Che cosa c’è in un nome? Nessuna contraddizione nei nomi di Dio in
Genesi 1 e 2
di
Russell Grigg. Pubblicato per la prima volta in:
Creation 23(4):39-41, September-November 2001
Non c’è alcuna contraddizione nei nomi che vengono
usati per Dio come compaiono in Genesi 1 e 2!
Ai tempi della Bibbia il nome di una persona aveva
un significato profondo e spesso era espressione della sua origine,
carattere e destino.
Vi sono diversi termini che la Bibbia usa per Dio, ciascuno dei quali ha
un significato ed una rilevanza speciale. Anche il primo libro della
Bibbia, la Genesi, usa diversi termini per Dio, e ragioni molto buone,
come vedremo.
Elohim
In Genesi 1 Mosè
usa per Dio il termine Elohim. Si tratta del plurale di El,
che corrisponde in italiano a Dio, a theos in greco, e
deus in latino. El significa “il forte, il potente” e
evidenzia l’onnipotenza stupefacente e il potere del Dio che è Creatore
e Sovrano su tutta la natura e l’universo.
Questo plurale ebraico, Elohim, significa,
di fatto, “più di due”; non significa però: “Nel principio gli dei
crearono i cieli e la terra…” perché viene usato qui (e più di 2000
volte nel resto dell’Antico Testamento) al singolare, cioè con un verbo
al singolare (o aggettivo). Non si tratta neppure di un semplice plurale
majestatis, il plurale che usa un re, anche se il significato
include che Dio è il Reggitore supremo di ogni cosa.
L’uso di Elohim ci dice piuttosto che vi è qualcosa di plurale al
riguardo di Dio stesso (Vedi:
Forse che Genesi 1 parla della Trinità di Dio?).
Elohim è un termine elevato, nobile, ed è
quindi il termine più appropriato che Mosè volle usare per il racconto
della creazione da parte di Dio di tutto l’universo, d’ogni essere
vivente, umanità inclusa. La potenza di Dio è manifestata più
chiaramente ancora nel fatto che Egli crea il vasto contenuto dello
spazio, come pure della stupefacente diversità e complessità della vita
sulla terra, nel breve spazio di tempo di sei giorni, e questo molto di
più di quanto se avesse usato periodi molto più lunghi. Allo stesso modo
la Sua bontà sarebbe stata pregiudicata se Dio avesse sanzionato la
morte prima della comparsa del peccato, o se avesse creato anche
attraverso la morte. La morte è “l’ultimo nemico” (1 Co. 15:26) e
l’essenza stessa della concezione evoluzionista (“mors tua, vita mea”).
Ci inchiniamo adorando la santità e la perfezione
di ciò che ha compiuto Elohim.
Yahweh = Geova
In Genesi 2, dal versetto 4 in poi, Mosè aggiunge
il termine ebraico Yahweh, spesso traslitterato in “Geova” e di
solito reso con Signore o Eterno.
Yahweh è il nome veramente personale del Dio
vivente.
Fu rivelato a Mosè nell’episodio del roveto ardente (Esodo 3:13-15).
Significa “Io sono Colui che sono”, e quindi “il Dio esistente di per Sé
stesso”, che non ha bisogno di altri referenti per esistere. Esso ci
dice che Elohim possiede un’esistenza permanente, ed annuncia la
fedeltà e l’immutabilità di Chi è sempre fedele alla parola data, alla
Sua Parola, ed è che rimane lo stesso, ieri, oggi ed in eterno.
Quello è il nome che il Dio della compassione,
della grazia e della misericordia usa nei Suoi rapporti d’alleanza con
il Suo popolo eletto, proclamandosene così suo protettore ed oggetto del
loro culto, come pure nel Suo rapporto personale con le creature umana,
in particolare i credenti. Non solo questi, però, ma pure in rapporto
con i Suoi oppositori, come il Faraone, del quale diventa giudice (Es.
7:16 ss.).
