Filippesi 2:19-30 Una buona lettera di raccomandazione Paolo è riconoscente al Signore di poter contare su Timoteo. Era davvero per lui un valido collaboratore. Aveva veramente a cuore il progresso dell’Evangelo ed il bene delle comunità cristiane. Non perseguiva i propri interessi, ma "le cose di Cristo Gesù". Verso l’apostolo, poi, aveva la premurosa attenzione di un figlio verso suo padre. Per questa ragione Paolo lo invierà a Filippi come proprio "ambasciatore". Timoteo non è però l’unico di cui Paolo possa contare. Epafra è accanto a lui come "fratello, compagno d’opera, apostolo e ministro" e a suo proprio rischio e pericolo, era rimasto a supplire ai suoi bisogni a nome dei cristiani di Filippi. Essi possono essere altresì fieri di lui perché degno di ogni stima. Senza dubbio, per Timoteo e Epafra, quelle che Paolo fornisce sono ottime referenze. Le "lettere di raccomandazione" oggi sono spesso tese ad esigere privilegi immeritati e a non dire sempre il vero. Nel caso nostro particolare si tratta di lodi ben meritate. Chi non vorrebbe avere pastori di tale buona fama ed avere simili onorate qualità! Il nostro obiettivo, però, deve essere sempre questo: persone capaci e stimate, a servizio instancabile dei fratelli e per la gloria di Dio. La seconda Confessione di fede elvetica del 1566 al capitolo 18 descrive i ministri della Chiesa, la loro istituzione ed ufficio. Ad un certo punto dice: "…affinché il ministro possa realizzare più facilmente tutto questo, si richiede anzitutto che egli tema Dio, che preghi spesso, che sia interamente dedito alla lettura delle Sacre Scritture e vegli sempre e in ogni cosa e, infine, che la sua vita buona e santa serva come torcia per illuminare tutti". Certo nessun ministro di Dio sarà mai perfetto, ma, anche in questo caso, è questo l’obiettivo a cui dobbiamo tendere.
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