile non si fa valere con la vendetta: “Non dire:
«Renderò il male»; spera nel SIGNORE, ed egli ti salverà” (Pr. 20:22).
“Non rendete a nessuno male per male. Impegnatevi
a fare il bene davanti a tutti gli uomini” (Ro. 12:17).
“Fratelli, se uno viene sorpreso in colpa, voi, che siete spirituali,
rialzatelo con spirito di mansuetudine” (Ga.
6:1).
Il cristiano manifesta umiltà quando afferma chiaramente la verità con
amore, secondo il principio: "...seguendo la verità nell'amore,
cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. (...) Nessuna
cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che
edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l'ascolta"
(Ef. 4:15,29).
“Il servo del Signore non deve litigare, ma deve essere mite
con tutti, capace di insegnare, paziente. Deve istruire
con mansuetudine gli oppositori nella speranza che Dio conceda
loro di ravvedersi per riconoscere la verità” (2 Ti. 2:24, 25). “La
saggezza che viene dall'alto, anzitutto è pura; poi pacifica,
mite, conciliante, piena di misericordia e di buoni frutti,
imparziale, senza ipocrisia” (Gm. 3:17).
“Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti
quelli che vi chiedono spiegazioni. Ma fatelo con mansuetudine
e rispetto, e avendo la coscienza pulita; affinché quando sparlano
di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta
in Cristo” (1 Pi. 3:16).
L'autocontrollo, infine, è pure espressione di umiltà e mansuetudine.
“Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza,
bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo”.