Genesi 2
Perché Mosè usa questi due
termini per Dio in Genesi 2? Vuol dire forse che vi siano due
racconti diversi (e contraddittori) della Creazione in Genesi 1 e 2?
Risposta: In Genesi 2, Mosè descrive il
rapporto molto intimo e personale che Dio intratteneva con la prima
coppia umana, Adamo ed Eva. Questo richiede l’uso del nome di Dio,
Yahweh. Yahweh viene unito ad Elohim ogni volta che è
usato in Genesi 2, come Yahweh Elohim, ed è tradotto “Dio il
SIGNORE”. Esso ci dice che Elohim, il Creatore supremo, è
Yahweh, “Colui che si interessa intimamente di conservare un
rapporto personale con coloro che camminano e conversano con Lui”.
Dopo averci dato il fatto della creazione
dell’uomo, il sesto giorno, come ultimo in una serie di avvenimenti nel
capitolo 1, Mosè, nel capitolo 2, ci fornisce una serie di dettagli.
In Genesi 2:4-14, il punto focale è sull’uomo e sul
Giardino di Eden, dove egli doveva vivere. Il vers. 7 ci descrive come
Dio crea Adamo dalla polvere della terra e gli soffia nelle narici un
alito vitale. Il vv. 8-14 ci dicono com’era l’Eden, con i suoi vari tipi
d’alberi irrigati dal fiume che vi scorreva. Poi i vv. 15-17 riporta
l’interazione personale di Yahweh e la conversazione con Adamo,
che gli dà la responsabilità di prendersi cura del giardino, e gli dice
come egli fosse libero di mangiare da ogni albero del giardino, ma non
dell’albero della conoscenza del bene e del male.
Poi, Genesi 2:18-20 ci dice come non vi fosse per
Adamo un aiuto che fosse adatto a lui fra gli animali che Dio aveva
creato e per i quali Adamo aveva dato un nome. Genesi 2:21-24 riporta
l’ulteriore cura personale di Yahweh per Adamo, che gli provvede
così una moglie, plasmata da una parte di lui più vicina al suo cuore, e
l’istituzione del matrimonio.
I critici che tentano di rendere Genesi 2 una
seconda e contraddittoria versione del capitolo 1, non tengono conto di
ciò che Mosè chiaramente volesse comunicare.
L’omettere la menzione di sole, luna, stelle, oceani o mari nel capitolo
2 mostra come Mosè non intendesse scrivere un secondo racconto della
Creazione.
Alcuni, rilevando come Genesi 2:19 mostri gli
animali dei campi come create prima degli uccelli, sostengono come
questo presenti un ordine diverso dalla creazione in Genesi 1. Però,
ancora una volta, questo non viene inteso come un racconto della
creazione. Gli “animali selvatici della terra” non vengono menzionati, e
l’uso del tempo piuccheperfetto (che l’ebraico permette) in “che aveva
formato” e “avendo formato” in Ge. 2:8 e 19 in alcune traduzioni
bibliche, di fatto risponde alla critica che l’ordine degli avvenimenti
in Genesi 2 sia diverso da quello di Genesi 1. La spiegazione più
probabile è che il v. 19 dia l’ordine in cui Dio portò gli animali ad
Adamo affinché desse loro un nome.
Che dire dei diversi autori del testo?
Altri critici dicono che le parole Elohim e
Yahweh indichino due diversi autori, P e J, che vissero ben oltre
il tempo di Mosè. Questa è parte dell’ipotesi documentaria, o ipotesi
JEDP, la quale presuppone che il Pentateuco sia stato scritto da diversi
autori anonimi vissuti fino a 900 anni dopo Mosè. Uno dei principali
proponenti di questa ipotesi è stato Julius Wellhausen (1844-1918) che
afferma come il concetto di “un solo dio” non sia stato rivelato a Mosè
ma sia evoluto dal politeismo, animiamo, culto degli antenati ecc. Da
cui la necessità di trovare o fabbricare autori posteriori a Mosè.
