Nu. 13:30-14:19
Abbiate fiducia nel Signore!
Gli
esploratori confermano che la terra che il Signore aveva promesso al Suo
popolo, è davvero
fertile e che in essa troveranno ciò
che loro serve per vivere e molto di più.
Quella terra, però,
è occupata da gente
che sembra loro del tutto indisponibile ed invincibile, e così
la paura subentra alla gratitudine. Dieci fra quegli esploratori mettono
in rilievo più il
male che il bene. Caleb, però,
è un uomo coraggioso
e di fede: afferma che vinceranno certamente quella gente. La reazione
del popolo è tragica.
Non solo non credono alle promesse del Signore (facendosi intimidire dal
pessimismo di quei dieci esploratori), ma pure si lamentano, piangono,
si ribellano a Mosè.
Ritengono di essere più
saggi dello stesso Signore, che li avrebbe così
solo condotti allo sbaraglio. Rivelano la loro stupidità
affermando di preferire, a quello, l'asservimento in Egitto. Dicono di
preferire la terra dalla quale avevano gridato a Dio d'esserne liberati.
E' vero, la vita nel deserto era stata molto dura, ma dovevano
intenderla come una necessaria preparazione, morale e spirituale,
all'ingresso nella terra promessa. Nonostante le innumerevoli esperienze
già avute della
provvidenza di Dio verso di loro, temono che la spada dei loro avversari
prevalga su di loro e non credono che Mosè,
agente e servitore di Dio, sia in grado di condurli davvero nella terra
promessa. Quattro uomini, però,
mostrano d'essere uomini di coraggio, fede e convinzione. Mosè
ed Aaronne si prostrano davanti al popolo. Mentre essi pregano, Caleb e
Giosuè esprimono
davanti a Dio la loro amarezza stracciandosi le vesti. Cercano così
di convincere il popolo del loro atteggiamento sbagliato, con ottime
argomentazioni, ma il popolo non ne vuole sapere, ed
è necessario che la
gloria di Dio appaia in tutta la sua forza sulla tenda di convegno ed
esprima tutto il Suo dispiacere e delusione, ma anche precise minacce: i
patti erano chiari. La loro ostinazione ed irriconoscenza avrà
le sue tragiche conseguenze. Il Signore, però,
non annullerà i Suoi
propositi e patto: Egli continuerà,
non però con la tribù
di Giuda, ma con Levi, specificatamente con Mosè
come rappresentante e capo del popolo. Mosè
diventa così
tipologia del Cristo e Suo antenato, perché
il Messia sarebbe venuto dalla sua discendenza. Mosè
prefigura pure il Cristo nella sua umile e fiduciosa mediazione (il
Mediatore del patto) in favore del popolo, nel suo amore e devozione al
Signore e per il suo profondo interesse per il popolo.
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