La prima traduzione dai testi originali
LA BIBBIA DIODATI:
L'AMORE DI UN ESULE
PER LA SUA PATRIA
La traduzione della
Bibbia da parte di Giovanni Diodati costituisce una tappa fondamentale
nella storia della Chiesa e della testimonianza della salvezza in
Italia. In una conferenza, tenuta a Perugia in occasione della Mostra
della Bibbia, sono stati delineati alcuni aspetti di questo lavoro.
La Diodati e le "Rivedute"
Nel contesto di una Mostra della Bibbia in Italia è d'obbligo
parlare della Bibbia Diodati, di quella che è stata, per la sua
diffusione, la prima importante traduzione della Bibbia nella nostra
lingua e che è tuttora riconosciuta, anche in ambito cattolico, come
la migliore e la più fedele traduzione mai realizzata in italiano avendo
come riferimento i testi originali.
Apro una necessaria parentesi per ricordare che anche la versione
che normalmente utilizziamo oggi, nelle realtà del mondo evangelico e
protestante, altro non è che una traduzione Diodati "riveduta",
cioè aggiornata nella lingua per renderla più scorrevole e comprensibile
nel nostro tempo.
La Bibbia in uso per anni nell'ambiente evangelico e indicata come
"la Luzzi" era in realtà una Diodati riveduta: l'equivoco è sorto
perché, quando un comitato di esperti completò il lavoro di revisione
della Diodati nel 1925, il regime fascista impose per consentirne la
stampa che vi fosse indicato un responsabile e il comitato di revisione
indicò il nome di Giovanni Luzzi.
Anche le più recenti versioni pubblicate in Italia (la Nuova
Diodati, edita da "La Buona Novella" e la Nuova Riveduta
edita da "La Casa della Bibbia") sono quindi delle Diodati "rivedute".
Per comprendere il valore di quanto dirò fra poco, è bene spendere
solo qualche momento per dare alcune note biografiche sulla vita
del Diodati (a tutti raccomando, per una più ampia conoscenza, la bella
biografia di Emidio Campi nell'introduzione alla Diodati edita nel 1999
da Mondadori per la prestigiosa collana "I Meridiani").
Nato in esilio
Giovanni Diodati nacque a Ginevra presumibilmente il 1deg. giugno
del 1576, terzogenito dei dieci figli che Carlo Diodati ebbe in seconde
nozze da Maria Mei. E qui apprendiamo un primo dato che ha la sua
importanza al fine del nostro tema di stasera: Diodati non è nato in
Italia e, se si eccettua un breve viaggio a Venezia, non ha mai
messo piede nella sua Patria d'origine. Nonostante ciò per tutta la
vita egli amò definirsi "di nazion lucchese".
La famiglia Diodati era infatti una delle 60 famiglie lucchesi
che, a partire dal 1555, aveva scelto di rifugiarsi nella città di
Calvino per poter vivere liberamente la propria fede (libertà
impossibile nell'Italia dell'Inquisizione e della Controriforma).
Il padre, Carlo Diodati, era un commerciante di stoffe,
soprattutto di seta e di lana, che, in consorzio con gli altri esuli
lucchesi, non tardò a creare un commercio che gli permise di vivere
nell'agiatezza se non proprio nella ricchezza, nonostante la sua
condizione di esiliato o, come diremmo oggi, di profugo.
Diodati ebbe sempre una grande ammirazione per il padre,
soprattutto per il coraggio con il quale aveva affrontato le incognite
dell'esilio pur di conservare intatta la propria fede cristiana ed
evangelica e di poter realizzare serenamente il suo desiderio di leggere
la Bibbia (lettura che, negli Stati italiani succubi dello Stato della
Chiesa, non solo era proibita, ma poteva essere causa di incarcerazione
e di condanna a morte).
L'agiatezza della famiglia e l'incoraggiamento del padre gli
permisero di intraprendere giovanissimo gli studi classici: già a
sedici anni iniziò il suo lavoro di traduzione della Bibbia ed a
venti, concluso l'iter accademico a Ginevra, iniziò un viaggio di
specializzazione attraverso le università europee del tempo. Ma a 21
anni, mentre stava frequentando un corso di perfezionamento in ebraico e
in greco presso l'Università francese di Montpellier, fu urgentemente
richiamato a Ginevra dove dall'Università gli venne offerta la
cattedra di lingua ebraica.
All'età di 21 anni (è bene sottolinearlo!) scriveva e parlava già
correntemente in greco, ebraico, italiano e francese.