Questa concezione, però, è
completamente falsa. La storia, sia ebraica che secolare, non
conosce nulla di questi presunti autori – né i loro nomi né alter opera
che potessero avere scritto. Questa “scienza biblica” usata per
promuovere l’idea sarebbe oggetto di derisione in un’aula di tribunale
se fosse applicata a qualsiasi altro libro antico
Possiamo dunque fidarci della Parola di Yahweh,
il Dio Creatore che sempre era, è ora e che sarà sempre, La concezione
del mondo biblica nella Genesi, ci dà la vera storia delle origini
dell’universo, della terra, e dell’umanità.
Il privilegio
dei nomi
I nomi anticamente erano una
questione importante. Gli egiziani ritenevano che un nome avesse uno
speciale significato spirituale. Per rispetto dei loro dei, essi spesso
ne includevano i nomi nei loro proprii, come Tutankhamen
(immagine vivente di Amon).
Suffissi specificatamente
maschili o femminili erano spesso usati nel personalizzare il nome di un
figlio, ma i nomi regali non erano né maschili né femminili. A volte il
soprannome, come “il rosso” poteva essere applicato a qualcuno con
capelli di quel colore, proprio come oggi. Il nome Amenhotep era
comunemente abbreviato in Amenì.
Anche I nomi ebraici avevano
particolare importanza, per es. Gesù (Giosuè nell’A. T.), significa
“Dio salva”. L’atto di imporre un nome era segno d’autorità. 2 Re
23:34, afferma: “Il faraone Neco fece re Eliachim, figlio di Giosia,
al posto di Giosia suo padre, e gli cambiò il nome in quello di Ioiachim;
poi prese Ioacaz, e lo portò in Egitto, dove morì”, gesto questo di
dominio su di lui.
Ad Adamo era stato dato il
compito di dare un nome a tutti gli animali. Giacobbe si vede cambiare
il nome in Israele dall’angelo con cui combatte, e il nome precedente di
Abraamo era Abramo. L’intero significato dei nomi è andato perduto nella
cultura occidentale. Dare un nome ai bambini spesso dipende dal fatto
che ai genitori semplicemente piace, o è quello di una celebrità che
ammirano, ma senza significato spirituale.
Genesi 1 riporta evidenze
sulla Trinità?
L’uso di Elohim (il
plurale di El = Dio, che implica tre o più persone) in Genesi 1
suggerisce come vi sia qualcosa di plurale al riguardo della Persona di
Dio. Inoltre, l’uso di verbi al singolare connessi con Elohim (bara
= creò, amar= disse, raah= vide, ecc.) tutt’attraverso
Genesi 1, sottende l’uni-pluralità di Dio; cikoè: Dio è uno, eppure in
un altro senso è più di uno.
Genesi 1:2 dice che: “La terra era informe e
vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso e lo Spirito di Dio
aleggiava sulla superficie delle acque”.
La creazione viene intesa come
il risultato di Dio che parla, cioè tramite la Sua Parola.
Nel Nuovo Testamento troviamo come uno dei nomi del Signore Gesù Cristo
era “la Parola” (Gv. 1:1-4), e che Dio creò ogni cosa tramite Lui.
Così, nello stesso primo capitolo della Bibbia, troviamo di fatto un
primo suggerimento della Trinità, concetto meglio elaborato nel resto
della Bibbia.
Dovremmo certo usare con
parsimonia brani delle Scritture come “testi probanti”, soprattutto
quelli che non avevano in mente questo proposito. Però, il resto della
Bibbia, in particolare il Nuovo Testamento, ci rivela la dottrina della
Trinità (cfr. Mt. 3:16,17). Possiamo risalire alla Genesi e vedere come
i termini e le parole usate da Mosè sotto ispirazione divina, non siano
incoerenti con la rivelazione posteriore, anzi, adombrano già la
dottrina posteriore sulla Trinità.
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