Salmo 63

L’esperienza del deserto

Questo Salmo è stato scritto da Davide “quando era nel deserto di Giuda” (1), all’epoca in cui era stato perseguitato da Saul ed obbligato a nascondersi (1 Sa. 22:5), oppure quando suo figlio Absalom si era ribellato a lui costringendolo a fuggire da Gerusalemme (2 Sa. 15:13ss).

Possiamo leggere tutto questo come una prefigurazione dei quaranta giorni di Cristo nel deserto, là dove era stato tentato dal diavolo e dove aveva avuto letteralmente fame e sete. Anche della comunità cristiana, che talvolta Davide rappresenta, si trova spesso “nel deserto” quando è perseguitata e deve operare in clandestinità: “…alla donna furono date le due ali della grande aquila affinché se ne volasse nel deserto, nel suo luogo, dov'è nutrita per un tempo, dei tempi e la metà di un tempo” (Ap. 12:14) durante il regno della “bestia” che le si contrappone. Anche i singoli credenti si trovano, una volta o l’altra, in condizione d’essere “nel deserto”. Questa condizione di bisogno, però, è pure un’opportunità di crescita nella fede e di maturazione, come spesso avviene durante la prova: “Perciò, ecco, io l'attrarrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Os. 2:14).

Nel Salmo Davide anela la presenza ed il soccorso del Signore, Lo loda e Lo benedice, si rammenta dell’aiuto che da Lui ha ricevuto nel passato e riconferma il legame che lo tiene stretto a Lui. La consapevolezza che ha della bontà di Dio e del valore del divino favore, gli è più cara della vita stessa. Si propone perciò di trovare in Dio la sua gioia e di lodarlo e benedirlo in ogni occasione, specialmente quando medita nelle veglie notturne. Egli è sicuro, infine, che i malvagi che lo perseguitano avranno, a suo tempo, il castigo che meritano e verrà chiusa loro la bocca.