Perché crescono le sétte?


Molti cristiani si domandano il perché, in un'epoca in cui il cristianesimo in Occidente e forse nel mondo intero, sembra essere in regresso, le sétte ancora fioriscano e crescano.

Per rendere il Cristianesimo più accettabile a molta gente, molte chiese ed individui hanno annacquato al livello più basso possibile la loro testimonianza, la loro dottrina e ciò che la fede esige. Ciononostante, più cresce questa tendenza, maggiore è il declino in interesse per l'Evangelo e l'adesione alle chiese.

Potrebbe essere che le sétte forniscano qualcosa di vitale per l'essere umano che il Cristianesimo non può fornire?

La risposta è si e no. Si, le sétte forniscono qualcosa di vitale per l'essere umano, qualcosa a cui tutti anelano. Ed è qualcosa che senza dubbio il Cristianesimo in generale non riesce a fornire. E no, non si tratta di qualcosa che il Cristianesimo non possa fornire.

Ciononostante, molte chiese cristiane non riescono a fornirlo proprio a causa di ciò che esse hanno fatto nel tentativo di rendersi più attraenti alle masse. Nell'annacquare la loro dottrina e ciò che la fede esige, di fatto esse hanno sottratto a sé stesse molti degli elementi che sono necessari ad un movimento per essere vivente ed in crescita.

1) Un significato alla vita. Le sétte, d'altro canto, hanno in gran parte conservato questi elementi. Quali sono questi elementi, e in che modo i cristiani possono riacquistarli?

In primo luogo c'è il senso del "significato" da darsi alla vita ed alla propria esistenza. Le sétte hanno sempre delle risposte alle questioni ultime della vita come "Chi sono io?", "Da dove vengo?", "Perché sono qui?", "Dove sto andando?", "Perché debbo soffrire il dolore ed il male?".

Le risposte che danno a queste domande sono raramente corrette, ma sono risposte, e sono disponibili. Quasi sempre definiscono e "danno significato" alla vita ed a ciò che accade nella propria vita.

2) Un serio impegno. Il "significato", però, da solo, non è sufficiente per conquistare il cuore umano, o per spiegare la crescita esplosiva delle sétte, se esso pure non fornisse dei doveri da compiere, anche dei sacrifici, per coloro che vi credono. Questo, forse, è il punto più importante per dare coesione o e forza dinamica ad un movimento sociale che i cristiani hanno quasi del tutto eliminato nei loro tentativi benintenzionati, ma male informati per rendere più "gustoso" il cristianesimo ai non-cristiani.

Le sétte esigono molto da parte dei loro aderenti, e solo un impegno serio e profondo da parte loro può soddisfare i loro requisiti d'appartenenza. Senza dubbio è il serio impegno da parte di coloro che già appartengono alla sétta che per molti convalida le loro pretese di verità. La verità che afferma di portare viene verificata con il valore che le danno i suoi membri, e non meno che zelo e serio impegno da parte di chi vi aderisce ne comprova la valenza. Similmente quello stesso impegno è tale da sfidare chiunque ad avere un impegno altrettanto intenso.

Coloro che vengono convertiti a questi sistemi erronei non possono aderirvi senza assolvere alla stessa misura di impegno. La forza che attrae altri e che stimola il fedele a propagare quel falso evangelo, è il requisito stesso della partecipazione ad esso.

Coloro che così si impegnano, non solo trovano un significato alla Vita, ma la loro stessa vita assume una qualità eroica che soddisfa sé stessi ed attrae coloro che sono annoiati di vivere una vita di apatica mediocrità. Il segreto è dunque l'impegno ad altro livello.

3) Uno spirito di corpo. In terzo luogo, se da una parte si fornisce "significato" e si richiede un alto livello di impegno per poter partecipare alla sétta, è la partecipazione ad un gruppo ben identificabile, con le sue dottrine, programmi ed obiettivi, che diventa componente essenziale ed integrale del sistema di significato. Fuori dal gruppo il significato della vita non viene realizzato, né il suo scopo raggiunto.

4) Un senso di appagamento. Ultimo ma non meno importante, quasi sempre le sétte ricompensano coloro che sono pronti ad impegnarsi e ad identificarsi con loro, soddisfando il naturale bisogno umano di appartenenza. L'apparente calore ed interesse reciproco che i membri manifestano l'uno per l'altro, spesso fa molta impressione nei loro incontri, anche al visitatore occasionale dei loro incontri.

