Che cosa c’è in un nome? Nessuna contraddizione nei nomi di Dio in Genesi 1 e 2

di Russell Grigg. Pubblicato per la prima volta in: Creation 23(4):39-41, September-November 2001

Non c’è alcuna contraddizione nei nomi che vengono usati per Dio come compaiono in Genesi 1 e 2!

Ai tempi della Bibbia il nome di una persona aveva un significato profondo e spesso era espressione della sua origine, carattere e destino[1]. Vi sono diversi termini che la Bibbia usa per Dio, ciascuno dei quali ha un significato ed una rilevanza speciale. Anche il primo libro della Bibbia, la Genesi, usa diversi termini per Dio, e ragioni molto buone, come vedremo.

Elohim

In Genesi 1 Mosè[2] usa per Dio il termine Elohim. Si tratta del plurale di El, che corrisponde in italiano a Dio, a theos in greco, e deus in latino. El significa “il forte, il potente” e evidenzia l’onnipotenza stupefacente  e il potere del Dio che è Creatore e Sovrano su tutta la natura e l’universo.

Questo plurale ebraico, Elohim, significa, di fatto, “più di due”; non significa però: “Nel principio gli dei crearono i cieli e la terra…” perché viene usato qui (e più di 2000 volte nel resto dell’Antico Testamento) al singolare, cioè con un verbo al singolare (o aggettivo). Non si tratta neppure di un semplice plurale majestatis, il plurale che usa un re, anche se il significato include che Dio è il Reggitore supremo di ogni cosa[3]. L’uso di Elohim ci dice piuttosto che vi è qualcosa di plurale al riguardo di Dio stesso (Vedi: Forse che Genesi 1 parla della Trinità di Dio?).

Elohim è un termine elevato, nobile, ed è quindi il termine più appropriato che Mosè volle usare per il racconto della creazione da parte di Dio di tutto l’universo, d’ogni essere vivente, umanità inclusa. La potenza di Dio è manifestata più chiaramente ancora nel fatto che Egli crea il vasto contenuto dello spazio, come pure della stupefacente diversità e complessità della vita sulla terra, nel breve spazio di tempo di sei giorni, e questo molto di più di quanto se avesse usato periodi molto più lunghi. Allo stesso modo la Sua bontà sarebbe stata pregiudicata se Dio avesse sanzionato la morte prima della comparsa del peccato, o se avesse creato anche attraverso la morte. La morte è “l’ultimo nemico” (1 Co. 15:26) e l’essenza stessa della concezione evoluzionista (“mors tua, vita mea”).

Ci inchiniamo adorando la santità e la perfezione di ciò che ha compiuto Elohim.

Yahweh = Geova

In Genesi 2, dal versetto 4 in poi, Mosè aggiunge il termine ebraico Yahweh, spesso traslitterato in “Geova” e di solito reso con Signore o Eterno[4].

Yahweh è il nome veramente personale del Dio vivente[5]. Fu rivelato a Mosè nell’episodio del roveto ardente (Esodo 3:13-15). Significa “Io sono Colui che sono”, e quindi “il Dio esistente di per Sé stesso”, che non ha bisogno di altri referenti per esistere. Esso ci dice che Elohim possiede un’esistenza permanente, ed annuncia la fedeltà e l’immutabilità di Chi è sempre fedele alla parola data, alla Sua Parola, ed è che rimane lo stesso, ieri, oggi ed in eterno[6].

Quello è il nome che il Dio della compassione, della grazia e della misericordia usa nei Suoi rapporti d’alleanza con il Suo popolo eletto, proclamandosene così suo protettore ed oggetto del loro culto, come pure nel Suo rapporto personale con le creature umana, in particolare i credenti. Non solo questi, però, ma pure in rapporto con i Suoi oppositori, come il Faraone, del quale diventa giudice (Es. 7:16 ss.).

Genesi 2

Perché Mosè usa questi due termini per Dio in Genesi 2? Vuol dire forse che vi siano due racconti diversi (e contraddittori) della Creazione in Genesi 1 e 2?

Risposta: In Genesi 2, Mosè descrive il rapporto molto intimo e personale che Dio intratteneva con la prima coppia umana, Adamo ed Eva. Questo richiede l’uso del nome di Dio, Yahweh. Yahweh viene unito ad Elohim ogni volta che è usato in Genesi 2, come Yahweh Elohim, ed è tradotto “Dio il SIGNORE”. Esso ci dice che Elohim, il Creatore supremo, è Yahweh, “Colui che si interessa intimamente di conservare un rapporto personale con coloro che camminano e conversano con Lui”[7].

Dopo averci dato il fatto della creazione dell’uomo, il sesto giorno, come ultimo in una serie di avvenimenti nel capitolo 1, Mosè, nel capitolo 2, ci fornisce una serie di dettagli.

