Perché l'evangelicalismo il futuro del Protestantesimo
di Alister McGrath
La visione cristiana del futuro sembra appartenere sempre di più all'Evangelicalismo. Il movimento evangelicale sta diventando il ramo principale del protestantesimo nord-americano, con grande irritazione di coloro che credono di dover avere diritto di precedenza.
Nel 1990 un'inchiesta sulle prime cinquecento comunità protestanti negli U.S.A. ha rilevato come l'89% d'esse fossero evangelicals. La rinascita globale dell'evangelicalismo tocca altresì le altre parti del mondo. Si è accertato statisticamente che persino l'America latina, tradizionalmente considerata come una roccaforte del cattolicesimo romano, entro l'anno 2025 sarà dominata numericamente da varie forme di evangelicalismo. In Europa l'Evangelicalismo ha un impatto minore e viene spesso considerato come un movimento di lingua inglese. La Chiesa anglicana, però, è stata profondamente influenzata, e soprattutto negli ultimi vent'anni, da un evangelicalismo risorgente fra le sue stesse fila.
Molti giovani vengono attratti da questo movimento, in parte a causa della sua attrattiva spirituale ed intellettuale ed in parte a causa del senso di benessere e di ottimismo che può essere trovato fra le sue fila.
La natura ispiratrice della visione evangelicale è integrata da fondamenta teologiche rigorose, e la sua credibilità intellettuale è stata promossa da un numero crescente di teologi accademici fra le sue fila. Cuore e mente operano all'unisono in un movimento che sta guardando al futuro con un senso di grande aspettativa. Il futuro sembra invitare l'evangelicalismo ad avanzare ed a maturare ancora di più. Sarà vero? Forse che un movimento tanto promettente oggi per il futuro del cristianesimo non potrebbe diventare irrilevante domani? Forse, nessuno lo può dire. Si può però dire questo: l'Evangelicalismo non può permettersi di prendere per scontati i suoi recenti successi e conseguimenti. Fra le sue fila vi sono evidenze di debolezza e di compiacenza e, soprattutto, di scarsa prontezza di guardare al futuro ed a prepararsene. L'Evangelicalismo sta sotto il giudizio di Dio come un movimento a cui molto è stato dato e da cui molto si richiede. E' necessario che riconsideri le sue radici e fondamenta, chiedendosi sempre in che modo i doni che ha ricevuto possano essere rapportati ai bisogni della Chiesa di Cristo e al progresso dell'Evangelo.
Questo dovere di auto-analisi deve prendere le mosse, però, chiedendosi: perché l'Evangelicalismo è così attraente?
Alcuni non sembrano aver dubbi sulla risposta da darsi a questa domanda: l'evangelicalismo è attraente perché evade i veri problemi ed offre risposte sempliciste a problemi complessi. Il vescovo anglicano John Shelby Spong elabora questo approccio nel suo libro:
"Salvare la Bibbia dal Fondamentalismo". Egli afferma fra l'altro: "Le uniche chiese che oggi crescano sono quelle che nei fatti non comprendono i veri problemi e quindi possono giocare con le loro certezze. Esse si trovano nell'area dei gruppo protestanti fondamentalisti e in gruppi cattolici conservatori rigidamente tradizionalisti".
Il presupposto compiaciuto di queste affermazioni è che la popolarità di qualcosa sia inversamente proporzionale alla comprensione dei "veri problemi". Un approccio più serio alla questione della popolarità dell'evangelicalismo dovrebbe però essere la considerazione dei fattori che paiono motivare la gente a diventare e a rimanere evangelicale. I seguenti fattori sono le considerazioni che maggiormente vengono addotte dalla gente.
1. Il fallimento del liberalismo degli anni '60
Una delle tendenze più allarmanti del 20° secolo, che ha raggiunto il suo culmine negli anni '60 e '70 è stata una forma di ciò che Gabriel Fackre definì "mancamento del cuore cristologico", radicato nel presupposto che il cristianesimo sembrava essere divenuto irrilevante per la modernità. L'unica speranza, così credevano molti pensatori radicali delle chiese storiche, era nel modernizzare il cristianesimo.
