Geremia 38:1-28 Ultima chanceLa persistenza di Geremia nel preannunciare il peggio, l’ormai inevitabile giudizio di Dio, viene considerato da alcuni increduli ufficiali di Gerusalemme intollerabile disfattismo: “rende fiacche le mani degli uomini di guerra! … non cerca il bene ma il male di questo popolo” (4). Neanche il debole re Sedechia riesce così a proteggere minimamente Geremia. “Deve essere fatto tacere”, e così viene imprigionato nel fango di un pozzo vuoto per fare la fine dei ratti, o magari, orribilmente, divorato da questi, in ogni caso morendo di fame. L’intercessione di alcuni presso il re fa si che a Geremia venga risparmiata una sorte orrenda e questi ritorna nel cortile della prigione. Il dialogo che Sedechia poi intrattiene con Geremia è magnifico. Dio gli dà un’ultima chance: questi dovrà arrendersi ai babilonesi e si salverà la vita. Il re è spaventato da questa prospettiva e non lo crede. Geremia però lo rassicura, si salverà in modo altrettanto sicuro come la vittoria irresistibile dei babilonesi. Il re però teme anche l’ira degli ufficiali di Gerusalemme che sono per una (vana) difesa ad oltranza della città, si sente preso fra due fuochi e non sa che scegliere, anzi, sceglierà nuovamente di non credere alle parole di Dio e di confidare nell’uomo. Intimando a Geremia il silenzio su questa proposta ritiene di salvare così la vita sua e di Geremia per mano dei suoi stessi ufficiali. Altra scelta sbagliata. Paura, indecisione, incredulità: ora la sua sorte sarà davvero spaventosa. Come un coniglio che cerca di sfuggire dalla mano del macellaio, le sue scelte sono ormai irrazionali. Qui la sapienza del mondo manifesta tutta la sua fragilità. L’indecisione, la debolezza, l’incredulità non può che produrre tragici risultati. Succede molto spesso oggi a tanta gente. Magari anch’io qualche volta mi sono comportato così: non ho saputo scegliere con decisione, non ho voluto “rischiare”. A volte la “prudenza” non paga, meglio decisioni radicali e anche impopolari, meglio “buttarsi”. Non dobbiamo temere “il rischio” di investire su Dio e sulla Sua Parola. E’ come il bambino dall’alto di una finestra di una casa in fiamme che viene invitato a gettarsi giù con fiducia perché sotto vi sono le braccia di suo padre che lo prenderanno al volo. La paura di gettarsi giù e l’indecisione non lo salveranno dalle fiamme. Perché non si fida di suo padre? E’ l’irrazionalità del comportamento umano. |