L'etica protestante è madre dello spirito
capitalista? E Calvino è il teorico del capitalismo moderno? Occorre
rivedere le letture superficiali date del pensiero del riformatore di
Ginevra e scoprirne lo spirito autentico.
Se il capitale è “la somma dei beni posseduti” e se si considera
il denaro come “un bene di produzione” - non il denaro seppellito
sottoterra della parabola del cattivo servitore, dunque, e non quello
nascosto sotto il materasso o nel cassetto, ma quello che viene fatto
fruttare, che è usato per creare cose utili, necessarie, che rispondono
ai bisogni fondamentali dell'essere umano, posto al servizio
dell'esistenza quotidiana, che crea lavoro e contribuisce alla creazione
di un ambiente armonioso - il capitalismo è da considerare, nel quadro
dell'organizzazione della società, come il sistema più adatto a favorire
la realizzazione dell'individuo e il benessere dell'umanità. Come mai,
allora, all'alba dell'anno 2000, il termine “capitalismo” suscita
reazioni tanto negative ed è divenuto sospetto al punto che ci si guarda
dal pronunciarlo - a meno di usarlo come ingiuria - e lo si sostituisce
con termini quali “economia di mercato” o “libera concorrenza” (che non
dovrebbero urtare la sensibilità del pubblico)? Dobbiamo forse
individuare il male anche là dove finora sembrava risiedere il bene? La
questione riveste una certa importanza. Tanto più che spesso l'etica
della Riforma è stata messa in relazione con lo spirito del capitalismo,
giungendo a concludere che (semplificando i termini della questione) la
prima avrebbe generato il secondo. Ma le cose non stanno affatto così.
L'accusato principale nel processo, sempre di nuovo ripreso, aperto
contro l'etica protestante, è Giovanni Calvino. Il Riformatore di
Ginevra non è forse spesso indicato come il padre del capitalismo, e
come una sorta di promotore del sacro risparmio? Tali giudizi assoluti,
privi di qualsiasi fondamento per chi non ha solo una conoscenza
superficiale di Calvino, sono parte integrante di una falsa immagine -
che viene sempre di nuovo riproposta - di Calvino. Stando a questi
autori, male informati o malevoli, che spesso non hanno mai letto
neppure una riga di Calvino, egli sarebbe un uomo non solo sobrio, ma
anche triste, austero, glaciale, disumano, avido di influenza e di
potere. Di questa immagine si è impossessato l'ampio pubblico. Alcuni
scrittori, che pretendono di scrivere di storia, sono giunti a farne un
dittatore: Stefan Zweig accostandolo a Hitler, Georges Haldas a Stalin.
Roba da non credere.
Calvino non corrisponde minimamente a queste descrizioni. Egli è un
umanista convertito all'evangelo. “Dio” - afferma - “mi ha domato e ha
reso docile il mio cuore”. A Ginevra, Calvino organizza una chiesa di
credenti che cantano la gioia della propria salvezza e testimoniano la
loro fede obbedendo alla volontà di Dio. Perché, come dice ancora
Calvino, “la Parola di Dio non ci è data affinché diveniamo eloquenti e
sottili, ma per riformare la nostra vita”.
I Riformatori iscrivono, nel loro programma di riforma sociale, la
difesa della famiglia, il rispetto della donna e del bambino, una
politica di alfabetizzazione di massa (Ginevra è il primo Stato a
sancire il diritto all'educazione), la visione di uno Stato più giusto e
attento ai deboli. Da questo punto di vista, è giustificato il divieto
del prestito a interesse sancito dalla chiesa medievale? A Firenze,
Augusta o Bruges, la prassi non è sempre conforme alla teoria. E neppure
a Ginevra. Le leggi cittadine del 1387 affermano che i creditori non
devono essere infastiditi, i loro beni non possono essere sequestrati,
non è lecito fare l'inventario di ciò che possiedono… Lutero, come la
maggior parte dei Riformatori, non condivide questo atteggiamento
tollerante. Egli attacca i banchieri, denuncia gli speculatori e critica
le grandi compagnie, che impongono i propri prezzi…
Che cosa fa Calvino in una città che, sebbene in fase declinante, non
ha perso l'abitudine alle pratiche finanziarie? Egli ritiene che il
comportamento dell'essere umano nei confronti del denaro sia espressione
della fede che lo anima. Se uno è ricco, è “ministro del povero” e deve
assisterlo. Se non lo fa, froda Dio. Se uno si trova tra i diseredati,
la sua indigenza costituisce un appello rivolto ai suoi fratelli più
ricchi affinché pratichino, nei suoi confronti, la condivisione prevista
dall'evangelo. La ricchezza, che è proprietà di Dio, non è legittima se
non è messa al servizio degli altri. Questa linea, basata sul rispetto e
sull'amore, non impedisce a Calvino di ritenere che il denaro, come ogni
altra merce, sia produttivo. È giusto farlo fruttare ed è corretto
chiedere un interesse a colui al quale il creditore, privandosene per un
certo lasso di tempo, lo ha prestato. Tuttavia l'interesse non va
richiesto al povero e ci si deve accontentare di un tasso moderato.
Inoltre non si deve fare del credito una professione: esso deve essere
occasionale.
Calvino non si schiera dunque né a favore delle banche né dell'alta
finanza. A Ginevra non c'è, nella seconda metà del XVI secolo, nessun
vero e proprio istituto bancario. Il calvinismo, non per meritarsi la
grazia celeste - la salvezza è gratuita - ma per aiutare il povero,
promuove nel contempo l'aiuto ai poveri e il risparmio. Meglio di ogni
altra dottrina, assicura l'assistenza agli indigenti (istituendo, a
Ginevra, l'ospedale generale, sorta di previdenza sociale ante litteram)
e promuove, nello stesso tempo, gli investimenti produttivi. Ma la vita
economica, che pure è stimolata, è anche chiaramente regolamentata. È
esclusa, nella città di Calvino, la possibilità di applicare tassi
eccessivamente alti. Il consiglio li fissa tra il 5% e il 6 2/3%.
Allorquando, nel 1580, è avanzata la proposta di portarli al 10% - per
l'epoca non si trattava di un tasso molto elevato - i pastori si
oppongono, ben sapendo che i tassi d'interesse influiscono sul costo
della vita. Non è dunque opportuno rinvigorire ulteriormente
l'inflazione, a detrimento delle classi meno abbienti, che già tormenta
l'economia europea dell'intero XVI secolo.
Fintanto che la chiesa rimane fedele alla propria missione, il
capitalismo ginevrino è caratterizzato da una moderazione che imprime,
alla sua dinamica, effetti benefici per l'insieme della comunità. Anche
i paesi influenzati dal calvinismo ne faranno, in modi diversi,
l'esperienza. Essi saranno all'avanguardia del progresso, economico e
sociale. Non solo i ministri della Parola di Dio ricordano all'autorità
il suo dovere di controllo, ma ognuno, istruito da quella stessa Parola,
si sente chiamato, da una imperiosa voce interiore, all'obbedienza
volontaria e gioiosa a questa legge d'amore (trad. it. P. Tognina).
*Gabriel Mützenberg, storico, presidente della
Società evangelica di Ginevra, autore di numerose pubblicazioni su
Calvino e su aspetti della storia della Riforma e del protestantesimo,
Ginevra.
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