Questa "modernizzazione", però, non sembra aver preso la forma di una rinnovata ricerca su come gli elementi centrali della fede cristiana avrebbero potuto meglio rapportarsi ai bisogni ed alle aspirazioni della società moderna. Al contrario, essa sembra essersi mossa sul presupposto che vi era un bisogno urgente di disfarsi di qualunque aspetto della fede cristiana che avrebbe potuto causare problemi, come, ad esempio l'idea di un Dio trascendente.
Gran parte degli scritti teologici degli anni '60 sembrano basarsi sull'idea che le nuove tendenze culturali del periodo fossero trasformazioni permanenti della cultura occidentale. Guardandoci però alle spalle, possiamo osservare come questo periodo era semplicemente testimonianza di un cambiamento temporaneo dell'umore culturale.
Benché la teologia tipo anni '60 mirasse a trasformare la cultura, essa ottenne proprio il contrario: la cultura trasformò il cristianesimo facendolo diventare poco più di un pallido riflesso, vagamente religioso, delle tendenze culturali secolari. Inoltre, divenne ben presto chiaro che la cultura cambiava rapidamente, distanziando continuamente quelli che tentavano di "tenersi aggiornati" ai suoi capricci e mode.
Peter L. Berger così commenta in "A Far Glory": "La nostra cultura pluralista costringe gli "aggiornatori" del cristianesimo in uno stato di permanente nervosismo. La 'sapienza del mondo'... varia da una collocazione sociale all'altra; ciò che è peggio è che nello stesso settore esso continua a cambiare, spesso in modo molto rapido... La sapienza del mondo oggi ha sempre una connotazione sociologica".
E' assolutamente privo di significato parlare di "rendere il cristianesimo rilevante al mondo moderno". Questo implicherebbe che vi fosse solo un "mondo moderno", mentre vi sono molti mondi moderni. Qualsiasi tentativo di adattare il cristianesimo alle credenze di un gruppo sociale lo distanzia da quelle di altri.
Risultato di questo approccio al cristianesimo è chiaro e deprimente. Laddove i suoi sforzi miravano a rendere il cristianesimo storico credibile ai secolaristi, essi non fecero altro che rendere credibile il secolarismo ai cristiani.
L'evangelicalismo crede che sia giusto essere rilevanti. E' però fin troppo facile produrre una rilevanza spuria per rispondere alle pressioni dei secolaristi. Il compito dell'apologetica è quello di evidenziare l'attrattività inerente all'Evangelo essendo, nella nostra proclamazione e presentazione, fedeli e responsabili. In altre parole, il modo migliore per assicurarsi che il cristianesimo resti rilevante per il mondo moderno è rimanere fedeli all'ortodossia cristiana ed articolare la fede in termini che siano intellegibili al mondo.
L'evangelicalismo si considera tenuto a rimanere fedele all'Evangelo, qualcosa che non può e non deve essere compromesso. Esso rappresenta così una forma di cristianesimo che è sufficientemente elastica da resistere alle pressioni di conformarsi al contesto secolare e nello stesso tempo abbastanza attraente da fornire una propria pressione mediante la quale individui possono essere tirati fuori dalla cultura secolare ed inseriti in comunità cristiane.
Ammettendo che la secolarizzazione perduri nella cultura occidentale, il futuro del cristianesimo potrà sempre di più dipendere dall'evangelicalismo e da altre versioni del cristianesimo che ritengano concetti che li distinguano dalla cultura secolare, fornendone al tempo stesso un'alternativa. Lo stesso pubblico fallimento del liberalismo ha condotto molti a guardarsi intorno ed a cercare una versione del cristianesimo che abbia senso e che rimanga fedele all'Evangelo - e così si sono rivolti all'evangelicalismo.