Nel 1607 all'età di 31 anni diede alla stampa, attraverso
l'editore ginevrino Pierre Chovet, la sua traduzione della Bibbia sui
testi originali; successivamente continuò il suo lavoro di ricerca
per migliorare lo stile e per rendere ancora più fedele il testo e nel
1641, ormai maturo e prossimo alla pensione (a 65 anni) diede
alle stampe una seconda edizione che ebbe una larga diffusione e che fu
da subito conosciuta con il nome di "DIODATINA".
È opportuno ricordare che le uniche traduzioni esistenti fino ad
allora in lingua italiana erano state quelle del Malermi (1471) e
del Brucioli (1532), pubblicate a Venezia, e quella di
un anonimo pubblicata nel 1562 e chiamata "Bibbia di Ginevra".
Questa mancanza di traduzioni era ovviamente dovuta al divieto
imposto dalla chiesa cattolica di diffondere la Bibbia in una lingua
compresa dal popolo.
Il permesso di tradurre la Bibbia in italiano arriverà soltanto
nel 1757 con papa Benedetto XIV, ma solo nell'aprile del 1778, con
l'autorizzazione di Pio VI, fu pubblicata la prima traduzione
cattolica in italiano, quella dell'arcivescovo di Firenze Antonio
Martini, fatta però dalla Vulgata di Gerolamo e non dai testi originali.
Come riconosciuto anche attraverso la recente pubblicazione nella
collana classica dei Meridiani Mondadori, "la Diodatina
rappresenta quanto di meglio vi sia stato nella produzione letteraria in
lingua italiana fra il Cinquecento e l'Ottocento". Per
anni la Diodatina è stata un classico mancato, ora è finalmente un
classico riconosciuto.
Le "radici" della Diodatina
Ma la Diodatina non ha soltanto un valore culturale e letterario,
essa ha soprattutto un valore morale e spirituale, valore di cui
è possibile accertarsi, conoscendo le sue radici ed i suoi frutti.
Cominciamo, quindi, con il considerare LE RADICI della Diodatina.
1. Prima di tutto è importante ricordare che la Diodatina è il
dono che un esule ha fatto alla Patria, a quella Patria che,
prima ancora della nascita, aveva cacciato la sua propria famiglia. E si
trattava, lo ripetiamo, di un esilio provocato non da problemi economici
o di sopravvivenza (tanto per intenderci: non da quei problemi che
provocano ai nostri giorni continue ondate di profughi), ma soltanto da
problemi provocati dall'impossibilità di poter vivere liberamente la
propria fede evangelica: libertà impedita da quella stessa Chiesa che
continua ancora oggi (vedi il documento "Dominus Jesus" del card.
Ratzinger!) a presentarsi come unica depositaria della verità e della
salvezza e ad ingabbiare la potenza della Parola di Dio, con
un'arroganza ed una presunzione che, al di là del giudizio della storia,
la porteranno davanti al giusto giudizio di Dio!
Giovanni Diodati è l'esule che ripaga l'ingratitudine della sua
Patria con il più bello dei doni: la Parola di Dio!
La prima Bibbia italiana è nata dunque in esilio! E non
poteva essere diversamente considerando, come abbiamo visto, qual era la
situazione politica e religiosa in Italia!
È bello quindi ricordare che la Diodatina è nata da un ATTO DI
AMORE: l'amore di un profugo per la sua terra mai conosciuta.
Diodati non è mai venuto in Italia, ma vi è venuto solo attraverso
il dono della Parola, una Parola che il suo lavoro ha reso leggibile e
comprensibile.
2. Come abbiamo già visto, la Diodatina è inoltre nata dal
lavoro di un grande talento: a 21 anni Giovanni Diodati era già
insegnante universitario di ebraico.
Questa traduzione è l'opera di un cristiano impegnato o,
come diremmo nel linguaggio comune, di un cristiano militante; di
conseguenza è l'opera nata da una triplice visione:
a) Diodati aveva vissuto UNA CHIARA CHIAMATA DA PARTE DI DIO
a tradurre la Bibbia in italiano.
Era cosciente quindi di svolgere il lavoro che il Signore
richiedeva da lui. Aveva ben compreso che il più grande bisogno degli
italiani era rappresentato, in quel tempo come ancora oggi, dalla
possibilità di potersi confrontare personalmente e responsabilmente,
senza mediazioni ecclesiastiche, con la Parola di Dio e che questo
bisogno avrebbe potuto trovare piena soddisfazione soltanto quando gli
italiani avessero avuto la possibilità di leggere la Bibbia nella loro
lingua.
b) Diodati aveva riconosciuto che DIO GLI AVEVA DATO I DONI,
necessari per svolgere questo servizio.