In Genesi 2:4-14, il punto focale è sull’uomo e sul Giardino di Eden, dove egli doveva vivere. Il vers. 7 ci descrive come Dio crea Adamo dalla polvere della terra e gli soffia nelle narici un alito vitale. Il vv. 8-14 ci dicono com’era l’Eden, con i suoi vari tipi d’alberi irrigati dal fiume che vi scorreva. Poi i vv. 15-17 riporta l’interazione personale di Yahweh e la conversazione con Adamo, che gli dà la responsabilità di prendersi cura del giardino, e gli dice come egli fosse libero di mangiare da ogni albero del giardino, ma non dell’albero della conoscenza del bene e del male.

Poi, Genesi 2:18-20 ci  dice come non vi fosse per Adamo un aiuto che fosse adatto a lui fra gli animali che Dio aveva creato e per i quali Adamo aveva dato un nome. Genesi 2:21-24 riporta l’ulteriore cura personale di Yahweh per Adamo, che gli provvede così una moglie, plasmata da una parte di lui più vicina al suo cuore, e l’istituzione del matrimonio.

I critici che tentano di rendere Genesi 2 una seconda e contraddittoria versione del capitolo 1, non tengono conto di ciò che Mosè chiaramente volesse comunicare[8]. L’omettere la menzione di sole, luna, stelle, oceani o mari nel capitolo 2 mostra come Mosè non intendesse scrivere un secondo racconto della Creazione.

 Alcuni, rilevando come Genesi 2:19 mostri gli animali dei campi come create prima degli uccelli, sostengono come questo presenti un ordine diverso dalla creazione in Genesi 1. Però, ancora una volta, questo non viene inteso come un racconto della creazione. Gli “animali selvatici della terra” non vengono menzionati, e l’uso del tempo piuccheperfetto (che l’ebraico permette) in “che aveva formato” e “avendo formato” in Ge. 2:8 e 19 in alcune traduzioni bibliche, di fatto risponde alla critica che l’ordine degli avvenimenti in Genesi 2 sia diverso da quello di Genesi 1. La spiegazione più probabile è che il v. 19 dia l’ordine in cui Dio portò gli animali ad Adamo affinché desse loro un nome.

Che dire dei diversi autori del testo?

Altri critici dicono che le parole Elohim e Yahweh indichino due diversi autori, P e J, che vissero ben oltre il tempo di Mosè. Questa è parte dell’ipotesi documentaria, o ipotesi JEDP, la quale presuppone che il Pentateuco sia stato scritto da diversi autori anonimi vissuti fino a 900 anni dopo Mosè. Uno dei principali proponenti di questa ipotesi è stato Julius Wellhausen  (1844-1918) che afferma come il concetto di “un solo dio” non sia stato rivelato a Mosè ma sia evoluto dal politeismo, animiamo, culto degli antenati ecc. Da cui la necessità di trovare o fabbricare autori posteriori a Mosè[9].

Questa concezione, però, è completamente falsa. La storia, sia ebraica che secolare, non conosce nulla di questi presunti autori – né i loro nomi né alter opera che potessero avere scritto. Questa “scienza biblica” usata per promuovere l’idea sarebbe oggetto di derisione in un’aula di tribunale se fosse applicata a qualsiasi altro libro antico[10]

Possiamo dunque fidarci della Parola di Yahweh, il Dio Creatore che sempre era, è ora e che sarà sempre, La concezione del mondo biblica nella Genesi, ci dà la vera storia delle origini dell’universo, della terra, e dell’umanità.

Il privilegio dei nomi

I nomi anticamente erano una questione importante. Gli egiziani ritenevano che un nome avesse uno speciale significato spirituale. Per rispetto dei loro dei, essi spesso ne includevano i nomi nei loro proprii, come Tutankhamen (immagine vivente di Amon).

Suffissi specificatamente maschili o femminili erano spesso usati nel personalizzare il nome di un figlio, ma i nomi regali non erano né maschili né femminili. A volte il soprannome, come “il rosso” poteva essere applicato a qualcuno con capelli di quel colore, proprio come oggi. Il nome Amenhotep era comunemente abbreviato in Amenì.

Anche I nomi ebraici avevano particolare importanza, per es. Gesù (Giosuè nell’A. T.), significa “Dio salva”. L’atto di imporre un nome era segno d’autorità. 2 Re 23:34, afferma: “Il faraone Neco fece re Eliachim, figlio di Giosia, al posto di Giosia suo padre, e gli cambiò il nome in quello di Ioiachim; poi prese Ioacaz, e lo portò in Egitto, dove morì”, gesto questo di dominio su di lui.

Ad Adamo era stato dato il compito di dare un nome a tutti gli animali. Giacobbe si vede cambiare il nome in Israele dall’angelo con cui combatte, e il nome precedente di Abraamo era Abramo. L’intero significato dei nomi è andato perduto nella cultura occidentale. Dare un nome ai bambini spesso dipende dal fatto che ai genitori semplicemente piace, o è quello di una celebrità che ammirano, ma senza significato spirituale.