2. L'evangelicalismo è l'ortodossia cristiana
L'Evangelicalismo non è altro che il cristianesimo storico. I suoi articoli di fede corrispondono alle dottrine centrali delle chiese cristiane che sono state trasmesse attraverso i secoli, incluse le due più importanti dottrine del periodo patristico: la dottrina delle "due nature", umana e divina, di Gesù Cristo, e la dottrina della Trinità. Con una vigorosa difesa delle basi bibliche, legittimità teologica e rilevanza spirituale di queste dottrine, l'evangelicalismo ha dimostrato essere in possesso di tutti i diritti di essere il portabandiera del cristianesimo storico ortodosso.
Come hanno scoperto con indignazione molti cristiani impegnati all'interno delle denominazioni storiche del Nord-America, la fedeltà di quelle denominazioni a queste dottrine storiche è spesso del tutto insoddisfacente. Questo ha condotto ad un esodo sempre più marcato da queste chiese verso denominazioni esplicitamente evangelicals ed alla crescita di tendenze evangelicals all'interno delle denominazioni. Bene illustra questa tendenza la crescita continua della "Southern Baptist Convention" e dell'evangelicalismo all'interno della Chiesa d'Inghilterra."
Un altro risultato è la formazione di chiese evangeliche che si sono separate dalle denominazioni storiche. La formazione della Chiesa Presbiteriana in America (PCA) nel 1973 ne è esempio tipico. La PCA si formò in seguito alla reazione contro un sempre più marcato scivolamento verso il liberalismo teologico nella chiesa presbiteriana storica. Dal 1973 i suoi aderenti sono cresciuti da 40.000 a 217.000, e i suoi membri aumentano sempre di più.
La gente "vota con i piedi" allontanandosi dal liberalismo verso l'ortodossia. Se sceglie di rimanere nelle denominazioni storiche, è di solito nella speranza di riportarle all'ortodossia, un approccio di notevole successo nella Chiesa d'Inghilterra sin dagli anni '60.
Molti dei leader delle denominazioni storiche hanno ricevuto la loro istruzione teologica durante gli anni '60 e '70, e alcuni sembrano aver accettato acriticamente le tendenze teologiche liberali dominanti in quel periodo. Essi sembrano inconsapevoli che tale liberalismo è ora ampiamente considerato superato dai circoli accademici ed incapace di sostenere le chiese in una società sempre più secolarizzata. Essi sembrano essere prigionieri di una curvatura temporale dove tutto è dolcezza, rose, luci, ed ottimismo da anni '60. Il liberalismo potrà anche stimolare la mente, ma non ha forza alcuna per sostenere delle chiese.
Vi sono ora forti pressioni nelle denominazioni storiche ad abbandonare gli esperimenti falliti degli ultimi tre decenni e ritornare ai fondamenti del cristianesimo ortodosso. Gli oppositori di questa tendenza, incapaci di comprendere questi sviluppi, spesso si prendono gioco di questo "fondamentalismo impaurito", di questa "ricerca di sicurezze" o "certezze nostalgiche". In ogni caso, si tratta certamente di una reazione contro i fallimenti della generazione passata ed un desiderio di rimettere le chiese sui binari dell'integrità, della crescita e della rilevanza.
Questa strada non implica la compromissione dell'ortodossia. Il liberalismo credeva che si dovesse cambiare il cristianesimo per renderlo accettabile. L'ortodossia crede che l'Evangelo è immutabile; abbiamo bisogno piuttosto di trovare modi migliori e più efficaci di presentarlo. Non è necessario rendere più attraente il cristianesimo: esso è attraente. Se c'è stato a questo riguardo un fallimento, è che i cristiani hanno mancato loro stessi nell'apprezzare questa attrattività e di prendersi la briga di spiegarla agli altri.
I modi in cui un Evangelo ortodosso alieno da compromessi può essere reso più rilevante alla società moderna può essere illustrato da una serie di esperimenti nel mondo occidentale che hanno cercato di eliminare tutti i fattori alienanti che non sono essenziali all'Evangelo stesso. Per esempio, molti si allontanano dal cristianesimo per la stranezza dei suoi canti che sono rimasti nello stile del 16. secolo, per la sua liturgia ottocentesca e per il suo clero vestito ancora come secoli fa. Per alcuni all'interno delle chiese, questi sono simboli importanti e preziosi di continuità storica; per la maggior parte della gente fuori dalle chiese, però, essi sono sintomo di un Evangelo irrilevante ed antiquato. Così l'Evangelo viene respinto sulla base dell'inaccettabilità di cose non essenziali e spesso anche marginali del culto cristiano!
