Geremia 35:1-19 Una lezione d’obbedienzaIn questo testo (e qui soltanto nell’intera Bibbia) troviamo menzione di un oscuro gruppo israelita (un ordine religioso?), la cui particolarità era quella di voler conservare lo stile di vita nomadico dell’antico Israele (tipico dell’era dei Patriarchi e dell’Esodo). Pensiamo, per fare un paragone, agli attuali zingari ed attribuiamo a questo modo di vivere una valenza religiosa. "Non berrete mai vino, né voi né i vostri figli per sempre; non costruirete case, non seminerete nessuna semenza, non pianterete vigne, e non ne possederete nessuna, ma abiterete in tende tutti i giorni della vostra vita" (6,7): questo mandato del loro capostipite Gionadab, figlio di Recab, essi lo avevano osservato fedelmente. Non che né loro né Dio denunziassero così facendo la vita sedentaria, stanziale, come un male, perché terra, case, campi, città, pure era per loro dono di Dio e perfettamente legittimi. Probabilmente, però, per Israele, questo doveva essere un segno, una testimonianza, memoria permanente che il popolo di Dio non poteva considerare dimora stabile e durevole questo mondo, qui “sistemarvisi” ed adattarvisi come se questo fosse il tutto della vita, loro inalienabile e “scontata” proprietà. La loro doveva essere una sorta di permanente atto di accusa contro il corrotto stile di vita cananeo. La confessione di fede mosaica di Israele recitava: “Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come straniero con poca gente” (De. 26:5), e questo Israele non doveva mai dimenticarlo. Di fatto, però, al tempo di Geremia questo l’aveva dimenticato e per questo subiva il severo giudizio di Dio che il profeta mette in rilievo. “Guardate ai recabiti,” diceva, “consideratene ed imparatene la lezione di fedeltà ed ubbidienza” (13). La fedeltà dei recabiti viene ricompensata: lo stesso avverrebbe all’intero popolo di Dio se prestasse attenzione ed ubbidisse agli appelli della Sua Parola all’ubbidienza della fede. Lo stesso vale anche per noi, popolo di Dio di questa generazione. In questo mondo dobbiamo vivere e adempiere alle responsabilità che Dio ci ha affidato, ma mai dobbiamo “sederci comodamente” e, peggio ancora, conformarci allo stile di vita empio del mondo. Lo faremmo solo a nostro danno. Il Nuovo Testamento afferma: “…perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura” (Eb. 13:14). |