Era quindi consapevole che, se non avesse tradotto la Bibbia,
avrebbe sprecato i talenti ricevuti da Dio. Come i servi fedeli della
nota parabola di Gesù, egli s'impegnò quindi a far fruttare quello che
Dio gli aveva donato.
c) In terzo luogo, oltre ad avere una chiara coscienza vocazionale
e un'altrettanto chiara consapevolezza dei doni ricevuti da Dio, Diodati
si proponeva UNA PRECISA FINALITÁ MISSIONARIA: "Ho tradotto la
Bibbia per aprire agli italiani la porta della scienza celeste".
Ecco la certezza ferma che animò Diodati nel suo lavoro: "la
scienza celeste", cioè la conoscenza di Dio e del suo progetto di
salvezza per l'uomo non viene dall'ascolto di massa degli insegnamenti
di una chiesa, ma dall'ascolto, personale, intimo, della Bibbia,
la Parola di Dio!
3. La Diodatina è la traduzione di un cristiano, nato, vissuto e
formatosi in un ambiente riformato, e in particolare in un ambiente
calvinista che gli aveva trasmesso il rigore e la fedeltà come
elementi essenziali di ogni impegno e di ogni servizio.
La fedeltà ai testi originali è stata quindi la preoccupazione
principale di Diodati nel portare avanti il suo lavoro.
La scrupolosità con la quale preparò la seconda edizione del 1641
della Diodatina, dopo la prima del 1607, ne è testimonianza concreta.
I frutti della "Diodatina"
Quali sono stati I FRUTTI o le conseguenze del suo lavoro?
1. La traduzione di Giovanni Diodati è indubbiamente UN SEGNO
DI GRAZIA da parte di Dio verso l'Italia.
"Dio ha parlato", ma con quale linguaggio?
La Diodatina è un segno della Grazia di Dio perché la sua
Parola diventa comprensibile; il suo progetto di salvezza e di grazia
può essere finalmente ascoltato, compreso, creduto!
Infatti perché l'ascolto avvenga è necessario lo stabilirsi della
comunicazione e la comunicazione avviene proprio attraverso il
linguaggio. Grazie a Diodati, dal Seicento in poi, gli italiani hanno
avuto finalmente la possibilità di ascoltare la Parola di Dio nella loro
lingua.
2. La traduzione del Diodati ha acquisito nel tempo un
considerevole VALORE CULTURALE. Non sono pochi infatti gli italiani
che devono la loro elevazione culturale, soprattutto sul piano
linguistico, al loro desiderio di conoscere la Parola di Dio. Ci sono
state persone che, davanti alla possibilità di poter ascoltare in modo
personale, diretto e non mediato la voce del Signore, sono state
incoraggiate ad abbandonare il loro analfabetismo. Ho personalmente
conosciuto, nella mia infanzia, una anziana contadina che, non
accontentandosi dell'unica volta alla settimana in cui un fratello della
sua comunità evangelica poteva visitarla per leggere per lei la Bibbia,
ha imparato a leggere, praticamente da sola ed usando come "alfabetiere"
la Diodatina.
Altre persone hanno superato i limiti posti dal loro sapersi
esprimere solo in dialetto, leggendo in italiano la Bibbia. Alcuni anni
fa mi trovavo in vacanza a Pesaro; la domenica mattina dopo il culto di
adorazione nella locale chiesa evangelica venne, a salutarmi e a
ringraziarmi per il messaggio che il Signore mi aveva affidato in quella
occasione, il prof. Caponetto, insegnante emerito di Storia presso
l'Università di Firenze. Era anche lui lì, come faceva ogni anno, in
vacanza. "Voglio confessarti una mia profonda emozione; - mi
disse - vedi questi uomini anziani che stamani hanno pregato per
lodare il Signore, parlando un italiano perfetto perfino nella sintassi?
Ebbene, io li ho conosciuti tanti anni fa al momento della loro
conversione a Cristo: erano contadini, artigiani, operai, assolutamente
incapaci di esprimersi in italiano. La loro cultura è nata ad una scuola
particolare, quella costituita dalla lettura e dall'ascolto della Bibbia
Diodati!"
Non è certo il caso di aprire qui una polemica ormai fine a sé
stessa, ma, per ricevere una preziosa lezione dalla storia, è
opportuno interrogarsi per chiedersi come mai la piaga
dell'analfabetismo sia rimasta estesa per secoli in Europa soprattutto
nei Paesi cattolici.