La "Willow Creek Community Church" vicino a Chicago è un esempio eccellente di una chiesa che è stata pioniera nell'usare un approccio che ha abbattuto queste barriere accidentali. L'auditorio della chiesa non ha nulla delle chiese tradizionali: niente pulpito, niente organo, nessun innario, nessuna toga liturgica. Ciononostante l'Evangelo viene proclamato con efficacia. Sebbene questo approccio sia stato criticato, non c'è dubbio che questa chiesa, insieme a migliaia di chiese che la imitano nel mondo occidentale, sta ottenendo un interesse per l'Evangelo molto grande fra coloro che altrimenti mai entrerebbero in una chiesa tradizionale.""
3. L'Evangelicalismo è sensato
Uno dei più importanti sviluppi fra l'evangelicalismo dalla Seconda Guerra mondiale è un rinnovato senso di fiducia nelle proprie credenziali intellettuali. Un tempo l'evangelicalismo era largamente visto come rozzo, anti-intellettuale e illetterato, impressione questa che fu rafforzata dalla ricaduta intellettuale del processo Scopes (1925). La parola d'ordine di gran parte della teologia accademica liberale nell'immediato periodo dopo la guerra era: "Nessuna persona intelligente può prendere seriamente l'evangelicalismo" . Senza dubbio l'integrità intellettuale era considerata ampiamente come una prerogativa dei pensatori liberali, i quali incoraggiavano l'idea che l'interesse per il clima intellettuale contemporaneo fosse in modo unico se non in modo qualificante, la caratteristica del liberalismo.
Ciononostante, Tommaso d'Acquino, scrivendo la sua Summa Theologica e la sua Summa contra Gentiles, prendeva seriamente l'Aristotelismo delle università del 13° secolo, senza per questo venir mai definito come un liberale!
Oggi, uno dei contributi più significativi alla moderna filosofia delle religioni viene da un gruppo di intellettuali americani, che include Alvin Plantinga e Nicholas Wolterstorff. La loro discussione sul tema di "fede e razionalità" è diventata fondamentale per chiunque dibatta su questo tema. Ciononostante nessuno fra questo gruppo ha inclinazione alcuna per il liberalismo, anzi, esso rappresenta quello che potrebbe essere chiamato un approccio riformato classico, che trae la sua ispirazione dagli scritti di Giovanni Calvino.
In breve, non c'è nulla di particolarmente "liberale" sull'essere accademicamente seri e culturalmente informati. Attraverso l'opera di filosofi come C. Stephen Evans e teologi come Thomas C. Oden, James I. Packer, Carl Henry, e David F. Wells, l'evangelicalismo sta acquisendo una credibilità intellettuale ed una rispettabilità che solo una generazione fa sarebbe stata impensabile.
Sebbene le tradizioni luterane e wesleyane hanno contribuito molto in generale all'evangelicalismo, si concorda generalmente sul fatto una rinnovata fiducia intellettuale fra l'evangelicalismo deve non poco al suo retaggio riformato. La riscoperta della rilevanza contemporanea del grane puritano Jonathan Edwards è stato uno dei più importanti punti fermi in questa riabilitazione della teologia evangelica ed ha dato all'evangelicalismo una rinnovata fiducia nel suo proprio retaggio. Vi è persino nuovo interesse negli scritti e nelle idee della vecchia Scuola di Princeton, la quale diede all'evangelicalismo americano del 19° secolo un'affidabilità intellettuale che riuscì a persistere fino al sorgere del modernismo negli anni 1920 e che respinse l'evangelicalismo fra le forze anti-culturali e spesso anti-intellettuali. Le conferenze di teologia riformata organizzate da James M. Boice (Philadelphia) garantiscono il costante alto profilo di questa tradizione nel Nord-America in modo altrettanto rilevante delle conferenze puritane degli anni 1950 e 1960 organizzate a Londra da Packer e Martin Lloyd Jones.