L'altra faccia della medaglia è che coloro che recisamente respingono il gruppo o che vi aderiscono per abbandonarlo più tardi, quasi sempre vengono tagliati fuori da tutto questo amore, significato, proposito e direzione alla loro vita, cose che venivano fornite con la partecipazione al gruppo.

Se da una parte questo può sembrare crudele a qualche estraneo, e senza dubbio riesce a controllare, attraverso la paura, molti che vi appartengono, molti membri della sétta vedono questo come giusto e buono. Esso forma, in un certo qual senso, il valore del gruppo, la verità delle sue dottrine e la validità di ciò che esso esige. Senza dubbio se si prende tutto questo molto seriamente, respingerlo vorrebbe dire sottoporsi alle più gravi conseguenze.

Un esempio

Il Mormonismo ha risposte molto precise alle domande "Chi sono io?", "Da dove vengo?", "Perché sono qui?", "Dove sto andando?". Uno dei più efficaci video proselitistici dei Mormoni riduce queste domande ad una questione più diretta: "Qual è lo scopo della vita?", domanda che viene sottolineata con forza con dozzine di ripetizioni all'inizio del video.

Il Mormonismo fornisce una definita concezione del mondo, anzi, dell'intero cosmo, di cui questa terra e questa vita non sono che un passo in un intero processo di eterna progressione. Per il Mormone è il posto che occupa la vita sulla terra in questo grandioso disegno che dà significato e proposito all'esistenza della terra e della vita su di essa.

In questo disegno grandioso, l'uomo è della stessa "specie" che Dio stesso; ogni persona che nasce su questa terra, un tempo esisteva come spirito, letteralmente figlio di Dio, generato da Lui attraverso i suoi rapporti sessuali con una delle sue dée megli, in qualche altra dimensione. Il mondo non sarebbe che una scuola frequentata da questi spiriti, ed in cui ottengono dei corpi fisici "per imparare la lezione della mortalità".

Si può notare come anche nella più basilare descrizione del significato e del proposito della vita, data qui sopra, già c'è indicazione di un "dovere" da svolgere. I suoi dettagli non vengono lasciati all'immaginazione. Si potrebbe menzionare l'osservanza del Sabato, le decime, l'astinenza dal tabacco, dall'alcool, dal caffé e dal the, ecc. Non si tratta che di segni visibili di ciò che la sétta richiede quanto ad impegno.

Anche questi punti, però, non danno un'indicazione adeguata di quanto il Mormonismo possa essere rigoroso, della profondità dell'impegno necessario per adempierlo, o della qualità eroica della vita che tali requisiti ed impegni richiedono.

Qual è di fatto il compito che dobbiamo svolgere nella vita? Vincere ogni debolezza e ogni tendenza malvagia, e "dimostrarsi degni" di ereditare l'esaltazione nella gloria celeste eliminando dalla propria vita ogni peccato. Se uno completa questo processo, Dio perdonerà i peccati che si saranno commessi nella propria vita, attraverso il sacrificio di Cristo (Libro di Mormon, Moroni 10:32,33).

Naturalmente solo la Chiesa mormone, condotta, viene affermato, da profeti ed apostoli divinamente incaricati ed ispirati, ha o l'autorità o tutta la verità richiesta per guidare e istruire sufficientemente gli umani a raggiungere il loro pieno potenziale come figli e figlie di Dio. L'identificazione con la chiesa è essenziale per poter partecipare al significato.

Il Mormonismo lega questo nodo ancora più strettamente incorporando la famiglia nel suo sistema di significato. Per uno che non conosca il vero Dio, i rapporti famigliari sono potenzialmente i più cari ed i più dolci di qualunque altra possibile relazione.

Il Mormonismo ha assunto questa "carota" naturale e l'ha virtualmente deificata. Sebbene si possano incontrare Mormoni che affermino quanto sia molto più importante il proprio rappoorto con Dio che con la propria famiglia mortale, ciononostante, essere in comunione con Dio non sarebbe abbastanza per "rendere il paradiso davvero paradiso" senza la propria moglie ed i propri figli.

Conservare per l'eternità questi rapporti molto apprezzati, è un aspetto centrale del loro significato, anche in questa vita. Ancora, però, la famiglia stessa non potrebbe raggiungere il massimo suo potenziale di significato, ora o nell'eternità, se non attraverso l'ubbidienza e la devozione dei singoli membri della famiglia all'autorità, insegnamento e pratiche della Chiesa mormone.