Quando verso la metà del secolo scorso il movimento dei Fratelli
cominciò a vivere um impegno di servizio in Italia, due furono gli
obiettivi della sua strategia missionaria: diffondere la Bibbia
ed aprire scuole per insegnare a leggerla! Ed è forse bene
ricordare che la struttura dei programmi delle scuole occidentali,
comprese quelle italiane, si fonda ancora oggi sulle intuizioni e sulla
visione di Giovanni Comenio, un pedagogista boemo e riformato che
indicava la Bibbia come il più importante libro di testo.
3. Infine il più grande dei frutti: con la Diodatina la storia
della salvezza è liberata dall'ostacolo linguistico ed acquista un
VALORE che potremmo definire ESISTENZIALE, perché condiziona la
vita, l'esistenza stessa di quegli italiani che, leggendola, possono
conoscere Dio ed i suoi progetti a loro riguardo.
La storia di Dio, attraverso l'ascolto comprensibile della sua
Parola, può entrare nella storia della nostra vita per rinnovarla, per
trasformarla, per indirizzarla verso mète nuove e per darle principi
nuovi: nel linguaggio, nei pensieri, nei sentimenti, nelle azioni.
In proposito ho portato questa sera, qui, con me una versione
della Diodatina che mi è particolarmente cara, perché costituisce
l'unica eredità che io abbia mai ricevuto nella mia vita. L'eredità
lasciatami da una anziana credente della piccola comunità evangelica di
Anghiari, nella quale sono spiritualmente nato e cresciuto. Fui
chiamato, dodicenne, al capezzale di questa donna morente. Con un filo
di voce mi disse: "Paolo voglio lasciare a te il mio tesoro più
prezioso!". Alzò a fatica il lenzuolo e ne tirò fuori la sua Bibbia
che mise con amore fra le mie mani. Per quella cara donna la Bibbia
aveva rappresentato il tesoro più prezioso ed aveva deciso di
ricordarmelo in punto di morte, in modo che questa sua testimonianza
giungesse alla mia vita come la più profonda delle lezioni. E, in
occasione della morte di mia madre, fu ancora la Diodatina a
testimoniarmi di nuovo in quale modo straordinario la Parola di Dio può
condizionare l'esistenza di una persona, perché è la Parola "vivente"
che dà all'uomo la gioia di godere la presenza di Dio anche nelle
circostanze più drammatiche della vita. Ricordo ancora quei momenti che
ho ricordato più volte e sempre con grande commozione: mia madre in
coma, mia madre che non aveva più aperto gli occhi né pronunciato alcuna
parola ormai da tre ore, mia madre che da anni leggeva la Bibbia Diodati
nella sua versione riveduta... all'improvviso aprì gli occhi guardando
verso il cielo; e noi familiari, così come i medici presenti, la
sentimmo recitare con voce debole ma chiara il Salmo 23 nella
versione Diodatina, quella della prima Bibbia che aveva letto e
conosciuto sessant'anni prima, al momento della sua conversione a
Cristo:
"Il Signore è il mio Pastore; nulla mi mancherà. Egli mi fa
giacere in paschi erbosi, mi guida lungo le acque chete. Egli mi ristora
l'anima; egli mi conduce per li sentieri di giustizia, per amor del suo
nome. Avvegnaché io camminassi nella valle dell'ombra della morte, io
non temerei male alcuno; perciocché tu sei meco; la tua bacchetta e la
tua verga mi consolano. Tu apparecchi davanti a me la mensa, al cospetto
de' miei nemici; tu ungi il mio capo con olio; la mia coppa trabocca.
Per certo, beni e benignità mi accompagneranno tutti i giorni della mia
vita; ed io abiterò nella Casa del Signore per lunghi giorni".
Ringraziamo dunque il Signore per il dono della vita e del
servizio di Giovanni Diodati e per la sua Parola che, attraverso di
lui, è giunta a noi nella nostra lingua, in modo comprensibile.
"Ho tradotto la Bibbia per aprire agli italiani la porta
della scienza celeste", aveva detto Diodati.
Il mio augurio e la mia preghiera è che possiamo approfittare di
questa "porta" aperta, per conoscere "la scienza celeste",
quella scienza che per noi ha un nome: Cristo Gesù, il nostro
Salvatore, il nostro Signore, il nostro Pastore, colui con il quale
"nulla ci mancherà", colui che ci "ristora l'anima", colui
che riempie di "beni e benignità tutti i giorni della nostra vita",
colui che non ci farà temere "male alcuno" anche quando
cammineremo "nella valle dell'ombra della morte", colui che ci
porterà ad abitare nella Casa del Padre "per lunghi giorni".
Paolo Moretti
|