L'istituzione poi della Società Teologica Evangelica è stata un elemento importante in questo consolidamento di eccellenza accademica, come dimostra la crescente presenza accademica e reputazione di centri evangelici di erudizione come il Fuller Theological Seminary, il Reformed Theological Seminary, il Regent College (Vancouver), la Trinity Evangelical Divinity School (Ora Trinity International University) e il Westminster Theological Seminary. L'emergere di questi centri è in parte una risposta alla presa di coscienza che l'evangelicalismo esige eccellenti credenziali accademiche se vuole consolidare i suoi attuali progressi e prepararsi per quelli che gli si pongono davanti.
Sebbene vi sia ragione di preoccupazione sul futuro a lungo termine di questa rinascita intellettuale, l'attuale rinascita di reputazione accademica dell'evangelicalismo sembra innegabilmente piena di speranza, sempre che si prendano misure appropriate per garantirne la continuazione.
4. L'Evangelicalismo mette in rilievo l'attrattiva dell'Evangelo
L'evangelicalismo è impegnato nell'opera evangelistica, cioè nella proclamazione dell'Evangelo nella piena fiducia che esso contiene una forza interiore data da Dio in grado di suscitare una risposta nei cuori e nelle menti di uomini e donne. L'evangelizzazione è qualcosa di naturale e spontaneo per gli evangelicals. "La chiesa," scrisse Emil Brunner, "vive di missione come un fuoco vive bruciando". L'evangelizzazione è qualcosa di intrinseco all'identità della chiesa, non un optional, ma qualcosa che è elemento caratteristico del suo stesso essere.
Dare una tale enfasi all'evangelizzazione significa così riconoscere sia la giustezza inerente dell'Evangelo, sia la sua intrinseca attrattività. Quest'attrazione si trova in modo supremo nella persona di Gesù Cristo. E' "una perla di gran prezzo", qualcosa che si riconosce valer la pena di cercare e di possedere, e che supera per interesse qualsiasi altra cosa. L'evangelicalismo promuove così un atteggiamento di aspettativa, l'aspettativa che l'Evangelo è per ognuno gioia e delizia. A questo si associa lo sforzo sistematico di scoprire i modo un cui possa essere meglio articolato quest'attrattività inerente dell'Evangelo, nella certezza che questo appello si basa su fondamenti teologici e storici sicuri ed affidabili.
Bisogna altresì sottolineare come da rifuggire sia qualsiasi tentativo di rendere l'Evangelo più attraente: è infatti l'errore supremo del liberalismo quello di fare violenza all'Evangelo stesso nel tentativo di renderlo più facilmente accettabile per la cultura moderna. La questione è quella di assicurarsi che l'Evangelo sia predicato fedelmente in tutto il suo valore, senza le cattive rappresentazioni che sono di scandalo a molti.
Molti scrittori secolari reagiscono all'enfasi sull'evangelizzazione facendo appello al cliché più comodo di cui dispongano, quello del cosiddetto "imperialismo cristiano"; altri suggeriscono che chiese che hanno l'ossessione di "commercializzare il loro prodotto" presentino l'evangelizzazione come una sorta di industria di public relations.
Entrambi questi commenti rivelano in modo profondo l'incapacità crescente della società secolare di comprendere le motivazioni di base dell'evangelizzazione. La motivazione fondamentale dell'evangelizzazione è la generosità: la preoccupazione umana di condividere le cose buone della vita a coloro che amiamo. Non riflette un desiderio di vendere o di dominare; essa sorge dall'amore e dalla compassione da parte di coloro che hanno trovato qualcosa di meraviglioso e vogliono condividerne con altri la loro gioia. E' come dice il vecchio adagio: un mendicante che dice ad un altro mendicante dove potrà trovare pane da mangiare.
