Filippesi 2:12-18

Impegno all’irreprensibilità

Si può dire che la salvezza di una persona sia pure qualcosa di progressivo. Certo, quando qualcuno ripone la Sua fede nella Persona ed opera del Signore e Salvatore Gesù Cristo, dopo essersi ravveduto dei propri peccati, la sua condizione esistenziale cambia radicalmente. Da perduto che era, adesso egli viene considerato da Dio giusto (giustificato) a causa dei meriti dell’opera di Cristo che gli vengono attribuiti. E’ una persona ritrovata e salvata.

Di quella persona Dio se ne fa ora carico, ed Egli la accompagna per tutta la sua vita, agendo costantemente in lui, affinché assomigli moralmente e spiritualmente a Cristo, apprendendo un nuovo modo di pensare, di parlare e d’agire. Il credente deve così far uso di tutti gli strumenti che Dio gli pone a disposizione per giungere a questo obiettivo, con "timore e tremore" cioè con diligenza e rispetto, non pretendendo ora di poter fare quello che vuole, "tanto" il problema della sua salvezza eterna è ormai risolto! E’ vero, ma potrà mai essere ora negligente trascurando i compiti che dovrà svolgere (in sé stesso e nel mondo) per vedere compiuta, realizzata, all’opera, la sua salvezza in questo mondo? E’ Dio che opera in lui "il volere e l’operare", ma il credente dovrà vigilare attentamente a non cedere alle tentazioni d’uscire dalla via che gli è stata indicata, ad esempio, indulgendo in "mormorii e dispute". Dovrà anzi fare in modo di essere trovato autenticamente irreprensibile ed integro, dando una testimonianza immacolata di sé stesso nel mondo, risplendendo e "tenendo alta la Parola della vita".

Questo non vuole dire non sbagliare mai, ma questo deve essere decisamente e consapevolmente l’obiettivo della sua vita. Non si tratta di farlo "in vista di un premio", ma semplicemente perché "è giusto e buono" e soprattutto piace e dà gloria al Signore che ci ha salvati.

 

 

Sezione biblica - Brevi commenti al Nuovo Testamento  - _