Una risposta cristiana

Non è insolito per un Mormone che oda il messaggio cristiano sulla salvezza per grazia senza il valore meritorio delle nostre opere, domandarsi: "E allora qual è il significato della vita?".

I cristiani che hanno cercato di rispondere a questa domanda di solito presentano i modelli biblici del "come dovremmo vivere", piuttosto che offrore le ragioni bibliche sul "perché viviamo". Il Mormone, però, non faceva questioni di metodo: egli desidera proposito. Ed egli non avrà interesse alcuno nel metodo per il quale non può vedervi proposito.

"Il fine ultimo dell'uomo (cioè l'obiettivo ed il proposito dell'esistenza) è quello di dare gloria a Dio per poi goderne per sempre la presenza": questo afferma la Confessione di Fede di Westminster, e si tratta di una prospettiva interamente biblica.

Si noti, per favore, che "il fine" è singolare, non plurale. Cioè, dare gloria a Dio e goderne per sempre la presenza sono aspetti inscindibili. La richiesta che Dio fa di renderGli culto è perfettamente legittima dato il Suo proprio valore. Si tratta però pure del Suo interesse per la nostra propria felicità. Come fine ultimo e più alto dell'essere umano, l'uomo non potrà mai davvero essere felice senza di Lui, o tanto felice quanto ne godrà la presenza, il che è il culto più puro che esista.

I cristiani che presentano l'Evangelo ai membri di qualche setta o a qualunque non-credente, lo dovrebbero fare meno come sistema di dottrine, o anche solo di salvezza, e più come veicolo per descrivere quanto grande, santo, amorevole, saggio, miseicordioso, ecc. sia Dio. Quando lo si fa, si presenta Dio in modo chiaro. E quando Dio appare chiaramente, non solo saranno immediatamente presenti proposito e doveri, ma anche forza motivazionale per l'impegno.

I cristiani spesso temono di esigere impegno, ma questo svaluta il loro messaggio e lascia coloro che vengono convertiti come persone deboli e "anemiche". Quando si presenta chiaramente Dio, ed il cristiano altrettanto chiaramente Gli è devoto, sorgerà nel cuore degli ascoltatori un desiderio per Dio e d'essere in rapporto con Lui, un desiderio sufficiente da giustificare impegno personale.

Gli dei delle sétte, per quanto superlativi possano essere gli aggettivi che vengono loro applicati, non saranno mai abbastanza grandi per causare vero timore e contemplazione persino nel cuore dei loro fedeli. I cristiani, però, hanno un Dio che davvero ispira timore e ammirazione. Solo Lui è abbastanza grande per prendere legittimamente e con successo il proposito dell'esistenza umana e porlo in Sé stesso.

ConoscerLo è sia attività che proposito. Quando una persona davvero vede Dio in Gesù Cristo, le domande sul perché noi lo si debba o Lo si voglia conoscere, o impegnarsi per Lui, diventano ancora più prive di senso che chiedersi: "Qual è il motivo per cui si dovrebbe godersi un tramonto?", perché uno già sarebbe preso nella bellezza da capogiro e nella stupefacente maestà dei cieli infuocati.

I cristiani che sono presi essi stessi da un tale Dio lo dimostreranno con la loro devozione verso di Lui impegnandosi a sostenere i Suoi valori, rendendo la propria vita nel mondo realmente diversa dagli altri. Allo stesso tempo essi saranno così tanto pieni d'amore da farlo traboccare nellavita degli altri.

La comunione con Dio produce comunione, appartenenza e comunità fra gli uomini (1 Gv. 1:1-4). Se queste qualità non caratterizzano la vita di un cristiano e la sua testimonianza, questi farebbe bene ad "esaminare sé stesso" (1 Co. 11:28; 2 Co. 13:5). Egli non potrà pretendere di conoscere Dio e camminare ciononostante nelle tenebre (1 Gv. 1:6; 3:14).

Laddove vi è vera comunione con il vero Dio, e l'amore, appartenenza e comunità che esso produce fra gli uomini, vi sarà necessariamente un "aroma" (2 Co. 2:14-16) che non potrà che impressionare gli altri con una forza maggiore di quella che qualsiasi sétta possa produrre.


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