Genesi 25:7-11,19-34

Cosa dire del termine della vita? vv.7-11

Quando parliamo della morte sappiamo di riferirci a qualcosa di inevitabile e di definitivo. Credo che sia stato Heidegger a coniare questa definizione della morte: "L'impossibilità di ulteriori possibilità" In questo brano leggiamo come Abrahamo sia giunto a quel traguardo. Però, anziché leggere dei versetti pesanti, pieni di un senso di tragedia, si legge una descrizione attraverso la quale traspare un senso di compimento. La sua vita non era stata sprecata. Inoltre, da quel momento in poi, la benedizione che era stata su di lui passò al proprio figlio.

Cosa dire dell'inizio della vita? vv.19-26

Se questo passo insegna che gli ultimi giorni della nostra vita sono nelle mani di Dio, insegna che lo sono anche quelli dell'inizio. Non nasciamo per caso. Esaù e Giacobbe non erano il risultato di un fatto fortuito, ma il frutto di un disegno particolare di Dio. Per questo Rebecca poteva essere informata sul combattimento che avveniva in lei: Dio le aveva dato di comprendere quanto fosse importante tutto ciò che le succedeva. I due figli erano, sotto ogni profilo, doni di Dio.

Cosa dire della vita? vv.27-34

E se la vita è un dono per i genitori, lo è altresì per il neonato. Ognuno che riceve da Dio il privilegio della vita, riceve pure la responsabilità su come utilizzerà questo dono. Alla fine di questo capitolo, ricco di particolari riguardanti la vita in tutti suoi aspetti, è triste leggere con quanta leggerezza Esaù considerò i doni di Dio. Il privilegio dell'eredità del primogenito valeva soltanto una minestra? Come valuto io i doni che Dio mi fa? Li disprezzo o li curo?


Genesi 25:19-34

Dio sa cosa sta facendo

La lotta per la supremazia fra Giacobbe ed Esaù sin dal seno materno e la sovrana scelta di Giacobbe da parte del Signore, rappresenta un'introduzione confacente al racconto di queste vicende e ne stabilisce il tono. È una saga familiare ed etnica che si estenderà poi per secoli. Dietro a questi avvenimenti si celano i propositi di Dio, spesso per noi insondabili, ma sempre giusti nonostante le apparenze.

"L'Eterno le disse". Iddio spesso fa conoscere le Sue sovrane decisioni attraverso profezie date sulla soglia di nuove ere storiche: Adamo ed Eva (3:15), i discendenti di Noè (9:25-27); Abrahamo (12:1-3); Giacobbe ed Esaù (27:27-29, 39,40), e Giuseppe con i suoi fratelli (37:1-11).

"Il maggiore servirà il minore". Giacobbe deve la sua supremazia alla sovrana elezione da parte di Dio, e non ai suoi diritti naturali (cfr. De. 21:15-17). La profezia trova il suo adempimento quando i discendenti di Esaù, gli Edomiti, sono soggiogati da Israele e finalmente inclusi nello stato giudeo durante il periodo intertestamentario. La scelta di Giacobbe da parte di Dio come punto di riferimento unico di questa fase della storia del Suo popolo, diventa nella Bibbia un esempio paradigmatico di come Iddio elegga sovranamente chi vuole sfidando ogni nostro criterio di giudizio o di comprensione. L'interpretazione teologica autorevole e finale di questo brano ci viene fornita attraverso gli scritti dell'apostolo Paolo. L'insondabile scelta di Giacobbe da parte di Dio rispetto ad Esaù avviene prima che ancora nascano e che avessero fatto alcunché di bene o di male, "affinché rimanesse fermo il proponimento di Dio secondo l'elezione e non a motivo delle opere, ma per colui che chiama" (Ro. 9:11). Se qualcuno obietta esservi così ingiustizia in Dio, egli risponde che Dio è libero ed ha incontestabile diritto di aver misericordia e compassione di chi vuole (Ro. 9:15), e di fare con ciò che Suo ciò che gli aggrada. L'accettabilità di fronte a Dio "non dipende… né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia". Dio tratta giustamente tutti, ma manifesta la Sua misericordia solo verso alcuni (Mt. 20:1-16). Oseremmo noi "microbi", contestare la superiore sapienza di Dio, pretendendo di saperla più lunga di Lui o ritenendo, secondo i nostri criteri, di sapere ciò che sia meglio? Se Lui sceglie in un certo modo, sarà buono e giusto, anche se non lo comprendiamo. Il credente si piega davanti a Dio ed accetta senza lamentarsene ciò che Egli decide: un giorno, forse, ne saprà il motivo.

 

Sezione biblica - Brevi commenti all'Antico Testamento - _