Genesi 1 riporta evidenze sulla Trinità?

L’uso di Elohim (il plurale di El = Dio, che implica tre o più persone) in Genesi 1 suggerisce come vi sia qualcosa di plurale al riguardo della Persona di Dio. Inoltre, l’uso di verbi al singolare connessi con Elohim (bara = creò, amar= disse, raah= vide, ecc.) tutt’attraverso Genesi 1, sottende l’uni-pluralità di Dio; cikoè: Dio è uno, eppure in un altro senso è più di uno.

Genesi 1:2 dice che: “La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque”[11].


 

La creazione viene intesa come il risultato di Dio che parla, cioè tramite la Sua Parola[12]. Nel Nuovo Testamento troviamo come uno dei nomi del Signore Gesù Cristo era “la Parola” (Gv. 1:1-4), e che Dio creò ogni cosa tramite Lui[13]. Così, nello stesso primo capitolo della Bibbia, troviamo di fatto un primo suggerimento della Trinità, concetto meglio elaborato nel resto della Bibbia.

Dovremmo certo usare con parsimonia brani delle Scritture come “testi probanti”, soprattutto quelli che non avevano in mente questo proposito. Però, il resto della Bibbia, in particolare il Nuovo Testamento, ci rivela la dottrina della Trinità (cfr. Mt. 3:16,17). Possiamo risalire alla Genesi e vedere come i termini e le parole usate da Mosè sotto ispirazione divina, non siano incoerenti con la rivelazione posteriore, anzi, adombrano già la dottrina posteriore sulla Trinità.

 


 

[1] Ad es. Adamo suona in modo simile, e può essere assimilato, al termine ebraico tradotto con “terra”, cioè Adamah. Gesù è la forma greca di Giosuè, che significa “Il Signore Salva” (Mt. 1:22). Un cambiamento nel carattere o nella condizione di una persona, poteva giustificare il cambiamento del suo nome, ad es. Abram = Padre esaltato, diventa Abraam = Padre di molte nazioni (Ge. 17:5).  Vedi anche qui.

[2] Mosè, per divina ispirazione, fu l’autore /redattore di Genesi. Vedi: Grigg, R., Did Moses really write Genesis? Creation 20(4):43–46, 1998.

[3] Il linguista Dott. Charles Taylor dice: “Nessuno è in condizione di dimostrare che ai giorni di Mosé, o più tardi, la gente avesse l’abitudine di rivolgersi a re o a principi al plurale. Di fatto non c’è di questo evidenza alcuna nella stessa Bibbia, e la Bibbia è una dei libri più antichi!” Taylor, C., The First Hundred Words, (above) The Good Book Co., Gosford, Australia, p. 3, 1996.

[4] Il nome aveva quattro lettere ebraiche, che equivalgono a YHWH o JHVH. L’alfabeto ebraico antico era privo di vocali. Più tardi vennero introdotti dei “punti” per indicare la pronuncia.

[5] I molti altri termini, ad es. Dio il Padre, Roccia, Re, Santo, El Elyon (l’Altissimo), Adonai (Signore e maestro), ecc. sono titoli o espressioni descrittive, più che nomi.

[6] Cfr. Ebrei 13 :8, dove questa descrizione della divinità è pure accreditata al Signore Gesù Cristo.

[7] Kaiser, W.C., Davids, P.H., Bruce, F. and Brauch, M.T., Hard Sayings of the Bible, InterVarsity Press, Illinois, p. 88, 1996.

[8] La chiave per comprendere il significato corretto di un qualunque brano della Bibbia è chiedersi : « Qual era l’intenzione dell’autore nello scriverlo ? ».

[9] È triste come molte scuole bibliche e facoltà di teologia insegnino, approvandola, questa dottrina spuria che postula come l’intero Antico Testamento si auna frode gigantesca, e metta in questione sia l’onestà di Mosè che la divinità del Signore Gesù Cristo, che parlava frequentemente degli scritti di Mosè come “La legge di Mosè”, ad es. Luca 24:27,44; Gv. 5:45-47; 7:19.

[10] Per ulteriori prove, v. Rif. 2.

[11] La parola ebraica ruach può significare “vento”, “respiro”, o “spirito”: èn il contesto che ne determina il significato corretto. La costruzione ebraica qui preclude il significato, talvolta addotto da studiosi liberali: “un vento da Dio si muoveva”.

[12] « E Dio disse… » (Ge. 1 :3,6,9,11,14,20,24,26).

[13] Cfr. Gv. 1 :3 ; Cl. 1 :15,16 ; Eb. 1 :2.

 

Tempo di Riforma - a cura del past. Paolo Castellina - Scrivici cliccando qui