Compito centrale dell'evangelizzazione è di rendere il cristianesimo credibile al mondo moderno. L'area del pensiero cristiano che ha trattato questa questione è l'apologetica , la "difesa della fede", che traduce più o meno la parola greca "apologia" usata in 1 Pietro 3:15. Una buona definizione di apologetica potrebbe essere "il tentativo di creare un clima intellettuale favorevole alla fede cristiana". Nel passato l'apologetica è stata un aspetto significativo della missione permanente della chiesa, a cui gli evangelical hanno dato il loro contributo.
Ciononostante, la situazione in cui la chiesa in Occidente si trova, è cambiata radicalmente con il sorgere del mondo post-illuministico. Il sorgere del movimento che va di solito sotto il nome di "postmodernismo" è segno evidente di una perdita di fiducia nella ragione e nelle idee e valori "moderni" nella cultura di oggi. Il sorgere del post-modernismo riflette la credibilità seriamente erosa di una razionalità universale un tempo considerata centrale per il metodo teologico "liberale". Come osserva il commentatore liberale Eugene Borowitz, "Il liberalismo ha perduto la sua egemonia culturale largamente per la demitologizzazione dei suoi alleati: il razionalismo universale e la scienza. Un tempo noi le ritenevano non solo come le fonti più elevate di verità, ma il mezzo più sicuro per il progresso della nobiltà umana. Oggi le menti più sofisticate sanno di trattare solo con possibili 'costruzioni di realtà', e le masse percepiscono che questo promuove maggiormente il relativismo etico più che valori e doveri".
Il liberalismo ha perduto così la sua credibilità nell'area dell'apologetica: il mantello del profeta è passato all'evangelicalismo, e l'evangelicalismo sta diventando sempre più fiducioso nel fatto di presentare sia la verità che l'attrattività dell'Evangelo.
Per molti, però, l'interesse per la "verità" è diventato irrilevante. La prima domanda che sempre di più la gente si pone non è più "E' vero?", ma "Che cosa può fare per me?". Il sorgere di quello che Tom Wolfe ha chiamato "la Generazione dell'io" ha condotto necessariamente a far focalizzare l'apologetica sulla rilevanza dell'evangelo ai bisogni dell'individuo. Questa apologetica focalizzata sulla persona mira a rimanere fedele all'Evangelo e ad assicurarsi che si rivolga pienamente alla situazione contemporanea.
Alla luce di questo sviluppo culturale non è però necessario gettare via ciò che il Cristianesimo afferma sull'essere verità. Dobbiamo solo renderci conto che è ora una cattiva tattica focalizzarci sulla questione della verità. Se vogliamo essere ascoltati nella cultura di oggi, dobbiamo essere in grado di mostrare come il cristianesimo abbia qualcosa di rilevante e di attrattivo da offrire. Non si tratta però solo di una "tattica", ma della persuasione che è rivelato da Dio, e non qualcosa di inventato ieri per trovare spazio nel mercato. Possiamo quindi promuovere l'attrattività del Cristianesimo nella ferma consapevolezza che è fondato sulla verità.
5. L'Evangelicalismo disdegna la "sovranità denominazionale"
Uno dei fattori che ha ostacolato il tentativo di collaborazione fra le maggiori denominazioni è stata la questione della "sovranità denominazionale". Questo termine venne coniato da Francis Potter nel 1944 per riferirsi alla lotta delle varie denominazioni protestanti di dominare qualsiasi movimento cooperativo a cui partecipassero. Sia all'interno del Consiglio Ecumenico delle Chiese che nel Consiglio Nazionale delle Chiese (NCC) negli Stati Uniti d'America, si combatte per gli interessi istituzionali delle denominazioni, spesso con una ferocia che allarma i loro membri costituenti. Oltre ad aderire ad una teologia liberale superata che nessuno sembra ormai più volere, l'NCC deve affrontare le stridenti pretese ecclesiologiche delle sue chiese costituenti. Non fa meraviglia che l'NCC sembra passare solo da una crisi all'altra.
