Giovanni 18:28-40

 "E' scontato", per i suoi avversari e conclamati giudici che Gesù sia un malfattore, come pure "è scontato" che Egli debba essere condannato a morte. Forti della carica che hanno e del carattere "incontestabile" del loro giudizio, essi devono però sottostare all'"umiliazione" di un'istanza superiore che deve valutare la legittimità della loro sentenza. Per gli arroganti e per i troppo sicuri di sé, sono sempre delle "scocciature" queste "corti d'appello" e questi garantisti "tribunali della libertà". Iddio, nella Sua Provvidenza, fa in modo però che le umane ingiustizie trovino alcune istanze di moderazione. Certo, Pilato serve l'oppressore romano, e a lui interessa solo che nulla attenti alla supremazia di Roma. A Pilato non interessano le "questioni religiose" dei Giudei, vuole solo garantirsi che non sorga alcun altro "pretendente" al potere. Per questo chiede a Gesù se Egli affermi di essere re. A Pilato appare subito chiaro che Gesù non è a capo di bande armate che attentino alla sicurezza pubblica. Parla, è vero, di essere re, e poi "disquisisce" sul concetto di verità. Pragmatico materialista, per Pilato queste sono soltanto "questioni religiose e filosofiche" per lui prive di rilevanza, e dice: "Io non trovo alcuna colpa in lui", o comunque una colpa che gli interessi. Approfitta, anzi, della situazione per volgere la cosa a suo vantaggio, offrendo al popolo "un atto di magnanimità" che contribuisca a risollevare un poco la sua popolarità. Ritiene che il popolo però chieda la liberazione dell'"innocuo" Gesù e rimane spiazzato nel dover liberare il terrorista Barabba… Quanti grattacapi gli danno questi Giudei…

In ogni caso tutto questo avviene, ancora una volta, "affinché si adempisse quello che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire" (32). Ancora una volta gli uomini fanno e disfano, ma sono i propositi ultimi di Dio a venire realizzati. Secondo quale prospettiva guardiamo noi alla vita?