Perché Nadab e Abiu sono così duramente colpiti da Dio per avere espresso la loro fede in Lui, anche se in modo diverso da ciò che Egli aveva ordinato?

Troppo zelo! Il fuoco estraneo di Nadab e Abiu

Quando il libro del Levitico ci racconta del gioioso tempo in cui gli Ebrei finalmente iniziano il servizio lungamente atteso nel tabernacolo, esso improvvisamente si interrompe con la sconvolgente morte dei due figli più vecchi di Aaronne (Nadab e Abiu). Il loro peccato è che essi avevano voluto mostrare il loro amore per il Signore, tanto da assumersi l’iniziativa di prendere l’incenso e di bruciarlo davanti al Signore. Il testo dice:  “Nadab e Abiu figli d'Aaronne, presero ciascuno il suo turibolo, vi misero dentro del fuoco, vi posero sopra dell'incenso, e offrirono davanti al SIGNORE del fuoco estraneo, diverso da ciò che egli aveva loro ordinato. Allora un fuoco uscì dalla presenza del SIGNORE e li divorò; così morirono davanti al SIGNORE” (Le. 10:1,2). Qui “fuoco estraneo” significa “fuoco non prescritto”, con modalità non previste, non stabilite da Dio.

Notiamo quel: “Allora un fuoco uscì dalla presenza del SIGNORE e li divorò”. Sembra strano, ma due versetti prima troviamo lo stesso fuoco che consuma l’olocausto mostrando il compiacimento di Dio: “Un fuoco uscì dalla presenza del SIGNORE e consumò sull'altare l'olocausto e i grassi; tutto il popolo lo vide, emise grida di esultanza e si prostrò con la faccia a terra” (Le. 9:24). Inoltre, perché muoiono con il fuoco, lo stesso metodo che essi avevano cercato di usare per servire il Signore?

Il commentario ebraico alla Torah detto del Rashbam[1] ci aiuta a comprendere il motivo per cui Nadab e Abiu avevano sbagliato, spiegando che essi non erano autorizzati a portare l’offerta al Signore e che, così facendo, avevano minimizzato sia l’offerta dell’olocausto offerto da Aaronne, sia il miracolo del fuoco che prima era venuto dal cielo, come se fosse poca cosa o non sufficiente. Quello che Dio stabilisce è sufficiente, e noi non dobbiamo presumere, con il nostro “troppo zelo” di integrarlo!

Sebbene essi muoiano, però, il versetto dice che “morirono davanti al SIGNORE”, che il commentario spiega significare che essi almeno avevano cercato di fare una cosa buona, e si dimostrarono degni di morire davanti a Signore. Questo, però, non giustifica il loro gesto.

Cercare di andare oltre a ciò che il Signore aveva stabilito bruciando essi stessi l’incenso, poteva essere anche in buona fede, ma minimizzava l’essenza stessa di quei comandamenti.

Anche noi dobbiamo seguire le linee di condotta stabilite dalla Parola di Dio, non perché ci pare che abbiano senso e che le seguiremmo comunque facendo altrimenti secondo il nostro giudizio, ma perché Dio vuole che facciamo le cose in un certo modo: il Suo, né più né meno.

Qui la lezione che il fuoco impartisce è quella di mostrarci che Dio userà per noi il Suo fuoco solo se noi non alteriamo il Suo piano: in tale caso Egli userà il Suo fuoco su di noi come un giudizio sul nostro operato: mettere in discussione ciò che Dio stabilisce.

Dobbiamo, perciò, osservare correttamente i comandamenti, tanto da rafforzare il fuoco in noi, il quale, a sua volta, ci rafforzerà ancora di più.


 

[1] Il commentario alla Torah detto del Rashbam (c. 1085 - c. 1174, Troyes, Francia), si distingue per la sua erudita oggettività limitandosi al significato evidente e contestuale del testo senza imporvi le interpretazioni rabbiniche tradizionali. Queste spesso conducono ad interpretazioni che contraddicono le lezioni normative secondo la legge ebraica stabilita. Vedi questo link.

 

Sezione biblica - Tempo di Riforma - a cura del past. Paolo Castellina