In parte, il successo e l'attrattività dell'evangelicalismo risiede nella sua relativa immunità a tali questioni. L'Evangelicalismo non è stato estraneo alle controversie; ciononostante, il fatto che non si tratti di una denominazione in sé stesso ha permesso ad evangelicals di ogni tipo ad impegnarsi insieme in qualcosa che trascende le divisioni e le rivalità denominazionali. Un evangelical all'interno delle chiese storiche, per esempio, sentirà un più grande senso di affinità con gli evangelicals al di fuori della sua denominazione che con i colleghi della propria denominazione, i quali negano o mettono in questione gli aspetti centrali della fede cristiana.
I punti in questione, però, vanno molto più a fondo di questo e s'incentrano sul ruolo dei leader carismatici e sulla necessità di una specifica struttura ecclesiastica che garantisca la salvezza dei membri di chiesa. Sottovalutando l'importanza dell'adesione ad una denominazione, l'evangelicalismo è in grado di massimizzare l'uso dei doni carismatici fra i suoi leader, doni che probabilmente sarebbero soppressi nelle denominazioni principali. L'importanza di questo punto può essere apprezzata quando consideriamo la situazione nell'America latina, dove l'evangelicalismo avanza in modo considerevolissimo a spese della Chiesa cattolica romana. Una delle ragioni di questo, spiega David Stoll, è l'emergere di leader carismatici: "Mentre le strutture evangeliche forniscono ampio spazio per il potere del carisma personale, mettendo in grado nuovi leader di organizzare le loro proprie e legittime chiese, la struttura cattolica di ordinazione dall'alto è intesa a tenere il carisma sotto stretto controllo, quando non a scoraggiarlo del tutto. Non è difficile vedere quale sistema prospererà in un momento della storia in cui si infrangono i vecchi legami sociali e forzi l'iniziativa personale. Gli evangelicals possono uscirsene ed ancora rimanere evangelici, ma i cattolici che respingono l'autorità del loro clero possono ben diventare evangelici.
E' a questo punto che il secondo fattore notato prima viene in conto. L'evangelicalismo insiste che non è necessario essere membri di una specifica denominazione al fine di essere salvati; è necessario solo ravvedersi dei propri peccati e credere nel vero Evangelo. La Chiesa cattolica romana, però, generalmente rimane impegnata all'idea più ristretta che sia necessario essere membri della "vera Chiesa" che, storicamente ha identificato in sé stessa, al fine di essere salvati. Sebbene il Concilio Vaticano II abbia ammorbidito in modo significativo questa posizione, la massima "Fuori dalla Chiesa non vi può essere salvezza" continua a conservare una profonda influenza sulla riflessione cattolica.
L'evangelicalismo respinge l'idea che "la chiesa" possa essere equiparata con un solo corpo ecclesiastico. La vera chiesa si trova dovunque l'Evangelo venga autenticamente predicato ed autenticamente ricevuto. L'adesione ad una denominazione è del tutto secondario; il criterio per cui si è salvati non ha nulla a che fare con il gruppo o con la chiesa che si frequenta, ma con il fatto che uno abbia udito l'Evangelo e risposto favorevolmente ad esso. In un'epoca in cui è emersa così tanta mobilità sociale come maggior forza culturale, l'ecclesiologia evangelica si è trovata ad essere vincente.
Vorrei però sottolineare che non sto suggerendo che gli evangelicals vedano la chiesa come qualcosa di formulato in modo opportunistico, con l'occhio di beneficiare da questo sviluppo! Semplicemente voglio rilevare come questo aspetto tipico dell'evangelicalismo capita che coincida esattamente con una tendenza significativa dei cambiamenti culturali globali dei nostri tempi.
Affrontare i lati oscuri
Il quadro che fin ora abbiamo delineato corre il rischio di essere troppo ottimistico, forse persino, a volte, irrealistico. Vi sono molte questioni serie di natura più negativa che dobbiamo affrontare. Sebbene l'evangelicalismo abbia forza ed attrattività considerevole, esso comporta pure un lato più oscuro. Potremmo notare le seguenti aree:
1. Una spiritualità a prestito
Il potente impulso delle maggiori campagne evangelistiche corre il rischio di essere dissipato, a meno che non si provvedano mezzi di appropriato nutrimento spirituale, incoraggiamento e guida. Sono preoccupato per il fatto che gli evangelicals non abbiano dato la necessaria attenzione a questo rilevante tema della vita e del pensiero cristiano. Si è appoggiato sulle altrui introspezioni ignorando le proprie ricche risorse. E' tempo di liberarci del culto della dipendenza e di muoversi verso lo sviluppo e la riscoperta di spiritualità che integrino le grandi enfasi evangeliche sulla sufficienza della Scrittura, sulla centralità della morte di Cristo, il bisogno della conversione personale e gli imperativi evangelistici.
2. Sensi di colpa e esaurimento
Una comprensione carente della dottrina riformata della "conoscenza del peccato" ha condotto a creare cristiani sconfitti che soffrono di sensi di colpa e di esaurimento. Vi è un autentico bisogno di sviluppare una comprensione cristiana della stima di sé stessi che sfidi la concezione secolare dell'auto-sufficienza ed affermi la nostra dipendenza da Dio senza distruggere il valore di una persona di presenza di Dio.
3. Dogmatismo
Non è un mistero che molti siano stati respinti da alcune forme di evangelicalismo da quelli che considerano atteggiamenti intensamente dogmatici. Si potrebbe definire il dogmatismo come: "Il rifiuto di permettere dissenso o dubbio". Il problema ha due aspetti: l'enfasi che dà alla certezza, la quale causa difficoltà a coloro che fanno esperienza di dubbi; ed il tipo di cose che gli evangelicals scelgono di diventarne dogmatici, per le quali, però, vi sarebbero disponibili una varietà di opzioni evangeliche (ad esempio: come rapportarsi con le chiese protestanti storiche, il modo preciso in cui l'autorità della Scrittura viene definita e difesa, il ruolo dello Spirito Santo nella vita cristiana, il ruolo delle donne nella chiesa).
4. Culto della personalità
La fiducia in Dio può essere facilmente confusa con la fiducia in qualcuno che afferma di parlare, con autorità, nel Suo nome. Il problema riguarda il culto della personalità che cresce intorno a figure di rilievo nel mondo evangelico. C'è un vero pericolo qui di scandali e di disillusioni.
Io credo che queste debolezze possano essere corrette e che il risultato di tale processo di correzione arricchirà sia l'evangelicalismo che il cristianesimo nel suo insieme. Ciononostante l'evangelicalismo è stato riluttante a riconoscere il proprio lato oscuro, dando l'impressione di non voler ascoltare altri che i propri amici.
L'evangelicalismo ha superato ora la fase per cui ha bisogno di essere sulla difensiva su ogni cosa. La sua sopravvivenza sembra assicurata; il suo prossimo compito è di prepararsi ad espandersi ed a consolidarsi.
Io credo che l'evangelicalismo guadagnerà molto in campo intellettuale e spirituale nella cristianità occidentale durante la prossima generazione, ma lo potrà fare solo scrollandosi di dosso i suoi aspetti meno desiderabili o teologicamente dubbi, facendo attenzione alle proprie emergenti debolezze. L'evangelicalismo, preparandosi per ulteriori sviluppi, dovrà liberarsi dalla sua mentalità di ghetto e coinvolgersi maggiormente con il mondo reale.
Le minacce all'evangelicalismo sono reali, ma altrettanto lo sono le sue opportunità e risorse. La sfida è questa: potrà reggere l'evangelismo ad un'ulteriore crescita, una maggiore sofisticazione intellettuale e ad una crescente accettazione fra le chiese? Oppure perderà di vista le proprie idee distintive e sottolineature? Se noi apprezziamo l'attrattività genuina e i caratteri distintivi delle nostre convinzioni, potremo muoverci assicurando il futuro benessere di questo movimento in particolare e della fede cristiana in generale.
(Alister McGrath è professore di ricerca in teologia all'università di Oxford ed al Regent College, Vancouver, Canada, come pure rettore del Wycliffe Hall. Questo articolo è stato adattato dalla sua recente opera: L'evangelicalismo ed il futuro del Cristianesimo, IVP).